L'art. 32, comma 4, lett. d) L. n. 183/2010, relativa al regime di decadenza ivi previsto, non si applica ai casi in cui manchi un provvedimento scritto o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto di lavoro.
La Corte d'Appello di Salerno dichiarava inammissibile il gravame proposto dagli odierni ricorrenti finalizzato all'accertamento di un rapporto di lavoro unitario svoltosi “di fatto” e al conseguimento delle differenze retributive, dei compensi per il lavoro straordinario, del pagamento delle festività e di altri emolumenti.
Contro tale decisione, i ricorrenti si rivolgono alla...
Svolgimento del processo
1. Con la pronuncia n. 1681/2016 il Tribunale di Nocera Inferiore ha rigettato, per intervenuta decadenza ex art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183/2010, le domande proposte da G.R. e G.S. , nei confronti di M.R., dirette - sulla premessa di essere stati rispettivamente alle dipendenze di quest'ultimo dal 2001 al 2013 e dal novembre 1997 al 30 dicembre 2013, benché formalmente inquadrati presso varie cooperative- a sentire accertare e dichiarare che tra le parti erano intercorsi rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato senza soluzione di continuità; a sentire accertare e dichiarare la nullità di ogni atto di transazione intervenuto tra le parti e, conseguentemente, condannare R.M.al pagamento, in favore di essi ricorrenti, delle rispettive complessive somme di euro 247.667,71 ed euro 226.311,25, oltre accessori e con vittoria di spese e competenze.
2. Il primo giudice ha ritenuto che, in considerazione delle deduzioni formulate, le fattispecie azionate erano sussumibili sotto le previsioni di cui a l'art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183/2010 per avere gli istanti chiesto, tra l'altro, l'accertamento di rapporti di lavoro asseritamente facenti capo esclusivamente alla parte resistente, oltre i termini previsti dalla legge citata a pena di decadenza, essendo cessati nel 2013 e il 30.12.2013, mentre i ricorsi introduttivi del giudizio erano stati depositati il 23.1.2015.
3. La Corte di appello di Salerno, con la ordinanza del 5.3.2018 emessa ex art. 436 bis cpc, ha dichiarato inammissibile l'appello ritenendo corrette le argomentazioni del primo giudice e richiamando il precedente di legittimità costituito dalla sentenza n. 13179/2017 da cui ha desunto che le domande proposte dal R. e dal S., finalizzate ad ottenere l'accertamento di un rapporto di lavoro unitario svoltosi "di fatto" alle dipendenze di R.M. dal giugno 2001 al 2013 e dal novembre 1997 al 30.12.2013, nonché dirette al conseguimento delle differenze retributive, ai compensi per lavoro straordinario, ratei di tredicesima mensilità, festività, indennità di preavviso, indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti, TFR, integrassero le condizioni soggettive e oggettive previste dall'art. 32 CO. 4 lett. d) della legge n. 183/2010.
4. Avverso la sentenza di primo grado, confermata dalla su indicata ordinanza di inammissibilità della Corte di appello, hanno proposto ricorso per cassazione G.S. e G.R. affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso M.R..
5. Il PG ha rassegnato conclusioni scritte concludendo per l'accoglimento del ricorso.
6. Le parti hanno depositato memorie. I ricorrenti hanno, prodotto, altresì, la copia della ricevuta di invio plico destinato alla Suprema Corte di Cassazione in data 24.5.2018.
Motivi della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la "violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto combinato disposto degli artt. 6 della L. n. 604/66, come modificato dall'art. 32, comma 1, della L. n. 183/2010 (e poi dell'art. 1 comma 38 della L. n. 92/2012) e 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183/2010". Deducono che i giudici di merito avevano accolto -con il ritenere che nell'ambito applicativo dell'art. 32 co. 4 lett. d) legge n. 183/2010 rientrasse anche un giudizio finalizzato alle richieste di differenze retributive- una preliminare eccezione di decadenza non usando però i corretti criteri ermeneutici, non individuando la ratio del legislatore e non fornendo una interpretazione costituzionale della disposizione in questione.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto sul termine decadenziale eccependo, qualora si fosse aderito alla esegesi della norma fatta propria dai giudici di merito, la illegittimità costituzionale della disposizione per violazione dell'art. 3, commi 1 e 2 della Cost., per palese irragionevolezza della disposizione in quanto avrebbe finito per colpire solamente i lavoratori oggetto di una ipotesi di interposizione di un falso datore di lavoro che, al contrario, avrebbero dovuto invece essere maggiormente tutelati rispetto ad un datore di lavoro fraudolento.
4. Preliminarmente ritiene ii Collegio di dovere esaminare la questione, rilevabile di ufficio e non sanabile dalla costituzione di controparte (Cass. n. 8513/2020), relativa alla ritualità del deposito del ricorso per cassazione già notificato al controricorrente.
5. Ai sensi dell'art. 369 co. 1 cpc il ricorso deve essere depositato nella Cancelleria della Corte, a pena di improcedibilità, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione alle parti cui è proposto.
6. Nel caso in esame, il ricorso è stato notificato il 4.5.2018; inviato a l’Ufficio Ricezione Atti della Corte Suprema di Cassazione il 24.5.2018 a mezzo della società SDA Express Courier e pervenuto alla Cancelleria in data 28.5.2018.
7. Va osservato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, è pur vero che, ai fini della verifica del tempestivo deposito del ricorso per cassazione, quando il ricorrente si sia avvalso del servizio postale, assume rilievo la data di consegna all'ufficio postale del plico da recapitare alla Cancelleria della Corte di Cassazione, dovendo in tal caso ritenersi che l'iscrizione a ruolo sia avvenuta in tale data, non assumendo rilievo che il plico pervenga a destinazione dopo il decorso del termine di 20 giorni di cui all'art. 369 cpc (Cass. 3.3.2010 n. 5071; Cass. 7.5.2014 n. 9861; Cass. 18.1.2016 n. 684), ma è stato pure precisato che il ricorso per cassazione, che sia inoltrato per spedizione a mezzo corriere privato e pervenga alla cancelleria dopo il decorso del termine di cui all'art. 369 cpc, deve essere dichiarato improcedibile, dato che le disposizioni in materia di trasmissione di atti a mezzo del servizio postale, ed in particolare la norma di cui all'art. 3 della legge 7.2.1979 n. 59, che ha sostituito l'art. 134 disp att. cpc, secondo cui il deposito si ha per avvenuto alla data di spedizione, non sono estensibili agli altri strumenti di consegna (Cass. n. 1465/1991; Cass. Sez. Un. n. 7013/1995, che fanno riferimento al ricorso al servizio postale e non a posta privata; Cass. n. 8513/2020).
8. SDA Express Courier (società privata) è una azienda consociata al Gruppo Poste Italiane ma non è un ufficio postale di Poste Italiane spa per cui manca la certezza legale della data di consegna all'operatore, dovuta all'assenza di poteri certificativi dello stesso.
9. I principi sopra riportati vanno ribaditi in questa sede e, pertanto, non potendosi fare riferimento alla data di spedizione dell'atto, va rilevata la improcedibilità del ricorso per tardivo deposito dell'originale dello stesso, dopo cioè la scadenza del ventesimo giorno dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto, ribadendosi che trattasi di improcedibilità rilevabile pure di ufficio (Cass. n. 22092/2019; Cass. n. 25453/2017).
10. Resta superata la trattazione di ogni altra problematica sulla tempestività della notifica del ricorso per cassazione, prospettata dal controricorrente, perché effettuata telematicamente dopo le 21.00 dell'ultimo giorno utile.
11. Nonostante la accertata improcedibilità del ricorso, questa Corte ritiene comunque di pronunciare ex art. 363 co. 3 cpc, il principio di diritto, atteso che la questione, oggetto dei motivi, della applicabilità della decadenza, prevista dall'art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183/2010 in ipotesi di richiesta di accertamento del rapporto di lavoro, ormai risolto, nei confronti di altro datore di lavoro rispetto a quello formale, è di particolare importanza sia per la frequenza con cui il tema della suddetta decadenza si propone sia per fugare dubbi circa un ipotizzabile contrasto nella giurisprudenza di legittimità di questa Sezione.
12. A tal riguardo, va premesso che non osta alla suddetta pronuncia il fatto che il ricorso sia stato dichiarato improcedibile e non inammissibile perché ciò che rileva è unicamente la preclusione, per la Corte di Cassazione, della possibilità di pronunciarsi sul fondo delle censure con effetti sul concreto diritto dedotto in giudizio (Cass. n. 19051/2020): ipotesi, questa, sussistente anche nel caso di ricorso improcedibile.
13. Ciò premesso, giova evidenziare che l'art. 32 co. 4 della legge n. 183 del 2010 prevede che: «Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche: a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alfa data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge; c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'artico/o 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data di trasferimento; d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'art. 27 del decreto legislativo 1O settembre 2003 n 2 76, si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto».
14. Il problema di diritto che si pone, come detto, è quello di accertare se il regime della decadenza di cui alla citata disposizione si applichi anche alle ipotesi di richiesta di accertamento del rapporto di lavoro, ormai risolto, nei confronti di altro datore di lavoro rispetto a quello formale.
15. I giudici di merito hanno dato risposta positiva al problema richiamando il precedente di legittimità di questa Corte n. 13179/2017.
16. La conclusione dei giudici di merito non è condivisibile.
17. A tal scopo è opportuno premettere, come già specificato in altri provvedimenti di questa Corte (Cass. n. i_ 6649/2020; Cass. n. l X 28750/2019) che la ratio dell'art. 32 della legge n. 183 del 2010 è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione dell'art. 6 della legge n. 604 del 1966 (previamente modificato) sull'impugnativa stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento (Cass. n. 13648 del 2019).
18. La finalità è quella di contrastare pratiche di rallentamento dei tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per provocare una moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale sentenza favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in situazioni in cui si ha l'esigenza di conoscere, con precisione ed entro termini ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell'organico aziendale.
19. Tuttavia, trattandosi di una limitazione temporale per l'esercizio dell'azione giudiziaria di non poco conto, tanto da dovere ritenere che la norma oggetto di esame abbia carattere di eccezionalità, si impone una interpretazione particolarmente rigorosa, soprattutto con riguardo alla fattispecie di chiusura prevista dall'art. 32 co. 4 lett. d) legge citata (Cass. n. 13179 del 2017).
20. Tale rigorosità deve confrontarsi necessariamente con limiti previsti dalla nostra Costituzione (artt. 2, 111 e 117), dal diritto euro unitario (art. 47 della Carta di Nizza, in considerazione della natura della controversia che riguarda il tema della successione in un ramo di azienda) e dal diritto convenzionale (artt. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo), nel senso che occorre pur sempre tenere conto dei possibili profili di illegittimità con riguardo ad un ambito applicativo di tipo estensivo o analogico della norma in questione.
21. Questo Collegio è consapevole dell'indirizzo di cui alla sentenza di questa Corte n. 13179/2017, richiamata nella gravata pronuncia dai giudici di seconde cure, i cui principi, però, devono essere letti e contestualizzati alla luce delle argomentazioni e delle precisazioni delle pronunce successive che sono seguite in materia e, in particolare, con quelle affermate dalle recenti decisioni n. 30490/2021 e n. 14131/2020 ove è stata evidenziata comunque la necessità, ai fini della operatività della decadenza di cui all'art. 32 co. 4 legge n. 183/2010, di un provvedimento o di un atto da impugnare ovvero di un tipizzato fatto (scadenza del contratto a tempo determinato).
22. Come correttamente è stato sottolineato in queste ultime sentenze non si può estendere analogicamente ad un "fatto" (cessazione dell'attività del lavoratore) una norma calibrata in relazione ad atti scritti e recettizi ovvero a fatti tipizzati.
23. Una diversa interpretazione renderebbe, infatti, eccessivamente aleatorio l'esercizio del diritto di azione del lavoratore, stante l'intrinseca difficoltà di identificarne con esattezza il diritto di azione.
24. Le suddette pronunce (la n. 13179/2017 e la n. 30490/2021) non sono tra loro contrastanti perché la prima si limita ad individuare le fattispecie di applicabilità della decadenza in questione (tra cui le azioni dirette al conseguimento di un risultato di contenuto economico o comunque risarcitorio, che presupponga l'accertamento del rapporto alle dipendenze di quest'ultimo), mentre la seconda precisa i presupposti di operatività della decadenza stessa, ponendosi, quindi, su di un piano logico giuridico diverso e successivo rispetto alla analisi svolta dalla prima sentenza.
25. Pertanto, sia nei casi di richiesta di costituzione (ove è chiara la volontà dell'istante di ripristino immediato e/o di stabilizzazione) sia nei casi di richiesta di accertamento (ove l'azione dichiarativa richiede un accertamento "ora per allora") del rapporto di lavoro alle dipendenze di un soggetto diverso dal titolare del contratto, occorre pur sempre un atto o un provvedimento datoriale che renda operativo e certo il termine di decorrenza della decadenza di cui all'art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183/2010, in un'ottica di bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti.
26. Fino a quando il lavoratore non riceva un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente, che neghi la titolarità del rapporto, non può decorrere alcun termine decadenziale ai sensi della suddetta disposizione, atteso che il profilo impugnatorio funge da decisivo discrimine della applicazione della relativa disciplina.
27. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato improcedibile e va affermato il seguente principio di diritto ex art. 363 co. 3 cpc: «la disposizione di cui all'art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183 del 2010, relativa al regime di decadenza ivi previsto, non si applica alle ipotesi -in tema di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro, ormai risolto, in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto- nelle quali manchi un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto stesso».
28. Alla declaratoria di improcedibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con attribuzione.
29. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.