
La Cassazione ricorda che la determinazione del “quantum debeatur” del danno figurativo può essere desunta in via equitativa e presuntiva dai canoni di contratti di locazione di immobili analoghi nella stessa zona.
A seguito del crollo del tetto di un magazzino, il titolare della società danneggiata promuoveva un accertamento tecnico preventivo dal quale emergeva la responsabilità del proprietario dell'appartamento posto al primo piano che aveva omesso le dovute cautele per evitare crolli. A tale accertamento seguiva la condanna al risarcimento...
Svolgimento del processo
A seguito del crollo del tetto del magazzino sito in Palermo, (omissis), ove M.P. SAS esercitava, da quarant'anni, attività di esposizione e vendita di arredi, il titolare della danneggiata aveva promosso un accertamento tecnico preventivo per verificare lo stato dei luoghi, individuare la responsabilità del crollo, quantificare i danni alla merce esposta e alla struttura del locale e i costi necessari per ripristinarne l'agibilità. Il proprietario dell'appartamento sovrastante ed il condominio in cui era inserito l'immobile danneggiato non partecipavano alle operazioni peritali e non consentivano l'esperimento del tentativo di conciliazione; di conseguenza, venivano convenuti in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, da M.P. SAS. Dall'ATP emergevano:
I) la responsabilità del proprietario dell'appartamento posto al primo piano che aveva omesso le dovute cautele per evitare crolli;
II) il danneggiamento oltre che del locale commerciale, risultato parzialmente inagibile, anche di alcuni mobili e suppellettili in esposizione. Con sentenza n. 529/2013, il Tribunale condannava A.M.R., F.R. e F.R., quali eredi di F.R., proprietario dell'appartamento sovrastante il locale danneggiato, al pagamento di euro 15.532,00 per i danni cagionati dalle infiltrazioni di umidità provenienti dall'immobile, e della somma di euro 1.000,00 mensili dal crollo fino alla sentenza, oltre agli interessi, alle spese di lite e di CTU. F. e F. R. impugnavano la suddetta decisione, lamentando la novità della richiesta di euro 1000,00 mensili, essendo stata formulata per la prima volta con la comparsa conclusionale, l'erroneità della loro chiamata in giudizio, ai sensi dell'art. 2051 c.c., atteso che l'appartamento da cui era stato dimostrato che provenivano le infiltrazioni all'origine dei danni era locato, l'inidoneità dell'Atp a fornire la prova del danno ex art. 2051 c.c., il difetto della prova del danno derivante dall'indisponibilità di alcuni locali. M.A.R. stralciava la sua posizione limitatamente ad 1/3 della condanna, pervenendo ad un accordo diretto con M.P. SAS.. M.P. SAS, con appello incidentale, chiedeva che fossero chiariti i termini delle modalità di risarcimento del danno per mancato uso e che il giudice dichiarasse dovuta la somma mensile di euro 1000,00 dal crollo fino all'effettivo soddisfo. La Corte d'Appello, con la sentenza n. 511/2018, resa pubblica il 12 marzo 2018, rigettava la richiesta di liquidazione del risarcimento del danno per mancato uso, ritenendo che la danneggiata, pur avendo offerto prova dell'an, non avesse fornito elementi concreti idonei a determinare il danno figurativo per mancato godimento dell'immobile. I.P., nella veste indicata, ricorre, formulando un solo motivo, per la cassazione della suddetta sentenza. Nessuna attività difensiva è svolta in questa sede dagli intimati.
Motivi della decisione
1.11 ricorrente lamenta la falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., per avere il giudice a quo, dopo averle correttamente individuate, disatteso le norme nella loro applicazione concreta. La Corte territoriale, dopo aver affermato che il danno da mancato godimento dell'immobile era stato provato e che quello derivatone era un danno figurativo che non necessitava di specifica prova, essendo in re ipsa - data l'impossibilità di ritrarre le utilità normalmente derivanti dalla fruizione dell'immobile, in relazione alla sua intrinseca natura fruttifera - ed aver sostenuto che per la sua quantificazione si ricorre al valore locativo, indicato dalla società nelle proprie difese, avrebbe poi concluso con il rigetto della domanda risarcitoria, perché la società appellata aveva omesso di fornire elementi probatori idonei a conferire concretezza alla specifica pretesa di quantificazione, fornendo al giudice una base sulla quale esprimere la propria valutazione. Secondo il giudice a quo non bastava che la danneggiata facesse riferimento al valore locativo di immobili delle medesime caratteristiche senza, tuttavia, fornire alcun elemento idoneo a quantificare il danno.
1.1. Il motivo merita accoglimento. Premesso che la liquidazione del c.d. danno figurativo, nei termini evocati dalla Corte d'Appello, è da considerarsi pacificamente utilizzabile con riferimento a tutte le fattispecie di indisponibilità del bene a causa di eventi che ne impediscono la fruizione piena (Cass. 09/02/2021, n. 3028; Cass.09/08/2016, n. 16670; Cass. 07/08/2012, n. 14222), deve - sebbene la questione non rilevi propriamente nella vicenda per cui è causa, atteso che la Corte territoriale non ha dubitato che il danno si fosse verificato, avendolo ritenuto dimostrato dalla relazione dei vigili del fuoco - chiarirsi che il danno in questione, definito figurativo, non è propriamente in re ipsa, bensì oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, posto che la locuzione "danno in re ipsa" va tradotta in altre ("danno normale" o "danno presunto"), più adatte ad evidenziare la base illativa del danno, collegata all'indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità (cfr. Cass. 18/05/2021, n. 13274). La ragione per cui la Corte territoriale ha rigettato la richiesta risarcitoria non riguarda la ricorrenza del danno, ma la sua quantificazione, avendo escluso che la parte richiedente lo avesse quantificato nel suo preciso ammontare e che avesse fornito i criteri per determinarlo equitativamente. L'indirizzo di legittimità si è consolidato nel senso che il valore locativo del cespite usurpato, desunto in via equitativa e presuntiva dai canoni di contratti di locazione di immobili analoghi nella stessa zona è assumibile come criterio orientativo per la determinazione del "quantum debeatur" (Cass. 07/08/2012, n. 14222; Cass. 09/08/2016, n. 16670; Cass. 26/11/2020, n. 26989; Cass. 15/01/2021, n. 659) Pertanto, la statuizione reiettiva della Corte territoriale, giustificata con il fatto che parte ricorrente si era limitata a richiamare il valore locativo di immobili aventi le stesse caratteristiche nella zona, si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte e va cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione che provvederà anche a liquidare le spese di lite del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la controversia alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.