Con l'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione risponde al quesito affermando un nuovo principio di diritto.
Parte attrice proponeva opposizione al precetto notificato con cui le si intimava il pagamento di una somma in forza del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, quale fideiussore, e del debitore principale, eccependo la prescrizione nonché l'avvenuta estinzione del debito.
Il Tribunale rigettava l'opposizione, conseguendone il...
Svolgimento del processo
N.V. propose opposizione al precetto notificato il 20.11.2010 da I. S.p.a. (quale procuratore di C.F. s.r.l., cessionaria del credito di I.G.C. S.p.a., a sua volta cessionaria di Banca C. S.p.a.), con cui le si intimava il pagamento della somma di € 86.443,79 oltre accessori, e ciò in forza del decreto ingiuntivo del 14.10.1998 emesso nei confronti di F.D.C., quale debitore principale, e di essa V., quale fideiussore, contestando la carenza di legittimazione ad agire dell'intimante, ed eccependo la prescrizione, nonché l'avvenuta estinzione del debito. Con sentenza del 23.1.2014, il Tribunale di Bari rigettò l'opposizione, ma la Corte d'appello di Bari, con sentenza del 21.8.2018, l'accolse, annullando il precetto opposto, stante l'intervenuta prescrizione decennale del credito. Ricorre ora per cassazione I. S.p.a., quale procuratore di C.F. s.r.l., affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso N. V., che ha pure depositato memoria.
Motivi della decisione
1.1 - Con il primo motivo, si denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 615, 616 e 165 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La ricorrente rileva che, dovendo trovare applicazione analogica il disposto dell'art. 616 c.p.c., circa il dimidiamento dei termini di costituzione in cancelleria, l'opposizione della V. avrebbe dovuto dichiararsi, anche d'ufficio, improcedibile, non essendo stato rispettato il termine di cinque giorni dalla notifica della citazione.
1.2 - Con il secondo motivo, si lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 77, 81, 164 e 342 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non avendo il giudice d'appello rilevato che il gravame era stato proposto contro I. S.p.a. in proprio e non già quale procuratore speciale di C.F. s.r.l.
1.3 - Con il terzo motivo, infine, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2943 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., giacché la Corte d'appello ha erroneamente escluso ogni valenza interruttiva del termine di prescrizione alla sequenza avviata con la notifica di un primo precetto, in data 16.10.2000, seguita da un verbale di pignoramento mobiliare negativo del 4.12.2000, presso il domicilio della debitrice, così conclusosi stante l'assenza di beni pignorabili secondo legge, per come riscontrato dall'Ufficiale Giudiziario.
2.1 - Il primo motivo è infondato. Nella specie, si tratta di opposizione all'esecuzione c.d. preesecutiva, correttamente avviata con la notifica di atto di citazione ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., sicché trova piana applicazione l'art. 165 c.p.c., con termine per la costituzione pari a dieci giorni dalla notifica dell'atto introduttivo, certamente rispettato dalla V.. La disposizione dell'art. 616 c.p.c., invece, non può che riferirsi alle opposizioni bifasiche (o endoesecutive), ossia a quelle che si innestano su una procedura esecutiva già pendente (come ad es. l'opposizione di cui all'art. 615, comma 2, c.p.c.), presupponendo detta disposizione un provvedimento del giudice dell'esecuzione, che ovviamente non è ipotizzabile nelle opposizioni preesecutive.
3.1 - Il secondo motivo è del pari infondato. Ritiene la Corte che la valutazione del giudice d'appello - che ha escluso che la V. abbia potuto/voluto mutare la veste di I. (da procuratrice speciale di C.F. s.r.l. a contraddittore in proprio) nel passaggio dal giudizio di primo a quello di secondo grado - sia ampiamente condivisibile, perché fondata sull'analisi degli atti processuali ed in particolare dello stesso atto d'appello, essendosi evidenziata la sua linea di continuità rispetto alle pregresse fasi del processo. Non può nutrirsi alcun dubbio, dunque, per come accertato dal giudice d'appello, che la V. abbia evocato in giudizio, con l'atto di gravame, I. quale procuratore speciale di C.F. s.r.l. e non già in proprio.
4.1 - Il terzo motivo è invece fondato, nei termini che seguono. In forza di un d.i. emesso il 14.10.1998, venne notificato alla V. un primo atto di precetto il 16.10.2000, a mani del padre, seguito dall'accesso dell'ufficiale giudiziario, in data 4.12.2000, presso l'immobile sito nel medesimo indirizzo (Bari, (omissis)), onde eseguire pignoramento mobiliare; detto tentativo non ebbe però buon esito, tanto che l'Ufficiale Giudiziario redasse il relativo verbale "negativo"; e ciò in quanto - come risulta dalla riproduzione del verbale stesso contenuta nel ricorso - non era stato "rinvenuto nessun bene pignorabile per legge". Il padre della debitrice, peraltro, aveva contestualmente dichiarato che ella era residente nel Comune di Casamassima. A fronte di ciò, il giudice d'appello, ribaltando il contrario opinamento del primo giudice, ha ritenuto che la notifica di detto precetto aveva determinato un effetto interruttivo istantaneo del corso della prescrizione, che quindi aveva iniziato a correre nuovamente dal 16.10.2000, ma che nessuna sospensione permanente·poteva configurarsi riguardo al successivo pignoramento mobiliare, che di fatto non s'era mai perfezionato, anche ai fini di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 2943, comma 1, e 2945, comma 2, c.c.; e ciò tenuto conto della peculiare forma con cui si realizza il pignoramento mobiliare presso il debitore, ossia con l'accesso diretto dell'ufficiale giudiziario in loco e la redazione del relativo verbale ex artt. 513 e 518 c.p.c., e non già con la notifica di un atto al debitore medesimo. Conseguentemente, allorquando la creditrice aveva notificato il secondo atto di precetto (20.11.2010), il termine di prescrizione decennale era già maturato (da poco più di un mese), donde l'accoglimento dell'opposizione.
4.2 - Ora, è noto che, a norma dell'art. 2943, comma 1, c.c., la prescrizione è interrotta, tra l'altro, dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, anche esecutivo; ed è altrettanto noto che, ai sensi dell'art. 491 c.p.c., il processo esecutivo ha inizio col pignoramento, giacché la notifica del precetto - che è atto prodromico all'esecuzione forzata, ma non è atto dell'esecuzione forzata in senso proprio - ha efficacia interruttiva istantanea ma non permanente, ex art. 2945, comma 1, c.c. (in giurisprudenza, Cass. n. 19738/2014; Cass. n. 7737/2007; Cass. n. 4203/2002). Nella specie, il creditore, dopo aver notificato un primo precetto il 16.10.2000, ha attivato il procedimento per effettuare il pignoramento mobiliare presso il debitore (o pignoramento mobiliare "diretto"). Detto procedimento però, a differenza delle forme gemelle dell'azione esecutiva per espropriazione forzata (ossia, il pignoramento mobiliare presso terzi ex art. 543 c.p.c. e quello immobiliare ex art. 555 c.p.c.), pur dovendo essere preceduto (come queste ultime) dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto ex art. 479 c.p.c., non si avvia mediante la notifica di un atto tout court al debitore (atto che, peraltro, non è riferibile al solo creditore, essendo anche proprio dell'ufficiale giudiziario), ma attraverso una serie di attività prodromiche, ossia, in estrema sintesi: richiesta (che può anche provenire dal creditore personalmente) all'ufficiale giudiziario di eseguire il pignoramento con contestuale consegna del titolo e del precetto notificati, accesso dello stesso ufficiale giudiziario presso l'abitazione del debitore per la ricerca dei beni mobili da assoggettare al vincolo, individuazione dei beni e loro descrizione, ecc. Tali attività sono finalizzate, tra l'altro, all'apposizione del vincolo pignoratizio sui beni e alla conseguente ingiunzione che il medesimo ufficiale giudiziario deve rivolgere al debitore esecutato, ai sensi dell'art. 492 c.p.c., con la peculiarità per cui, qualora il debitore non sia presente alle operazioni, detta ingiunzione dev'essere rivolta alle persone di cui all'art. 139 c.p.c. Di tutto ciò, deve darsi conto in apposito processo verbale, ai sensi dell'art. 513 c.p.c., che all'esito l'ufficiale giudiziario deve consegnare senza ritardo al creditore procedente, unitamente al titolo esecutivo e al precetto, perché l'azione esecutiva prosegua il suo corso. Ciò posto, non v'è dubbio che l'attività così compiuta, conformemente a quanto previsto dall'art. 2943, comma 1, c.c., sia senz'altro idonea non solo ad interrompere la prescrizione, ma a determinarne la sospensione per quanto previsto dall'art. 2945, comma 2, c.c., per tutta la durata del procedimento. Senonché, nella specie, deve senz'altro escludersi che un tale duplice effetto - nell'egida delle citate disposizioni - possa mai essersi verificato, perché, come già anticipato, l'ufficiale giudiziario non rinvenne beni utilmente pignorabili, né tantomeno procedette a rivolgere l'ingiunzione ex art. 492 c.p.c. a chicchessia: da quanto precede, deriva che la fattispecie del pignoramento mobiliare non venne ad esistenza (si potrebbe dire, per deficit strutturale oggettivo), tanto che l'ufficiale giudiziario redasse un verbale di "pignoramento negativo", descrizione gergale che descrive plasticamente, appunto, il mancato perfezionamento della fattispecie e, dunque, il mancato avvio del procedimento esecutivo (v., in tal senso, Cass. n. 8298/2011).
4.3 - Ciò non toglie, tuttavia, che l'attività così compiuta dall'ufficiale giudiziario, nel lontano 4.12.2000, possa essere almeno idonea a spiegare il più limitato effetto interruttivo istantaneo della prescrizione, ex art. 2945, comma 1, c.c. Infatti, è ampiamente ricevuta, nella giurisprudenza di questa Corte, l'affermazione secondo cui "In tema di prescrizione, con riferimento alla idoneità degli atti ad acquisire efficacia interruttiva, va affermato che l'atto di interruzione della prescrizione non deve necessariamente consistere "in una richiesta o intimazione" (essendo questa una caratteristica riconducibile all'istituto della costituzione in mora), ma può anche emergere da una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti, puramente e semplicemente, l'intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante, in tal guisa dovendosi interpretare estensivamente il disposto dell'articolo 2943, comma quarto, cod. civ., in sinergia ermeneutica con la più generale norma dettata, in tema di prescrizione, dall'articolo 2934 cod. civ." (così, Cass. n. 15766/2006 che, sulla base dell'enunciato principio, ha accolto il ricorso del danneggiato da un sinistro stradale avverso la sentenza di appello che aveva escluso l'efficacia interruttiva della prescrizione di una missiva da lui inviata alla compagnia di assicurazioni del danneggiante, in quanto essa contenuta solo una semplice offerta di soluzione stragiudiziale della controversia, e non anche una intimazione o richiesta di adempimento; nello stesso senso, più recentemente, Cass. n. 24054/2015, nonché Cass. n. 1166/2018, caso quest'ultimo in cui la S.C. ha riconosciuto efficacia interruttiva alla lettera dell'INPS al contribuente, contenente la quantificazione del credito e l'avvertenza che in difetto di pagamento si sarebbe proceduto all'iscrizione a ruolo, ritenendo irrilevante che, nello stesso atto, si manifestasse disponibilità a rivedere la richiesta di pagamento in caso di contestazione). Ed è stato anche affermato l'ulteriore principio per cui "L'atto interruttivo della prescrizione richiesto dall'art. 2943 cod. civ. comma terzo non deve essere necessariamente identificato con le costituzioni in mora e con i criteri che individuano quest'ultima, sicché ha efficacia interruttiva della prescrizione la dichiarazione del creditore resa in giudizio di voler insistere nella propria pretesa creditoria, anche se tale dichiarazione è resa nei confronti del difensore del debitore e non verso questo personalmente, ed anche se la dichiarazione - che risulti dalla verbalizzazione ufficiale del processo - non abbia forma scritta" (Cass. n. 14517/2007). Nella sostanza, detto orientamento attribuisce valenza interruttiva della prescrizione anche ad un atto che, seppur non abbia i crismi della costituzione in mora (requisito che, invece, altro orientamento ritiene indispensabile: v. Cass. n. 15714/2018, Cass. n. 18546/2020, Cass. n. 15140/2021), manifesti in modo inequivoco - ed anche implicitamente - la volontà di realizzare il credito, il che può risultare, oltre che da atto scritto, anche da dichiarazione orale, purché debitamente raccolta nel verbale del processo. In proposito, ritiene la Corte di dover dare continuità a tale più risalente indirizzo, perché il presupposto dell'efficacia estintiva della prescrizione è pur sempre l'inerzia del creditore rispetto alle attività di recupero del proprio credito; ne deriva che, allorquando l'inerzia non sia configurabile e la suddetta manifestazione di volontà (sia essa resa per iscritto o debitamente verbalizzata) giunga a conoscenza del debitore o gli sia comunque conoscibile, non v'è ragione per negare l'efficacia interruttiva di cui all'art. 2943, comma 4, c.c.. Ora, è evidente che la richiesta di procedere in via esecutiva avanzata dal creditore all'Ufficiale Giudiziario, affinché si rechi presso la casa del debitore onde ricercarvi i beni da sottoporre a vincolo per l'espropriazione, non possa non valutarsi astrattamente idonea ad interrompere la prescrizione, perché indica univocamente la volontà del creditore stesso di recuperare il credito. Anzi, a ben vedere, non potrebbe esservi più netta espressione di una tale volontà: tale richiesta (se pervenuta nella sfera di conoscenza del debitore, come meglio si dirà tra breve), è diretta non solo a sollecitare il debitore stesso all'adempimento spontaneo, ma ad espropriare direttamente il suo patrimonio, onde immediatamente realizzare la garanzia generica di cui all'art. 2740 c.c.. La circostanza che il pignoramento eventualmente non si perfezioni, ove si concluda con verbale negativo, non è di per sé dirimente, perché occorre verificare in concreto le ragioni di un tale esito. Altro è, infatti, il caso in cui l'ufficiale giudiziario si rechi presso la casa del debitore e la trovi chiusa e non accessibile, altra cosa è, invece, che egli effettui l'accesso nell'abitazione, ma non possa procedere al pignoramento perché non abbia rinvenuto beni utilmente pignorabili, come avvenuto nel caso che occupa: in entrambi i casi, l'ufficiale giudiziario procede, come da prassi, alla redazione di un verbale di pignoramento negativo, ma nella prima ipotesi il verbale non può che descrivere un'attività dialogica che si avvia con l'iniziativa del creditore procedente e si arresta (e si chiude, salve successive riprese) con l'impossibilità di procedere da parte dell'ufficiale giudiziario, senza che questi abbia comunque potuto attingere alla sfera del debitore; nel secondo caso, invece, il verbale negativo raccoglie e certifica pur sempre l'attività di un organo deputato per legge a procedere all'espropriazione forzata, su inequivocabile richiesta del creditore, attività che giunge comunque nella sfera del debitore, irrilevante essendo - da questo punto di vista - che non siano stati rinvenuti beni pignorabili e che non sia stata pronunciata l'ingiunzione di cui all'art. 492 c.p.c. E' dunque decisivo - ai fini che interessano - stabilire se una tale attività, come compendiata nel verbale di pignoramento negativo, sia giunta a conoscenza del debitore o meno (indiscussa essendo la necessità che l'atto interruttivo sia comunque recettizio), posto che l'accesso dell'ufficiale giudiziario, la spiegazione delle ragioni di detto accesso e l'ostensione del titolo esecutivo e del precetto (che, lo si rammenta, devono essere previamente notificati al debitore stesso, ben potendo l'ufficiale giudiziario, in caso contrario, rifiutarsi di procedere) non può che significare, in modo da chiunque intellegibile, che il creditore richiedente ha ferma intenzione di recuperare il proprio credito. E tanto basta, come s'è visto, per determinare l'effetto interruttivo della prescrizione.
4.4 - In proposito, si osserva che la Corte pugliese ha correttamente inquadrato i termini della questione, individuando il quadro generale in cui inscrivere la fattispecie e giungendo ad escludere, del tutto correttamente, che il pignoramento tentato il 4.12.2000 fosse mai venuto ad esistenza ed avesse mai potuto, dunque, determinare l'effetto interruttivo/sospensivo di cui agli artt. 2943, comma 1, e 2945, comma 2, c.c.. Essa ha però errato - posta la portata omnicomprensiva dell'eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla V., che non vincola il giudice rispetto all'individuazione del termine iniziale e finale, trattandosi di questione di diritto (v. Cass. n. 15631/2016; Cass. n. 30303/2021) - laddove non ha indagato se, invece, potesse ascriversi una qualche valenza interruttiva, anche istantanea, all'attività comunque compiuta e documentata dall'ufficiale giudiziario nel relativo verbale di pignoramento negativo. Infatti, è indubbio che nella specie la debitrice V. non fosse presente alle attività compiute dall'ufficiale giudiziario.'" e che il padre della stessa dichiarò a verbale che ella era residente in altro comune. Tuttavia, ciò non rileva di per sé, così come non rileva - al contrario di quanto pretenderebbe la V. - che né il verbale, né qualsiasi altro atto le siano stati notificati. Infatti, posto che - come s'è visto - l'attività specificamente compiuta dall'ufficiale giudiziario il 4.12.2000 è di per sé idonea ad interrompere, con effetti istantanei, la prescrizione, occorre in realtà verificare se l'attività stessa sia giunta a conoscenza della V. o le sia stata conoscibile, secondo le regole proprie della notificazione degli atti ed in particolare dell'art. 139 c.p.c., non a caso richiamato dall'art. 518 c.p.c. per l'ipotesi in cui il pignoramento invece si perfezioni, benché in assenza del debitore. D'altra parte, da quanto emerge dagli atti, non risulta che la debitrice abbia mai contestato (né all'epoca, né adesso, incidentalmente) l'invalidità o la nullità del precetto del 16.10.2000 per essere stato eseguito in luogo a lei estraneo, il che vale anche per il pignoramento tentato il 4.12.2000 nello stesso immobile (sito in Bari, (omissis)) ove lo stesso precetto era stato notificato. Non senza dire che, sempre stando agli atti, neppure risulta che la V. abbia allegato di non essere mai venuta a conoscenza del ripetuto accesso dell'ufficiale giudiziario in quell'immobile. Sulla base delle considerazioni che precedono, il giudice del rinvio accerterà dunque se in quell'immobile ove venne tentato il pignoramento in data 4.12.2000 fosse almeno individuabile il domicilio della debitrice e se, di conseguenza, l'attività ivi spiegata dall'ufficiale giudiziario sia giunta alla sua conoscenza o le sia stata almeno conoscibile, a nulla rilevando, come invece osservato in controricorso, che nel verbale redatto la casella relativa all'ingiunzione ex art. 492 c.p.c. sia stata sbarrata, o che, ancora, nessun atto le sia stato notificato. Al riguardo, può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: "Ai fini dell'interruzione della prescrizione ai sensi degli artt. 2943, comma 4, e 2945, comma l, c.c., il tentativo di pignoramento mobiliare infruttuoso, documentato da verbale di "pignoramento negativo' costituisce idoneo atto di esercizio del credito, a condizione che l'attività all'uopo effettuata dall'ufficiale giudiziario (accesso, ostensione del titolo esecutivo e del precetto, ricerca dei beni, ecc.) sia conosciuta o conoscibile dal debitore e, dunque, che la stessa si svolga almeno in presenza dei soggetti di cui all'art. 139 c.p.c. ed in luogo appartenente alla sfera giuridica del debitore stesso, nei termini di cui all'art. 513 c.p.c.".
5.1 - In definitiva, il primo e il secondo motivo del ricorso sono infondati, mentre il terzo è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, che applicherà il superiore principio di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso e accoglie il terzo; cassa in relazione e rinvia alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.