L'interessato, infatti, ha l'onere di dimostrare con i mezzi più opportuni l'originale validità del documento informatico firmato digitalmente.
Il Tribunale di Venezia dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta dall'attuale ricorrente poiché presentata in via telematica e priva di una valida firma digitale.
Contro tale decisione, l'interessato propone ricorso per cassazione, sostenendo che la firma del difensore doveva considerarsi, invece, pienamente valida poiché certificata da una...
Svolgimento del processo
1. Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Venezia dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta da L.M. perchè presentata telematicamente e priva di valida firma digitale.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 c.p.p., disp. att.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 311 c.p.p., e L. n. 176 del 2020, art. 24.
La firma del difensore, ritenuta non valida dal Tribunale, era invece pienamente valida in quanto certificata da società, convenzionata con l'Ordine degli avvocati di Milano. Essa aveva tutti i requisiti richiesti dalla legge come risulta dalle allegazioni prodotte.
Si è piuttosto verificato un errore del sistema che non può essere addebitato al difensore e all'imputato (tanto più che ben poteva la cancelleria rilevare subito la irregolarità così da consentire la trasmissione per via ordinaria dell'impugnazione).
3. Con atto inviato via PEC, il difensore ha depositato conclusioni scritte, ribadendo la fondatezza dei motivi di ricorso, anche in considerazione che la medesima firma digitale è stata ritenuta valida in atti successivi (lo stesso ricorso per cassazione).
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni.
2. D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, art. 24, comma 6-sexies, conv. Con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020, stabilisce che, nel caso di proposizione dell'atto di impugnazione mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata, l'impugnazione è inammissibile "quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore".
Tale disposizione rinvia espressamente al precedente comma 6-bis dell'art. 24 cit., che detta le modalità di proposizione dell'atto di impugnazione, che richiedono in particolare che "l'atto in forma di documento informatico" sia "sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati".
3. Nel caso in esame, il Tribunale ha accertato, sulla base del rapporto di verifica effettuato dalla Cancelleria, che l'istanza di riesame non era firmata digitalmente, in quanto la autorità di certificazione (CA) che ha emesso il certificato risultava sconosciuta.
A fronte di tale accertamento, la questione sottoposta dal ricorrente (che ne contesta l'esito, prospettando un errore del sistema informatico della cancelleria) implica un accertamento di fatto che presuppone una verifica (ora per allora) sulla validità legale della firma digitale, che avrebbe dovuto essere sostenuta con adeguata documentazione.
Nella specie, il ricorrente si è limitato ad allegare mere copie dell'atto depositato, estratte dall'applicazione in uso al difensore, mentre era onere del ricorrente dimostrare, con i mezzi più opportuni, l'originale validità del documento informatico firmato digitalmente.
L'art. 23 del CAD (D.Lgs. n.82 del 7 marzo 2005, e successive modd.) stabilisce le modalità di rilascio delle copie di documenti informatici sottoscritti con firma digitale. Inoltre, l'errore del sistema sulla validità del certificato ben poteva essere sostenuto da una consulenza tecnica del ricorrente.
In assenza di tali allegazioni, la "stampa informe" del documento informatico non è, quindi, sufficiente a dimostrare il deposito di un valido atto di impugnazione.
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Stante la peculiarità e novità della questione, non vi è motivo per la condanna del ricorrente al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.