Grava sul conducente, infatti, l'accertamento della compatibilità dell'assunzione del farmaco con la circolazione stradale.
La Corte d'Appello di Palermo confermava la decisione di primo grado con la quale l'imputato era stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b), e 2-sexies, c.d.s..
Contro tale pronuncia, il difensore dell'imputato propone ricorso per cassazione lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che la Corte territoriale non avesse considerato che il...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado in punto di responsabilità di S.L.C. per il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b), e 2-sexies, (fatto del 7.3.2020).
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173 c.p.p., comma 1, disp. att.) quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere valorizzato elementi in favore dell'imputato, stante l'alterazione della misurazione del tasso alcolemico dovuta all'assunzione di prodotti farmacologici e/o colluttori.
II) Mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento alla richiesta di perizia sul colluttorio "listerine", idoneo ad incidere sullo stato di ebbrezza dell'assuntore.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione per mancata applicazione dell'art. 131 bis c.p., nonostante l'emersione di circostanze del tutto marginali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. I motivi dedotti evocano in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, riproduttive di questioni già puntualmente esaminate e disattese dalla Corte di appello con motivazione del tutto coerente e adeguata, rispetto alla quale, in buona sostanza, il mezzo di impugnazione odierno omette di confrontarsi, incorrendo in tal modo anche nel vizio di aspecificità.
3. La Corte territoriale ha congruamente e logicamente respinto la tesi difensiva, di cui alla censura sub I), secondo cui il rilevamento del tasso alcolemico sarebbe stato alterato dall'assunzione, da parte del prevenuto, di un farmaco (Lisomucil sciroppo).
Al riguardo, il perito nominato ha accertato che detto medicinale non poteva in alcun modo incidere, se non marginalmente, su tale valore; peraltro, i giudici di merito hanno correttamente richiamato l'insegnamento secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'elemento psicologico del reato non è escluso dall'assunzione di farmaci ad elevata componente alcolica, essendo onere del conducente accertare la compatibilità dell'assunzione con la circolazione stradale (cfr. Sez. 4, n. 19386 del 05/04/2013, Rv. 255835 - 01).
4. Quanto al motivo sub II), va qui ribadito che la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'art. 495 c.p.p., comma 2, si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, Rv. 270936 - 01).
5. Infine, è inammissibile il rilievo sub III), atteso che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il diniego della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., secondo una valutazione di merito non illogica e quindi insindacabile in questa sede. In proposito, è stata valorizzata la non trascurabile pericolosità della condotta tenuta dal prevenuto, considerato che egli conduceva la vettura in un centro abitato, in evidente stato di ebbrezza ed in orario notturno.
6. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.