Le Sezioni Unite Civili si esprimono in senso positivo, a condizione che la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art.161 l.f., sia stata funzionale alle finalità della prima procedura.
Con la sentenza n. 42093 del 31 dicembre 2021, le Sezioni Unite Civili hanno risposto ai seguenti quesiti:
«I) se la disciplina della revocatoria dei pagamenti di crediti insorti a fronte della «prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali» condivide la medesima ratio che è posta a fondamento della prededuzione del credito dei professionisti che...
Svolgimento del processo
1. M.S. impugna il decreto Trib. Mantova 30.11.2016, n. 2531/2016 in R.G. 4745/2015 che ne ha rigettato l’opposizione allo stato passivo avverso il decreto del giudice delegato del fallimento I.R. di I.R. &. C. S.A.S., nonché di I.R. [fallimento] che, a sua volta, aveva respinto la insinuazione al passivo del proprio credito professionale, per come avanzata in prededuzione;
2. ha premesso il decreto impugnato che: a) l’opponente, dottore commercialista, aveva domandato in via principale l’ammissione al passivo in prededuzione per € 38.064 e, in subordine, per € 31.200 con il privilegio dell’art.2751bis n.2 c.c. e € 6.864 in chirografo per IVA; b) l’ammissione al passivo era stata disposta per la minor somma di € 15.000 (per attività professionale non conclusa e finalizzata alla predisposizione della proposta e del piano di concordato mai formulata), oltre a € 600 per contributo previdenziale, in privilegio e € 3.432 per IVA in chirografo; c) l’esclusione della prededuzione si fondava sull’inammissibilità della proposta di concordato, aggiungendosi la reiezione della restante parte del credito (non riconosciuto per € 19.032); d) l’attività dedotta – svolta tra febbraio e marzo 2014 e dunque durante la pendenza di domanda prenotativa ex art.161 co.6 l.f. - - aveva titolo nel richiamo ad un contratto di consulenza professionale di advisor contabile, in assistenza alla società e al relativo legale incaricato degli atti preparatori necessari per predisporre proposta e piano di un concordato preventivo; e) la società, venuta meno la disponibilità della famiglia di riferimento ad apportare nuova finanza, aveva poi (ed in realtà) rinunciato al concordato, conseguendone la dichiarazione di fallimento;
3. il tribunale, nel rigettare l’opposizione, ha ritenuto che: a) a chiarimento della svista in cui era incorso il giudice delegato, il riferimento normativo corretto doveva intendersi all’art.162 l.f., poiché alla omessa presentazione della proposta e del piano era seguita la rinuncia ad una domanda divenuta inammissibile; b) il diniego della prededuzione derivava dalla mancanza di un beneficio, arrecato alla procedura concorsuale come accrescimento dell’attivo e salvaguardia della sua integrità, del tutto assenti nella prestazione professionale resa prima del fallimento da un professionista quando ormai la domanda era inammissibile, per mancata integrazione dei suoi elementi costitutivi di completamento ovvero, come nel caso, rinuncia, essendosi accertata la impossibilità di formulare qualsiasi ipotetica proposta; c) la rinuncia interrompeva il carattere funzionale (ovvero di concreta funzionalità) della prestazione, facendo sì che la proposta di concordato preventivo cui ineriva non era utile ai fini dell’accesso ad una soluzione della crisi d’impresa alternativa al fallimento; d) l’attività professionale era stata peraltro resa nella vigenza dell’art.11 co.3 quater del d.l. 23 dicembre 2013, n.145, norma interpretativa dell’art.111 co.2 in relazione ai concordati con riserva, esplicitandosi che, per essi, la prededuzione spettava alla condizione che proposta, piano e documentazione di cui all’art.161 co. 2 e 3 l.f. fossero presentati nel termine dato dal giudice e che la procedura venisse aperta in continuità con la domanda ai sensi dell’art.163 l.f., senza che potesse avere rilevanza la successiva abrogazione disposta con l’art. 22 co.7 del d.l. 24 giugno 2014, n.91, anzi confermativa della ricostruzione restrittiva seguita;
4. il ricorso è su tre motivi, avendo ad esso resistito il fallimento con controricorso, illustrato da memoria; a seguito di richiesta del Procuratore generale in vista della camera di consiglio dell’11 marzo 2021, la Prima Sezione civile, all’esito e dunque con ordinanza 23 aprile 2021, n.10885, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, poi disposta;
5. il primo mezzo solleva la violazione degli artt. 161 co.7 e 111 l.f., per aver il tribunale, in caso di domanda di concordato poi rinunciata, erroneamente negato la prededuzione al credito dei compensi per prestazioni professionali (convenute dopo il deposito di ricorso per concordato ex art.161 co.6 l.f. e) rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, sul presupposto dell’assenza di un’effettiva loro utilità, mentre invece sarebbe estraneo all’istituto il riscontro di un risultato, come confermato proprio dall’abrogazione della citata norma interpretativa, più restrittiva, di cui all'articolo 11, co. 3 quater, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito nella legge 21 febbraio 2014, n. 9) e dall’essere sorto il credito del terzo da atti legalmente compiuti;
6. nel secondo motivo si denuncia la nullità del provvedimento per violazione dell'articolo 112 c.p.c., in ragione della mancata decisione sul quantum debeatur, per la parte di credito non ammessa, cioè il compenso ridotto dal giudice delegato con statuizione su cui il decreto impugnato avrebbe omesso di pronunciare;
7. il terzo motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi ai fini della utilità della prestazione e del pieno adempimento, avendo trascurato il tribunale che l’opera richiesta al ricorrente non era quella di attestatore o di redattore della proposta o del piano, bensì di advisor, un autonomo incarico per la sola verifica contabile circa l'attendibilità delle scritture e l'aggiornamento delle stesse, tant’è che proprio grazie all’attività così espletata (ricostruzione corretta dell’attivo e del passivo aziendale, pag.13) la società si era indotta a non procedere oltre nel concordato (per carenza di numeri minimali) e i creditori non avevano dovuto sopportare i costi di una procedura irrealizzabile (pag.14);
8. con la citata ordinanza interlocutoria la Prima Sezione civile, constatata la non sedimentazione di un univoco indirizzo e ravvisata l’esigenza di ricostruire un quadro interpretativo chiaro, ha chiesto di sottoporre alle Sezioni Unite i seguenti testuali quesiti: I) se la disciplina della revocatoria dei pagamenti di crediti insorti a fronte della «prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali» condivide la medesima ratio che è posta a fondamento della prededuzione del credito dei professionisti che abbiano prestato la propria opera in vista dell'accesso alla procedura concordataria; II) se debba essere ribadito che la prededuzione di detto credito non trova fondamento nel presupposto dell'occasionalità, ma in quelli della funzionalità e/o della espressa previsione legale; III) se debba essere ribadito che il criterio della funzionalità va scrutinato ex ante, non considerando in alcuna misura l'utilità della prestazione del professionista; IV) se la previsione legale si riferisca al solo professionista attestatore o anche agli altri professionisti cui si è fatto cenno; V) se il preconcordato sia una fase di un'organica procedura o se la procedura di concordato preventivo, anche in caso di concordato in bianco, abbia inizio con il provvedimento di ammissione del tribunale; VI) se la prededuzione spetti anche in caso di procedura concordataria in bianco che non varca la soglia dell'ammissibilità ovvero in caso di revoca della proposta da parte del proponente;
VII) se la prededuzione spetti al professionista che ha lavorato prima ancora del deposito della domanda di concordato; VIII) se l'esigenza di contrastare il danno inferto ai creditori per effetto del depauperamento dell'attivo derivante da una gestione preconcordataria produttiva di debiti prededucibili possa essere soddisfatta attraverso la verifica dell'esatto adempimento, e del carattere non abusivo e/o fraudatorio, della prestazione richiesta al professionista in vista dell'accesso alla procedura concordataria;
9. il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte ex art.378 c.p.c., con le quali ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile per i motivi secondo e terzo e rigettato quanto al primo, confermando la richiesta in udienza; il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. l’ampia articolazione degli otto quesiti sottoposti a queste Sezioni Unite esige che alcuni essenziali nodi problematici ivi descritti (per evidenza offerta ai contrasti censiti) siano separati dai punti di solo minor chiarezza pur rimessi a definizione nomofilattica (quali oggetto di contestuale questione di massima di particolare importanza); la vicenda di causa, infatti, è agilmente identificabile nei suoi elementi fattuali, con l’interrogativo circa la spettanza o meno della prededuzione al credito del professionista per prestazione (non normativamente imposta dalla disciplina dell’istituto) resa al debitore dopo la domanda di concordato con riserva di cui all’art.161 co.6 l.f. senza che l’istanza al giudice si sia evoluta in concordato ammesso, in quanto – alla scadenza del termine, già prorogato – non sussistevano adempimenti, anche minimi, svolti dal ricorrente quanto a piano, proposta e documenti, mentre la stessa volontà di procedere era oggetto di ritiro della domanda ancora per iniziativa unilaterale dello stesso debitore; si tratta di un duplice riscontro di circostanze le quali danno conto dell’accostamento, nel decreto impugnato, di una sostanziale sovrapponibile qualificazione della domanda “divenuta inammissibile” con la “rinuncia” alla stessa (pag.2); in ogni caso, è pacifico che il tribunale non ha emesso alcun decreto di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art.163 l.f., per un concorrente difetto di requisiti condizionanti lo stesso giudizio sull’apertura, mancando un corredo documentativo e di prospettiva ristrutturativa da esaminare e, al pari, nemmeno volendo più il debitore accedere a tale scrutinio giudiziale e dunque conseguire un provvedimento di merito;
2. l’esigenza di ricomposizione dei diversi indirizzi riepilogati anche nell’ordinanza interlocutoria, a sua volta, muove dal rilievo assunto dalla intensa conflittualità che, nell’evoluzione d’insuccesso dei concordati, conduce a contrapporre, all’interno della successiva procedura liquidatoria (specie fallimentare), ingenti crediti reclamanti un pagamento preferenziale, anche oltre il sistema delle cause legittime di prelazione, e cioè indipendentemente dalla rispettiva collocazione nel catalogo dei privilegi, laddove il fatto genetico di tali pretese sia riconducibile ad iniziative o condotte del debitore assunte all’inizio del percorso concorsuale, prima o dopo la domanda, ma al di fuori dell’operato di controllo degli organi delle procedure precedenti, ancora non nominati o privi di raggio d’azione tutorio sugli atti; in particolare, vengono a confronto le norme d’incentivo all’instaurazione volontaria di strumenti di regolazione della crisi d’impresa o della sua insolvenza con il principio di adeguatezza selettiva dei costi che essi implicano allorché le prestazioni che li hanno prodotti o agevolati debbano essere rivalutate in una procedura diversa da quella d’origine e verso cui erano protesi;
3. per omologa premessa espositiva, va posto in preliminare risalto che l’assetto delle procedure concorsuali domestiche ha assunto da tempo una originale fisionomia polivalente, nel diritto dell’economia, già con l’ingresso accentuato della correlativa disciplina tra gli strumenti di ordinario intervento periodico sulla legislazione sociale e le politiche di incentivazione dell’impresa e di non dispersione della ricchezza produttiva ad essa propria e collegata; si tratta di un fenomeno espansivo (un tempo tipico del diritto tributario e della finanza pubblica) non dissimile da quello che ha coinvolto altresì settori come il diritto del lavoro e della previdenza; la ridefinizione del quadro ordinamentale appare così attraversata sia da frequenti innovazioni, sia dalla gradualità del ridisegno di riforma dell’intera crisi d’impresa e insolvenza, segnata ora, dopo la legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, dalla solo parziale entrata in vigore (il 30° giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) del principale corpo normativo di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n.14 (CCII), il quale tuttavia ha subito non solo plurimi differimenti (il prossimo al 16 maggio 2022 con il decreto legge 24 agosto 2021, n. 118) ma altresì consistenti anticipazioni (principalmente con il decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147 e poi con la legge 21 ottobre 2021, n. 147 di conversione del decreto legge n.118 del 2021); analoga gradualità attuativa e dunque critico confronto concerne il recepimento (entro il 17 luglio 2022) della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 che, per quanto qui di rilievo, oltre a riferirsi ai quadri di ristrutturazione preventiva, indica anche misure incrementative dell’efficacia delle procedure d’insolvenza;
4. la cennata instabilità non impedisce tuttavia il riconoscimento dell’avvenuto allargamento dell’area della concorsualità, in una contaminazione crescente con soluzioni riorganizzative delle relazioni conflittuali fra debitore e creditori pur configurate in istituti di originaria matrice privatistica, secondo forme contrattuali incise da elementi pubblicistici di parziale ed eventuale eterodirezione o regolazione anche giudiziaria; è così accaduto che, nel pur vasto settore delle procedure concorsuali di cui alla presente legge, cioè del r.d. n.267 del 1942 e di cui fa parola proprio il suo art.111 co.2, la considerazione dei crediti prededucibili s’impone se essi risultino così qualificati da una specifica disposizione di legge ovvero sorti in occasione o in funzione di esse, ma il richiamo – per questa seconda parte – involge modelli nel tempo del tutto riscritti rispetto alla originaria vocazione e struttura esecutiva, in quanto ora per lo più orientati a premiare le iniziative di ristrutturazione dei debiti assunte in via volontaria dal debitore e perseguite mediante tentativi che possono non mettere capo a pieno successo; l’ordinamento concorsuale ha operato nelle stesse procedure l’innesto di taluni effetti protettivi del patrimonio che invece in precedenza scaturivano solo da un vaglio giudiziario di merito della domanda e pertanto, in un sifatto contesto anticipato, sempre più si originano costi inediti e disputabili; la dimensione temporale ed organizzativa della concorsualità si è in tali termini assai dilatata; così, prima ancora dell’ammissione al concordato preventivo, non ancora aperto ai sensi dell’art.163 l.f., la pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, inclusa quella di cui all’art.161 co.6 l.f., già determina per i creditori la preclusione all’esercizio delle azioni esecutive (Cass. 13514/2021 o alla loro prosecuzione: Cass. 25802/2015) e cautelari, nonché l’impedimento all’acquisto di diritti di prelazione e salvo autorizzazione giudiziale ai sensi dell’art.168 l.f., con effetti sostanziali interruttivi su prescrizione e non verificazione di decadenza; l’imprenditore, per parte sua, non subisce alcuno spossessamento, non viene allestita ancora una procedura concorsuale affidata ad un giudice delegato e alla sorveglianza del commissario giudiziale, né i creditori sono chiamati ad esprimersi, mentre il termine concesso dal tribunale in attesa del deposito della proposta, del piano e della documentazione (o, a discrezione alternativa del richiedente, della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione), può essere interrotto solo in presenza di specifici inadempimenti informativi (co.8 dell’art.161 l.f.) o ridotto in caso di attività manifestamente inidonea a predisporre positivamente lo scioglimento della riserva, ma è soggetto alla sospensione feriale (a meno che il procedimento non sia riunito all’istruttoria prefallimentare, solo così partecipando di una regola concorsuale: Cass. 15435/2018, 25602/2018); nelle stesse circostanze, anche la dichiarazione di fallimento resta preclusa, nei limiti di pendenza del co.10 art. 161 l.f., fatta salva la improcedibilità della domanda nei casi di condotte fraudatorie (in generale, Cass.13596/2020) segnalate dall’eventuale commissario giudiziale (co.6 art.161 l.f.) e di ipotesi di abuso dello strumento (Cass. 3836/2017, 7117/2020, 8982/2021);
5. fuori dallo stretto campo delle tradizionali procedure (della legge fallimentare ovvero delle amministrazioni straordinarie di cui al d.lgs. n.270 del 1999 e del decreto legge n. 347 del 2003 o del sovraindebitamento della legge 27 gennaio 2012, n.3), egualmente la concorsualità ha investito nuovi istituti, come la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa; in essa, insieme alla domanda di cui all’art.2 co.1 del cit. decreto legge 24 agosto 2021, n. 118, il debitore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con domanda successiva, l’applicazione delle misure protettive del patrimonio (art.6), i cui effetti – al pari di quelli propri della pubblicazione della domanda di concordato con riserva – si producono automaticamente, in questo caso però esigendo la successiva sottoposizione ad un necessario intervento giudiziale di conferma, revoca o modifica, salvo concessione anche delle misure cautelari ove richieste al tribunale (art.7); si tratta di un istituto che pacificamente non integra una procedura concorsuale, ma egualmente implica, con la scelta unilaterale del regime protettivo ed il controllo del tribunale, preclusioni alle azioni di tutela del credito così come alla dichiarazione di fallimento o insolvenza, esemplificando l’assunzione di regole di autentica concorsualità, come cennato, nella più recente accezione di estensione parziale di taluni effetti del concorso, normativamente assegnati in forma piena solo al debitore che abbia però fatto ingresso in una procedura concorsuale ed ai creditori che vi siano organizzati;
6. può dunque dirsi che la sottoposizione a regole concorsuali non è patrimonio esclusivo delle procedure concorsuali in senso stretto, le quali a propria volta sono state riconfigurate mediante robuste anticipazioni di taluni loro effetti tipici, all’insegna, istituti e procedure, di una complessiva esigenza di riorganizzare in un quadro ordinato e protetto le relazioni problematiche del diritto del debito, incentivando la conservazione dei complessi produttivi, la continuità del loro nucleo identitario aziendale, la reversione dei fenomeni di crisi, la prevenzione dell’insolvenza e pertanto l’accesso precoce alle soluzioni compositive proponibili dallo stesso debitore; si tratta di una visione, assecondata dalla giurisprudenza e parzialmente codificata poi nella disciplina domestica regolativa della consecutività, per il caso d’insuccesso, con sopravvenienza di altra procedura concorsuale e però conservazione di taluni effetti secondo progressività sin dal primo di essi ai sensi dell’art.69bis l.f.; l’evoluzione normativa della prededuzione ne è uno dei segni testimoniali;
7. secondo il testo dell’art.111 l.f. anteriore alla riforma del d.lgs. n.5 del 2006 la prededuzione indicava una specifica modalità prioritaria di pagamento delle spese afferenti all’attività degli organi fallimentari e dei debiti contratti dalla relativa amministrazione, inclusi quelli dell’esercizio provvisorio, mediante uno svincolo solutorio rispetto alla fase del riparto, posto che era essenzialmente il giudice delegato a disporne il pagamento con decreto, individuatane la consistenza di crediti verso la massa (o debiti di massa); la formula della preferenza era ripresa dall’art.2777 c.c. (relativo alle spese di giustizia di cui agli artt.2755 e 2770 c.c.), riconoscendo alla funzione distributiva, ivi regolata per il processo esecutivo individuale, un’identità di ratio rispetto a quello fallimentare, appunto un’esecuzione collettiva; la sottrazione, per tale aspetto, al regime del concorso e alla regola della par condicio, finì con l’evidenziare, peraltro, la difficoltà di conciliare una semplice nozione contabile di mero ‘costo della procedura’ con il riconoscimento della medesima preferenza di pagamento progressivamente invocata per tutte le obbligazioni sorte sì dopo l’apertura del fallimento ma per effetto di ‘atti utili’ o comunque ‘condotte oggettivamente riferibili ai suoi organi, in relazione cioè alle attività, solo perché funzionali alla liquidazione dei beni; in seguito, accertata la continuità della stessa crisi economico-finanziaria dapprima regolata con l’amministrazione controllata, la prededuzione fu riconosciuta nel successivo fallimento anche quanto ai debiti contratti prima, sussistendo «l'identità delle cause del dissesto che ha dato luogo alle varie procedure, dovendo sussistere tra [esse] non solo un nesso di consecutività, ma anche di interdipendenza» (Cass. 8164/1999), premiandosi in tal modo la conservazione del valore economico nell’interesse dei creditori; la medesima esclusione di una soluzione di continuità ha in parallelo sorretto l’estensione delle azioni d’inefficacia per gli atti revocabili così che «il computo a ritroso del cosiddetto "periodo sospetto", ex art. 67 legge fall., inizia a decorrere dal decreto di ammissione alla prima procedura» (Cass. 12536/1998, 11210/2000);
8. nel presupposto che la prosecuzione dell’attività d’impresa non costituisse una delle finalità del concordato (anzi estranea ed eventuale: Cass. 11216/1995, 6352/1997), per esso la prededuzione era invece concessa con assoluta parsimonia, secondo il principio per cui i crediti relativi alla gestione e all'esercizio dell'impresa in tale regime «non sono prededucibili nella ripartizione dell'attivo relativa al successivo fallimento, stante il carattere solutorio che assume tale procedura, per la quale non è prevista una gestione provvisoria nell'interesse della massa dei creditori», salvo che per le spese dell'ufficio preposto, perché «sia il commissario giudiziale sia il liquidatore, nel caso di cui all'art. 182 legge fallimentare, agiscono proprio nell'interesse della massa» (Cass. 5753/1983, 3325/1988, 8013/1992); l’eccezione era però costituita da una domanda che avesse fatto della continuazione un elemento essenziale della proposta di concordato (Cass. 1513/2014), cioè «oggetto dell'ammissione da parte del tribunale nonché dell'approvazione da parte dei creditori e ... dell'omologazione finale» (Cass.7140/1996);
9. per le liquidazioni coatte amministrative, il rinvio all’art.111 l.f., per come disposto nell’art.212 l.f., si limitava ad un mero richiamo, come tale non additivo di alcun peculiare significato definitorio, mentre l’art.20 del d.lgs. 8 luglio 1999, n.270 sulle amministrazioni straordinarie sostanziava la citata formula adattandola alla peculiarità dinamica della nuova procedura, così prevedendo che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione, a norma dell'art. 111, primo comma, n. 1), della legge fallimentare;
10. al di fuori delle ipotesi descritte, i debiti assunti autonomamente nel proprio interesse dal soggetto insolvente, prima dell’instaurazione del concorso ovvero anche dopo, nei limitati ambiti di amministrazione consentitagli, erano esclusi dal perimetro della prededuzione, conciliandosi rigorosamente la preferenzialità con i soli atti diretti a realizzare l’obiettivo della conduzione ottimale della procedura e del miglior soddisfacimento dei creditori, prerogativa di azione riservata alle competenze degli organi;
11. la riscrittura degli artt.111 e 111bis l.f. ad opera del d.lgs. n.5 del 2006 (e del d.lgs. n. 169 del 2007) ridefinisce il contesto delle regole e si compendia in primo luogo in: a) una definizione espressa e per clausole generali dei crediti prededucibili; b) la sottoposizione alle modalità di accertamento dello stato passivo, salvo quelli non contestati per collocazione e consistenza o sorti da liquidazione dei compensi dei soggetti ingaggiati ex art.25 l.f.; c) la previsione del pagamento integrale anche per gli accessori e sino al saldo, con preferenza sul ricavato della liquidazione dell’attivo, tenuto conto delle cause di prelazione e preservando le somme provenienti dai beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai rispettivi creditori; d) l’esplicitazione di una regola di graduazione e proporzionalità, conformemente alla natura dei crediti stessi, in caso d’insufficienza di attivo; la norma definitoria ha cura di precisare che tutti i crediti sono considerati prededucibili (art.111 co.2 l.f.), poi distinguendo quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, da quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare e dunque confermando che il processo identificativo dell’istituto non promana da una ricognizione fattuale in senso stretto, bensì da una particolare relazione, posta direttamente dall’intervento legislativo ovvero, nel sintagma, rimessa ai due criteri cronologico o teleologico affidati all’interprete;
12. secondo un’acquisizione condivisa si è intanto chiarito che nelle procedure concorsuali, compresa quella di concordato, la prededuzione attribuisce non una causa di prelazione «ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente, atteso che, mentre il privilegio, quale eccezione alla "par condicio creditorum", riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in rapporto di accessorietà con il credito garantito poiché ne suppone l'esistenza e lo segue» (da ultimo Cass. 36755/2021, sulla scia di Cass. s.u. 5685/2015, per la non retroattività della norma istitutiva), la prededuzione semmai può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa, in caso di insufficienza di attivo e se necessario procedere ad una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili, in quanto essa «attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore e ha natura procedurale, perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione» (Cass. 15724/2019, 3020/2020,10130/2021);
13. pur sorta come (e ancora atteggiandosi a) modalità preferenziale di pagamento, la prededuzione, in un sistema che ora promuove l’ingresso del debitore nelle procedure concorsuali d’iniziativa propria e a vocazione conservativa o di continuità aziendale, ha tuttavia subito una inedita persistenza, divenendo da più evidente funzione retributiva dei costi della procedura (canalizzati entro subprocedimenti ovvero di agile imputazione alle condotte, anche non negoziali, dei suoi organi) ad incentivo per la concorsualità anticipata; essa si ritrova dunque accostata al medesimo credito, ove non pagato in precedenza, ogni qual volta il nesso con la stabilizzazione concorsuale sia riconosciuto, anche se la procedura, in funzione od in occasione della quale il credito è sorto, si sia nel frattempo esaurita, trascorrendo però in altra a vocazione liquidatoria ma alla prima collegata; la nozione unificante i tre titoli di prededuzione è pertanto la strumentalità agli scopi della procedura d’esordio che, nel concordato preventivo, coincidono con la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma, ai sensi dell’art.160 co.1 lett. a) l.f. e in una essenziale destinazione della proposta ai creditori, deputati al suo esame e a deciderne le sorti, laddove in sé la mera instaurazione della procedura concorsuale ovvero l’anticipazione dei suoi effetti, frutto di un atto unilaterale del debitore (come nell’art.161 co.6 l.f.), ha suscitato l’interrogativo di conformazione in fattispecie meritevole del requisito ogni qual volta, e per definizione, quel tentativo di soluzione della crisi o insolvenza non abbia avuto successo, trascorrendo in fallimento o altra procedura omologa e dunque, in apparenza, quella strumentalità sia stata ex post sconfessata;
14. l’indagine volta a collocare la fattispecie di causa appare meno problematica – e con esito negativo (quesito ii) - ove condotta ricostruendo in primo luogo il perimetro della prededuzione di fonte legale, imponendo la lettera della disposizione, con il suo richiamo ad una specifica disposizione, un prudente discernimento selettivo, come riconosciuto – tra gli altri e quanto al fallimento - nelle norme che bilanciano una condotta dell’organo concorsuale rispetto a controprestazioni mancate o da riequilibrare, così assolvendo gli artt. 80 co.4, 79, 103, 104 co.8 l.f. ad una ridefinizione di aggiornati costi della procedura; nel concordato preventivo, le disposizioni in tema di prededucibilità afferiscono, ai sensi dell’art.182quater l.f., ai crediti per finanziamenti in esecuzione (co.1) o erogati in funzione della presentazione della domanda, se previsti dal piano e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento di ammissione (co.2) o dei soci (nei limiti del co.3); a sua volta l’art.182quinquies l.f. disciplina i finanziamenti-ponte che, se autorizzati dal tribunale e attestati da un esperto di funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori (co.1), conseguono la prededuzione, al pari di quelli urgenti e giustificati, anche in assenza del piano, dall’evitare, nell’esercizio dell’attività, un pregiudizio imminente ed irreparabile all’azienda (co.3); per parte loro, le autorizzazioni concesse dal tribunale al debitore in composizione negoziata per la contrazione di finanziamenti (da terzi, lett. a); dai soci, lett. b); alle società di un gruppo, lett. c) del co.1 art. 10 d.l. n. 118 del 2021), producono la conservazione di effetti se successivamente intervengano un concordato preventivo omologato o anche un fallimento (oltre che una liquidazione coatta amministrativa o un’amministrazione straordinaria) ai sensi dell’art. 12 co.1 d.l. n. 118 del 2021; si tratta di ipotesi unificate, nonostante la diversità di presupposti, dalla partecipazione giudiziale preventiva alla qualificazione della necessità ed inerenza del credito agli scopi della procedura concorsuale (o dell’istituto con effetti concorsuali), con un iter procedimentale necessario che integra l’iniziativa del debitore volta ad assumere un’obbligazione;
15. in questo senso, la formula dell’art.161 co.7 l.f. per cui, nel concordato con riserva, i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’art.111 l.f., induce ad una lettura di richiamo in primo luogo delle attività di amministrazione dell’impresa, ampiamente consentite al debitore – ad altri fini assolvendo peraltro il disposto dell’art.167 l.f., relativo all’amministrazione dei beni durante la procedura - dal deposito della domanda e sino all’omologazione, tuttavia perseguibili senza controllo preventivo del tribunale solo se di ordinaria amministrazione ed invece soggette a regime autorizzatorio se straordinarie, fermi gli obblighi periodici discrezionalmente fissati con la concessione del termine e le relazioni mensili sulla situazione finanziaria (co.8); la norma si palesa pertanto come un esempio di prededuzione di fonte legale, accentuando – per il preciso riferimento alla gestione – un profilo distinto e più circoscritto rispetto agli altri due parametri, invece orientati ad una relazione con le procedure concorsuali; essa opera a tutela dei terzi che, davanti ad un imprenditore con domanda iscritta al registro delle imprese, sono incentivati a fornirgli beni o servizi non tanto funzionali all’accesso o al rafforzamento del concordato, bensì alla sopravvivenza della sua attività commerciale;
16. il che non giova a censire un credito sorto per effetto non di un atto d’impresa in senso proprio o commerciale, bensì compiuto dal debitore con riguardo all’instaurazione o al rafforzamento del concordato, ottica che sfugge del tutto ad un’esigenza autorizzatoria (trattandosi di scelte discrezionali, gestionali e difensive, del debitore) e ancor più classificatoria (apparendo anche ex ante non predeterminabile, e quindi inutile, stabilire se l’ingaggio di un professionista, come nella specie, sia attività di amministrazione ordinaria o straordinaria);
17. ed infatti, condivisibilmente, per Cass. 14713/2019 la stessa disposizione inquadra gli atti di gestione dell'impresa finalizzati alla conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio, riproducendo (ed anticipando) il criterio previsto dall'art. 167 l.f.; ne deriva che la citata distinzione tra atto di ordinaria o di straordinaria amministrazione s’incentra sulla «idoneità a pregiudicare i valori dell'attivo compromettendone la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, tenuto conto esclusivamente dell'interesse di questi ultimi e non dell'imprenditore insolvente», essendo quindi possibile che atti astrattamente qualificabili dì ordinaria amministrazione, se compiuti nel normale esercizio dell'impresa possano, invece, assumere un diverso connotato nell'ambito di una procedura concorsuale; tant’è che la stessa pronuncia ha ritenuto necessario che il debitore fornisca informazioni sul tipo di proposta o sul contenuto del piano che intende presentare, laddove, in difetto, «l'atto che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio dell'impresa, deve essere considerato come di straordinaria amministrazione»; la commercialità dell’atto, pertanto, ne connota il perimetro, per cui la procedura concorsuale è il mero contesto in cui esso viene adottato, mentre i relativi effetti, con riguardo alla sola prededuzione (e non ad altri fini di validità od efficacia), sono condizionati dal rispetto delle regole di compimento nel regime di osservazione cui è nella fase assoggettato l’imprenditore;
18. ancora a titolo esemplificativo, per Cass. s.u. 10080/2020 l’imprenditore che abbia presentato istanza di ammissione al concordato preventivo e sia tuttora nella fase della riserva ex art.161 co.7 l.f. non perde la capacità di stare in giudizio, per cui la mancata autorizzazione del tribunale alla proposizione di una domanda giudiziale non incide sull'ammissibilità della domanda stessa, restando irrilevante, ai predetti fini, la possibile appartenenza della citata iniziativa giudiziale tra gli atti di straordinaria amministrazione che, per la norma citata e se urgenti, dovrebbero essere preceduti dall’autorizzazione giudiziale; in realtà, la mancanza della previa autorizzazione del tribunale «spiega effetti sul piano dei rapporti sostanziali, a partire dalla non prededucibilità dei crediti di terzi che da tale atto derivino», ma non sul piano processuale;
19. ad analogo esito qualificatorio negativo conduce la ricerca in base al secondo parametro, in ordine all’insorgenza del credito in occasione della procedura concorsuale (quesito ii); esso ha assunto ben presto nella giurisprudenza di legittimità un connotato autonomo rispetto alla funzionalità (per la rilevanza della congiunzione disgiuntiva nel testo: Cass. 5098/2014, 10130/2021, 22670/2021), così declinandosi sia sul piano cronologico, sia per l’imputazione del rispettivo titolo all’attività degli organi della procedura stessa; il punto appare acquisito con chiarezza sin da Cass. 1513/2014 per la quale il criterio, per avere un senso compiuto, va integrato con il citato implicito elemento soggettivo, altrimenti apparendo esso «palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa»; ne consegue che, almeno tendenzialmente, gli impegni assunti dagli organi concorsuali, così come le obbligazioni geneticamente scaturenti dalla rispettiva attività, di per sé assorbono la funzionalità agli scopi della procedura cui accedono, quali costi gravanti sulla stessa in quanto intrinsecamente sostenibili in vista delle sue finalità concorsuali;
20. la funzionalità, a sua volta e come terzo parametro, esprime un’attitudine di vantaggio per il ceto creditorio, compendiato nella stessa procedura concorsuale in cui esso è organizzato, così attenendo a crediti maturati in capo a terzi, per prestazioni svolte anche prima dell’inizio della procedura (quesito VII) e perciò al di fuori di un diretto controllo dei relativi organi ma comunque in una relazione di inerenza necessaria allo scopo dell’iniziativa, più che al risultato; essa appare più appropriata ad ospitare la fattispecie di causa (quesito II), poiché l’atto originante il credito risulta essere stato espletato proprio in vista del concordato o del suo successo, altra questione restando il trattamento della pretesa che, non adempiuta dal debitore nella zona concorsuale in cui era venuta ad esistenza, venga infine insinuata come credito nel successivo fallimento; ne deriva, condividendo una riflessione dottrinale, l’opportuno riconoscimento che la nozione relazionale in esame non può sussistere di per sé e indifferentemente rispetto a più procedure concorsuali; la prestazione, come nella vicenda, risulta infatti essere stata commessa dal debitore che anche attraverso quell’apporto, intendeva accedere al concordato e non al fallimento; né, a sua volta, il professionista, in questo e nell’antologia dei casi variamente affrontati nella vasta giurisprudenza sul tema, ha mostrato di operare per l’ingresso del debitore nel fallimento, pur successivamente dichiarato; si tratta di acquisizione di rilievo poiché dà subito conto della necessità di sostanziare la funzionalità armonizzando la prestazione allo scopo per il quale è stata compiuta, non bastando di per sé che ad una procedura fenomenicamente ne segua altra, né infatti tale sequenza trovando alcun riferimento normativo diretto e specifico;
21. detta relazione, pur superando un primo approccio utilitaristico in concreto e dunque della prospettiva di una verifica ex post del citato vantaggio (Cass. 8534/2013), ha assunto – nella varietà delle formule definitorie – un sostanziale assestamento entro una qualità strumentale riconoscibile ex ante e per quanto con oscillazioni sulla rappresentazione più o meno presunta e dunque automatica nel nesso con il prosieguo concorsuale, specie se ad esito infausto; la funzionalità può dirsi sussistente allora quando l’attività originante il credito sia ragionevolmente assunta, nella prospettazione delle circostanze ad essa coeve, proprio per assecondare, con l’instaurazione o lo svolgimento della specifica procedura concorsuale cui è volta, le utilità (patrimoniali, aziendali, negoziali) su cui può contare tipologicamente, cioè secondo le regole del modello implicato, l’intera massa dei creditori, destinati a prendere posizione sulla proposta del debitore; ciò ne permette l’assimilazione ad una nozione di costo esterno sostenibile al pari di quelli prodotti dalle attività interne degli organi concorsuali, se e quando potranno operare (quesito III); si tratta di precisazione che, in tal modo, induce a superare la polivalenza assunta invero in altre decisioni dal primo parametro (Cass. 25471/2019), laddove anche la prestazione del professionista (nella specie, l’attestatore) era stata fatta refluire nella cerchia degli ‘atti legalmente compiuti’ dal debitore (perché prestazione necessitata dall’iter normativo richiesto per procedere secondo l’art.161 co.6 l.f.) e al contempo assimilando il credito così scaturito tra quelli sorti ‘in occasione’ del concordato;
22. il parametro della funzionalità, in realtà, proprio per la sua nozione intrinsecamente relazionale e la sua autonomia (con chiarezza, da ultimo, in motivazione, anche Cass. 10130/2021 e 22670/2021) esige che se ne scolpiscano i confini in una prospettiva di tripartizione più netta, e senza sovrapposizioni rispetto agli altri due (quesito II); lo sforzo disgiuntivo - cui con travaglio è comunque giunta questa Corte, nonostante accenti diversi - merita infatti di non essere abbandonato, sembrando disorientante un’alternativa sincretistica che, pur corroborata dall’osservazione fenomenica del modo di porsi delle prestazioni originanti i crediti di terzi, sovrapponga sempre l’occasionalità agli altri parametri; il contesto di una procedura concorsuale (iniziata o aperta e fino alla sua chiusura) solo in via di fatto descrive invero negozi o condotte assunti sia direttamente dal debitore che, quando insediati, dagli organi della procedura stessa, in funzione codeterminativa; ipostatizzando allora la constatazione, inesorabilmente però l’occasionalità sarebbe destinata a mescolarsi alla categoria degli atti legalmente compiuti (dal debitore) che, per come collocati nel concordato con riserva, costituiscono solo una voce del più ampio catalogo delle (fonti di) prededuzioni qualificate da una disposizione di legge; al contempo, la stessa occasionalità, ove riferita più in generale agli atti del debitore in procedura, genererebbe comunque un bisogno di filtro per evitarne che, appunto, de plano, ogni sua condotta generi la precedenza processuale solutoria, con effetti anche nella eventuale procedura successiva, sottraendo significato proprio a quelle ipotesi ben specifiche (come per i finanziamenti ex artt.182quater e 182quinquies l.f.) per le quali la legge concorsuale impone più severamente la sussistenza di fattori sostanziali, prospettici e autorizzatori; a seguire la tesi congiuntiva dei due parametri, se ne avrebbe così, da un lato, la duplicazione ambigua, se normativamente ricorra, del criterio a questo punto meramente delimitativo del compimento di atti secondo legalità ed invece il rinvio a regole di coerenza istituzionali del tutto incerte (perché spostate sul piano del regime autorizzatorio dell’efficacia) ove un altro criterio non soccorra (come ad esempio nell’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa dopo l’ammissione al concordato ex art. 163 l.f. o a seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi del co.1 o dell’istanza sospensiva per le trattative pendenti secondo il co.6 dell’art.182bis l.f.);
23. ne consegue che proprio la funzionalità ben si presta ad includere i crediti di terzi per prestazioni eseguite a favore del debitore in termini di preparazione ed allestimento delle procedure concorsuali anche minori (quesito iv); il parametro ricorre pertanto, a volerne assicurare autonomia, laddove per esse la coadiuvazione non riguardi in senso stretto la conversazione dell’impresa in sé (cioè gli atti di amministrazione, cui hanno diverso riguardo ad esempio – nel corso del concordato – il descritto art.161 co.7 l.f. ovvero le varie ipotesi di finanziamento in esecuzione, in funzione o interinale), bensì la ristrutturazione del passivo e i progetti di soddisfacimento dei creditori proprio per come organizzati nelle forme e con gli atti necessari (per legge) o parimenti indispensabili (secondo il tenore dell’iniziativa attivata) all’instaurazione e all’ordinato svolgimento della procedura cui sono strumentali; la nozione, in tal senso, intercetta in primo luogo il mutamento della causa del concordato dopo il tramonto della sua vocazione liquidatoria, potendosi ribadire che, accanto alla verifica – nelle varie fasi di ammissione, revoca ed omologazione - dell'effettiva realizzabilità della causa concreta, cioè dell’obiettivo specifico perseguito dal procedimento, che non ha contenuto fisso e predeterminabile, ma inerisce al tipo di proposta formulata, resta comune ad ogni procedura il «generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro» (Cass. s.u. 1513/2013); né il citato riferimento appare mutato, anzi essendosi irrobustito per effetto dell’integrazione con la soglia di pagamento dei creditori chirografari del 20 per cento dopo il decreto legge 27 giugno 2015, n. 83 (convertito nella legge 6 agosto 2015, n.132), mentre la regola della significatività dell’apprezzamento senza limite minimo è sopravvissuta per il concordato con continuità aziendale dell’art.186bis l.f. ed è stata istituita nel concordato semplificato liquidatorio, conseguente alla composizione negoziata, dell’art.18 d.l. n. 118 del 2021;
24. è così possibile, in secondo luogo, neutralizzare l’eventuale insuccesso della procedura concorsuale minore senza ignorare con il rispettivo arrestarsi la qualità di servizio della prestazione resa al debitore, e dunque l’aspirazione alla prededuzione nel pagamento, evitando per un verso il collegamento tra funzionalità e utilità concreta (per definizione assente, così da non ricercare, secondo Cass. 1182/2018, anche per gli accordi di ristrutturazione, quesito III), ma al contempo dubitando che la prestazione in sé reclami de plano il relativo credito alla esaminata qualità; non può invero sostenersi che l’accesso (su mera domanda) alla procedura di concordato realizzi in quanto tale, sempre e comunque, un vantaggio per i creditori, apparendo fallace l’argomento della cristallizzazione della massa passiva e della retrodatazione del periodo sospetto, ove segua il fallimento (o equivalente procedura d’insolvenza) ai fini dell’esercizio delle azioni revocatorie; vale sul punto e piuttosto l’osservazione che anche la regola giuridica della continuità fra procedure non assicura alcuna portata preservativa, dal punto di vista economico, al valore dell’impresa debitrice in prospettiva liquidatoria, a fronte del differimento così ancora protratto del soddisfacimento dei creditori, cui si applica dalla domanda del debitore anche il blocco degli interessi ex art.55 l.f. mentre già dalla pubblicazione nel registro delle imprese essi perdono la possibilità di agire in executivis e per converso il rischio di devalorizzazione della stessa consistenza della massa attiva appare anzi crescere all’incremento di crediti prededuttivi che non trovino corrispettivo in altrettante addizioni patrimoniali;
25. il superamento della tesi della utilità in concreto e del suo riscontro ex post quale criterio attributivo della funzionalità della prestazione ad una procedura concorsuale seguita ad un’altra, diversa da quella per la quale il terzo ha effettuato la propria attività o ceduto beni o erogato servizi, richiede a sua volta, per gli interrogativi che hanno investito queste Sezioni Unite, altresì l’aggiornamento della variegata trama con cui la consecuzione tra procedure è venuta alimentando indirizzi non coincidenti; il presupposto comune è che la prededuzione, per sua natura accordata ad un credito nel contesto processuale in cui il relativo titolo trae origine (includendone l’area preparatoria), sopravvive in una procedura concorsuale diversa che segua la precedente solo se sussista una consecuzione fra le stesse; la precedenza di pagamento così riservata al credito di massa permane anche al di fuori del perimetro procedurale d’insorgenza, ed in rapporto ai cui scopi l’attività sia stata prestata, se la finale regolazione della procedura di sbocco disciplini un fenomeno giuridico unitario, per identità di soggetti e di requisito oggettivo;
26. la divergenza d’indirizzo non riguarda la nozione organizzativa della consecuzione tra procedure, cui questa Corte, in più pronunce, ha offerto elementi di identificazione univoci, in via interpretativa e poi con il supporto della codificazione del canone nell’art.69bis l.f.; così, la retrodatazione dei termini di cui all'art. 67 l.f., trova applicazione anche ove la prima sia un'amministrazione controllata e l'ultima una procedura il cui presupposto oggettivo sia costituito dallo stato d'insolvenza, poiché «la continuità non si risolve, in questi casi, in un mero dato temporale, ma si configura come fattispecie di effettiva consecuzione per effetto del negativo sviluppo della condizione di temporanea difficoltà denunciata dall'imprenditore che chiede il beneficio dell'amministrazione controllata, laddove si riveli erronea la prognosi di risanamento alla base di questa» (Cass. 4482/2021, 24861/2015); si è poi ripetuto che la consecuzione tra procedure concorsuali è «un fenomeno [di] collegamento tra procedure di qualsiasi tipo, volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell'impresa, che trova nell'art. 69 bis l.fall. una sua particolare disciplina nel caso in cui esso si atteggi a consecuzione fra una o più procedure minori e un fallimento finale» (Cass. 15724/2019); parimenti, nemmeno è decisivo l’intervallo temporale in sé tra la chiusura di una procedura e la dichiarazione di fallimento, «purché si tratti di un intervallo di estensione non irragionevole, tale cioè da non costituire esso stesso elemento dimostrativo dell'intervenuta variazione dei presupposti delle due procedure» (Cass.6290/2018, 33402/2021);
27. la più significativa divergenza è invece sorta ove la descritta regola della consecutività, essenziale ai fini di verificare la persistenza prededuttiva di un credito oltre il contesto concorsuale in cui sia maturato, è stata fatta propria da un indirizzo che, pur accogliendone la nozione sostanziale, l’ha applicata oltre le esplicite previsioni normative dettate in tema di periodo sospetto per le azioni revocatorie e decorrenza degli accessori del credito; per tale opzione, accertata la consecutività fra concordato e procedura successiva, in difetto di «una discontinuità nell’insolvenza», la sovrapponibilità del presupposto oggettivo basterebbe a determinare anche il carattere prededucibile del credito maturato dal professionista (nella specie, incaricato dal debitore che abbia depositato domanda di concordato con riserva di redigere l'attestazione di cui all'art. 161, co. 3, l.f.), pure se la domanda, dichiarata inammissibile ex art. 162 l.f., non sia sfociata in un'apertura della relativa procedura, stante la pronuncia del fallimento (Cass. 25471/2019); in questa lettura, la presentazione della domanda di concordato innescherebbe un segmento dell’unico procedimento, che può evolvere in una mera fase ove segua il deposito degli atti a scioglimento della riserva, mentre la prededuzione promanerebbe dall’automatismo dell’effetto protettivo per gli atti legalmente compiuti nel periodo interinale dell’art 161 l.f., almeno ove sia mancato l’accertamento di un abuso nella rispettiva produzione dei debiti;
28. all’opposto si situano le pronunce che, raffinando un principio già esposto dal 2015 (con l’ordinanza n.25589) e ponendo in discussione che la fase preconcordataria sia assimilabile ad ogni effetto al regime pieno del concordato preventivo, oltre cioè i riferimenti normativi estensivi (come l’art.168 l.f.), dubitano dell’esistenza di una nozione unica di continuità, la quale esigerebbe invece – oltre all’identico elemento oggettivo – anche una evoluzione formale della procedura, almeno ammessa ai sensi dell’art.163 l.f. (Cass. 639, 640 e 641 del 2021 e poi Cass. 4710 del 2021); per contro, la collocazione del credito del professionista che abbia assistito il debitore non richiamerebbe l’art.161 co.7 l.f. (circoscritto alla gestione dell’impresa), ma proprio la funzionalità dell’art.111 co.2 l.f., a sua volta assente, stante la discontinuità formale tra concordato e fallimento quando, come nel caso, il primo non sia stato ammesso;
29. ritengono queste Sezioni Unite che la descritta, seconda, opzione interpretativa possa essere condivisa, con alcune precisazioni, potendo in essa la regola relazionale alla base della funzionalità assumere maggiore coerenza, proprio perché costruita come clausola generale, rispetto all’apprezzamento di tutte le prestazioni collegate all’attività - negoziale o non - del debitore direttamente strumentali agli scopi della procedura concorsuale, rendendola cioè possibile, dunque agevolandone l’instaurazione o la prosecuzione in termini di adeguatezza (quesiti V e VI); la nozione può ricevere soccorso dalle norme (ove la prestazione sia tipizzata quale necessaria per la procedura stessa) e comunque deve sostanziarsi in un accertamento di strumentalità, per quanto detto, sussistente ex ante rispetto alle predette finalità (quesito III);
30. la funzionalità, infatti, come parametro direttamente attributivo, appare per un verso antitetica al riconoscimento de plano di un credito solo perché afferente ad una prestazione che si sia inserita fenomenicamente nell’iter che ha condotto ad una procedura ovvero ne sia stata coeva, esigendo piuttosto – a necessario elemento integrativo - che il rapporto di inerenza alle finalità della procedura al cui vantaggio è stata rivolta trovi un apprezzamento anche nella transizione verso altra procedura che segua la prima, specie quando ne sia la conferma d’insuccesso del relativo progetto ristrutturativo; a tale requisito assolve la consecutività dei procedimenti, con l’avvertenza che il primo di essi, per quanto ad esito infausto, sia progredito oltre il mero accesso, raggiungendo almeno gli obiettivi minimali che lo caratterizzano tipologicamente, cioè possa dirsi, quanto al concordato, procedura concorsuale pervenuta alla fase di possibile coinvolgimento dei creditori;
31. in questo senso, la consecutività – ove la questione riguardi la prededuzione e dunque in assenza di una norma più specifica - non si limita a postulare l’identità dell’elemento oggettivo su cui sono fondate le procedure in sequenza, ma esige che tra di esse non vi sia discontinuità anche organizzativa, ricorrente invece quando la prima non sia avanzata oltre la domanda del debitore ed infatti nemmeno sia stata aperta, così non raggiungendo lo scopo per il cui realizzo abbia cooperato un terzo, ingaggiato dal debitore (quesito V); per converso, la medesima consecutività, con pienezza dei suoi effetti, coinvolge – principio o postulato che sia - in primo luogo le sole zone concorsuali per le quali è stata espressamente dettata, come avvenuto con l’art.69bis l.f., al culmine di un percorso tutto orientato alla tutela della massa dei creditori, e non del singolo, esito agevolmente desumibile dalla ratio che sorregge la retrodatazione del periodo sospetto (Cass. 25728/2016), per la quale è stato precisato che il fatto stesso che un'ammissione vi sia stata impone di considerare la successiva dichiarazione di fallimento come conseguenza di quel medesimo stato d'insolvenza che ha costituito il fondamento oggettivo del concordato preventivo (Cass. 8439/2012, 7324/2016); mentre per l’amministrazione controllata occorre dimostrare l’assenza di soluzione di continuità rispetto al fallimento (Cass. 1300/2013); identica considerazione è stata ribadita in punto di computo degli interessi dei crediti insinuati al passivo, fatto decorrere dalla prima procedura, quale iniziata con domanda (Cass. 18437/2010);
32. posto che, per altro verso, la successione fra procedure non è di ostacolo, ancora di per sé, al riconoscimento della utilità per i creditori di una prestazione esaurita nel contesto della prima di esse, la conferma dello smarcamento dalla relativa valutazione ex post (che condurrebbe a negare sempre, con il fallimento, l’utilità in concreto) esige che comunque sussista un meno incerto indice di collegamento tra il fatto genetico sopravvissuto come titolo del credito alfine avanzato in prededuzione e la persistenza, riconoscibile anche nella nuova procedura, della adeguatezza della prestazione all’intera vicenda concorsuale, iniziata con un progetto e terminata con esito del tutto diverso da quello per il quale l’ingaggio delle prestazioni di terzi era avvenuto ad opera del debitore e così voluto da entrambe le parti; non appare dunque sufficiente che, meccanicamente, l’apporto di terzi abbia permesso l’instaurazione in sé sola considerata della prima procedura se poi essa, interrotta giudizialmente o comunque non proseguita per scelta dello stesso debitore, non realizzi alcun integrale continuum con la procedura seguente, omettendo di attuarvi altresì una riconoscibile traslazione di risorse e valori aziendali alla cui riorganizzazione in funzione concorsuale (cioè con una conduzione secondo le rispettive regole ed effetti pieni) l’apporto del terzo era stato ingaggiato e al cui obiettivo la relativa prestazione non abbia affatto contribuito; diversamente, la consecuzione tra procedure, pur sussistente quale rinnovata prosecuzione di un regime concorsuale, si evidenzierebbe come consegna programmaticamente ritardata alla procedura finale liquidatoria di un’impresa per la quale l’originario istituto concordatizio ha acquisito apporti di terzi ma non li ha trasformati in un innesto strumentale agli scopi della prima procedura, mai raggiunti e la cui finalità essenziale è quella di far decidere ai creditori, cui la proposta è diretta (come ripetono inequivocamente gli artt.160 co.1, 171 co.2, 175 co.1 (e co.5),177 co.1, 178 (rubrica) l.f.), la convenienza o meno di una ristrutturazione fondata su un piano realizzabile; ciò giustifica la necessità che il concordato sia stato almeno aperto (quesito VI), evitando che crediti ad esso meramente adiacenti trovino pari trattamento rispetto a crediti invece già interni al concorso pieno;
33. in questa prospettiva, come anticipato, la previsione normativa di specifiche prestazioni necessarie per la descritta maturità di fase del concordato (come, ad esempio, il ministero del professionista legale per la proposizione della domanda, l’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, la perizia estimativa giurata sul valore dei beni oggetto di prelazione) senz’altro agevola una positiva valutazione ex ante della strumentalità; mentre esige un più intenso dettaglio la ricostruzione dell’apporto cd. atipico, cui abbia fatto ricorso il debitore, senza esserne specificamente obbligato ex lege, esattamente come avvenuto nella vicenda di causa con riguardo all’ advisor contabile, professionista all’evidenza aggiuntivo rispetto alle attività di indispensabile allestimento della domanda, così come del piano, della proposta e dei documenti, senza che in fatto risulti alcun deposito di atti e dunque – almeno per questa via – con spostamento ancora più accentuato, in capo al creditore, della rappresentazione e prova di quale sia stata l’adeguatezza del suo ingaggio rispetto all’iniziativa del debitore; tuttavia, la scelta del legislatore di ricorrere ad una qualificazione generale, con l’insorgenza del credito in funzione della procedura, suggerisce di permettere all’apprezzamento del giudice di merito il più attendibile discernimento della utilità prospettica cui si presti la singola prestazione; possono infatti darsi le ipotesi di piano concordatario che esiga prestazioni specialistiche ulteriori rispetto a quelle prescritte per il suo perfezionamento formale; al contrario, una minore complessità del progetto giustifica meno – nella presente chiave di strumentalità - apporti eccedenti gli effettivi bisogni tecnici espressi, anche se effettuati (e dunque titolo per l’ammissione del credito) e conformi al patto concluso con il debitore (così da resistere ad un’eccezione di inadempimento), perdendo in tal caso solo la prededuzione;
34. la valutazione ex ante, per parte sua e poiché antagonista di ogni criterio automatico, rende superfluo il confronto con la tradizionale distinzione tra obbligazione di mezzi, quale resta quella del professionista e obbligazione di risultato, posto che l’esclusa prededuzione non discende in modo diretto dall’insuccesso della domanda, bensì dall’inidoneità causale dell’apporto del terzo alle finalità istituzionali della procedura, avendo egli configurato la propria opera, in caso di concordato non ammesso o rinunciato, verso elementi di un progetto non consegnato alle valutazioni dei creditori, cui invece – per finalità tipica dell’istituto – la proposta del debitore dev’essere diretta; si può altresì aggiungere, come emerso in dottrina, che l’approccio all’interrogativo – in uno scrupolo di non penalizzazione anche ex art.3 Cost. del diritto di credito - non può prescindere da una valutazione della posizione di ciascun fornitore di beni o di servizi, collocandosi il professionista della crisi – rispetto all’incarico ricevuto dal debitore – in una condizione di vicinanza alle informazioni sullo stato dell’impresa e, tendenzialmente, di più spiccata potenzialità percettiva dei margini di reale contribuzione causale dell’apporto richiestogli rispetto alla possibile instaurazione od ottimizzazione della procedura concorsuale; 35. in realtà, la focalizzazione del principio già è rinvenibile in molteplici pronunce della Corte, ricognitive di una prededuzione che può discendere da un rapporto di funzionalità, o strumentalità, del credito (o meglio dell'attività da cui il credito si origina Cass. 10130/2021) rispetto alla procedura concorsuale (Cass. 5098/2014, 7579/2016), secondo una valutazione da operare ex ante, quando le prestazioni erogate dal terzo – si è ripetuto - per il momento e il modo con cui sono assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, si coordinino razionalmente con il quadro operazionale da questi attivato o di imminente riconoscibile adozione, così da rientrare in una complessiva causa economico- organizzativa almeno preparatoria, di una procedura concorsuale tra quelle della legge fallimentare e sempre che non ne sia provato il carattere eccedentario, superfluo o abusivo rispetto all’iniziativa adottata (Cass. 24791/2016, 220/2020, 10130/2021, 22670/2021); si deve trattare di un’inerenza necessaria, rinvenibile quando le prestazioni si atteggino secondo indispensabilità rispetto alle finalità istituzionali della procedura cui accedono, senza cioè che, in loro difetto, quel coordinamento potesse essere prospettato;
36. in questo senso, va condivisa la limitata simmetria tra la funzionalità di cui all’art.111 co.2 l.f. e la strumentalità dei servizi le cui prestazioni siano state remunerate in periodo sospetto ai sensi dell’art.67 co. 3 lett. g) l.f. (quesito i); non a caso la non assoggettabilità alla revocatoria fallimentare dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili intervenuti alla scadenza per conseguire tali opere, viene fatta dipendere dall’aver esse agevolato l’accesso alle procedure concorsuali, incluso il concordato preventivo, rilevando così un’identità di ratio delle due norme (Cass. 5098/2014, 6031/2014, 1217/2018, 27538/2019, 220/2020); significativamente, proprio nelle menzionate pronunce, viene ripreso dalla cit. Cass. s.u. 1521/2013 il rivisto scopo del concordato quale «strumento di composizione della crisi idonea a favorire la conservazione dei valori aziendali», per cui l’indagine commessa al giudice di merito attiene al «profilo della funzionalità dell'attività professionale prestata alle esigenze di risanamento proprie della procedura minore» (Cass. 30114/2018, 27537/2019); infatti, la prededuzione è stata negata al credito vantato a titolo di corrispettivo per lo svolgimento dell'incarico di predisposizione di un piano di risanamento ex art. 67, co.3, lett. d), l.f. (Cass. 9026/2020), posto che l’art.111 co.2 l.f. prescrive che il credito possa qualificarsi funzionale sulla base di un rapporto di strumentalità esistente non con il patrimonio del debitore, ma con una procedura concorsuale prevista dalla legge fallimentare quale non è l’atto di programmazione dell’impresa funzionale al suo risanamento (Cass. 1895/2018); mentre lo specifico della procedura concordataria si compone di elementi patrimoniali ed al contempo organizzativi, i primi da conservare od incrementare, i secondi da declinare favorendo la partecipazione dei soggetti decidenti cui la proposta è diretta;
37. la comune attitudine relazionale delle due disposizioni, tuttavia, non può condurre a sovrapporne ogni aspetto, così da rinvenire in ciascuna gli elementi integrativi delle reciproche fattispecie astratte; oltre alla latitudine diversa e più generica che la nozione di ‘servizi’ (presente nella definizione dell’impresa estrapolabile dall’art.2082 c.c.) assume rispetto alle ‘attività professionali’ (che, nell’accezione in cui si è posta la questione della prededucibilità, attengono alle professioni intellettuali, non necessariamente ordinistiche, né coincidenti sempre con prestatori persone fisiche), sostenere infatti che se i crediti sorti per ottenere servizi professionali strumentali all’accesso al concordato vanno esenti da revocatoria ai sensi dell’art.67 co.3 lett.g) l.f. vuol dire che quegli stessi crediti, ove impagati, diventano prededucibili nel successivo fallimento, a prescindere dall’apertura del concordato, appare il frutto di una petizione di principio; la tesi, come efficacemente annotato in alcuni studi, dovrebbe invero procedere dalla dimostrazione che anche la salvezza dalla revocatoria dei pagamenti operi a prescindere dall’apertura del concordato, presupposto contraddittorio con la constatazione che della strumentalità (quale prius della prestazione da cui sorge il credito) si può predicare la possibile sussistenza anche come fattispecie pienamente compiuta e dunque proprio per il caso di concordato ammesso, cui cioè il debitore abbia acceduto, pena la riduzione a mera intenzionalità della commentata attitudine causale; non va nemmeno sottaciuto che l’esenzione da revocatoria ha riguardo a debiti liquidi e già esigibili pagati alla scadenza, mentre l’ampia gamma delle prestazioni d’ausilio al concordato (e non solo) ben è compatibile con adempimenti parziali, anticipati, in acconto; 38. ciò permette di concentrare, per entrambi gli schemi relazionali, l’esigenza di una prestazione che non solo si correli causalmente al concordato ovvero al suo procedere ma che si declini altresì indispensabilmente coerente, come anticipato, con le sue descritte finalità istituzionali, altrimenti risultando l’assegnazione della preferenzialità nel pagamento al creditore tanto automatica quanto astratta, se ridotta ad un mero dato temporale d’inserzione nell’iter che conduce al concordato; il punto, in effetti, è meno chiaro in quelle pronunce che, pur condividendo la citata premessa ed anzi ergendola a presupposto distintivo rispetto al controllo giudiziale sull’utilità in concreto procurata dall’attività del creditore all’impresa ovvero anche alla sua persistenza a fallimento dichiarato (ininfluenti ai fini della prededuzione), finiscono per evitare il confronto con la stabilizzazione degli effetti del concordato, limitando il perimetro della clausola generale al mero contributo dato dalla prestazione del terzo all’accesso in sé al concordato (nel frattempo revocato nel caso di Cass. 12017/2018) ovvero rimettendo i vizi che hanno minato l'iniziativa di risanamento e l'ascrivibilità degli stessi alla prestazione del creditore ad un’indagine circa l'esattezza dell'adempimento (e la conseguente nozione di utilità in concreto che la prestazione era in grado di procurare), piano del tutto diverso rispetto a quello della mera funzionalità (Cass. 27538/2019);
39. quanto premesso osta invero all’adesione ad uno scenario per cui le prestazioni svolte in funzione di un concordato preventivo siano equiparate sempre e comunque a quelle di cui lo stesso debitore ben potrebbe avvalersi direttamente preparando, anche con professionisti, il proprio fallimento, così instando per la relativa dichiarazione; proprio per esse, infatti, questa Corte ha chiarito che il credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell'istanza di fallimento in proprio - sebbene sia attività che può essere svolta personalmente dal debitore ma che lo stesso ha scelto di affidare ad un esperto di settore - costituisce un credito sorto in funzione della procedura fallimentare, prededucibile ai sensi dell'art. 111, co. 2, l.f., trattandosi appunto di norma generale, applicabile a tutte le procedure concorsuali (Cass. 18922/2014, 17596/2019); più di recente Cass. 25313/2021, meglio emancipandosi da ogni riconoscimento de plano, ha più efficacemente richiamato l’accertata strumentalità e funzionalità alla procedura fallimentare dell’iniziativa del debitore che aveva allestito – dopo aver rinunciato al concordato preventivo avviato - la presentazione dell'istanza di fallimento in proprio con esercizio provvisorio, tramite costituzione di una cooperativa tra dipendenti ed acquisto del marchio e degli impianti, permettendo il proseguimento dell'attività caratteristica e dei posti di lavoro, cioè quella aggregazione di risorse che avrebbe reso adeguata, almeno secondo il confermato giudizio ex ante rimesso al giudice di merito, la scelta di instaurare e appunto preparare anche con l’apporto del terzo l’accesso alla procedura fallimentare, infatti oggetto di domanda accolta nei termini richiesti;
40. la risposta alla domanda di prededuzione impone pertanto il ricorso al parametro della funzionalità ove la prestazione di terzi impatti sul difetto di norme che già qualifichino il credito alla stregua di disposizioni specifiche di legge, ex art.111 co.2 prima parte l.f. (come da ultimo intervenuto ai sensi dell’art.16 co.11 del d.l. n. 118 del 2021 per il compenso dell’esperto nella composizione negoziata); e si tratta di risposta necessaria, sin dalla constatazione letterale che è la stessa legge fallimentare, compiuta con il d.lgs. n.5 del 2006 la scelta di emancipazione della prededuzione dal ristretto ambito del debiti di massa generati dagli organi fallimentari, a sovraimporre nella novella un criterio normativo di secondo grado alla nozione (sono considerati crediti prededucibili) rispetto all’ordinario statuto che ciascun credito comunque non perde anche nel concorso, se vero ed esistente, oltre che opponibile;
41. nel caso di specie, non è innanzitutto praticabile una generale soluzione attributiva o denegativa della prededuzione del professionista sulla scorta di una norma positiva, per l’abrogazione - con l’art.33 co.1 lett. e) bis n.3 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (conv. nella legge 7 agosto 2012, n.134) - dell’art.182quater co.4 l.f., che pur la prevedeva e però ne limitava l’ambito solo al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt.161 co.3 e 182bis co.1 l.f., esigendo altresì un espresso riconoscimento con il decreto di ammissione al concordato (o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti); l’abrogazione, pertanto, in sé ha portata neutra, per nulla escludendo – tra gli altri – uno statuto preferenziale di vantaggi anche per professionisti diversi dall’attestatore o comunque un pari trattamento per tutti (quesito iv);
42. pari sorte è assegnabile all’art.11, co. 3 quater della legger 21 febbraio 2014, n. 9 (di conversione del decreto legge 23 dicembre 2013, n.145), pur invocato anche nella presente sede e trattato nel decreto del tribunale mantovano, sul presupposto che l’attività del professionista era stata svolta nella vigenza della citata norma (qualificata) di interpretazione autentica dell’art.111 co.2 l.f. in relazione ai crediti sorti in occasione o in funzione del concordato aperto ai sensi dell’art.161 co.6 l.f., da intendersi conferente la prededuzione solo a condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del citato articolo 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 163 del medesimo regio decreto, e successive modificazioni, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, sesto comma; la disposizione infatti è stata abrogata dall'art. 22, co.7 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 (convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 116) e lo stesso decreto impugnato ha finito con l’ammettere che tale evento ha reso la norma inutiliter data, così dovendosi, anche in questa sede, condividere la tesi per cui la sopravvenuta espunzione non ha come conseguenza né quella di fissare, per il suo tempo di vigenza, il significato enunciato tra quelli propri della norma, né parimenti quella di sottrarlo, per lo stesso periodo e pro futuro, tra quelli perseguibili;
43. d’altronde, accedendo al metodo ricognitivo della norma d’interpretazione, si può scorgere che il precetto prima introdotto e poi espunto corrispondeva proprio ad uno dei possibili significati della disposizione, secondo l’insegnamento dei giudici costituzionali per i quali è «necessario e sufficiente che la scelta ermeneutica imposta dalla legge interpretativa rientri tra le possibili varianti di senso ... compatibili col tenore letterale del testo interpretato, cioè stabilisca un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore» e perfino a fronte di un indirizzo omogeneo della Corte di cassazione, in questo caso operando lo strumento «per rimediare a un'opzione interpretativa consolidata nella giurisprudenza in un senso divergente dalla linea di politica del diritto [dal legislatore] giudicata più opportuna» (Corte cost. 480/1992); Corte cost. 94/1995 ha a sua volta chiarito che la predetta qualificazione va attribuita a quelle norme obiettivamente dirette a chiarire il senso di norme preesistenti ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi fra quelli ragionevolmente ascrivibili alla norma interpretata, «allo scopo di imporre l'applicazione della variante ... prescelta da parte di coloro che dovranno dare esecuzione alla norma interpretata» così che «la natura di legge interpretativa va desunta da un rapporto fra norme - e non fra disposizioni - tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario» (conf. Corte cost. 70/2020); per converso, Corte cost. 73/2017 ha puntualizzato che se i valori costituzionali in gioco sono quelli dell’affidamento dei consociati e della certezza dei rapporti giuridici, «l’esegesi imposta dal legislatore, assegnando alle disposizioni interpretate un significato in esse già contenuto, riconoscibile come una delle loro possibili varianti di senso, influisce sul positivo apprezzamento sia della sua ragionevolezza ... sia della non configurabilità di una lesione dell’affidamento dei destinatari»;
44. l’esclusione della prededuzione già apparteneva pertanto alla lettura possibile della norma, tant’è che questa Corte aveva avuto modo di affermarne l’autonoma portata anche rispetto all’art.11 co.3 quater l. n.9 del 2014, proprio in una fattispecie di attività difensiva inerente ad una domanda di concordato preventivo ex art. 161, co. 6, l.f. «dichiarata inammissibile per mancato deposito della proposta, del piano e della relativa documentazione», non prededucibile perché «non arrecando alla procedura concorsuale alcun beneficio in termini di accrescimento dell'attivo o salvaguardia della sua integrità, non può dirsi collegato occasionalmente o funzionalmente con la stessa ... indipendentemente dalla presenza o meno di una preventiva autorizzazione degli organi della procedura» (in motivazione, Cass. 25589/2015, conf. Cass. 16224/2019);
45. il citato carattere interpretativo, oltre che derivare dal testo della legge, era desumibile dall’intento di chiarire la combinazione dell’art.111 co.2 e dell’art.161 co.6 l.f. con riguardo ai crediti sorti nella corrispondente fase interinale, «enucleando uno dei significati astrattamente ascrivibili alla norma interpretata» (secondo il metodo ricostruito anche in Cass. 13319/ 2006); così che, successivamente, Cass. 4859/2019 ha statuito che, come la norma interpretativa aveva natura retroattiva, «così la successiva norma abrogativa della norma interpretativa aveva analoga efficacia e retroagiva anch'essa al tempo della norma anteriore interpretata; la pari efficacia temporale di tali norme ha quindi fatto sì che la loro concatenazione» ne abbia reso improduttiva la sequenza, dovendosi perciò escludere che la norma abrogativa abbia avuto l'effetto di fissare per il tempo della vigenza della norma interpretativa il significato da essa specificato tra quelli ragionevolmente ascrivibili alla norma anteriore e piuttosto restituendo inalterata la prospettiva interpretativa tra diversi possibili significati attribuibili alla norma rilevante (Cass. 13119/2016).
46. nonostante l’esclusione di una norma specifica ora vigente si deve tuttavia prendere atto che, pur nella mutevolezza del regime del codice della crisi e dell’insolvenza, la questione oggi in esame ha ivi conseguito, allo stato, una regolazione identica a quella enunciata in un indirizzo – qui condiviso - del quale l’ordinanza interlocutoria ha chiesto l’approfondimento, posto che, all’art.6 co.1 lett. c) CCII, accanto alla restrizione della misura di riconoscimento della prededuzione (pari al 75% di quanto accertato), i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda maturano la prededuzione stessa a condizione che la procedura sia aperta (ai sensi del successivo art.47), con identica cautela – secondo la lett. b) art. cit. – per le prestazioni rese in funzione della omologazione, altrettanto necessaria, degli accordi di ristrutturazione dei debiti;
47. l’art. 6 co.1 lett. c) ed a), a superamento delle incertezze proprie di una prededuzione funzionale generica, ne riscrive il perimetro in modo saldamente ancorato, con l’apertura della procedura (dell’art.47 CCII) o l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, ad una condizione cioè che irrobustisce a ritroso tutta l’attività già compiuta e strumentale al concorso, perché essa fa conseguire al relativo credito la preferenza processuale in esame sempre che l’instaurazione della concorsualità, per iniziativa volontaria, si protragga sino ad un provvedimento giudiziale positivo; l’apertura del concordato o l’omologazione degli accordi assumono così, al contempo, il significato di una conferma di adeguatezza delle prestazioni ingaggiate dal debitore rispetto alla specifica procedura concorsuale cui siano state dirette e di stabilizzazione degli stessi effetti concorsuali, solo iniziati con la domanda; la norma, come noto, è diretta attuazione della legge 19 ottobre 2017, n.155 che, nei principi generali dell’art.2 ha affidato alla legislazione delegata la realizzazione della riforma per ridurre la durata e i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure (lett. l) e riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, al fine di favorirne il superamento, in coerenza con i princìpi stabiliti dalla presente legge (lett. m);
48. la legge delega ha pertanto espresso un univoco indirizzo restrittivo e perequativo sulla latitudine delle prededuzioni, tanto per la norma ad hoc che fissa la misura di riconoscimento del credito ovviamente già accertato (scelta discrezionale interna ai margini della delega e innovativa), quanto per l’adozione di un criterio di condizionalità direttamente desunto dalla giurisprudenza di questa Corte ed apparso come il più idoneo non solo ad attuare il descritto principio generale contenitivo ma altresì, può aggiungersi, a permetterne l’operatività in ogni caso di domanda di pagamento e, contestualmente, a realizzare anche il superamento dei contrasti cui fa cenno la lett. m) dell’art.2; se infatti la questione qui interroga le Sezioni Unite per il caso di consecuzione di procedure, da concordato non ammesso a fallimento, cionondimeno essa si pone, fisiologicamente e in primo luogo, allorché sia da regolare la vicenda solutoria a prima procedura ancora in corso, trattandosi di fronteggiare un costo innanzitutto ad essa proprio; in questo, il CCII, all’art.98, formalizza un canone – pur meno indagato nel conflitto giurisprudenziale e semmai attinente alle iniziative recuperatorie di tipo revocatorio – per cui i crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto; parimenti, con l’abbandono del sintagma in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, l’art.99 CCII segna il tramonto della prededuzione degli stessi finanziamenti in funzione della domanda di ammissione al concordato di cui all’art.182quater co.2 l.f., pur attualmente condizionati a requisiti sostanziali prima (la previsione nel piano) e di vaglio processuale specifico dopo (il tribunale dispone la preferenzialità in sede di ammissione), prefigurando una necessaria autorizzazione preventiva giudiziale; altrettanto chiarisce il CCII all’art.172 co.3 che, per le ipotesi in cui sia scelta nella liquidazione giudiziale la prosecuzione del contratto, sono prededucibili soltanto i crediti maturati nel corso della proedura, quali costi diretti di essa, con riconfinamento nell’alveo dei comuni crediti concorsuali, da soddisfare previo accertamento e secondo le regole e nei contesti della distribuzione, delle pretese rimaste inadempiute;
49. l’attingimento dalla scelta del CCII che, a riforma vigente, di per sé risolverebbe in modo diretto la controversia di causa laddove subordina la prededuzione all’apertura della procedura (art.6 co.1 lett. c), si potrebbe allora porre in termini di continuità regolativa sia con le descritte divaricazioni della concorsualità a cerchi concentrici (più ristretti quanto al perimetro delle procedure concorsuali, più estesi nella anticipazione degli effetti e nella loro persistenza anche dopo la chiusura in senso stretto della procedura, quesito v), sia con una nozione non universalistica del fenomeno della consecuzione delle procedure, sia infine con i precisi precedenti in tema;
50. la possibilità di utilizzo del codice della crisi e dell’insolvenza - parte integrante dell'ordinamento positivo nonostante la lunga vacatio legis prevista - è stata fissata nei suoi canoni da queste Sezioni Unite nella sentenza 12476 del 2020 ove si è riconosciuto che il citato testo «in generale non applicabile - per scelta del legislatore - alle procedure ... aperte anteriormente alla sua entrata in vigore (art. 390, primo comma, C.c.i.i.), e la pretesa di rinvenire in esso norme destinate a rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare potrebbe essere ammessa se (e solo se) si potesse configurare - nello specifico segmento - un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro»; a tale indicazione ermeneutica si sono poi conformate altre due pronunce delle Sezioni Unite, risolvendo contrasti interpretativi attorno ad istituti dell’attuale ordinamento concorsuale positivo proprio attingendo alle soluzioni dettate più specificamente dal codice della crisi, dopo averne riconosciuto la continuità o addirittura la piena identità rispetto ad indirizzi già presenti nel formante giurisprudenziale; Cass. s.u. 8504/2021, in un giudizio concernente l'impugnazione del rigetto della proposta di trattamento dei crediti tributari avanzata nell'ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex artt. 182 bis e ter l.f., ha affermato la sussistenza di tale continuità fra gli artt. 180, 182 bis e 182 ter l.f., nel testo anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. n. 14 del 2019, applicabile nel caso e gli stessi artt. 180, 182 bis e 182 ter l.f., come successivamente modificati dall'art. 63 del citato codice della crisi e dall’art. 3, co. 1 bis, d.l. n. 125 del 2020 (convertito nella legge 27 novembre 2020, n. 159); la più recente Cass. s.u. 35954/2021 ha confermato il principio in materia di concordato preventivo; a propria volta Cass. s.u. 12154/2021 ha chiarito che la regola fissata nell'art.143 co.3 CCII non esprime un dato di assoluta novità enunciativa, «mostrando all'evidenza di coincidere con uno degli assetti ermeneutici sedimentati presso questa Corte e, in ciò, limitandosi a selezionare un'interpretazione possibile, tra le più, finora seguite, dunque ed obiettivamente delimitando la portata dell'istituto e pertanto, per quel che qui rileva, non assumendo una radicale natura anche legislativamente innovativa; a tale versante si può attribuire rilievo... apparendo l'opzione positiva prescelta già oggi idonea ad indicare una complessiva linea di condivisibile semplificazione ermeneutica», così che l'interruzione del processo è automatica ai sensi del vigente art. 43, co. 3, l. f., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all'art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. f. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte, come solo esplicitato dal codice della crisi; risulta dunque evidente che, per questa via, l’adozione dell’indirizzo già ora sintonico con il precetto dell’art.6 co.1 lett. c) CCII contribuisce a ricondurre a sistema, come osservato dal Procuratore Generale, una soluzione presente nel formante giurisprudenziale e che diverrebbe armonizzata rispetto ad un assetto normativo destinato a compiersi nella sua interezza con la prossima entrata in vigore integrale del d.lgs. n.14 del 2019;
51. quanto poi alla distinzione tra area effettuale della concorsualità e ambito, più ristretto, delle singole procedure concorsuali, dalle semplificazioni sopra riportate, relative al regime protettivo della composizione negoziata di cui al d.l. n. 118 del 2021, si evince sia la rispettiva anticipazione (artt. 6 e 7) che la sua persistenza (art.12) rispetto ad un’eventuale procedura concorsuale, senza coincidere con essa; al pari, la giurisprudenza di questa Corte ha anche circoscritto i primi effetti prodotti dalla pubblicazione della domanda di concordato con riserva ai sensi dell’art.161 co.6 l.f. restringendone il campo agli istituti di espressa menzione normativa e nel presupposto di un pieno dispiegamento della procedura, come chiarito da Cass. 8996/2021 la quale ha precisato che l’art 168, co.3, l.f., ove dispone l'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori all'iscrizione nel registro delle imprese del ricorso per concordato preventivo rispetto ai creditori anteriori, non si applica qualora, rinunciata la domanda di concordato prima della sua ammissione, sia stato in un momento successivo dichiarato il fallimento dell'imprenditore, trovando l'inefficacia degli atti nell'ambito della procedura fallimentare la propria disciplina nell'art. 69bis l.f., caso diverso da quello in cui dopo l’apertura del concordato segua il fallimento (Cass. 6381/2019); parimenti, dopo la chiusura della liquidazione coatta amministrativa, per Cass. s.u. 2608/2021 il credito IRES da eccedenza di imposta versata a titolo di ritenuta d'acconto, pur nascendo a seguito del compimento delle attività di liquidazione, di modo che la dichiarazione concernente il maxiperiodo concorsuale comporta soltanto la rilevazione di un credito già sorto, determina la validità ed efficacia, tra cedente e cessionario, della cessione di quel credito operata dal commissario liquidatore antecedentemente alla cessazione della procedura, «laddove il contratto stipulato dopo la cessazione della procedura ... si traduce in una riproduzione contrattuale ... adempimento dovuto, funzionale a consentire al cessionario di far valere nei confronti del fisco il credito che gli è stato ceduto»; in materia di concordato, la chiusura della procedura non osta a che, per effetto del rinvio compiuto dall'art. 165, comma 2, all'art. 39 l.f. - il cui terzo comma prevede che la liquidazione del compenso finale avvenga al termine della procedura - il tribunale competente sulla regolazione del concorso abbia ancora il potere di provvedere alla liquidazione del compenso dovuto al commissario giudiziale, una volta che tutte le sue attività si siano concluse, così esercitando poteri relativi alla concorsualità (ad iniziare dai parametri remunerativi) pur quando la procedura in senso stretto non sia più pendente (Cass. 15789/2021, 20762/2021, 20948/2021);
52. una nozione differenziata della consecutività, per parte sua, oltre a dipendere da singoli rimandi di effetti quali precisamente fissati nella legge fallimentare, mette in evidenza che lo stesso istituto, d’insorgenza prima giurisprudenziale e poi a delimitata codificazione, è sempre stato inteso siccome di vantaggio per il ceto creditorio, unificando sotto il medesimo presupposto sostanziale, come visto, procedure instaurate in sequenza; ma altrettanto diffusa è la consapevolezza, presso la giurisprudenza di legittimità, che, «per quanto possano essere considerate unitariamente a taluni effetti le diverse procedure concorsuali succedutesi, non pare discutibile che siano significativamente diverse le attività cui sono tenuti, rispettivamente, il commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo, che può prescindere dalla liquidazione dei beni del debitore, ed il curatore fallimentare, che deve sempre procedere alla liquidazione dell'attivo» (così, da ultimo, Cass. 33364/2021); tant’è che perfino all’interno del concordato preventivo con cessione dei beni, o ad esso assimilabile, la nomina a liquidatore della persona già in carica come commissario giudiziale collide con il requisito (desumibile dagli artt.182, co.2 e 28 co.2 l.f.) che il liquidatore sia immune da conflitto di interessi, anche potenziale, ipotesi, invece, configurabile laddove nella sua persona si cumulino la funzione gestoria con quella di sorveglianza dell'adempimento del concordato, di cui all'art. 185, co.1 l.f.; si tratta di regole di funzionamento le quali, presidiando i compiti degli organi concorsuali, ne svelano l’inerenza, come già più volte detto, a finalità specifiche, autonome e non sovrapponibili delle singole procedure concorsuali, così da doversi riflettere nel giudizio di coerenza che le attività preparatorie o di sostegno gestionale delle stesse implicano alla stregua di una categoria tipica di relazione, come la funzionalità in esame;
53. infine, quanto ai precedenti cui correlare la scelta di superamento dei contrasti interpretativi (secondo la lettera m) dell’art.2 legge delega n.115 del 2017), si osserva che già per Cass. 5254/2018 il credito del professionista per l'attività svolta in favore di un imprenditore e diretta a verificare la praticabilità dello strumento concordatario, quale mezzo di superamento del suo stato di crisi o di insolvenza, non ha sempre natura prededucibile, cioè non prescinde in assoluto «dall'esito dell'incarico: il 2° comma dell'art. 111 l. fall., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in "funzione" di una procedura concorsuale, presuppone ... che la procedura sia stata aperta (e dunque, quanto al concordato, che l'opera prestata sia sfociata nella presentazione della relativa domanda e nell'ammissione dell'impresa alla procedura minore, dimostrandosi in tal modo "funzionale", cioè strumentalmente utile, al raggiungimento quantomeno dell'obiettivo minimale perseguito dal cliente)»; il precedente si riferiva ad un incarico che nemmeno era collegato alla presentazione effettiva di una domanda di concordato, mentre già nella fattispecie della successiva Cass.16224/2019, prima ancora della scadenza del termine concesso dal tribunale per l'integrazione della domanda, era stata presentata dalla società istanza di fallimento in proprio, non potendosi allora ritenere «lo stesso credito collegato occasionalmente o funzionalmente con il fallimento, per mancata dimostrazione di un effettivo beneficio alla procedura concorsuale, emergendo, anzi, che era stato ritardato un fallimento di cui sussistevano già i presupposti»; nelle vicende esaminate da Cass. nn. 639, 640 e 641 del 2021 la prestazione professionale (di redazione e preparazione dell’atto) accedeva ad una domanda di concordato proposta, ma dichiarata inammissibile dal tribunale e, nel caso, infine, di Cass. 4710 del 2021, ad una domanda rinunciata, così formulandosi il principio, per questa parte qui condiviso, per cui il citato art.111 co.2 l.f., allorquando stabilisce che sono considerati prededucibili i crediti sorti in funzione di una procedura concorsuale, suppone che «una tale procedura sia stata aperta, e non la semplice presentazione di una domanda di concordato ... Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda ... dichiarata inammissibile o rinunciata non è pertanto prededucibile nel fallimento, ancorché la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione (di insolvenza) rappresentata nella domanda»;
54. il citato orientamento è peraltro stato da ultimo solo portato a compimento, saldandosi, come premesso, all’autonoma ratio decidendi con cui, sin da Cass. 25589/2015 e quando vigeva la riportata norma interpretativa (poi abrogata), l’invocazione della prededuzione implica che il credito «dev'essere accertato non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, risponda agli scopi della procedura stessa, per i benefici arrecati in termini di accrescimento dell'attivo o di salvaguardia della sua integrità, indipendentemente dalla presenza o meno di una preventiva autorizzazione degli organi della procedura»; proprio nel concordato con riserva, infatti, si riscontra una domanda del debitore diretta al conseguimento potestativo di uno spatium deliberandi, che può essere messo a frutto – in una progressione della concorsualità solo parzialmente e provvisoriamente instaurata – ovvero, su iniziativa altrettanto unilaterale, fatto spirare senza conseguenze;
55. si tratta di un’opzione interpretativa che, solo in parte condizionata dalla riportata concezione duale e progressiva del regime concordatario indicata nella terna dei precedenti del 2021, assume in realtà e più persuasivamente in modo pregiudiziale e così necessario un nesso funzionale forte tra la prestazione acquisita dal debitore (comunque generatrice di un credito) e l’accesso indefettibile alla concorsualità verso cui l’atto dovrebbe cooperare indispensabilmente, solo così potendo resistere la relativa qualità del credito anche ove alla procedura-obiettivo ne segua altra, come il fallimento, in un avvicendamento d’insuccesso della prima; il paradigma, in tal modo riassunto, prescinde dal diverso litigio sull’adempimento della prestazione professionale, la cui effettività è invece presupposta (quesito VIII); mentre, infatti, ove l’eccezione ricorra e ne sia accertato il fondamento, l’esito è la non ammissione al passivo del credito ovvero la sua considerazione solo parziale in termini quantitativi, quando faccia difetto unicamente la citata funzionalità la reale esecuzione della prestazione dà comunque titolo, in alternativa alla prededuzione, all’ammissione in privilegio, se normativamente qualificante la causa del credito, come avvenuto (almeno in parte) nel procedimento in esame;
56. la soluzione adottata, a composizione dei diversi indirizzi, permette altresì la riassegnazione di una prospettiva meno radicale alla menzionata eccezione di inadempimento, la quale presuppone un’iniziativa di contrasto, che, quando sviluppata nella sede dell’accertamento del passivo, dunque allorché vi sia già stata l’evoluzione d’insuccesso dalla prima procedura (cui la prestazione originante il credito era rivolta) al successivo fallimento (o procedura d’insolvenza equivalente), coinvolge un organo terzo, in grado di elevare contestazioni non soltanto attinenti al merito dell’opera; al rimedio civilistico viene così affidato frequentemente l’intento di evitare che pretese di credito sproporzionate o improduttive, a formazione negoziale non controllata né dai creditori, né dal giudice, gravino sull’attivo della procedura liquidatoria finale, nonostante la manifesta inutilità della prima procedura o della sua prosecuzione o anche il carattere fraudatorio dell’iniziativa del debitore, cui non era estraneo chi l’assisteva (Cass. 13596/2020); non casualmente, al di là delle premesse sulla funzionalità come adeguatezza dell’opera del terzo rispetto alla procedura e alle sue finalità istituzionali, le stesse pronunce che hanno patrocinato l’ammissione de plano del credito che ha permesso l’accesso in particolare al concordato preventivo (e che qui ora si intendono superare), rinviano la verifica dell’utilità in concreto al diverso contenzioso in cui si controverta sull’inadempimento dell’obbligazione (in particolare del professionista) e la sua prova; il curatore è dunque (il solo) legittimato ad eccepire, ai sensi degli artt.1218 e 1460 c.c. (Cass. 15807/2021), che il prestatore ha causalmente contribuito all’allestimento di un concordato in realtà privo della sua causa concreta, cioè inidoneo al superamento della crisi d’impresa attraverso la regolazione cui è vocata la procedura, in tal modo giustificando la non ammissione al passivo, totale o parziale, essendosi interrotto il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura stessa;
57. il curatore, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, avrà l’onere di allegare e provare l’esistenza del titolo negoziale, contestando la non corretta esecuzione della prestazione o anche la sua inutilità per la massa o la solo parziale utilità (con riduzione del quantum ammissibile: Cass.14050/2021) o l’incompleto adempimento (sulla base del criterio di corrispettività ed essendo parzialmente nulle le clausole di insindacabilità del compenso a forfait: Cass.7974/2018); per contro, a carico del professionista – al di fuori di una obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura - ricade l’onere di dimostrare l’esattezza del suo adempimento, per rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l’imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili dell’evoluzione dannosa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento;
58. così è stato precisato che la funzionalità ex ante delle prestazioni rese dal professionista al debitore che presenti una domanda di concordato preventivo «non può restare inficiata da successivi inadempimenti del debitore che conducano - come in caso di mancato deposito delle somme pro expensis ex art. 163, co.2, n. 4, l.f. - alla revoca dell'ammissione al concordato preventivo, a meno che la condotta del debitore integri atti di frode e ad essi abbia partecipato (o almeno di essi sia stato pienamente consapevole) il professionista» (Cass. 13596/2020); in questi casi, non solo la prestazione svolta non è stata, appunto, di alcuna utilità per la procedura, ma si è rivelata addirittura potenzialmente dannosa per i creditori, «tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell’attività di impresa» (Cass. 3218/2017), evidentemente non bilanciata da un’adeguata conservazione dei valori aziendali ed anzi peggiorata dalle obbligazioni contratte in vista o a seguito della proposizione della domanda;
59. quanto premesso dà conto delle ragioni per cui il professionista al quale sia stato negato, a causa di carenze nella dovuta diligenza, il compenso per la redazione della relazione di cui all'art. 161, co.3, l. f., non possa invocare, a fondamento del credito, la mera ammissione del debitore che lo ha designato (poi dichiarato fallito) alla procedura concordataria (quesito viii); non costituendo – a questi fini - il decreto emesso dal tribunale ex art. 163, co. 1, l.f. «approvazione della relazione, né un apprezzamento di competenza esclusiva del tribunale in ambito concordatario, in quanto l'ammissione a detta procedura non assevera definitivamente, con valore di giudicato, l'esattezza dell'adempimento del professionista» la stessa valutazione può essere, «in seguito, smentita dal medesimo tribunale, in sede di procedura fallimentare, all'esito di un più approfondito controllo» (Cass. 22785/2018); il che illustra la differenza di presupposti della prededuzione rispetto al riconoscimento del credito nella sua opponibilità e sussistenza, anche tenuto conto dell’evoluzione dei criteri di imputazione della responsabilità tendenti a collocare le prestazioni del professionista della crisi non oltre una zona di specialismo tecnico, ma senza alcuna assimilazione ex se – invero non prevista in alcuna norma – alla competenza necessaria per la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, per gli effetti attenuativi della responsabilità dell’art.2236 c.c., dovendo semmai la parte, nel caso concreto, dimostrare «quel particolare grado di complessità tecnico-redazionale che, per l'incarico affidatogli, la relazione di consulenza avrebbe richiesto, non potendo certo essa di per sé, nemmeno per presunzione, rientrare in una corrispondente e obbligatoria tipologia codicistica, e tantomeno concorsuale a carattere speciale» (Cass.30295/2021 in motivazione);
60. così, è stata ascritta al consulente contabile incaricato di assistere le parti in un'operazione di cessione di ramo di azienda una diligenza qualificata ma con responsabilità anche per colpa lieve (Cass.13828/2019); in ogni caso, resta a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, con la conseguenza che la distinzione fra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà non vale come criterio di ripartizione dell'onere della prova, ma rileva soltanto ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, spettando al professionista la prova della particolare difficoltà della prestazione, in conformità con il generale favor per il creditore danneggiato cui l'ordinamento è informato (Cass. 15732/2018, 16254/2012); nel campo concorsuale è stato precisato che, al pari di quanto previsto per il più ampio genus degli imprenditori (artt.2082 e 2083 c.c. per l'esercizio professionale dell'attività economica) e dei professionisti intellettuali (art. 2229 c.c. e 33 co.5 Cost.), trova applicazione l'art. 1176 co.2 c.c., secondo il quale nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata, in aggiunta a quella generica e comune di cui al primo comma, che già impone a qualunque debitore di adempiere l'obbligazione dovendo usare la diligenza del buon padre di famiglia; la diligenza esigibile presuppone pertanto la perizia, consistente nella conoscenza e attuazione delle regole e dei mezzi tecnici propri di una determinata arte o professione, da cui la collettività si attende e può esigere una nozione di attività professionale diretta espressione di un catalogo di regole attinenti in modo specifico a una determinata materia e, conseguentemente, concorrenti ad integrare la diligenza media propria della singola opera e vicenda; ne consegue che se quello che l'art. 2236 c.c. sanziona secondo un parametro meno rigoroso appare l'errore tecnico, almeno nelle ipotesi in cui la perizia richiesta dalla prestazione sia superiore al livello medio corrente nell'attività professionale esercitata dal debitore e considerato che la stessa norma appare specificativa dell'art. 1176, co. 2, c.c., ciò conduce ad affermare che la perizia esigibile dal professionista della crisi sia quella della completezza informativa e proporzionalità dell’apporto rispetto alle finalità specifiche della procedura concorsuale cui il debitore intende accedere o che si propone di completare, in tale limite consistendone la qualità media, andando esente da responsabilità ove quella richiestagli sia eccedente, ma dovendo egli a sua volta dimostrare tale circostanza di ingaggio (Cass. 10752/2018);
61. infine, la Direttiva Insolvency (UE) 2019/1023 non prende diretta posizione sulla prededuzione dei crediti professionali, trattando del ‘professionista nel campo della ristrutturazione’ quale soggetto nominato dall’autorità pubblica e sia pure in assistenza alle parti e per la vigilanza sulla ristrutturazione (art.2 co.1 n.12 lett.a-c), mentre la diversa figura del professionista ausiliario del debitore e da questi nominato trova una considerazione indiretta nel riferimento alla stabilità che gli onorari percepiti da tali soggetti debbono conservare anche nel caso di successiva insolvenza a certe condizioni di ragionevolezza e necessità immediate che le operazioni che ne costituiscono il titolo abbiano assunto; l’art.18 prescrive così agli Stati di escludere la caducazione (per invalidità o inefficacia) delle operazioni (co.4) condotte per le trattative sul piano di ristrutturazione (co.1), pur potendo le legislazioni nazionali – oltre che per altre ragioni – derogare alla conservazione degli effetti quando non vi sia stato un controllo ex ante dell’autorità, avente ad oggetto il piano o le operazioni singole (co.2) oppure le operazioni siano state effettuate allorché il debitore era divenuto incapace di pagare i propri debiti in scadenza (co.3); posto che allora l’art.17 co.4 descrive solo la categoria dei fornitori di finanza utili alla ristrutturazione che, come tali, nelle successive procedure di insolvenza, possono essere pagati in via prioritaria; in tale contesto, tenuto conto, tra gli altri, del Considerando (15) il quale pone la necessità di ridurre i costi di ristrutturazione a carico di debitori e creditori, si può constatare l’assenza nel riferimento unionale più prossimo di un sicuro incentivo a riconoscere proprio al professionista del debitore una peculiare posizione di vantaggio e preferenza, ciò rassicurando ogni profilo di diritto domestico più centrato sulle regole ordinarie della par condicio fra creditori;
62. ne deriva che, quanto al primo motivo, esso è infondato, avendo accertato il tribunale che, per effetto del mancato corredo da parte del debitore di proposta, piano e documentazione entro il termine concessogli ex art.161 co.6 l.f. ed anzi chiedendo egli la non emanazione di una pronuncia di merito, con la rinuncia alla domanda stessa, la prestazione professionale, pur nei limiti del suo accertamento positivo, non risulta in alcuna relazione strumentale con il concordato preventivo, mai ammesso e dunque esula dagli scopi per cui era stata acquisita; il terzo motivo è inammissibile, apparendo l’invocata distinzione tra attività di ausilio legislativamente prevista e mero incarico di verifica contabile sull’attendibilità delle scritture ed il loro aggiornamento (l’unica prestazione del ricorrente), irrilevante ai fini del motivato diniego della prededuzione del professionista, non essendo stata l’opera così rappresentata assunta a circostanza decisiva a supporto del non accoglimento, su questo punto, dell’insinuazione al passivo; il secondo motivo è, infine, inammissibile apparendo la questione ivi dedotta enunciata per la prima volta con il ricorso, senza che la sua conseguente novità (Cass. s.u. 9138/2016; Cass. s.u. 15279/2017; Cass. 32804/2019, 30044/2019, 2038/2019, 15430/2018, 27568/2017, 8206/2016) – mancandone traccia nel decreto impugnato - si possa ritenere superata mediante il generico richiamo alla contestazione introduttiva dell’opposizione allo stato passivo, nella quale – a tenore invece di quanto riportato in controricorso – la richiesta era nel senso di riconoscere ancora e solo la prededuzione per il credito maggiore o per quanto oggetto di riduzione già disposta e al diverso rango privilegiato;
63. la conclusione viene perciò assunta sulla base del principio, reso a soluzione del contrasto dedotto con l'ordinanza di questa Corte n. 10885/2021, per cui «il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l’accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all’art.161 l.f., sia stata funzionale, ai sensi dell’art.111 co.2 l.f., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell’art.163 l.f., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa; restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l’eventuale causa di prelazione e, per l’altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l’inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria»; il ricorso va conclusivamente rigettato; va condannato il ricorrente alle spese del procedimento, secondo il principio della soccombenza, con liquidazione come meglio in dispositivo; ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1- quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto (Cass. s.u. 4315/2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, nei confronti del controricorrente, delle spese del procedimento di legittimità, determinate in euro 4.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 e agli accessori di legge; ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.