La parola passa alle Sezioni Unite.
La ricorrente è una cittadina della Federazione Russa che, dopo avere convissuto in Italia con il compagno (cittadino italiano) e i due figli, tornava con questi ultimi in patria, da dove non aveva più fatto ritorno. Proprio dal Tribunale russo ella otteneva un provvedimento con il quale le venivano affidati i figli e successivamente era tornata in Italia, dove, però, il Giudice italiano...
Svolgimento del processo
1. La signora (omissis) cittadina della Federazione Russa, ricorre con quattro motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui la Corte d'Appello di Bologna, decidendo sul reclamo proposto avverso il provvedimento adottato il 18 settembre 2019 ex art. 337-bis cod. proc. civ. dal Tribunale di Piacenza sull'affido dei minori (omissis) e (omissis) nati, rispettivamente, il (omissis) ed il (omissis) dalla convivenza di fatto instaurata dalla ricorrente con (omissis) (omissis) cittadino italiano ha respinto l'introdotto mezzo, confermando il provvedimento impugnato.
2. In primo grado il Tribunale di Piacenza, al quale aveva proposto ricorso (omissis) in data 11 settembre 2018, aveva ritenuto che i minori avessero la residenza abituale in Italia, in (omissis), dove erano nati ed erano rimasti fino all'estate del 2018, quando la madre, recatasi con i figli in (omissis) al fine di rimanervi per parte delle vacanze estive, non faceva rientro in Italia alla data del 10 agosto, a tal fine convenuta con il compagno. Per il giudice piacentino, la signora (omissis) - dopo aver investito, con ricorso dell'agosto 2018, della vicenda dell'affidamento il Tribunale di Butyrsky, nella Federazione russa, che aveva pronunciato affidandole i minori - era poi rientrata spontaneamente in Italia per ivi risiedere con i figli, secondo l'accordo sottoscritto con il compagno il 1 agosto 2019 in cui ella aveva assunto l'impegno a non sottrarre gli stessi [i minori] dalle loro abitudini di vita come già consolidate in Italia. Sull'indicata e valorizzata premessa in fatto, il tribunale affidava, in via esclusiva, (omissis) e (omissis) al padre, con collocamento presso lo stesso che avrebbe provveduto al loro mantenimento; disponeva la frequentazione della madre solo in presenza dell'altro genitore, o di persone di fiducia del padre o sotto la vigilanza del servizio sociale competente per territorio, e la restituzione dei passaporti dei minori al padre; rigettava la domanda di decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale.
3. La Corte d'Appello ha confermato il provvedimento reclamato reiterando le valutazioni condotte dal primo giudice sulla residenza abituale dei minori in Italia al momento della proposizione della domanda davanti al Tribunale piacentino.
3.1. La Corte territoriale ha, segnatamente, ritenuto che il provvedimento del Tribunale di Butyrsky, il quale il 13 giugno 2019 aveva pronunciato sull'affido, non avesse efficacia diretta in Italia, avendone la reclamante richiesto, ai sensi dell'art. 64 legge n. 218 del 1995, il riconoscimento in Italia con ricorso del 4 febbraio 2020.
3.2. I giudici del reclamo hanno poi concluso, nella illiceità della sottrazione dei minori, che dovesse valere il principio, affermato da questa Corte con sentenza n. 9632 del 2015, del cd. sdoppiamento della competenza giurisdizionale, in applicazione del quale il giudice della Federazione Russa aveva deciso sull'istanza di "rientro" e quello italiano aveva conservato la propria competenza a pronunciare sull'affidamento.
3.3. Per la Corte di merito la decisione impugnata non era fondata sulla condotta di sottrazione concretizzatasi nell'episodio dell'agosto 2018 - rispetto al quale il padre aveva compulsato la Corte di (omissis), competente secondo Convenzione dell'Aja del 28 ottobre 1980 - , ma su quella intervenuta il giorno antecedente l'udienza tenutasi davanti il Tribunale di Piacenza del 18 settembre 2019, quando la madre si era allontanata dalla residenza di (omissis) conducendo con sé i figli privi di passaporto, "varcando con ogni probabilità i confini nazionali". Rispetto all'indicato comportamento il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza aveva peraltro emesso un provvedimento cautelare nei confronti della reclamante, nell'ambito di un procedimento per il delitto di sottrazione internazionale di minori ex art. 574-bis cod. pen., insorto in seguito a denuncia sporta dal padre.
4. Resiste con controricorso (omissis).
Motivi della decisione
5. In via pregiudiziale il controricorrente ha eccepito l'improcedibilità del ricorso per cassazione per mancata produzione, insieme alla copia autentica del provvedimento impugnato, della relata di notifica. Poiché la notifica del decreto impugnato è stata eseguita dal legale del controricorrente con modalità telematiche, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, avrebbe dovuto estrarre copia cartacea del messaggio di posta certificata pervenutogli, e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, comma 5, legge n. 53 del 1994, ed attestare, con sottoscrizione autografa, la conformità agli originali digitali delle copie analogiche così formate che egli avrebbe dovuto quindi depositare, nei termini, presso la cancelleria della Corte di cassazione.
6. L'eccezione in rito è infondata. È consolidato principio di questa Corte quello per il quale, in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata ed il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell'improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. (Cass. 25/05/2021, n. 14360; Cass. 15/09/2017, n. 21386; Cass. 31/05/2018, n. 13751).
6.1. Fermo l'indicato principio, vero è che lo stesso deve confrontarsi, nella sua concreta applicazione alla fattispecie in esame, con le conclusioni rassegnate nel controricorso dalla parte che solleva eccezione di improcedibilità. Là dove infatti il difensore del controricorrente denuncia nel proprio atto l'omessa produzione in giudizio della relata di notifica del provvedimento impugnato ... per omessa autenticazione della notifica del provvedimento impugnato", tanto fa nella precisazione che il decreto impugnato è stato "notificato dalla scrivente [il difensore del controricorrente] alla signora (omissis) a mezzo PEC in data 15 luglio 2020", lasciando in tal modo soddisfatta la ratio del riportato principio. La finalità sottesa al richiamato principio è, infatti, quella di consentire a questa Corte di verificare il rispetto del termine breve di impugnazione, ex art. 325 cod. proc. civ., nella proposizione del ricorso per cassazione. Poiché il controricorrente afferma di avere notificato all'odierna ricorrente alla data del 15 luglio 2020 il decreto impugnato, ecco che l'indicata finalità resta integrata, ben potendo questa Corte ritenere, sull'operato riconoscimento, che il ricorso per cassazione, notificato, come risulta in atti, secondo legge professionale n. 53 del 1994, all'indirizzo PEC del difensore dell'odierna ricorrente in data 13 ottobre 2020, sia tempestivo, in quanto rispettoso del termine breve di impugnazione.
6.2. Il ricorso per cassazione è improcedibile quando risulti privo della relata di notifica da prodursi in formato analogico e da autenticarsi, quanto alla sua conformità all'originale informatico, dal difensore del ricorrente, al fine della verifica della tempestività del ricorso nel rispetto del termine breve di impugnazione, sempreché la controparte, che ha notificato il provvedimento di merito impugnato ed alla cui iniziativa far decorrere il termine breve di impugnazione, non abbia riconosciuto nel giudizio di legittimità la data in cui l'adempimento è stato da lei stessa curato, rendendo in tal modo inutile ogni accertamento dell'ufficio adito.
7. Venendo ai singoli motivi di ricorso.
8. Con il primo motivo la ricorrente deduce il difetto di giurisdizione e di competenza del giudice italiano, la violazione dell'art. 23 della "Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori" fatta all'Aja il 19 ottobre 1996, ratificata con la legge 18 giugno 2015, n. 101, dell'art. 19 della "Convenzione tra la Repubblica italiana e l'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche sull'assistenza giudiziaria in materia civile firmata a Roma il 25 gennaio 1979", entrata in vigore con la legge 11 dicembre 1985, n. 766, e dell'art. 10 della Costituzione, per avere la Corte territoriale disapplicato le norme pattizie di diritto internazionale ratificate dalla Repubblica italiana e, ancora, degli artt. 42 e 64 della legge n. 218 del 1995, di riforma del diritto internazionale privato. Il giudice della Federazione Russa aveva con competenza sull'affido pronunciato sentenza che doveva essere riconosciuta in Italia senza il ricorso ad alcun procedimento.
9. Con il secondo motivo chi ricorre fa valere la violazione degli artt. 3 e 5 della Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996, e dell'art. 3 della "Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori", ratificata con la legge n. 64 del 1994. In mancanza dell'accertamento di un atto illegittimo di sottrazione del minore all'interno dello Stato competente a pronunciare, cui consegue l'impossibilità di adozione dell'ordine di ritorno del minore per la Convenzione dell'Aja del 1980, ogni questione su affido e tutela deve essere deferita ai giudici dello Stato di nuova o successiva residenza del minore, ai sensi degli artt. 3 e 5 della Convenzione dell'Aja del 1996, in applicazione del cd. criterio di prossimità. I Servizi sociali russi, come dava atto la sentenza del Tribunale di Butyrsky che aveva pronunciato sull'affido, avevano accertato la residenza dei minori presso la Federazione Russa, la loro frequentazione scolastica e la loro iscrizione al servizio sanitario, quanto meno a far data dal 17 giugno 2018. Il Tribunale di Piacenza era quindi carente di giurisdizione e competenza in materia di affido dei minori in favore dello Stato presso il quale essi avevano la residenza di fatto al momento di introduzione del giudizio in Italia, risiedendo i primi, pacificamente, in Russia.
10. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e vizio di ultra-petizione, per avere la Corte d'Appello ignorato la sentenza del giudice russo, individuato dalla Convenzione dell'Aja del 1980 come competente a pronunciare sull'illecito ed avere ritenuto illegittimo il tentativo della signora (omissis) di rientrare nel proprio Paese nel settembre 2019, omettendo di valutare i fatti allegati dalla parte, con conseguente violazione, altresì, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, entrata in vigore con legge del 27 maggio 1991, n. 96. La Corte d'Appello aveva infatti ritenuto "sottrazione" rilevante per la Convenzione dell'Aja del 1980 non quella definita per pronuncia della Corte di (omissis) - che aveva escluso l'illiceità del trasferimento in Russia, divenendo per l'effetto la Federazione Russa il nuovo Stato di residenza dei minori con attribuzione della competenza al Tribunale di (omissis) - ma una successiva condotta della madre, quella del settembre 2019. In siffatto contesto la madre aveva soltanto cercato di far rientro nel Paese di origine e tanto nel riconosciutole affido da parte del Tribunale di (omissis) una volta esclusa la sottrazione internazionale dei minori dalla Corte di (omissis). nella intervenuta inosservanza da parte del padre dell'accordo del 1° agosto 2019 in punto di pagamento dell'assegno di mantenimento.
11. Con il quarto motivo la ricorrente fa valere la violazione della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo per non aver disposto l'ascolto dei minori. Nei casi di sottrazione internazionale, secondo la Convenzione dell'Aja del 1980 è fondamentale l'ascolto del minore a tutela del suo superiore interesse. La Corte di (omissis) aveva provveduto all'incombente, all'esito del quale i bambini avevano dichiarato la loro preferenza a vivere con la madre in Russia, circostanza che non era stata valutata dalla Corte bolognese che non aveva neppure, di suo, disposto l'ascolto dei minori, in violazione dell'art. 12 della Convenzione di New York.
12. I motivi proposti chiamano questa Sezione a pronunciare sulla giurisdizione del giudice italiano rispetto ad altro appartenente a Stato extra UE in materia di affido di minori, questione di cui, nella sua novità, come di seguito chiarita, vanno investite le Sezioni Unite di questa Corte, nei termini di cui agli artt. 360, primo comma, n. 1 e 374, primo comma, cod. proc. civ. Si tratta, segnatamente, di fissare la regola volta ad individuare a chi spetti giurisdizione tra più Stati aderenti alla "Convenzione dell'Aja sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori" (adottata il 19 ottobre 1996), là dove venga in applicazione il criterio della "residenza abituale" in materia di affido del minore in un contesto in cui trova applicazione, nei termini di seguito indicati, la diversa "Convenzione dell'Aja del 25.10.1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori", entrata in vigore per la Federazione russa il 1 giugno 2013. Quanto, più puntualmente, si chiede alle Sezioni Unite è di stabilire se:
a) nell'ipotesi in cui vengano adottate più decisioni sull'affido del minore da giudici di più Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja del 1996, si realizzi, per ciò stesso, sempre e comunque, un conflitto tra giurisdizioni dei diversi Stati destinato ad essere risolto in forza del principio della prevenzione e nell'ipotesi in cui siano state adottate più pronunzie assistite da forza del giudicato, o suscettibili di passare in cosa giudicata, in applicazione della regola della improcedibilità dell'azione successivamente introdotta; o se, piuttosto:
b) siano ammissibili, e tra loro compatibili, più iniziative giudiziarie coltivate davanti agli organi giurisdizionali di più Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja del 1996 e, quindi, più pronunce sulla giurisdizione, nella diversità degli accertamenti sottesi alla integrazione della nozione di "residenza abituale" che, nel tempo, e per fatti diversi, il minore abbia avuto presso più Stati aderenti.
13. La premessa da cui muovere è quella, da tempo affermata da questa Corte a Sezioni Unite, in adesione ai principi convenzionali ed internazionali, per la quale, in materia di affido, la giurisdizione è fondata sul criterio della "residenza abituale" del minore al momento della domanda, per un accertamento di mero fatto da operarsi dal giudice, sui dati emergenti agli atti processuali (Cass. SU 13/12/2018, n. 32359; Cass. SU 30/03/2018, n. 8042). Su siffatta premessa si tratta poi di stabilire se possono aversi più accertamenti tra loro compatibili che, formatisi diacronicamente dinanzi a giudici di Stati diversi, e fondati su distinti "fatti" di "residenza abituale" nel tempo susseguitisi, consentano di affermare che in materia di affido del minore, ogni qual volta venga in rilievo il criterio della residenza abituale, si assiste alla formazione di giudicati rebus sic stantibus, destinati a valere fintantoché il dato fattuale integrativo della nozione di "residenza abituale" non conosca obiettive modifiche, nel tempo.
14. La fattispecie in esame.
14.1. Il giudice della Federazione Russa, il Tribunale di (omissis), a cui si era rivolta il 28 settembre 2018 la signora (omissis) (omissis), con provvedimento del 13 giugno 2019 ha pronunciato sull'affido dei minori, (omissis) e (omissis) alla madre, ritenendo dei primi la residenza abituale in (omissis) per fatti maturati a far data dall'agosto del 2018, epoca in cui la madre si era allontanata dall'Italia per raggiungere il proprio Paese di origine, portando con sé i figli.
14.2. Di siffatta condotta il giudice competente, secondo la Convenzione dell'Aja del 1980, la Corte di (omissis), chiamato a pronunciare su richiesta di "rientro" formulata dal padre, aveva escluso in capo alla (omissis), in primo e secondo grado, l'illecita sottrazione dei minori.
14.3. Il giudice italiano, il Tribunale di Piacenza, investito il 16 ottobre 2018 della domanda di affido ex art. 337-bis cod. proc. civ. dal padre, cittadino italiano, ha accertato la "residenza abituale" dei minori in Italia, in (omissis), per i periodi a valere dalla nascita dei due bambini, intervenuta, rispettivamente, negli anni 2012 e 2014, sino al loro allontanamento nell'estate del 2018, e, ancora, dall'agosto 2019, quando la madre faceva spontaneo rientro in Italia con i figli.
14.4. Più esattamente, in ordine al lasso di tempo da ultimo indicato, il giudice di Piacenza e, quindi, la Corte d'Appello di Bologna, quale giudice del reclamo, nel dare contenuto alla richiamata nozione di "residenza abituale" dei minori, hanno valorizzato del rientro della madre in Italia il carattere spontaneo, nella sottoscrizione da parte della stessa di un accordo conciliativo con l'ex compagno, in data 1 agosto 2019, in cui ella si impegnava a non sottrarre i figli "dalle loro abitudini di vita come già consolidate in Italia" e, ancora, l'illiceità della condotta materna per fatti di nuovo allontanamento dal territorio italiano che, avvenuti nel settembre 2019 e tradottisi in un ritenuto "tentativo" di sottrazione, non hanno condotto all'attivazione della procedura di "rientro" ex Convenzione dell'Aja del 1980 ed alle correlate regole sulla giurisdizione, pur nella valorizzata valenza penale di quelle condotte (così per le indagini avviate e la misura cautelare adottata ai danni della madre, in relazione al delitto di cui all'art. 574-bis. cod. pen., dal G.i.p. del Tribunale di Piacenza).
14.5. Nel composito quadro fattuale, il giudice italiano investito della cognizione della controversia, non astenendosi nella pendenza del giudizio davanti al tribunale russo (art. 13, comma 1, Convenzione dell'Aja del 1996, sul dovere di astensione del giudice dello Stato richiesto di decidere su misure di protezione del minore a fronte della pendenza del procedimento presso un giudice di altro Stato aderente), dà conto di una "residenza abituale" dei minori in Italia destinata a trovare consistenza, all'interno di spazi temporali diversi da quelli accertati dal giudice russo. Il Tribunale piacentino e la Corte felsinea richiamano gli iniziali anni di vita dei minori, in cui si sono formate e radicate loro abitudini ed esperienze e, dall'altra, la condotta della madre che - già dichiarata genitore affidatario dal tribunale russo - rientra spontaneamente in Italia il 10 agosto 2019, con espresso riconoscimento, in ragione dell'accordo raggiunto con l'altro genitore il 1 agosto dello stesso anno, della residenza abituale dei figli in territorio italiano, in tal modo intesa da quei giudici come riattualizzata nei suoi contenuti.
15. Nell'indicato sviluppo processuale, pertanto, si chiede alle Sezioni Unite, a precisazione ed ulteriore puntualizzazione di quanto in premessa indicato, di stabilire:
a) se per la Convenzione dell'Aja del 1996 (art. 5 sulla competenza), la "residenza abituale" ritenuta dal giudice di uno degli Stati aderenti che per primo è stato adito per pronunciare sull'affido del minore, nella specie il Tribunale della Federazione Russa in territorio russo, è accertamento che osta a che il giudice di altro Stato contraente, nella specie il giudice italiano, successivamente compulsato dalle parti, possa esercitare la propria giurisdizione, accertando, in ragione di differenti presupposti fattuali, la "residenza abituale" in territorio italiano del medesimo minore;
b) se a definizione della quaestio facti, in cui è destinata a tradursi la nozione di "residenza abituale" del minore, rientri anche il fattore tempo che, nella sua diacronica declinazione, ammetta, con il conseguente diverso atteggiarsi della richiamata nozione, l'esistenza di una competenza giurisdizionale di più Stati contraenti ex art. 5 della Convenzione dell'Aja del 1996;
c) se, pertanto, i fatti di "residenza abituale" possano connotarsi in modo distinto tra giudici di più Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja del 1996, anche definendo parentesi di sospensione e nuova attualizzazione di una originaria "residenza abituale", senza che tanto realizzi sovrapposizioni e futuri conflitti là dove appaiano rimaste inosservate, nell'applicazione, dal giudice successivamente adito, le norme di prevenzione (vd. art. 13, comma 1, Convenzione dell'Aja del 1996 sul dovere di astensione del giudice dello Stato richiesto di decidere su misure di protezione del minore a fronte della pendenza del procedimento presso un giudice di altro Stato aderente).
16. L'ulteriore questione posta dal ricorso in ordine alla violazione dell'art. 65 della legge n. 218 del 1995, di "Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato", e, comunque, del provvedimento già pronunciato da giudice di altro Stato aderente alla Convenzione dell'Aja, in materia di affido dei minori, resta assorbita, come, ancora, quella dell'ascolto dei minori che, oggetto del quarto motivo, in ogni caso procede dalla presupposta giurisdizione del giudice italiano.
17. Nella ritenuta novità della questione sulla giurisdizione, vanno rimessi gli atti al Primo Presidente per le determinazioni di competenza.
18. Si dispone che ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.
Rimette gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, in ragione e per la soluzione della questione di giurisdizione, di cui in motivazione, ai sensi degli artt. 360, primo comma, n. 1 e 374, primo comma, c.p.c. Si dispone che ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.