Non è opponibile al singolo condomino il divieto all'attività di affittacamere se non viene provata la natura contrattuale del regolamento o se la limitazione ha portata generica.
Un condominio conviene in giudizio una società, proprietaria e conduttrice di un appartamento utilizzato come affittacamere, chiedendo di accertare la violazione del regolamento condominiale e domandando il risarcimento dei danni cagionati ai condomini, oltre all'immediata cessazione dell'attività.
Il...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Il condominio in epigrafe ha convenuto in giudizio la … s.r.l. ed … – nella loro rispettiva qualità di conduttrice e proprietaria dell’appartamento int. 4 al secondo piano dell’edificio condominiale – chiedendo di accertare nei loro confronti che l’adibizione di tale appartamento ad attività di affittacamere comporta la violazione dell’art. 12 del regolamento condominiale nonché del Regolamento delle strutture ricettive extralberghiere della Regione Lazio e – per l’effetto – di ingiungere ai convenuti l’immediata cessazione dei gravi ed intollerabili pregiudizi che ne sono derivati ai condomini, inibendogli la continuazione di tale attività e condannandoli al risarcimento dei danni subiti dal condominio. Entrambe le convenute – nel costituirsi – hanno contestato la fondatezza delle domande e ne hanno chiesto l’integrale rigetto. Sono stati concessi i termini di legge ex art. 183, sesto comma, c.p.c. e – all’esito – sono state ammesse ed espletate le prove testimoniali richieste dalle parti. La causa è stata infine trattenuta in decisione – all’udienza del 5.10.2021– sulle immutate conclusioni rassegnate dalle parti nell’atto di citazione e nella comparsa di risposta. Il Tribunale – sulla base di tali premesse – osserva quanto segue. Le domande devono essere disattese. È pacifica la circostanza che la conduttrice … s.r.l. svolga – nell’appartamento int. 4 ricevuto in locazione dalla proprietaria … – l’attività di affittacamere. Le pretese del condominio si fondano su una pretesa violazione del regolamento condominiale prodotto in giudizio che – nell’art. 12 – vieta innanzitutto espressamente di destinare gli alloggi alla specifica attività di “affittacamere”. E’ stato tuttavia già rilevato – nell’ordinanza istruttoria del 15.11.2019 – che tale divieto deve ritenersi inopponibile alle convenute non essendo stata provata la natura contrattuale di tale regolamento: l’attore si è infatti limitato solo ad affermare che la relativa delibera di approvazione – risalente al 7.3.1963 – è stata adottata all’unanimità di tutti i partecipanti al condominio e tuttavia non ha mai fornito la prova di tale contestato assunto (la richiamata delibera – pur citata nell’art. 31 del regolamento – non è stata infatti mai prodotta in giudizio). Ed è riconosciuto dallo stesso attore – in diritto – che un simile divieto di destinazione sia opponibile al singolo condomino solo quando il regolamento abbia valenza contrattuale per essere stato predisposto dall’unico proprietario originario dell’edificio e richiamato nei singoli atti d’acquisto ovvero – come si afferma (ma non si prova) nella fattispecie – per essere stato appunto adottato in sede assembleare col consenso unanime di tutti i condomini. È stata poi ugualmente già rilevata – sotto altro profilo – l’irrilevanza in questa sede di ogni diversa questione afferente alla legittimità amministrativa dell’attività esercitata dalla società conduttrice nell’appartamento in questione. Quanto poi al divieto di destinare gli alloggi “a qualsivoglia altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario all’igiene, alla moralità ed al decoro dell’edificio” – pure contenuto nell’art. 12 – appare comunque evidente che l’attività di affittacamere non può ritenersi affatto ricompresa in tale generica previsione (per tutte, cfr. Cass. 20.10.2016, n. 21307: “I divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alle proprietà individuali, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti”). Deve d’altra parte ritenersi che eventuali ed episodici disturbi alla tranquillità dei condomini provocati da clienti ed avventori – quando pure accertati – non potrebbero per ciò solo condurre alla radicale inibizione dell’attività pretesa invece dal condominio attore. Resta comunque il fatto che – anche sotto tale profilo – gli esiti della prova testimoniale appaiono scarsamente significativi e concludenti (anche con riferimento alle dichiarazioni rese dal teste indicato da parte attrice). Non risultano d’altra parte specificamente documentati – e quantificati – danni alle parti condominiali direttamente riconducibili all’esercizio dell’attività in questione. Appare infine evidente che l’accertamento di eventuali lesioni ai diritti individuali dei singoli condomini – anche sotto il profilo della tranquillità e sicurezza – resta impregiudicato e richiede però differenti iniziative giudiziali da parte dei soggetti in ipotesi interessati (essendo il condominio privo della relativa legittimazione ad agire). Le spese processuali – liquidate ex d.m. 55/2014 – seguono la soccombenza dell’attore (con relativa distrazione in favore dei difensori delle parti convenute che si sono dichiarati antistatari).
P.Q.M.
Rigetta le domande; condanna parte attrice a rimborsare alle parti convenute le spese del presente giudizio, cumulativamente liquidate in complessivi euro 7.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% per spese generali, Iva e Cassa come per legge, disponendone la distrazione in favore dei difensori antistatari (avv.ti … e …).