La Cassazione ripercorre nella sentenza in commento la disciplina dell'imposta di soggiorno prima e dopo la novella legislativa introdotta con il D.L. n. 34/2020, precisando che tale modifica non ha effetto retroattivo.
La Corte d'Appello di Torino riformava la sentenza di primo grado appellata dall'imputato, assolvendo il medesimo dal reato di peculato
Svolgimento del processo
1. G.M. è stato tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Torino per rispondere dei delitti di cui agli artt. 81, secondo comma, 314 cod. pen., perché, quale rappresentante legale della G. s.r.l., esercente attività alberghiera in Claviere, e dunque, quale incaricato del pubblico servizio di riscossione della tassa di soggiorno, avendo, per ragione del suo servizio, il possesso o, comunque, la disponibilità del denaro derivante dall'incasso di tale tassa e avendo omesso di riversarla al Comune di Claviere nel termine perentorio di quindici giorni dalla fine di ciascun trimestre solare, si sarebbe appropriato della somma complessiva di euro 10.260,00, nel periodo che intercorre dal 1 ottobre 2012 al 30 settembre 2015. Il Tribunale di Torino, con sentenza emessa in data 10 luglio 2019, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., ha condannato l'imputato alla pena sospesa di due anni di reclusione, ha applicato al predetto la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena detentiva irrogata e ha disposto la confisca per equivalente, ai sensi dell'art. 322 ter cod. pen., di beni dell'imputato sino alla concorrenza della somma di 10.260,00 euro.
2. La Corte di appello di Torino con la decisione impugnata, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Torino in data 10 luglio 2019 e appellata dall'imputato G.M., ha assolto il medesimo perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. La Corte di appello di Torino ha, infatti, rilevato che l'art. 180, terzo comma, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. decreto rilancio), convertito dalla legge n. 77 del 20 luglio 2020, ha innovato l'art. 4 del d. lgs. 23 del 2011, introducendo un nuovo comma 1-ter. Questa disposizione espressamente prevede che «per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica una sanzione amministrative di cui all'art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471». Secondo la Corte di appello, per effetto di tale modifica normativa, la condotta contestata all'imputato, essendo stata riqualificata dal legislatore in termini di mero illecito amministrativo, sarebbe oggetto di abolitio criminis e, dunque, il fatto non sarebbe più previsto dalla legge come reato.
3. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Torino ricorre avverso tale sentenza e, con unico motivo, ne chiede l'annullamento, deducendo l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale e, segnatamente, dell'art. 314 cod. pen. in relazione all'artt. 180, terzo comma, d.l. 19 maggio 2020 convertito in legge n. 77 del 2020. Rileva il Procuratore generale ricorrente che la modifica legislativa di tale ultima disposizione ha introdotto la responsabilità diretta dell'albergatore per il pagamento dell'imposta con possibile rivalsa delle strutture ricettive, configurando l'albergatore non più come agente contabile, e dunque, come incaricato del pubblico servizio di riscossione, bensì come soggetto passivo dell'obbligazione tributaria. Tale modifica delle attribuzioni dell'albergatore in materia di tassa di soggiorno, tuttavia, non potrebbe che valere dalla data di entrata in vigore della legge n. 77 del 2020 e non anche per il passato. Il Procuratore generale ricorrente, citando le statuizioni della sentenza n. 30337 del 30 ottobre 2020 di questa Corte, rileva, inoltre, che la modifica normativa ha lasciato inalterato il precetto dell'art. 314 cod. pen. Non si sarebbe, pertanto, in presenza cli un fenomeno di abolitio criminis, in quanto tale effetto si determina solo quando la modifica abbia riguardato norme realmente integratici della legge penale, ma non anche le norme richiamate da elementi normativi della fattispecie penale.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
2. L'art. 4 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 delinea la disciplina dell'imposta di soggiorno, stabilendo al primo comma che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno, il cui gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. Quanto alle modalità applicative della imposta, il terzo comma dell'art. 4 prevede che «con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali» sia dettata la disciplina generale di att1Uazione. In conformità con quanto stabilito nel predetto regolamento, i comuni, con «proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive», possono disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo e, nel caso di mancata emanazione del regolamento generale, i comuni possano comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo. Sulla base della disciplina delineata, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che integra il reato di peculato la condotta posta in essere dal gestore di una struttura ricettiva che si appropri delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, omettendo di riversarle al Comune, in quanto lo svolgimento dell'attività ausiliaria di responsabile del versamento, strumentale all'esecuzione dell'obbligazione tributaria intercorrente tra l'ente impositore e il cliente della struttura, determina l'attribuzione della qualifica di incaricato di pubblico servizio in capo al privato cui era demandata la materiale riscossione dell'imposta (per tutte, Sez. 6, n. 27707 del 26/03/2019; N., Rv. 276220; Sez. 6, n. 32058 del 17/05/2018, L., Rv. 273446). In questo assetto della disciplina, infatti, il rapporto tributario intercorreva esclusivamente tra il comune (come soggetto attivo) e colui che alloggia nella struttura ricettiva (il soggetto passivo); il comune, dunque, si rapportava con il gestore non come soggetto del rapporto tributario, bensì quale destinatario giuridico delle somme incassate dal gestore a titolo di imposta di soggiorno, nell'ambito di una relazione completamente avulsa dal rapporto tributario, sebbene ad esso funzionalmente orientata e correlata. Il rapporto intercorrente tra il Comune ed il gestore doveva, dunque, essere inquadrato nell'ambito dei generali principi in materia di maneggio di denaro pubblico.
3. La novella del 2020 ha, tuttavia, innovato tale consolidato assetto normativo e giurisprudenziale, L'art. 180, comma 3, del d.l. n. 34 del 2020 ha, infatti, stabilito l'inserimento nel corpo dell'art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, dopo il comma 1-bis, di un nuovo comma 1-ter, che, nel testo risultante dalla legge di conversione n. 77 del 2020, così recita: «Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui all'articolo 14, comma 16, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo, secondo le modalità approvate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto. Per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471». La norma ha quindi in primo luogo modificato, sul piano sostanziale, il rapporto intercorrente tra il gestore della struttura ricettiva e l'ente impositore, che da rapporto di "servizio" per la riscossione dell'imposta è divenuto un rapporto di natura tributaria; il gestore ha, inoltre, assunto il ruolo di "responsabile d'imposta", pur rimanendo il soggetto passivo dell'imposizione colui che alloggia nella struttura ricettiva, come si evince dal fatto che il legislatore non ha modificato il primo comma dell'art. 4 cit. e ha previsto a favore del gestore il diritto di rivalsa per l'intero del tributo pagato nei confronti dei "soggetti passivi".
4. Il nuovo illecito amministrativo tributario previsto dall'ultima parte dell'art. 180, comma 3, cit. per l'omesso o il ritardato versamento dell'imposta di soggiorno non può, tuttavia, essere applicato retroattivamente, stante il limite posto dall'art. 1 I. n. 689 del 1981 e la mancanza di una nomima transitoria ad hoc. La novella non ha, inoltre, comportato una parziale abolitio criminis, bensì solo un fenomeno di successione di norme extrapenali, incidenti su elementi normativi della fattispecie relativi alla qualifica soggettiva del gestore. La nuova disposizione, infatti, non ha introdotto alcuna differente valutazione da parte del legislatore in relazione alla fattispecie legale astratta del peculato e al suo significato di disvalore penale, ma si è limitata a far venir meno "in concreto" la qualifica soggettiva pubblicistica del gestore. Tale modifica non ha inciso sulla struttura del delitto di cui all'art. 314 cod. pen., bensì sulle condizioni concrete di operatività della fattispecie di peculato. Nel caso di specie, dunque, si è verificata la sostituzione di una norma richiamata dall'elemento normativo «pubblico servizio» di cui si avvale la definizione dell'art. 358 c.p. per qualificare uno dei soggetti attivi del reato proprio di peculato. La sostituzione della norma richiamata da un elemento normativo della fattispecie (a differenza delle definizioni legali e delle norme di riempimento delle norme penali in bianco), tuttavia, non è mai in grado di generare una riduzione dell'area di tipicità penale, in quanto non concorre a integrare la fattispecie astratta di reato. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, del resto, in tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso solo se tale norma è integratrice clii quella penale oppure ha essa stessa efficacia retroattiva (Sez. U, 27/09/2007 (dep. 16/01/2008), P.g. in proc. M., Rv. 238197). Posto che nessuna di tali condizioni sussiste nella specie, permane la rilevanza penale, a titolo di peculato, delle condotte di omesso versamento dell'imposta di soggiorno riscossa poste in essere dal gestore di struttura ricettiva poste in essere antecedentemente alle modifiche introdotte dell'art. 180 del d. I. 19 maggio 2020, n. 34, convertito nella legge n. 77 del 20 luglio 2020, atteso che (Sez. 6, n. 36317 del 28/10/2020, B., Rv. 280286; Sez. 6, n. 30277 del 28/09/2020, D.B., Rv. 279724).
5. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso presentato dal Procuratore generale deve essere accolto. Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.