Rivalutazione monetaria e interessi sulla somma liquidata svolgono funzioni differenti: la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato all'epoca anteriore al fatto generatore del danno, i secondi invece hanno natura compensativa, dunque le due misure sono giuridicamente compatibili.
Il Tribunale di Torino accoglieva l'eccezione formulata dalla società convenuta nell'ambito di un processo promosso dalla società attrice in vista del pagamento di fornitura, la quale aveva ad oggetto la mancanza di qualità della merce. Per tale ragione, il Giudice condannava la compratrice al pagamento di un importo inferiore rispetto a quello richiesto, rigettando la domanda della stessa...
Svolgimento del processo
Nella causa promossa per il pagamento di fornitura dalla C. S.p.a. nei confronti della B.S.A S.r.l., il Tribunale di Torino ha accolto l'eccezione della convenuta, la quale aveva eccepito la mancanza di qualità della merce; quindi, ha condannato la compratrice al pagamento della somma di € 46.551,72, a fronte della maggiore richiesta di 68.87412, dichiarando non dovuta la parte del prezzo di€ 22.322,40, corrispondente al materiale che era stato fornito alla venditrice dalla N.I. S.p.A, rispetto al quale fu riscontrato la mancanza di qualità. La convenuta aveva inoltre chiesto la condanna della Comit al risarcimento del danno, nella misura di€ 194.254,41, ma tale domanda è stata rigettata dal primo giudice, il quale, in conseguenza di tale rigetto, non ha esaminato la domanda proposta dalla C. contro N.I. S.p.a., chiamata in garanzia dalla venditrice e non costituitasi nel giudizio. La Corte d'appello, adita da B.S.A., ha riformato in parte la sentenza, riconoscendo in favore dell'appellante, a titolo di risarcimento del danno, la somma di € 119.260,13, con la rivalutazione secondo gli indici Istat da calcolare da settembre 2009 (la misura del risarcimento è stata identificata nell'importo definito in forza di un accordo concluso dalla B.S.A. con il proprio cliente, cui erano stati rivenduti i prodotti per i quali era stato utilizzato il materiale fornito da C. e rilevatosi privo di qualità). La Corte d'appello ha quindi accolto la domanda di garanzia svolta da C. contro il terzo N.I., contumace in primo grado e costituitasi in appello, che è stata così condannata pagare alla C. la somma dovuta da C. alla srl B.S.A. a titolo di risarcimento del danno. La corte di merito ha compensato le spese fra C. e B.S.A. in ragione della reciproca soccombenza; ha condannato N. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore di C..
Per la cassazione della sentenza B.S.A. ha proposto ricorso affidato a due motivi. C. ha resistito con controricorso. N.I. ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale sulla base di cinque motivi, al quale C. ha resistito con distinto controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo del ricorso principale di B.S.A., sotto complessa rubrica, censura la decisione perché la Corte d'appello non ha provveduto sulla istanza di liquidazione degli interessi compensativi sulla somma capitale riconosciuta a titolo di risarcimento del danno, essendosi limitata al riconoscimento della sola rivalutazione monetaria sul debito di valore, nonostante la precisa domanda formulata dall'attuale ricorrente in entrambi i due gradi del giudizio. Si sostiene che, oltre alla rivalutazione, correttamente operata dal settembre 2009, occorreva riconoscere dalla stessa data anche gli interessi, in ragione del saggio stabilito dal d. lgs. n..231 del 2000, applicabile nelle transazioni commerciali fra imprenditori; in subordine, per il tasso legale. Il motivo è fondato. Fra i debiti di valore è compreso anche quello di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale (Cass, n. 11937/1997, n. 9517 /2002). Spettano di pieno diritto gli interessi aventi natura compensativa (Cass. n. 5584/1987; n. 2240 / 1985), che si cumulano con la rivalutazione monetaria, in quanto la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma liquidata assolvono funzioni diverse (Cass. n. 9517 /2002), poiché la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato quale era anteriormente al fatto generatore del danno ed a porlo nelle condizioni in cui si sarebbe trovato se l'evento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa, con la conseguenza che le due misure sono giuridicamente compatibili e pertanto debbono essere corrisposti anche gli interessi, intesi come strumento per compensare il creditore del lucro cessante m dipendenza del ritardo nel conseguimento materiale della somma dovuta a titolo di risarcimento (Cass. n. 11937 /2002). È stato anche riconosciuto che gli interessi c.d. compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno da ritardo nei debiti di valore, fermo restando che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli stessi, essendo onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo (Cass. n. 18564/2018). Gli interessi compensativi vanno calcolati non già sulla somma rivalutata, bensì con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma - equivalente al bene perduto- si incrementa nominalmente in base ad un indice medio, in quest'ultimo caso risultando corretti sia il metodo di calcolo degli interessi dalla data del fatto sull'importo costituito dalla media tra il credito originario e quello risultato dalla rivalutazione, sia quello che pone come base di calcolo il credito originario rivalutato secondo un indice medio (Cass. n. 3747/2005). Si chiarisce che qualora si provveda all'integrale rivalutazione del credito, tale rivalutazione si sostituisce al danno presunto costituito dagli interessi legali, ed è idonea, quale espressione del totale danno sofferto in concreto, a coprire l'intera area dei danni subiti dal creditore stesso, con la conseguenza che non sono dovuti interessi moratori accordati al creditore dal primo comma dell'art. 1224 c.c., verificandosi altrimenti l'effetto che il creditore riceverebbe due volte la liquidazione dello stesso danno e conseguirebbe più di quanto avrebbe ottenuto se l'obbligazione fosse stata tempestivamente adempiuta (Cass. n. 11975/2006). In questo caso, gli interessi legali sulla somma rivalutata dovranno essere perciò calcolati dalla data della liquidazione (Cass. n. 7948/2020, richiamata dalla controricorrente nella memoria). La sentenza impugnata non è in linea con i principi sopra indicati. Nonostante l'attuale ricorrente avesse esplicitamente richiesto, oltre alla rivalutazione monetaria, gli interessi sulla somma rivalutata, la corte d'appello ha riconosciuto solo la rivalutazione monetaria, senza prendere posizione sulla ulteriore istanza. Giova ricordare che gli interessi compensativi vanno individuati mediante l'individuazione di un saggio scelto in via equitativa, da applicare sul capitale, rivalutato anno per anno (Cass. n. 25817 / 2017). È perciò infondata la pretesa della ricorrente di vedersi riconosciuti gli interessi ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, che riguardano gli interessi moratori nel caso di ritardo nell'adempimento di obbligazioni pecuniarie nell'ambito di transazioni commerciali (Cass. n. 17864/2020 (d'altronde la pretesa al riconoscimento degli interessi ex d. lgs. n. 231 del 2002 è stata abbandonata dalla stessa ricorrente, che nella memoria allude all'individuazione di un saggio scelto in via equitativa). È assorbito il secondo motivo, con il quale la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la Corte d'appello ha compensato per metà le spese di lite, nonostante l'accoglimento dell'appello e della domanda risarcitoria.
2. Con i primi due motivi del ricorso incidentale, N.I. S.p.A. censura la decisione, sotto il profilo dell'errar in procedendo, perché la domanda di garanzia, proposta da C., doveva intendersi implicitamente rigettata (primo motivo) o oggetto di omessa pronuncia (secondo motivo); conseguiva da ciò la necessità che la domanda di garanzia dovesse essere riproposta con appello incidentale, non essendo sufficiente la semplice riproposizione ai sensi dell'art. 346 c.p.c. I motivi, da esaminare congiuntamente,, sono infondati. È stato chiarito che «in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all'accoglimento, la devoluzione di quest'ultima al giudice investito dell'appello sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell'art. 346 c.p.c.» (C21ss., S.U., n. 7700/2016; n. 832/2017; n. 121/2020). Diversamente da quanto sostiene la ricorrente incidentale, nella specie, tale principio è pienamente applicabile. Risulta infatti che il primo giudice riconobbe infondata la domanda di risarcimento del danno proposta dalla B.S.A. contro la C.; quindi, non ha assunto alcuna statuizione sulla domanda di garanzia proposta dalla C. contro la chiamata in causa. In tale silenzio non è ravvisabile né un rigetto implicito, né una omissione di pronuncia, perché il rapporto di garanzia rimase del tutto estraneo alla materia del contendere. Infatti, la terza chiamata rimase contumace; dal canto suo la C. non formulò una richiesta intesa ad ottenere un accertamento del rapporto di garanzia in via autonoma e indipendentemente dall'esito della domanda principale, come risulta dalle conclusioni formulate dalla C., riportate a pag. 14 del ricorso incidentale (par. 42). In altre parole, diversamente da quanto sostiene la N., il primo giudice non ha ritenuto affatto che il rapporto di garanzia dovesse ritenersi provato in conseguenza della mancata costituzione del garante, che sarebbe stata impropriamente intesa quale non contestazione del rapporto stesso. Il silenzio della sentenza di primo grado costituisce piuttosto la conseguenza dell'essere quel rapporto rimasto estraneo alla materia controversa.
3. Gli altri tre motivi del ricorso incidentale censurano, sotto diversi profili, la decisione assunta in appello sul quantum liquidato a titolo di risarcimento del danno in favore di B.S.A. e sulla efficacia del relativo riconoscimento nell'ambito del rapporto di garanzia. In particolare costituiscono oggetto di censura: a) la valutazione, positivamente fatta dalla Corte di merito, di prevedibilità del danno, nonostante C. non a essere indicato l'utilizzo finale del materiale acquistato; b) la mancata considerazione dell'emissione del certificato di collaudo da parte della C.; c) il fatto che la prova del quantum sia stata in ultima analisi identificata in un documento che, in quanto comprovava un accordo intercorso fra compratrice e cliente, costituiva prova atipica, insufficiente da sola a formare la prova nei confronti della chiamata in garanzia; d) il fatto che la corte di merito ha ritenuto di poter valorizzare la non contestazione di C., che non rilevava nei confronti di N.; e) il non aver compiuto la doverosa verifica se il danno non fosse dipeso esclusivamente da C. o se comunque questa avesse contribuito al suo aggravamento. La censura sub a) è infondata. Come giustamente ricorda la corte d'appello, il requisito della prevedibilità deve essere inteso quale "prevedibilità astratta" inerente ad una determinata categoria di rapporti, sulla scorta delle regole ordinarie di comportamento dei soggetti economici e, cioè, secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute (Cass. n. 16763/2011; n. 17460/2014). Richiamato tale principio., la Corte d'appello ha riconosciuto che il requisito della prevedibilità sussisteva nel caso di specie, in considerazione del fatto che il materiale oggetto della fornitura era chiaramente un prodotto cli base destinato a essere lavorato. Tale rilievo, formulato sulla base di un pnnc1p10 corretto, costituisce apprezzamento di merito, incensurabile in questa sede di legittimità. Le considerazioni della N. S.p.a., ancora riprese con la memoria (il fatto di non essere a conoscenza del tipo di utilizzazione che C. avrebbe fatto del materiale) sono irrilevanti, non essendo idonee a escludere il requisito della prevedibilità, inteso nel significato sopra indicato. Sono infondate anche le altre censure di cui ai motivi in esame, che possono essere esaminate congiuntamente, risolvendosi nella inammissibile pretesa della ricorrente incidentale di accreditare una ricostruzione dei fatti diversa da quella fatta propria dal giudice di merito, che ha dato congrua e adeguata motivazione del proprio convincimento. Infatti, la Corte d'appello ha riconosciuto che il materiale fornito da N., secondo l'accertamento del consulente tecnico, non aveva le caratteristiche richieste. In presenza di tale circostanza oggettiva, essa ha riconosciuto che non fosse rilevante che il certificato, contenente il dato errato, fosse stato emesso da C.. La stessa corte di merito ha poi affermato che il danno poteva quantificarsi nell'importo indicato nella corrispondenza fra la C. e il cliente; ha chiarito che tale importo "rappresenta un danno per BSA perché la società non ha incassato l'importo delle due note di debito". Non è quindi vero che la Corte di merito abbia riconosciuto la prova del quantum solamente sulla base della non contestazione di C.; essa ha piuttosto operato una valutazione complessiva della vicenda, in esito alla quale ha riconosciuta raggiunta la prova della pretesa. Le considerazioni che sorreggono tale convincimento non rilevano errori logici o giuridici. Si ricorda che nel vigente ordinamento processuale, improntato al principio del libero convincimento del giudice, la decisione può fondarsi anche su prove non espressamente previste dal codice di rito, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze del processo (Cass. n. 25162/2020; n. 5965/2004). Le ulteriori considerazioni proposte dalla ricorrente incidentale, circa la mancata verifica della effettiva causa del danno o dell'eventuale contributo dato da C. al suo verificarsi, non si confrontano con il contenuto della decisione, con la quale la causa del pregiudizio è stata identificata senza mezzi termini nel difetto del materiale fornito.
4. In conclusione, è accolto il primo motivo del ricorso principale, è assorbito il secondo motivo del ricorso principale. È rigettato il ricorso incidentale di N.I.. La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo del ricorso principale accolto e la causa rinviata alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione, che provvederà sulla domanda di liquidazione degli interessi compensativi e liquiderà le spese del presente giudizio di legittimità. Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell'obbligo del versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione al motivo del ricorso principale accolto; rinvia la causa alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione anche per le spese; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.