Avverso la condanna per concorso nel reato di frode in competizioni sportive, l'odierno ricorrente adisce la Corte Suprema lamentando l'inutilizzabilità probatoria, per mancato rispetto delle garanzie difensive
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 25 settembre 2020 la sezione distaccata di Taranto della Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del 16 dicembre 2019 del Tribunale di Taranto, in forza della quale - per quanto di residuo interesse - S.B. era stato condannato alla pena, con i doppi benefici e con attenuanti generiche equivalenti alla ritenuta recidiva, di mesi tre di reclusione ed euro trecento di multa per il reato di cui agli artt. 110 e 99 comma 1 cod. pen., nonché 1 della legge 13 dicembre 1989, n. 401.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo, quanto alla ritenuta violazione dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen., il mancato rispetto delle garanzie difensive avrebbe dovuto condurre all'inutilizzabilità probatoria dell'esito delle analisi sull'esistenza di sostanze dopanti nell'animale di proprietà del ricorrente. In ogni caso, a prescindere dalla sinteticità della verbalizzazione, l'eccezione era stata proposta in sede di discussione finale di primo grado.
2.2. Col secondo motivo, quanto alla violazione dell'art. 27 Cost., la condanna era intervenuta in base al viziato ragionamento secondo cui il proprietario dell'animale non poteva non sapere delle pratiche dopanti riservate all'animale, laddove non era emersa alcuna attività del ricorrente in sé ricollegabile alla frode sportiva.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. In relazione al primo motivo di censura, va in primo luogo osservato che - dalla non contestata narrativa dello svolgimento del primo grado di giudizio - risultavano acquisite sull'accordo delle parti la documentazione prodotta dal Pubblico ministero e l'annotazione del Nucleo antisofisticazione dei Carabinieri di Taranto, mentre all'udienza di discussione del 16 dicembre 2019 era stata dichiarata l'utilizzabilità degli atti in tal modo acquisiti. Del pari, lo stesso odierno ricorrente ha lamentato la mancata verbalizzazione delle proprie ritenute eccezioni processuali - che infatti non risultano dal processo verbale del Tribunale di Taranto - circa la ritualità delle analisi eseguite sui campioni di urina dell'animale al termine della corsa.
4.1.1. In proposito questa Corte di legittimità (preso altresì atto che l'esito delle analisi non è stato contestato neppure dal coimputato non impugnante) ha già osservato che, in tema di prelievo di campioni finalizzato alle successive analisi, occorre distinguere tra il prelevamento inerente ad attività amministrativa - come pacificamente avvenuto in specie - disciplinato dall'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. e quello relativo ad attività di polizia giudiziaria anche se precedente all'acquisizione della notitia criminis, per il quale è applicabile l'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. poiché operano, in tale seconda ipotesi, in via genetica le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, determinandosi una nullità d'ordine generale di cui all'art. 178, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. nel caso della loro inosservanza, mentre, per la prima, i diritti della difesa devono essere assicurati solo laddove emergano indizi di reato, nel qual caso l'attività amministrativa non può più definirsi extra processum (ad es. Sez. 3, n. 5235 del 24/05/2016, dep. 2017, L.V., Rv. 269213; Sez. 3, n. 10484 del 12/11/2014, dep. 2015, G., Rv. 262698).
4.1.2. In proposito, l'eventuale mancato rispetto delle formalità volte a garantire la partecipazione della parte privata al procedimento di analisi dei campioni prelevati non comporta l'inutilizzabilità delle relative analisi, ma costituisce nullità soggetta al regime intermedio previsto dall'art. 180 cod. proc. pen., e come tale non è deducibile o rilevabile dopo la deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 6, n. 36695 del 06/10/2010, D., Rv. 248527). Invero, una volta collocata (cfr. altresì ad es. Sez. 3, n. 38857 del 09/07/2002, G., Rv. 222790) l'omessa osservanza delle garanzie difensive nell'ambito della violazione dell'art. 178 lett. c) cod. proc. pen., non può che parlarsi di nullità e non di inutilizzabilità, con l'inevitabile conclusione che, trattandosi di nullità di ordine generale e non assoluta, essa, ove non ritualmente dedotta, non può essere più rilevata o proposta dopo la deliberazione della sentenza di primo grado. Ed in specie l'eccezione di lesione del diritto di difesa per omesso avviso è stata formalmente sollevata per la prima volta dall'imputato nell'atto di appello.
4.1.3. Per un verso, poi, non è dato neppure conoscere (trattandosi di questione di fatto non certamente esaminabile in questa sede) il momento nel quale sarebbero emersi indizi di reità a carico dell'odierno ricorrente proprietario dell'animale, sì da imporre la garanzia difensiva nell'ambito appunto di un'attività (cfr. Sez. 3, n. 5235 cit.) di natura sicuramente amministrativa, e d'altro canto non vi è parimenti prova - e ciò dalle stesse considerazioni del ricorrente, v. supra - circa la tempestività della formulazione dell'eventuale eccezione processuale.
4.2. In ordine poi al secondo profilo di censura, la Corte territoriale, ben lungi dal ricorrere al vieto principio che il ricorrente "non poteva non sapere" della somministrazione all'animale di sostanze dopanti, ovvero quantomeno di farmaci in grado di lenire un dolore e comunque di consentire al cavallo di conseguire una prestazione cui non avrebbe potuto accedere nella sua normalità fisiologica (cfr. Tribunale di Taranto, pag. 2), ha non illogicamente osservato che, quanto al concorso del proprietario dell'animale nel reato, era in capo in primo luogo a costui l'interesse al miglioramento delle prestazioni equine, attesa la riscossione del premio in caso di vittoria nella competizione. Né, a fronte di siffatto determinante rilievo circa lo specifico e preminente interesse del proprietario dell'animale alla prestazione agonistica, il ricorrente (limitatosi a sostenere invece l'irrilevanza del mero titolo di proprietà) ha inteso prendere specifica posizione, laddove anche in primo grado - pur legittimamente optando per l'assenza dal giudizio - l'imputato non aveva inteso fornire chiarimenti di sorta, anche eventualmente per tutelare lo stesso buon nome della scuderia.
5. La manifesta infondatezza dell'impugnazione, pertanto, che in larga misura neppure si confronta con l'iter motivazionale della sentenza impugnata, non può che comportare l'inammissibilità del ricorso.
5.1. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.