Esclusi i casi in cui il giudizio sia stato promosso durante il periodo emergenziale, l'utilizzo della PEC è consentito in via ordinaria solo per le notificazioni effettuate dalla cancelleria.
Avverso la pronuncia di condanna per il reato di lesioni stradali gravi, emessa in primo grado, ricorre per cassazione il Procuratore generale della Corte di appello, lamentando violazioni di legge da parte del Tribunale per avere omesso di disporre nei confronti dell'imputato la revoca o la sospensione della patente di guida.
La Corte...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 29 maggio 2019 il Tribunale di L'Aquila ha applicato, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., a M.S., imputato del reato di lesioni stradali gravi di cui all'art. 590-bis cod. pen. (introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge 23 marzo 2016, n. 41, in vigore dal 25 marzo 2016), la pena concordata con il Pubblico Ministero.
2. Ricorre per la cassazione della sentenza il Procuratore generale della Corte di appello di L'Aquila, che lamenta, come unico motivo, violazione di legge (artt. 222, comma 2, quarto periodo, del d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, 444 cod. proc. pen. e 590-bis cod. pen.) da parte del Tribunale per avere omesso di disporre la revoca ovvero la sospensione della patente di guida, richiamata la decisione della Corte costituzionale n. 88 del 19 febbraio - 17 aprile 2019. Chiede, dunque, l'annullamento della sentenza, limitatamente alla omessa applicazione della revoca ovvero della sospensione della patente di guida, e l'adozione da parte della S.C. dei conseguenti provvedimenti.
3. Il P.G. della s.c.1nella sua requisitoria scritta ex art. 611 cod. proc. pen. del 6 settembre 2021 ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla mancata applicazione della sanzione amministrativa.
4. Con memoria del 20 settembre 2021; il Difensore di M.S. ha chiesto il rigetto del ricorso, dovendosi verificare se il Prefetto abbia autonomamente disposto la sospensione della patente ai sensi dell'art. 223 del codice della strada.
Motivi della decisione
1. Va premesso che Sez. U, n 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, P.G. in proc. M.S., Rv. 279349, ha affermato che «E' ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen. nei confronti della sentenza di "patteggiamento" con cui si censuri l'erronea ovvero l'omessa applicazione di sanzioni amministrative».
2. Rilevata quindi la - astratta - "giustiziabilità", osserva il Collegio che dal fascicolo risulta che il ricorso del Procuratore Generale della Corte di appello di l'Aquila, datato 24 giugno 2019, è stato inviato dalla casella di posta elettronica certificata attribuita al Dirigente la Segreteria della Procura Generale della Corte territoriale a casella di posta elettronica del Ministero della giustizia attribuita al Tribunale di L'aquila in data 24 giugno 2019. Nell'atto di impugnazione si legge che la sentenza del 29 maggio 2019, con motivazione contestale, è stata comunicata al P.G. il 19 giugno 2019.
3. Il ricorso è inammissibile, siccome non ritualmente spedito.
3.1. Il Collegio rileva che è stato già - condivisibilmente - precisato dalla Corte di legittimità che «È inammissibile il ricorso per cassazione proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen., sono tassative ed inderogabili e, ai sensi dell'art. 16-bis, legge 17 dicembre 2012, n. 221, l'uso della p.e.c. è consentito solo per le notificazioni e le comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria (In motivazione la Corte ha precisato che, mentre la spedizione dell'atto mediante telegramma o raccomandata garantisce l'autenticità della provenienza e ricezione dell'atto, la p. e.c., al pari del fax, attesta unicamente la provenienza del file dal servizio amministrativo che lo spedisce)» (Sez. 6, n. 55444 del 05/12/2017, C., Rv. 271677-01). Si è detto anche che «È inammissibile l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di Posta Elettronica Certificata, trattandosi di modalità non consentita dalla legge, stante il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni» (Sez. 3, n. 50923 dell'll/07/2017, G., Rv. 272095-01; in conformità, da ultimo, Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D.A., Rv. 272740-01, che in motivazione, alle pp. 2-6, ricostruisce puntualmente lo "stato dell'arte" circa il possibile impiego della posta elettronica in materia penale). Inoltre, «È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC» (Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016, Mandato, Rv. 266931-01). Si è pure puntualizzato che nemmeno l'impugnazione cautelare a mezzo posta elettronica certificata è possibile: «È inammissibile l'impugnazione cautelare proposta da/l'indagato mediante l'uso della posta elettronica certificata (c.d. PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen. - espressamente richiamato dall'art. 309, comma 4, che, a sua volta, è richiamato dall'art. 310, comma 2, cod. proc. pen. - sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC. (In motivazione la Corte ha evidenziato che tali previsioni processuali costituiscono le specifiche disposizioni normative che rendono inapplicabile il d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, regolamento per l'utilizzo della posta elettronica certificata, ai sensi dell'art. 16 del medesimo decreto)» (Sez. 3, n. 38411 del 13/04/2018, B., Rv. 276698-01). Le stesso si dica per la presentazione di memorie. Infatti, «È inammissibile la presentazione di memorie, in sede di legittimità, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC). (In motivazione, la 5.C. ha precisato che non è estesa al giudizio penale in cassazione la facoltà di deposito telematico - prevista per il giudizio civile di legittimità ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in legge n. 221 del 2012 - di istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite)»: Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, C., Rv. 268192-01). Tutte le pronunzie sinora richiamate sono state adottate in riferimento ad impugnazioni, in senso lato, delle parti private. Del resto, già quanto all'impiego del fax per le impugnazioni si era precisato che «In materia di impugnazioni vige il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per la presentazione del ricorso in quanto si tratta di requisiti la cui osservanza è sanzionata a pena di inammissibilità, con la conseguenza che la presentazione dell'impugnazione a mezzo telefax è inammissibile perché effettuata con modalità non consentita dalla legge (Fattispecie in tema di motivi nuovi relativi a ricorso per cassazione)» (così, tra le varie, Sez. 1, n. 16356 del 20/03/2015, P., Rv. 263321-01).
3.2. Passando alle iniziative impugnatorie della Parte pubblica, in senso conforme alla decisione appena citata si rinviene una decisione della S.C. che ha dichiarato inammissibile l'impugnazione cautelare del Pubblico Ministero impropriamente "anticipata" a mezzo fax (Sez. 5, n. 21942 del 06/05/2010, P.M. in proc. A., Rv. 247411-01). Tale affermazione è stata ribadita: «È inammissibile l'impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l'uso della posta elettronica certificata (c.d. PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione de/l'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen. - esplicitamente indicato dall'art. 309, comma quarto, a sua volta richiamato dall'art. 310, comma secondo, cod. proc. pen. - e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC» (Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, Pmt in proc. A. e altri, Rv. 263900-01). Ancora, si è affermato quanto segue: «Osserva [...] il Collegio che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico incontroverso., il principio secondo cui, nei procedimenti penali instaurati davanti alla Corte di cassazione, non è consentita la presentazione di atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, analogamente a quanto si verificava nel caso in esame (Sez. 3, n. 6833 del 26/10/2016, dep. 2017, M., Rv. 269197; Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, C., Rv. 268162). Nei giudizi davanti alla Corte di cassazione non è ammesso nemmeno il deposito telematico degli atti del processo civile, in assenza dell'emissione dei decreti previsti dall'art. 16-bis, comma 6, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. L'ammissibilità di un siffatto deposito, peraltro, è esclusa dell'espressa limitazione ai procedimenti civili davanti ai tribunali e alle corti di appello, prevista dall'art. 16-bis, comma 1-bis, del medesimo decreto. Costituisce un'eccezione a questa regola, limitatamente al solo giudizio civile di cassazione, il deposito telematico delle istanze dei difensori che non esplicano un'incidenza diretta sul processo, che possono essere inserite nel fascicolo processuale. Tra questi atti, a titolo meramente esemplificativo, devono richiamarsi le istanze di prelievo, di sollecita fissazione di ricorsi, di riunione, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite. L'impossibilità di estendere la disciplina esaminata al giudizio penale di cassazione preclude, quantomeno allo stato, la possibilità di inviare atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, come questa Corte ha già affermato con riferimento ad altri atti processuali di parte, come il deposito di memorie difensive ex art. 121 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, C., cit.) e il deposito della lista testimoniale ex art. 468, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 6833 del 26/10/2016, dep. 2017, M., cit.). Occorre, pertanto, ribadire che nel giudizio penale davanti alla Corte di cassazione non è consentito il deposito degli atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, non essendo permessa la presentazione dei ricorsi con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità, in assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente» (così Sez. 1, n. 15546 del 06/03/2018, P.G. L.A. in proc. R. ed altri, non mass.). Più recentemente si è affermato che «E inammissibile il ricorso per cassazione proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen., sono tassative ed inderogabili. (Nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del procuratore generale della corte d'appello inviato alla casella di posta elettronica certificata della sezione penale del tribunale che aveva emesso la sentenza impugnata, e stampato dalla cancelleria il giorno successivo)» (Sez. 4, n. 52092 del 27/11/2019, P.G. C. App. Aquila in proc. V.C., Rv. 277906; affermazione ribadita da Sez. 1, n. 28540 del 15/09/2020, S., Rv. 279644).
3.3. La ragione della richiamata soluzione, che appare totalmente condivisibile, sta, dunque, in ciò: allo stato, fatta eccezione per la normativa emergenziale in ragione della pandemia (non applicabile nel caso di specie, essendo il ricorso in esame del 24 giugno 2019 avverso sentenza del 29 maggio 2019), risulta normativamente previsto in via ordinaria l'uso della posta elettronica certificata nel processo penale, limitatamente alle notificazioni e comunicazioni a cura della Cancelleria che siano dirette a persone diverse dall'imputato (v. infatti il decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 17 dicembre 2012) e la posta elettronica certificata (così come già il fax) garantisce, in realtà, la sola riferibilità della provenienza del file dal servizio amministrativo che lo spedisce, né più né meno del fax appartenente al detto servizio. Né può dirsi che la tassatività, fissata dal legislatore con riferimento alla specifica materia in questione, sia superabile alla luce del disposto dell'art. 48 del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, che sancisce la equiparazione della trasmissione di un documento informatico con la posta elettronica certificata, alla notificazione a mezzo posta, poiché tale norma fa salva, comunque, la specialità delle normative di settore, nel caso in esame rappresentate dal disposto dell'art. 583 cod. proc. pen. (cfr. al riguardo le interessanti considerazioni svolte alle pp. 2-3 della motivazione della richiamata decisione di Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, Pmt in proc. A. e altri, cit.).
3.4. Quanto alla presentazione dell'impugnazione, dunque, deve con ferma convinzione ribadirsi che la stessa è governata dai principi della tassatività e della inderogabilità delle forme ex art. 583 cod. proc. pen., di cui si è già detto (cfr. al riguardo le osservazioni ai punti nn. 3.1. e 3.2. del "considerato in diritto" della decisione di Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D.A., cit.), forme che, allo stato della legislazione vigente, non ammettono equipollenti, seppure astrattamente validi dal punto di vista tecnico, e che le regole - né potrebbe essere diversamente - valgono alla stessa maniera per le parti private e per il Pubblico Ministero (come reiteratamente affermato, tra le altre, da Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, Pmt in proc. A. ed altri, cit.; da Sez. 1, n. 16776 del 04/04/2006, P.G. in proc. Cozza ed altro Rv. 234250-01; da Sez. 4, n. 47959 del 27/10/2004, Iannello ed altri, Rv. 230288-01; da Sez. 2, n. 48234 del 20/11/2003, F., Rv. 227082-01; da Sez. 1, n. 45711 del 07/11/2001, P.M. in proc. M., Rv. 220380-01; nello stesso senso, cfr. Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, P.G., P.C. in proc. S., Rv. 258319-01, e, più recentemente, Sez. 4, n. 52100 del 27/11/2019, P.G. C. App. Aquila in proc. C.V., non mass., sub nn. 1-2 del "considerato in diritto", pp. 2-7 della motivazione).
4. Discende da quanto precede la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese, trattandosi di parte pubblica.
5. Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione nel caso di specie di principi giuridici già reiteratamente affermati dalla Corte di cassazione e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente della S.C. n. 84 dell'8 giugno 2016.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.