Il patteggiamento, infatti, può realizzarsi con la restituzione documentata della somma corrispondente al prezzo o al profitto del reato all'amministrazione lesa, che impedisce così l'applicazione della misura cautelare della confisca.
Il GIP emetteva la pena patteggiata nei confronti degli imputati, in riferimento a fatti di corruzione, e disponeva la confisca ex art.322-ter c.p.p. dei beni costituenti il profitto del reato, anche per equivalente, per un valore specificamente individuato per ciascuno degli stessi, motivando di aver ricostruito su accordo tra le parti l'effettivo profitto degli accordi...
Svolgimento del processo
1. Il GIP del Tribunale di Roma in data 13 novembre 2018 ha emesso sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti nei confronti di A.A. ed altri ed in riferimento a fatti di corruzione. In tale procedura risulta costituita parte civile A. spa in persona del legale rappresentante pro tempore, con liquidazione delle spese sostenute. La sentenza (irrevocabile per tutti gli imputati nei cui confronti era stata esercitata l'azione civile) reca, quanto agli aspetti di rilievo per la presente trattazione, le statuizioni che seguono:
a) in dispositivo vi è statuizione di confisca ai sensi dell'art.322 ter dei beni costituenti il profitto del reato, anche per equivalente, per un valore specificamente individuato per ciascuno degli imputati;
b) in motivazione si evidenzia che oggetto della confisca (in relazione al profitto del reato) sono i beni già offerti dagli imputati in tal senso (ai sensi dell'art. 444 co.l ter cod.proc.pen.), fermo restando che la confisca viene disposta per il valore indicato, anche per equivalente.
Si ritiene di aver ricostruito, anche su accordo tra le parti, l'effettivo profitto degli accordi corruttivi.
2. Con decisione del 24 luglio 2020 il GIP di Roma, quale giudice della esecuzione, ha respinto la opposizione derivante da un primo diniego di istanza esecutiva introdotta, in riferimento alla sentenza di cui sopra, da A. spa, attuale ricorrente.
2.1 In sintesi, la decisione esecutiva mantiene ferma la statuizione di confisca delle somme di denaro (profitto dei reati) contenuta nella decisione di patteggiamento e respinge la richiesta dell'A. (amministrazione/parte lesa) di ottenere, previa revoca della confisca, la «restituzione» di tali somme ai sensi dell'art.444 co.l ter cod.proc.pen.
Viene osservato, in particolare, che:
a) nella prima formulazione della domanda di rettifica della sentenza (limitatamente alla confisca), l'A. aveva prospettato la necessità di applicare, sia pure in sede esecutiva, la disposizione di legge di cui all'art.322 quater cod.pen., nella parte in cui detta norma introduce l'obbligo di pagare, a seguito di condanna, una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato in favore dell'amministrazione lesa a titolo di riparazione pecuniaria. Tuttavia è pacifico, per reiterati arresti giurisprudenziali di legittimità, che tale obbligo deriva da sentenze di condanna in senso proprio e non già dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, come nel caso in esame;
b) in sede di opposizione, la domanda è stata diversamente inquadrata, compiendosi riferimento alla condizione di ammissibilità del rito di cui all'art. 444 co.1 ter cod. proc. pen., lì dove si menziona la restituzione integrale del prezzo o profitto del reato. Secondo l'opponente, in ogni caso, le somme offerte dagli imputati non dovevano essere sottoposte a confisca, ma destinate all'ente A., proprio a titolo di restituzione.
2.2 Circa tale aspetto, il giudice della esecuzione afferma che la restituzione di cui parla l'art.444 co.l ter non va intesa necessariamente come attività da realizzarsi a beneficio dell'amministrazione persona offesa, ma come necessità che il reo 'si privi' di quanto indebitamente percepito o ottenuto. Tale esigenza viene assicurata anche dalla confisca ex art.322 ter cod.pen. (con devoluzione al FUG), nel senso che il legislatore non individua in modo specifico la destinazione delle somme in questione. Del resto, essendo stata l'A. costituita nel procedimento di cognizione, ben avrebbe potuto sollevare questione in tal sede. Ciò che rileva, ai fini dell'art.444 co.1 ter cod.proc.pen. è che le somme siano 'restituite' nel senso di 'sottratte' alla disponibilità del reo. Non si nega che le applicazioni della disposizione sinora realizzate hanno visto 'restituzioni' anche in favore della amministrazione/persona offesa, con conseguente assenza di statuizioni di confisca, ma - si precisa - ciò è avvenuto al solo scopo di evitare duplicazioni afflittive in violazione del generale principio di proporzionalità.
3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - A. spa, deducendo erronea applicazione della disposizione di legge di cui all'art.444 co.l ter cod.proc.pen ..
3.1 La società ricorrente evidenzia che pur non essendovi una indicazione espressa, nella disposizione legislativa, dell'avente diritto, la sua identificazione nella amministrazione lesa dalla condotta illecita sarebbe il naturale portato dell'utilizzo del termine 'restituzione', posto che si restituisce al soggetto 'cui si è tolto'. In tale chiave, la revoca della confisca si poneva come condizione preliminare per assicurare l'esatta applicazione della previsione di legge, male applicata nella procedura svoltasi in cognizione e definita con il patteggiamento. Ottenuta la restituzione, non solo non dovrebbe emettersi la statuizione di confisca (al fine di evitare duplicazioni), ma l'amministrazione non potrebbe neanche ottenere la 'riparazione pecuniaria'. Si cita, a sostegno della lettura ermeneutica, la decisione n. 40558 del 2017 emessa dalla Sesta Sezione di questa Corte. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna 'alternatività' tra la confisca e la restituzione in favore dell'Amministrazione, come invece sostenuto dal GIP di Roma.
3.2 Gli argomenti difensivi sono stati ripresi nella memoria del 25 febbraio 2021, in replica ai contenuti della requisitoria scritta del Procuratore Generale, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.
2. Occorre preliminarmente osservare che nel caso in esame la confisca di cui si discute è divenuta irrevocabile a seguito del passaggio in giudicato della decisione applicativa di pena che la contiene e tale aspetto comporta la necessaria identificazione di un «titolo legittimante la revoca» in favore di un soggetto portatore di una pretesa civilistica, come è - in modo non discutibile - l'A. spa.
2.1 In taluni casi il legislatore antepone in modo espresso alla statuizione di confisca la tutela del danneggiato. E' il caso della confisca per il delitto di usura, lì dove all'art. 644 u.c. si afferma che è sempre ordinata la confisca 'salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno'. In un caso del genere questa Corte di legittimità ha di recente affermato la prevalenza del diritto del danneggiato su una statuizione di confisca, pur definitiva (Sez. I n. 30121 del 2021, n.m.): il fatto che la decisione emessa in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti abbia previsto la confisca integrale dei beni (con applicazione mista dell'art.644 e dell'art. 12 sexies 1.356 del 1992, attuale art.240 bis cod.pen.) con passaggio in giudicato prima della pronunzia emessa in favore del Sessa non può ritenersi di ostacolo, rispetto alla prioritaria soddifazione della pretesa risarcitoria della vittima del reato.
2.2 Ma la disposizione di legge di cui all'art. 444co.l ter cod.pen. non riproduce simile assetto logico-giuridico e si limita ad affermare che l'ammissibilità della domanda di applicazione di pena è 'subordinata' (per le fattispecie indicate) alla restituzione integrale del prezzo o profitto del reato. Dunque a fronte di una interpretazione della disposizione, operata nel caso concreto, in favore di una possibile 'destinazione' del profitto del reato all'Erario tramite la confisca ex art.322 ter (e non già alla amministrazione danneggiata) vi è da chiedersi in che misura la confisca, pure a fronte di una possibili interpretazione diversa, realizzi o meno una condizione di «legalità» della sentenza definitiva. La revoca, infatti, potrebbe derivare esclusivamente dall'apprezzamento non già di una 'opinabilità' della decisione ( coperta dal giudicato) ma da una vera e propria 'illegalità palese' della statuizione ablatoria.
3. Non può assolutamente parlarsi, ad avviso del Collegio, di illegalità della statuizione di confisca.
3.1 Se è vero che la nozione di «restituzione» (art.185 cod.pen.) nella nomenclatura legale evoca una attività tesa al ripristino di equilibri civilistici, è pur vero che nella sua costruzione come condizione di ammissibilità - in taluni casi - della domanda di patteggiamento, ben può rappresentare una condotta di ravvedimento, elevata a presupposto di accesso al rito, con cui si pone a disposizione «della procedura» l'utilità derivante dal reato, anche a fini di confisca della medesima. Tale soluzione interpretativa, che non esclude la possibilità di ritenere integrata la condizione di ammissibilità anche in presenza di una destinazione in favore dell'amministrazione lesa, pare essere più aderente alla fisionomia tradizionale dell'istituto del patteggiamento, che tendenzialmente esclude la tutela di interessi di tipo civilistico.
3.2 Peraltro, non è di scarso rilievo - in tale ambito - la identificazione della singola fattispecie di reato azionata nella procedura di patteggiamento. E' stato infatti ritenuto da Sez. VI n. 27606 del 16.5.2019 che la restituzione di cui all'art.444 co.l ter cod.proc.pen. debba avvenire nei confronti della amministrazione avente diritto esclusivamente nel caso del peculato (in ragione della particolare costruzione della fattispecie incriminatrice) e in favore dello Stato negli altri casi pure contemplati (concussione, corruzione, induzione indebita), il che ulteriormente rende legittima - in un caso di corruzione - la statuizione di confisca. Così come le decisioni di questa Corte di legittimità che hanno preso atto della restituzione in favore della amministrazione interessata hanno semplicemente precisato - come evidenziato nella decisione impugnata - che in simili casi non può procedersi a confisca del profitto, in virtù della ovvia necessità di scongiurare fenomeni di duplicazione sanzionatoria. In conclusione, va affermato il principio per cui l'attuazione della previsione di legge di cui all'art.444 co.l ter cod.proc.pen. può realizzarsi con la messa a disposizione della procedura del valore economico corrispondente al prezzo o profitto del reato e con la successiva confisca, salva l'ipotesi di avvenuta e documentata restituzione in favore della amministrazione lesa, fatto che impedisce la statuizione di confisca. Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.