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26 gennaio 2022
Condono edilizio negato: ai fini della restituzione delle somme versate a titolo di oblazione si applica il termine di prescrizione decennale

Qualora, peraltro, il provvedimento di rigetto sia stato oggetto di ricorso giurisdizionale, tale termine decorre dal momento in cui il giudizio risulta definito.

La Redazione

La ricorrente agiva nelle vesti di erede del coniuge ai fini dell'accertamento del diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione con riferimento a due pratiche di condono edilizio presentate dal marito defunto.
A tal fine, ella dichiarava che le due domande erano state respinte con determine dirigenziali e che, dopo avere impugnato entrambi i provvedimenti di rigetto dinanzi al TAR, provvedeva alla demolizione dei manufatti ritenuti insanabili dal Comune, rinunciando all'impugnativa giurisdizionale proposta.
Infine, come anticipato, ella domandava la restituzione delle somme versate a titolo di oblazione, oltre agli interessi, sostenendo che alla fattispecie in esame si applicasse il termine di prescrizione decennale.

Con la sentenza n. 682 del 20 gennaio 2022, il TAR Lazio dichiara il ricorso fondato, rilevando innanzitutto come alla fattispecie in esame si applichi il termine di prescrizione ordinario e non quello triennale invocato dall'Amministrazione resistente. Tale termine triennale, infatti, si applica solo nei casi espressamente disciplinati, cioè quelli delle somme dovute a conguaglio derivanti dal silenzio-assenso sulla domanda di sanatoria.
Da ciò discende l'inapplicabilità del termine breve nelle ipotesi in cui il procedimento di condono sia stato definito con provvedimento di rigetto, come nel caso di specie. In tali casi, l'azione per la ripetizione di quanto versato si prescrive entro 10 anni, i quali decorrono dal momento in cui l'Amministrazione adotta il provvedimento di rigetto del condono.
Tuttavia, se, come nel caso in esame, il suddetto provvedimento sia stato oggetto di ricorso giurisdizionale, il termine comincerà a decorrere dal momento in cui il giudizio risulta definito.

Per le ragioni esposte, la ricorrente ha diritto ad ottenere la restituzione di quanto versato a titolo di oblazione, mentre in relazione agli interessi legali, il TAR ribadisce quanto già affermato dalla Corte di Cassazione: «nell'ipotesi d'azione di ripetizione d'indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c., il debito dell'accipiens, a meno che egli non sia in mala fede, produce interessi solo a seguito della proposizione di un'apposita domanda giudiziale, non essendo sufficiente un qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore, atteso che all'indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede - in senso soggettivo - dall'art. 1148 c.c., a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto dalla domanda giudiziale, secondo il principio per il quale gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della domanda. Sicché l'art. 2033 c.c., applicabile anche nel caso in cui sia sopravvenuta la causa che renda indebito il pagamento, esclude che la decorrenza degli interessi possa essere anticipata rispetto al momento della proposizione della domanda giudiziale».

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