La prova del fatto storico della caduta, infatti, non basta ai fini dell'accoglimento della domanda risarcitoria, poiché il danneggiato deve comunque dimostrare il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno subito.
Il Tribunale di Taranto rigettava la domanda dell'attuale ricorrente volta all'accertamento della responsabilità del convenuto per l'omessa manutenzione degli stabili condominiali e la conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti. Nello specifico, l'attore dichiara di essere stato colpito da alcuni pezzi di intonaco e di cemento distaccatisi...
Svolgimento del processo
1. (omissis) convenne dinanzi al Tribunale di Taranto il Condominio (omissis) al fine di sentir accertare la responsabilità di quest'ultima per l'omessa manutenzione degli stabili ex art. 2051 c.c. e la conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Espose in particolare che mentre attraversava a piedi un corridoio del complesso condominiale venne colpito da pezzi di intonaco e cemento, distaccatisi dalla parete, e nel tentativo di evitarli scivolò a terra riportando gravi lesioni. Si costituì in giudizio il Condominio (omissis) contestando la domanda attorea e domando la condanna dell'attore ex art. 96 c.p.c. Istruita la causa, mediante interrogatorio formale dello (omissis) ed escussione dei testi, il Tribunale di Taranto con sentenza n. 964/2016 del 18 marzo 2016 rigettò la domanda attorea, ritenendo non provato il fatto costitutivo della pretesa, rigettò altresì la domanda ex art. 96 c.p.c. del convenuto condannando lo (omissis) di lite. alla refusione della metà delle spese
2. La Corte d'Appello di Lecce, con la sentenza n. 121/2020 del 27 marzo 2020 ha rigettato l'appello proposto da (omissis), ritenendo condivisibili le considerazioni del Tribunale circa il difetto di prova sull' an debeatur. Ha altresì rigettato l'appello incidentale proposto dal Condominio del (omissis) avente ad oggetto la condanna dello (omissis) per lite temeraria non avendo il Condominio addotto alcun motivo per contrapporre alle argomentazioni svolte dal giudice, altre, finalizzate ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime.
3. Avverso tale decisione (omissis) propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c. e dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 363 n. 3 c.p.c. per non aver la Corte d'Appello applicato i principi in materia di danni cagionati da cose in custodia secondo cui è sufficiente che il danneggiato dimostri il nesso causale tra il danno subito e il bene. Sostiene altresì che, a prescindere dalle diposizioni testimoniali, il fatto storico della caduta non sia stato contestato da controparte e ciò sarebbe sufficiente per l'accoglimento della richiesta risarcitoria.
4.1 Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta una "non corretta valutazione delle prove testimoniali" sostiene, infatti, che a prescindere dalla divergenze delle dichiarazioni dei testi sul momento e le modalità della caduta, circostanze che possono comunque essere desunte dal contesto spazio-temporale, entrambi avevano confermato il medesimo fatto e cioè che egli era caduto a terra. Irrilevanti sarebbero, inoltre, gli indizi di inattendibilità dei testi rinvenuti dal giudice di merito.
4.2 Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2699 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere contraddittorie le circostanze riportate dal certificato del pronto soccorso e la successiva rettifica.
5. Il ricorso è inammissibile perché il ricorrente richiede una rivalutazione dei dati fattuali e in particolare probatori, il cui giudizio rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità. Come costantemente affermato da questa Corte, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr., tra le più recenti, Cass. civ. Sez. I, 19/06/2019, n. 16497). Orbene, nel caso di specie, non si rivengono vizi di alcun genere nella motivazione del giudice di merito che appare logica ed esaustiva. La Corte d'Appello, infatti, ha esaminato il materiale istruttorio ed ha evidenziato, sia con riferimento alle deposizioni dei testi Lemma e Dinoia che con riferimento al verbale di pronto soccorso le molteplici incongruenze e contraddizioni che non hanno consentito di ritenere provata né la dinamica del sinistro né il nesso causale tra il danno e l'asserita caduta dei calcinacci. Del resto non può condividersi quanto sostenuto dal ricorrente secondo cui sarebbe sufficiente, ai fini dell'accoglimento della domanda, la prova del fatto storico della caduta poiché in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. l'attore è comunque tenuto a provare il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno subito. In buona sostanza, ciò che il ricorrente tenta di ottenere in questa sede è una valutazione delle prove e degli elementi probatori che rientra nel giudizio autonomo del giudice, e che, pertanto, non può essere oggetto di critica in questa sede.
6. L'indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.
6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) - della sussistenza dell'obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.