Tale estensione, infatti, certifica che l'atto è stato firmato digitalmente attraverso il sistema Cades.
Il Tribunale rigettava l'impugnazione proposta dall'imputato avverso il provvedimento di esecuzione di misure di sicurezza emesso dal Magistrato di sorveglianza, motivando che l'atto di gravame non risultava sottoscritto digitalmente né con il sistema Cades né con altro sistema riconosciuto.
Ricorre così per cassazione la...
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta da KA avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Alessandria aveva disposto l'esecuzione della misura di sicurezza applicata dalla Corte di appello di Torino con sentenza del 13 novembre 2018. Osserva, in via principale, che l'atto di impugnazione non risulta sottoscritto digitalmente né con il sistema C né con il sistema P né con altro sistema e che, comunque, gli elementi negativi (precedenti penali anche recenti, segnalazioni di polizia, condotta carceraria costantemente irregolare) prevalgono nettamente su quelli, peraltro limitati, dedotti dalla difesa.
2. Ricorre KA chiedendo l'annullamento del provvedimento sulla base di un unico motivo con cui denuncia manifesta illogicità della motivazione in riferimento all'asserita mancanza della firma digitale nell'atto di impugnazione. Evidenzia, in particolare; che dalla schermata di trasmissione, allegata al ricorso per il principio dell'autosufficienza, risulta la presenza dall'estensione del file ".p7m".
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
1. Il decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 - convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176 e recante "Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19" - nel testo seguito all'approvazione della legge di conversione, stabilisce, all'art. 24, comma 4, la possibilità di deposito con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata Inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati dì cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (e cioè diversi da quelli per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico, per la durata del periodo emergenziale), fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 del D.L·. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35. In particolare, è stato previsto, tra l'altro, che il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici, segnalando anche che, con il medesimo provvedimento, sono Indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e alla sottoscrizione digitale, nonché le "ulteriori modalità di invio" e disposizioni per messaggi che eccedono la dimensione massima stabilita (art. 24, comma 4, seconda parte). La legge di conversione ha aggiunto, tra l'altro, all'art. 24 suddetto, i commi da 6 bis a 6 undecies, con I quali sono state previste disposizioni specifiche relative alla digitalizzazione del deposito e della ricezione degli atti di impugnazione penale. Più precisamente, l'art. 24, comma 6-ter, citato stabilisce che l'impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate, espressamente escludendo l'applicazione, in tal caso, della disposizione di cui all'art. 582 c.p.p., comma 2, (e cioè le specifiche 3 delle disposizioni emergenziali a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati - e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli artt. 410 e 461 c.p.p., e art. 667 c.p.p., comma 4, e ai reclami giurisdizionali previsti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354 - è assicurata dal successivo comma 6 quinquies, che stabilisce, altresì, specificamente, che, per le richieste di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali, l'atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 6 ter, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del Tribunale di cui all'art. 309 cod. proc. pen., comma 7, e cioè del Tribunale sede distrettuale. Questa disciplina, come evidenziato anche dalla rubrica del d.l. n. 137 del 2020, è volta a semplificare le modalità di deposito degli atti in conseguenze del diffondersi della pandemia e della conseguente necessità di contenere l'emergenza sanitaria in corso, ricorrendo a un sistema di dematerializzazione del deposito degli atti del processo penale, anche se d'impugnazione.
2. In tale contesto di disciplina il legislatore, all'art. 24, comma 6-sexies, D.L. n. 137 del 2020, ha previsto alcune cause espresse di inammissibilità dell'impugnazione, relative all'impugnazione proposta al di fuori degli schemi legali delineati, che si aggiungono a quelle stabilite in via generale dall'art. 591 cod. proc. pen., fatte espressamente salve. Secondo tale disposizione l'atto di impugnazione presentato in via telematica è inammissibile: a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6 bis, non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale; c) quando l'atto è trasmesso da un Indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4; d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore; e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., 4 comma 7, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati di cui al comma 4.
3. Muovendo da tali presupposti normativi il ricorso è fondato. Il Tribunale di sorveglianza di Torino ha erroneamente affermato che l'atto di appello pur trasmesso con posta elettronica certificata "non risulta sottoscritto digitalmente dal difensore né con il sistema C né con il sistema P ". Al riguardo va segnalato che con provvedimento del 9 novembre 2020 del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia - emanato ai sensi dell'art. 24, comma 4, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 che disciplina le modalità di invio mediante pec agli uffici giudiziari di atti, documenti e istanze delle parti private - è stato previsto che tali atti, depositati attraverso il servizio di posta elettronica certificata presso gli uffici giudiziari, devono essere trasmessi "in formato PDF" e sottoscritti non con firma vergata a mano, bensì "con firma digitale o firma elettronica qualificata". Nel caso di specie tali modalità di trasmissione erano state rispettate, in quanto risulta dagli atti che il difensore dell'indagato aveva inoltrato la sua richiesta all'indirizzo PEC, inviando un file firmato digitalmente come attestato dall'estensione <p7m> che identifica le firme digitali eseguite con il sistema C ricevendo l'attestazione di ricezione notoriamente utilizzata per indicare che il documento in pdf è munito della predetta firma digitale. Né conduce a differenti conclusioni la circostanza che la segreteria del Tribuna! avesse stampato quel file pdf ed avesse rilevato l'assenza della sottoscrizione digitale perché è ben possibile che il file sia stato letto da un programma informatico che non ha rilevato l'esistenza di quella firma digitale in formato 'C ' che, come detto, dalla mail trasmessa risulta aver qualificato il file in pdf trasmesso in allegato.
4. L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di sorveglianza di Torino che si atterrà al principio di diritto innanzi indicato.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Torino.