In tali casi, infatti, per escludere l'arbitrarietà del recesso è sufficiente una valutazione globale del singolo episodio, poiché intimato con riferimento ad una circostanza idonea a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
L'odierno attore, dirigente di un'azienda privata, agiva in primo grado lamentando l'illegittimità del licenziamento per giusta causa subito, e chiedendo fosse accerto il suo diritto all'indennità sostitutiva del preavviso ed a quella supplementare, oltre che al risarcimento dei danni per demansionamento e mobbing.
Il...
Svolgimento del processo
1. AFF allegando la sua appartenenza alla categoria dirigenziale alle dipendenze di O S.p.a., adiva il Tribunale chiedendo che fosse dichiarato illegittimo e ingiustificato il licenziamento per giusta causa intimatogli, con conseguente affermazione del suo diritto alla indennità sostitutiva del preavviso e all'indennità supplementare, oltre al risarcimento dei danni per demansionamento e mobbing;
2. il Tribunale accoglieva il ricorso limitatamente al dedotto difetto di giusta causa;
3. la Corte d'appello di Bologna, adita dal dipendente, confermava la decisione di primo grado, rilevando, per quanto in questa sede interessa, che l'esternazione alla datrice di lavoro di quanto si legge nella contestata missiva telematica (''voi avete tradito la mia fiducia e buona fede e non so quanto potrò andare avanti a sopportare questo vostro comportamento che giudico inqualificabile"), pur non integrando la giusta causa di licenziamento, consentiva di ritenere configurata, alla luce del ruolo apicale e della conseguente intensità del vincolo fiduciario, la nozione di giustificatezza di fonte pattizia collettiva, e:on conseguente non debenza della indennità supplementare;
4. ha proposto ricorso per cassazione il dirigente con unico motivo;
5. controparte si è costituita con controricorso tempestivo;
6. entrambe le parti hanno prodotto memorie;
Motivi della decisione
1. con unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 22 CCNL Dirigenti industria in relazione alla nozione di giustificatezza del licenziamento di dirigente, osservando che la Corte aveva errato nel ricondurre alla nozione di giustificatezza del licenziamento la sola esternazione del 22 giugno 2012, causata da un episodio che aveva innescato nel F una reazione psicologica: poiché la giustificatezza del licenziamento costituiva una nozione di diritto, riconducibile, come per la giusta causa, ad una norma elastica, era valutabile in sede di legittimità l'erronea sussunzione del fatto, non potendo la giustificatezza essere integrata da un unico episodio di intemperanza;
2. va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte "ai fini della "giustificatezza" del licenziamento del dirigente, non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l'arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l'ampiezza dì poteri attribuiti al dirigente" (ex multis Cass. n. 34736 del 30/12/2019), sicché assume rilevanza qualsiasi motivo che sorregga, con motivazione coerente fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritte, il recesso (Cass. n. 6110 del 17/03/2014);
3. nella specie, sulla scorta dell'indicato orientamento, cui questa Corte intende dare continuità, è ravvisabile una motivazione congrua circa la ritenuta giustificatezza del motivo, idonea ad escludere l'arbitrarietà del recesso in ragione della rilevanza del fatto contestato in termini di turbamento del vincolo fiduciario, tanto più intenso quanto più elevato il ruolo (dirigenziale) del dipendente, il tutto in conformità ad una valutazione delle condotte delle parti alla stregua dei criteri di correttezza e buona fede;
5. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere rigettato;
6. la regolazione delle spese di lite segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
7. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quarter, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso ex art. 13, comma 1 bis, se dovuto.