Il licenziamento discriminatorio, infatti, può ben accompagnarsi a motivi legittimi ed essere comunque nullo.
La Corte d'Appello di Bologna respingeva l'opposizione del lavoratore contro l'ordinanza con la quale era stata rigettata la sua domanda volta all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento subìto per superamento del periodo di comporto.
Contro tale decisione, il lavoratore propone ricorso per cassazione. Nello specifico, egli deduce la natura...
Svolgimento del processo
1. la Corte di appello di Bologna, pronunziando sul reclamo principale di M.B. e sul reclamo incidentale di U. Banca S.p.a., ha respinto nel merito la opposizione del B. avverso l'ordinanza resa in sede sommaria ex lege n. 92/2012 con la quale era stata rigettata la domanda del lavoratore intesa all'accertamento della illegittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato dalla società datrice di lavoro;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M.B. affidato a quattro motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo; M.B. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale;
3. parte ricorrente principale ha depositato memoria;
Motivi della decisione
1. con il primo motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce: violazione e falsa applicazione dell'art. 132, comma 1, n. 4 r- cod. proc. civ., dell'art. 115 cod. proc. civ., dell'art. 4 I. n. 604 /1966, dell'art. 15 I. n. 300 del 1970, dell'art. 3 I. n. 108 del 1990, dell'art. 1345 cod. civ., della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 54/2006 in tema di parità di trattamento nell'ambiente di lavoro, della Direttiva n. 78/2000 recepita in Italia dal d. lgs n. 216/2003; nullità della sentenza e omesso esame di _fatti decisivi; premesso di avere dedotto la natura ritorsiva e discriminatoria (in ragione dell'attività sindacale prestata dal B.), censura l'affermazione della Corte di appello secondo la quale la esistenza di una ragione giustificativa del licenziamento escludeva il carattere discriminatorio dello stesso; in particolare contesta la equiparabilità, sotto questo profilo, del licenziamento discriminatorio con quello ritorsivo per il quale si richiede che il motivo illecito sia stato unico e determinante;
2. con il secondo motivo deduce: violazione e falsa applicazione dell'art. 2110 cod. civ., dell'art. 2 L. n. 604/1966, degli artt. 1362 e 1324 cod. civ., degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.; omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, << se non addirittura pacifici>> (artt. 115 e 116 cod. proc. civ.); nullità della sentenza per mancanza di motivazione (art. 132 cod. proc. civ.); omessa motivazione, motivazione apparente affermazioni contrastanti e obiettivamente incomprensibili; censura la affermazione con la quale la Corte di appello aveva dato atto che il periodo di comporto era identico sia ove riferito alla categoria dirigenziale sia ove riferito alla categoria di quadro, e che pertanto la riforma di precedente decisione inter partes, con la quale era stato riconosciuto il diritto del B. alla categoria dirigenziale, non influiva sulla legittimità del recesso; secondo parte ricorrente il giudice di secondo grado aveva omesso di considerare il fatto decisivo, risultante dalla lettera di licenziamento, rappresentato dalla circostanza che U. Banca aveva intimato il licenziamento sull'unico presupposto della qualifica dirigenziale ed in forza della relativa disciplina e non già in riferimento alla qualifica di quadro; sostiene che in tal modo era stata violata la regola della immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo del licenziamento;
3. con terzo motivo di ricorso deduce: omesso esame di un fatto decisivo; omessa motivazione, motivazione apparente affermazioni contrastanti e obiettivamente incomprensibili; violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 336 cod. proc. civ., degli artt. 2769, 2110, 2087 e 2126 cod. civ.; nullità della sentenza per mancanza di motivazione; censura in sintesi la mancata ammissione della prova orale che assume destinata a dimostrare la riferibilità dell'assenza per malattia a fatto e colpa del datore di lavoro ed essere relativa a circostanze antecedenti l'assenza dal lavoro; denunzia apparenza o inesistenza di motivazione per avere il giudice del reclamo fondato il giudizio di ininfluenza della prova orale con un non meglio precisato contrasto con l'accertamento portato dalla sentenza della Corte di appello di Bologna;
4. con il quarto motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per mancanza di motivazione; omessa motivazione, motivazione apparente affermazioni contrastanti e obiettivamente incomprensibili; censura la sentenza impugnata per avere affermato in termini apodittici che il motivo ritorsivo o illecito del licenziamento non emergeva da alcun supporto probatorio, senza sostanziare in qualche modo tale apodittica asserzione;
5. con l'unico motivo di ricorso incidentale U. Banca deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 6 I. n. 60471966 novellato dall'art. 1 comma 38 I. n. 92 del 2012 e dell'art. 112 cod. proc. civ.; premesso che per il principio della ragione più liquida la Corte distrettuale aveva omesso di pronunziarsi sulla eccezione di decadenza formulata da essa datrice di lavoro, denunzia violazione di norma di diritto per essere l'esame del motivo di reclamo incidentale stato dichiarato assorbito pur essendo suscettibile di definire il giudizio con una pronunzia di improcedibilità o inammissibilità per superamento del termine di cui all'art. 1 comma 38 I. n. 92/2012;
6. i motivi di ricorso principale, esaminati congiuntamente per connessione, sono da accogliere nei termini di cui in prosieguo;
6.1. sì premette che con la originaria domanda il B. ha dedotto la illegittimità del licenziamento, formalmente intimato per superamento del periodo di comporto, argomentando dal fatto che la malattia era causalmente da collegare alla illegittima condotta datoriale, che il recesso era stato determinato da un intento ritorsivo e che era discriminatorio in quanto collegato all'attività sindacale svolta dal lavoratore;
6.2. in merito a tali profili, riproposti in sede di reclamo principale dal lavoratore, la Corte distrettuale ha: a) escluso la sussistenza del nesso causale tra la condotta datoriale e le assenze per essere queste ultime in esclusiva derivazione causale con la dissezione aortica che aveva colpito il lavoratore, ulteriormente evidenziando quanto al periodo di assenza successivo al 14.2.2015 l'assenza di referti o valutazioni mediche idonee a porre tale periodo in collegamento alla noxa lavorativa; in questa prospettiva ha ritenuto inammissibile per il suo carattere meramente esplorativo l'espletamento di consulenza tecnica di ufficio; b) escluso <<in relazione alle predette emergenze istruttorie>> la prova, anche solo presuntiva, del motivo ritorsivo << (o comunque illecito), del recesso, che dovrebbe essere, in ogni caso, unico e determinante ex art. 1345 cod. civ. in forza del rinvio operato dal precedente art. 1324 del medesimo codice sostanziale >>;
6.3. ciò posto le ragioni che sorreggono la ritenuta carenza di prova del denunziato motivo ritorsivo e/o discriminatorio non risultano congrue in relazione agli elementi acquisiti in causa per come evidenziati nella parte motiva della sentenza; invero le (uniche) <<emergenze istruttorie>> prese in considerazioni dalla Corte di merito (v. sentenza, pag. 5, in particolare il terzo capoverso) e da questa richiamate a sostegno della negazione della prova del motivo ritorsivo e/o discriminatorio, attengono alla questione della non riferibilità alla condotta datoriale delle assenze per malattia che hanno determinato il superamento del periodo di comporto; esse concernono, quindi, un tema del tutto estraneo al profilo della ritorsività o della discriminatorietà del recesso e tale estraneità non consente di individuare alcun nesso logico con la inferenza probabilistica alla base del ragionamento presuntivo sviluppato dalla Corte di merito; in altri termini, appare incongruo desumere dal fatto che il comportamento del datore di lavoro non si configuri quale causa o concausa delle assenze per malattia, la mancanza di prova dell'intento ritorsivo o del carattere discriminatorio del licenziamento intimato;
6.4. alla luce delle considerazioni espresse sussiste quindi la denunziata apparenza di motivazione - per la oggettiva impossibilità di ricostruire il percorso logico giuridico del giudice del reclamo -con riferimento all'accertamento relativo al difetto di prova del carattere ritorsivo o discriminatorio dell'intimato licenziamento;
6.5. è da escludere, inoltre, che la necessità di tale accertamento venga meno in presenza di una legittima causa di recesso datoriale rappresentata dal superamento del periodo di comporto;
6.6. la condivisibile giurisprudenza di questa Corte ha precisato, infatti, che in ipotesi di allegazione da parte del lavoratore del carattere ritorsivo del licenziamento e quindi di una domanda di accertamento della nullità del provvedimento datoriale per motivo illecito ai sensi dell'art. 1345 cod. civ., occorre che l'intento ritorsivo del datore di lavoro, la cui prova è a carico del lavoratore (cfr. tra le più recenti, Cass. n. 26035/2018, Cass. n. 20742/2018), sia determinante, cioè tale costituire l'unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale; ne consegue che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini all'applicazione della tutela prevista dall'art. 18, comma 1, st. lav. novellato, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (v. in particolare 9468/2019); la prova della unicità e determinatezza del motivo non rileva, invece, nel caso di licenziamento discriminatorio, che ben può accompagnarsi ad altro motivo legittimo ed essere comunque nullo (Cass. n. 28453/2018, Cass. 6575/2016);
6.7. la sentenza impugnata è incorsa quindi in errore di diritto laddove ha dimostrato di assimilare sotto il profilo ora evidenziato ogni ipotesi in cui si assuma la esistenza del motivo illecito del recesso datoriale, senza quindi distinguere quella in cui venga in rilievo un motivo ritorsivo e quella in cui si denunzi il carattere discriminatorio del licenziamento, in relazione al quale la esistenza di un motivo legittimo alla base del recesso datoriale non esclude la nullità del provvedimento ove venga accertata la finalità discriminatoria dello stesso;
6.8. in base alle considerazioni si impone la cassazione in parte qua della sentenza impugnata per un riesame alla luce dei richiamati principi;
7. restano assorbite le ulteriori censure che investono l'accertamento del superamento del periodo di comporto;
8. il ricorso incidentale è inammissibile per difetto di interesse ad impugnare;
8.1. la declaratoria di assorbimento comporta, infatti, la inconfigurabilità della soccombenza, presupposto indispensabile a radicare l'interesse all'impugnazione dell'odierna ricorrente incidentale; come chiarito dalla condivisibile giurisprudenza di questa Corte << In tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorché proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell'impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza > > (Cass. 22095/2017 e, tra le altre, Cass. 23558/2014 Cass. 4894/2007);
9. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
10. ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315/ 2020);
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale per quanto di ragione e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.