Per la Cassazione l'azione di risarcimento del danno subito dall'incapace rientra tra gli atti di ordinaria amministrazione. Inoltre, qualora la controversia necessiti di essere autorizzata dal giudice tutelare, il Giudice di merito deve concedere un termine perentorio affinché l'amministratore di sostegno possa costituirsi regolarmente in giudizio.
Confermando la sentenza del
Svolgimento del processo
1. Con ricorso notificato il 29 dicembre 2020 A.d.P. impugna la sentenza emessa dal Tribunale di Imperia, numero 603/2020 pubblicata in data 10 novembre 2020 con la quale, a conferma della sentenza del Giudice di pace di Imperia, ha ritenuto che nel caso di specie l’oggetto della domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente in qualità di amministratore di sostegno della madre G.C. concernesse la determinazione di eventuali responsabilità o corresponsabilità nella causazione delle lesioni subite dalla medesima in conseguenza di una caduta occorsa mentre si trovava, quale trasportata, a bordo del bus di linea della Riviera Trasporti sulla tratta che conduce all’autostazione centrale di Sanremo. Pertanto ha respinto la domanda ritenendo che l’amministratore di sostegno, non essendosi munito dell’autorizzazione del giudice tutelare, non avesse titolo per agire in giudizio, compensando le spese tra le parti. Gli intimati non hanno notificato controricorso. Itas Mutua ha depositato memoria.
2. Il ricorso è affidato a due motivi.
Motivi della decisione
1. Il ricorso va accolto dimostrandosi i motivi gradatamente fondati per i seguenti motivi.
2. Si deducono, quali violazioni di legge, in via gradata, la violazione degli artt. 320 c.p.c. e, in subordine, dell’art. 182, comma 2, c.p.c., per non avere il giudice dell’appello considerato che la controversia non rientrava tra quelle che necessitano, per l’incapace, dell’autorizzazione del giudice tutelare e per avere il giudice omesso, anche in sede di appello, di concedere all’amministratore di sostegno il termine perentorio per potersi costituire regolarmente in giudizio munendosi dell’autorizzazione, ove ritenuta necessaria.
3. Quanto alla violazione dell’art. 320 c.p.c. vale il principio per cui la proposizione dell'azione diretta a ottenere il risarcimento del danno subito da un minore, mirando alla reintegrazione del patrimonio del minore leso dall'atto dannoso, rientra tra gli atti di ordinaria amministrazione e, pertanto, può essere effettuata dal genitore esercente la patria potestà senza autorizzazione del giudice tutelare, la quale non è necessaria neppure affinché il suddetto genitore possa transigere la relativa lite. (V. Cass. 6542/87, mass. n 454795; Cass. 592/69, mass n 338798; Conf. Cass. 3977/83, mass n 428911; Conf. 294/81, mass n 410724; Conf. 1079/74, mass n 369035; Conf. Cass. 1008/68, mass n 332421; Cass. 59/1989; Cass. 7546/2003).
3.1. La stessa impostazione, quindi, deve a maggior ragione valere per l’amministrazione di sostegno, istituto concepito proprio per la cura degli interessi di soggetti che non siano in grado di affrontare le normali incombenze quotidiane, anche se non propriamente incapaci.
3.2. Nel caso specifico il giudice di merito ha errato nell’effettuare una valutazione negativa sul merito della scelta proprio perché l’esercizio dell’azione di risarcimento si pone ex se come rimedio di un depauperamento già ricevuto per fatto altrui (quale la lesione personale lamentata) e, pertanto, non si qualifica come atto di straordinaria amministrazione, perché non si può fare una distinzione tra le azioni di risarcimento in termini di probabilità di successo.
3.3. La norma de qua, pertanto, è stata falsamente applicata proprio perché l’azione aveva siffatta natura e, oltretutto, non è stato neanche indicato se fosse di valore elevato, sì da esporre l’infortunata a un rischio di spese legali eccessive rispetto al suo patrimonio.
3.4. Inoltre, quand’anche la lite dovesse essere autorizzata dal giudice tutelare, i giudici di merito avrebbero dovuto applicare il disposto di cui all’articolo 182, comma 2 c.p.c., secondo cui il giudice, quando rileva un vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegna alle parti un termine perentorio per il rilascio della stessa o per la sua rinnovazione. Secondo un orientamento condivisibile, tale disposto si applica anche al giudizio d'appello, sicché il provvedimento di differimento può essere emesso all'udienza prevista dall'art. 350 c.p.c.
3.5. Va infatti segnalato quanto affermato da questa Corte nella decisione n. 16992 del 13/08/2020, secondo cui la disposizione di cui all'art. 182 c.p.c., comma 2, ai sensi della quale, quando il giudice rileva "un difetto di rappresentanza, di assistenza, di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore", deve assegnare "un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura o per la rinnovazione della stessa", dovendosi ritenere tendenzialmente applicabile anche al giudizio di appello, giusta il disposto dell'art. 359 c.p.c. Sul punto si veda, in senso adesivo, l’ampia motivazione resa da Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 13597 del 19/05/2021.
3.6. Tale impostazione circa l’applicabilità del rimedio di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c. nella fase dell’appello, in quanto contenente un principio non incompatibile con il giudizio di secondo grado, appare condivisibile per tre ordini di ragioni. In primo luogo perché l'orientamento di legittimità sopra descritto è conforme al "più generale dovere di positiva collaborazione fra i soggetti del processo", in un'ottica di perseguimento del diritto di accesso al giudice, ai sensi dell'articolo 6, § 1, CEDU e di limitazione delle interpretazioni formalistiche (principio, da ultimo affermato da Cass. SU n. 26338 del 7 novembre 2019 e Corte Edu, caso S. c. Italia del 28/10/2021). In secondo luogo, tale soluzione appare in linea con il principio di conservazione degli atti processuali ai sensi dell'articolo 159 c.p.c.
3.7. Infine, va osservato che, accedendo alla tesi opposta, si determinerebbe una sostanziale equipollenza tra il giudizio di appello e quello di legittimità, non giustificata da reali ragioni processuali, posto che il giudice d’appello rimane giudice del merito con piena cognizione della domanda, nei limiti dell’appello.
4. Conclusivamente, la Corte, in accoglimento del ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa e rinvia al Tribunale di Imperia, in persona di diverso magistrato, affinché provveda in base ai principi sopra richiamati, e decida anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Imperia, in persona di diverso magistrato, affinché provveda in base ai principi sopra richiamati e in ordine alle spese del giudizio di legittimità.