La Cassazione afferma che per accertare l'esistenza di un'autonoma organizzazione ai fini IRAP, occorre un'indagine estesa alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo intrattenuto dal contribuente con l'agente o la società organizzatrice di spettacoli.
L'Agenzia delle Entrate notificava all'attuale ricorrente, autore e regista di spettacoli e programmi televisivi, gli avvisi di accertamento relativi agli importi dovuti a titolo di IRAP, oltre agli interessi e alle sanzioni. Tali avvisi si fondavano sulla sussistenza di un'organizzazione autonoma facente capo al contribuente, il quale, non ritenendo di essere soggetto fiscale sottoposto ad IRAP poiché esercente la sua attività senza disporre di autonoma organizzazione, si rivolgeva alla competente Commissione tributaria provinciale.
Quest'ultima rigettava il ricorso, così come la Commissione tributaria regionale in sede di appello.
Il contribuente si rivolge, dunque, alla Corte di Cassazione.
Con la sentenza n. 2614 del 28 gennaio 2022, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso del contribuente.
Innanzitutto, la Cassazione ribadisce che il presupposto ai fini dell'assoggettamento all'imposta è costituito dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata e diretta alla prestazione di servizi, applicandosi tanto alle persone fisiche, quanto alle società semplici e a quelle ad esse equiparate.
Ciò posto, il concetto di «autonoma organizzazione» era già stato oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale, con la quale era stato evidenziato che «l'imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l'assoggettamento al tributo».
Anche la Corte di Cassazione si era già espressa sul punto, riconoscendo la nozione di autonoma organizzazione nell'esercizio di attività di lavoro autonomo ai fini IRAP quella in cui il contribuente:
- Sia responsabile dell'organizzazione;
- Impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, ovvero si avvalga del lavoro altrui in termini non occasionali.
In seguito, le Sezioni Unite hanno specificato ulteriormente la nozione, affermando che il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini suddetti «non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive».
Una volta delineato il quadro generale, la Cassazione passa ad esaminare il caso specifico relativo all'esercizio dell'attività artistica o sportiva, che riguarda il caso di specie, puntualizzando che ai fini dell'assoggettamento all'imposta occorre considerare che esse assumono in sé l'elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento in base al quale il contribuente conti solamente sulle sue capacità professionali. Inoltre, allo stesso fine, è necessario tenere in considerazione la natura, la struttura e la funzione del rapporto giuridico insorto tra l'artista e la società a cui egli si affida per la propria attività.
Ora, la motivazione del Giudice di seconde cure esula dal considerare i suddetti principi, avendo valorizzato solo l'ingente investimento nella ristrutturazione dello studio laboratorio del ricorrente e la collaborazione con la società di consulenza, senza approfondire la natura, struttura e funzione di tale rapporto.
Per queste ragioni, gli Ermellini accolgono il ricorso enunciando il seguente principio di diritto: «In tema di IRAP, l'attività artistica costituisce elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, presunzione che, al fine del riconoscimento della soggettività passiva al tributo, non è superabile per il mero concorso di cospicui investimenti alla produzione del reddito, quanto comunque indispensabili all'esercizio dell'attività artistica, né per il solo fatto che l'esercente si sia avvalso di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, perché in ordine all'accertamento della esistenza di una autonoma organizzazione occorre una indagine estesa alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo, indispensabile ad escludere il mero intento agevolativo alle modalità di svolgimento dell'attività professionale».
Svolgimento del processo
P.D. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 1488/64/2015, depositata il 14.04.2015 dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che, confermando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato il ricorso introduttivo del contribuente avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni d'imposta 2007 e 2008, con cui l'Agenzia delle entrate aveva determinato gli importi dovuti a titolo di Irap, oltre che gli interessi e le sanzioni. L'Ufficio aveva fondato gli atti impositivi sull'esistenza di una organizzazione autonoma facente capo al P., autore e regista di spettacoli e programmi televisivi. Il ricorrente, che riteneva di non essere soggetto fiscale sottoposto ad Irap, esercitando la propria attività senza disporre di autonoma organizzazione, aveva adito la Commissione tributaria provinciale di Mantova, che con sentenza n. 146/01/2012 aveva rigettato il ricorso. Anche l'appello proposto dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia era stato rigettato. Nella sentenza ora impugnata dinanzi a questa Corte il giudice regionale, dopo aver respinto l'eccezione di nullità della decisione di primo grado, ha ritenuto che il P. esercitasse la propria attività avvalendosi di una organizzazione complessa per beni strumentali e collaborazione di terzi, di cui era responsabile. Il ricorrente ha censurato la pronuncia affidandosi ad un unico motivo, cui ha resistito l'Amministrazione finanziaria. La Procura Generale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso. Nella pubblica udienza del 12 ottobre 2021, tenuta ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, in I. n. 176 del 2020, la causa è stata discussa e decisa. Il ricorrente ha ritualmente depositato memoria.
Motivi della decisione
Preliminarmente va rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Procura Generale, e sulla quale insiste anche l'Amministrazione finanziaria, secondo cui con esso si solleciterebbe una rivalutazione nel merito dei fatti di causa. L'impianto difensivo che supporta il ricorso è fondato sulla denuncia della erronea applicazione della disciplina che regolamenta la soggettività passiva all'imposta sulle attività produttive. La circostanza che ciò si rifletta sull'indagine fattuale costituisce un effetto secondario delle critiche sollevate dal contribuente e non la ragione dell'impugnazione. Nel merito, con l'unico motivo di impugnazione il contribuente si duole della violazione e falsa applicazione del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, nonché della violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché erroneamente, secondo la prospettazione difensiva, il giudice d'appello avrebbe riconosciuto la soggettività passiva all'Irap. Nella lunga difesa, dopo aver illustrato la disciplina, i principi regolativi dell'imposta ed i requisiti per l'assoggettabilità dei professionisti ad essa, anche alla luce della interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, si afferma che il P. non rientrava tra i soggetti passivi Irap, non essendo a lui riferibile alcuna forma di organizzazione complessa della propria attività professionale -regista e autore di programmi televisivi-. Presupposto per l'assoggettamento all'imposta è «l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla .... prestazione di servizi" (art. 2 del d.lgs. n. 446/1997), applicabile anche alle "persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'art. 5, comma 3, del predetto testo unico (ndr. d.P.R. n. 917/1986) esercenti arti e professioni, di cui all'art. 49 comma 1, del medesimo testo unico» (art. 3, lett. c, del d.lgs. n. 446/1997). Quanto al significato di "autonoma organizzazione" già la Corte Costituzionale, con sent. 21 maggio 2001, n. 156, aveva puntualizzato che l'imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l'assoggettamento al tributo, il che non implica alcun limite quantitativo, di prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente un giudizio di valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le possibilità produttive del professionista. La Corte di legittimità ha esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (in tal senso cfr. già Cass., 16 febbraio 2007, n. 3676; 28 novembre 2014, n. 25311). Nel perimetrare ulteriormente l'assoggettamento ad Irap del lavoratore autonomo sono intervenute le Sez. U, affermando che il requisito dell'autonoma organizzazione, previsto quale presupposto dell'imposta dall'art. 2 cit., non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Sez. U, 10 maggio 2016, n. 9451). La giurisprudenza successiva, con riguardo a varie categorie professionali, si è inserita nel binario tracciato dalla Corte costituzionale e poi dalle Sezioni unite (così ad es. 29 settembre 2016, n. 19327, 10 maggio 2019, n. 12495, in riferimento all'attività di componente di collegi sindacali, quando l'attività sia espletata in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività eseguite in seno ad una associazione tra professionisti; 8 novembre 2016, n. 22705, sulla irrilevanza dell'entità dei compensi ai fine della identificazione del presupposto dell'autonoma organizzazione; 8 novembre 2016, n. 22695, in merito alla irrilevanza dei compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso colleghi al fine della identificazione del requisito dell'autonoma organizzazione, per trattarsi di prestazioni strettamente connesse all'esercizio della professione forense, che esulano dall'assetto organizzativo della relativa attività; 19 novembre 2019, n. 30085, sulla irrilevanza del collaboratore che espleti attività meramente esecutiva, ai fini della identificazione del requisito della organizzazione autonoma; 3 ottobre 2019, n. 24702, sulla irrilevanza di beni strumentali che si rivelino indispensabili all'esercizio dell'attività medica convenzionata; 9 febbraio 2021, n. 3099, sulla irrilevanza della disponibilità di due studi professionali, nei quali il medico convenzionato svolga l'attività per un più comodo esercizio al servizio del pubblico). La Corte ha anche chiarito che per l'assoggettamento ad IRAP dei proventi del professionista autonomo è necessario che la struttura organizzata di cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo, non riconoscendo ad esempio la soggettività passiva all'imposta del professionista che, collaborando presso importanti studi legali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, traendone utilità (Cass., 16 febbraio 2017, n. 4080, con riferimento alla attività di avvocato). A maggior ragione si è affermato che il professionista che svolga l'attività all'interno di una struttura altrui, così difettando di autonomia organizzativa, non è assoggettato all'Irap (Cass., 8 ottobre 2014, n. 21150; 4 marzo 2020, n. 6020). Quanto all'attività artistica, od a quella sportiva, questa Corte, avvertendone la peculiarità, ha puntualizzato che ai fini dell'assoggettamento all'imposta occorre tener conto che esse, per le modalità con le quali sono esercitate, assumono in sé l'elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali. A fronte di tale dato nessuna rilevanza può avere la produzione di un reddito cospicuo, né l'esistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione può desumersi dal solo fatto che l'esercente si avvalga di un agente, di una società organizzatrice di spettacoli o di uno sponsor. Ai fini della assoggettabilità all'Irap occorre invece che l'accertamento sia esteso alla natura, ossia alla struttura ed alla funzione, del rapporto giuridico insorto tra artista e società cui si affida per la propria attività, perché quel tipo di collaborazione può rivelarsi una mera agevolazione delle modalità di svolgimento dell'attività professionale, senza però che si configuri la direzione e responsabilità di una struttura organizzativa idonea alla emersione dei presupposti di assoggettabilità all'imposta (Cass., 23 novembre 2016, n. 23908, in riferimento ad una nota presentatrice e showgirl; 21 giugno 2017, n. 15453, in relazione ad una nota fotomodella). In particolare la Corte, riassumendo i precedenti che avevano formulato i principi di diritto in fattispecie che coinvolgevano artisti o sportivi, ha affermato che «Al riguardo va data continuità all'orientamento affermatosi in fattispecie analoghe, per quanto in settori diversi (Cass. n. 24788/15) - in base al quale: I) "l'attività artistica costituisce un elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente risulta contare esclusivamente sulle proprie capacità professionali, nonostante la produzione di un reddito cospicuo" (Cass. n. 13471/15), "dovendosi in ogni caso escludere dal perimetro impositivo la mera agevolazione delle modalità di svolgimento dell'attività professionale" (Cass. n. 26991/14); II) "non è sufficiente per desumere l'esistenza di un'autonoma organizzazione il solo fatto che l'esercente si avvalga di un agente e/o, per contratto, di una società organizzatrice di spettacoli" -autonomamente tenuto al versamento dell'Irap "dovendosi estendere l'accertamento alla natura, ossia alla struttura e alla funzione, dei due rapporti giuridici (Cass. n. 7828/10, in caso di cantante lirico); III) analoghe considerazioni valgono "riguardo alla posizione dello sportivo che, disponendo di contatti con società per la cura dell'immagine e dell'attività agonistica, abbia per loro tramite stipulato contratti con sponsor e scuderie", risultando ciò "di per sé stesso insufficiente a dimostrare che il contribuente svolga la propria attività agonistica attraverso forme di organizzazione propria" (Cass. nn. 960/15 e 961/15 in caso di corridore motociclista.». L'accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Risulta evidente come la peculiarità delle identificate professioni ha reso condivisibilmente necessario adeguare i principi affermati dalla Corte costituzionale prima, e dalle Sezioni unite poi, in materia di requisiti di assoggettabilità ad Irap degli artisti o comunque professionisti del modo dello spettacolo e dello sport. Questi gli approdi ermeneutici della giurisprudenza di legittimità, nel caso di specie il giudice tributario, dopo aver riportato i precedenti in materia, ha innanzitutto rilevato che al netto degli errori commessi nella quantificazione del valore di alcuni beni strumentali e nella attribuzione della intestazione di due autoveicoli, residuava che il P. avesse due sedi lavorative, una adibita a studio principale e l'altra a studio - laboratorio, quest'ultimo della superficie di 300 mq, la cui ristrutturazione aveva richiesto un investimento di un milione di euro, da ciò deducendo che i beni strumentali del P. avessero una consistenza superiore al minimo indispensabile per l'espletamento dell'attività esercitata (regia dello spettacolo, cod. attività 900202). Ha pertanto deciso la controversia concludendo che « ... va rilevato che anche sotto il profilo dell'utilizzo della collaborazione altrui le ragioni esposte nell'atto di appello sono, almeno in parte, da disattendere, pur tenendosi conto dell'indirizzo giurisprudenziale ....secondo cui le prestazioni rese da terzi non valgono a configurare una struttura organizzativa autonoma quando non incidano sul contenuto intrinseco dell'attività professionale svolta dal contribuente ...... Ed invero, le clausole del contratto intercorso tra il P. e la S. s.r.l., così come riprodotte negli avvisi di accertamento, rendono conto di prestazioni la cui tipologia si riferisce bensì in gran parte, all'assistenza da fornirsi al mandante nei rapporti negoziali con i terzi, ma anche, per taluni aspetti, alla collaborazione da prestarsi a suo favore nello svolgimento dell'attività che gli è propria: ciò emerge, in particolare, dalla clausola C) (assistere l'artista nelle trasmissioni televisive e/o radiofoniche e nelle pubbliche manifestazioni alle quali sarà invitato e/o ingaggiato) e dalla seconda parte della clausola d) (....svolgere consulenza ai fini dell'allestimento, anche sotto il profilo artistico, dei pubblici spettacoli tenuti dall'artista). Tali essendo gli obblighi contrattuali assunti dalla S., è giocoforza presumere, in mancanza di prova contraria (il cui onere incombe sul contribuente ....) che ad essi si sia adempiuto e che pertanto, almeno in parte, il contenuto intrinseco dell'attività svolta dal P. si sia giovato delle prestazioni fornitegli dietro compenso dalla S.. Ciò conferma vieppiù la sussistenza dell'autonomia organizzativa, che già emergeva a chiare lettere dalla consistenza del capitale impiegato». La motivazione del giudice regionale non tiene affatto conto dei principi di diritto dispensati da questa Corte e sopra enunciati. In essa viene valorizzato l'ingente investimento nella ristrutturazione dello studio laboratorio, assumendo il dato sotto il profilo meramente oggettivo e non invece riferito ad una preventiva valutazione delle esigenze riconducibili alla strumentalità dei beni all'attività professionale esercitata; viene inoltre valorizzato il dato della collaborazione con la società di consulenza per l'assistenza all'artista e per il supporto alla organizzazione dell'allestimento di spettacoli e programmi ideati dal P., senza addentrarsi nella comprensione e nella valutazione della natura, struttura e funzione del rapporto medesimo. Quanto meno dal tenore della pronuncia impugnata non emerge infatti un accertamento relativo alla natura, ossia alla struttura e alla funzione del rapporto giuridico intrattenuto tra società e artista. Con l'effetto dunque che è mancato ogni riferimento alla prova che di quella attività collaborativa il P. ne fosse organizzatore e responsabile e non, al contrario, che da quella collaborazione ne derivasse una mera agevolazione alle modalità di svolgimento dell'attività professionale. La censura alla pronuncia è pertanto fondata e per l'effetto la sentenza va cassata, con rinvio del processo alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia perché, in diversa composizione, dovrà procedere ad un nuovo esame che tenga conto dei principi di diritto esposti in parte motiva, ed in ogni caso del principio secondo cui «In tema di IRAP, l'attività artistica costituisce elemento presuntivo idoneo a sorreggere l'apprezzamento secondo cui il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali, presunzione che, al fine del riconoscimento della soggettività passiva al tributo, non è superabile per il mero concorso di cospicui investimenti alla produzione del reddito, quando comunque indispensabili all'esercizio dell'attività artistica, né per il solo fatto che l'esercente si sia avvalso di un agente o di una società organizzatrice di spettacoli, perché in ordine all'accertamento della esistenza di una autonoma organizzazione occorre una indagine estesa alla natura, alla struttura e alla funzione del rapporto collaborativo, indispensabile ad escludere il mero intento agevolativo alle modalità di svolgimento dell'attività professionale».
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.