
Tale contenzioso, infatti, che investe questioni di natura prettamente "negoziale", ha ad oggetto una pretesa dal carattere patrimoniale, e non la gestione del ciclo dei rifiuti, organizzata mediante potere provvedimentale tipico dalla P.A..
Il TAR Catania, con la sentenza 221 del 24 gennaio 2022, ha avuto modo di pronunciarsi, a seguito di contenzioso tra due Enti locali, sulla competenza del giudice ordinario nelle controversie aventi ad oggetto il pagamento del servizio di raccolta rifiuti.
La prima Sezione, dibattendo sulla controversia, ha dapprima fissato il principio generale per cui la giurisdizione è determinata sulla base della domanda, e cioè sul petitum sostanziale. Precisato ciò, la condizione fondamentale per configurare la giurisdizione amministrativa esclusiva e di legittimità, come stabilito dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale, è che la pubblica amministrazione agisca come autorità, e non come qualunque parte privata, e che oggetto di causa sia sempre la contestazione dell'esercizio del potere in concreto. Da ciò deriva che «la "intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio" .. petitum sostanziale .. viene a coincidere con la verifica della esistenza o meno di una contestazione in concreto dell'esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione-autorità».
Fissato tale principio, ha aggiunto la Sezione che l'orientamento delle Sezioni Unite è fermo nel stabilire che la devoluzione esclusiva alla giurisdizione amministrativa delle controversie attinenti al complesso sistema di gestione dei rifiuti, sancita dall'art. 133 c.p.a., presuppone che gli atti organizzativi siano espressione dell'esercizio di un potere autoritativo della P.A., mentre quando oggetto di controversia è un rapporto che ha la fonte in una pattuizione di tipo negoziale, tesa a regolamentare gli aspetti meramente patrimoniali dell'organizzazione, la controversia continua ad appartenere alla giurisdizione del giudice ordinario. Tale ultima situazione è stata infatti equiparata al caso di pretesa concernente la corresponsione del corrispettivo della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, affidato sulla base di ordinanze contingibili e urgenti adottate (per ragioni di emergenza ambientale), atteso che essa riguarda unicamente l'esecuzione del rapporto di natura privatistica intercorrente tra le parti e la cognizione di aspetti puramente patrimoniali.
Sulla base di tutti questi principi, si rileva che nel caso di specie il contenzioso tra i due Enti locali attiene in concreto all'esecuzione del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani, che involge la cognizione di aspetti puramente patrimoniali, rappresentati dal pagamento del corrispettivo maturato. Da ciò deriva che, attenendo la controversia alla mera esecuzione del rapporto contrattuale, vada affermata la competenza del giudice ordinario.
TAR Sicilia, sez. I – Catania, sentenza (ud. 2 dicembre 2021) 24 gennaio 2022, n. 221
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La vicenda contenziosa oggetto dell’odierna trattazione investe i rapporti di debito-credito tra il Comune di -omissis- ed il Comune-omissis-, originati dal conferimento dei rifiuti del primo in una discarica del secondo, in esecuzione di ordinanze contingibili ed urgenti emesse dalla Prefettura-omissis- tra il mese di dicembre del 2003 ed il primo quadrimestre del 2005.
2. A seguito di tali fatti, il Comune-omissis-:
- ha stabilito unilateralmente, con la Determina Dirigenziale n. -omissis-del Comune-omissis-, la tariffa che una serie di comuni, non autosufficienti in termini di smaltimento di R.S.U., avrebbero dovuto pagare per conferire i propri rifiuti presso una discarica del territorio comunale;
- ha prodotto fatture, nei confronti del Comune di -omissis-, con le quali chiede il pagamento della complessiva somma di € 706.171,78, IVA inclusa;
- a seguito dell’inadempimento da parte del Comune di -omissis-, ha ottenuto dal Tribunale-omissis- un decreto ingiuntivo, opposto dal Comune di -omissis-, il cui giudizio si è concluso con la sentenza n.-omissis-, che ha accolto l’eccezione - del Comune di -omissis- - di difetto di giurisdizione del giudice ordinario;
- ha proposto appello avverso detta decisione dinanzi alla Corte di Appello di Catania, il cui giudizio si è concluso con la sentenza n. -omissis-che ha confermato quella di primo grado;
- ha proposto autonomo ricorso per decreto ingiuntivo innanzi al TAR Sicilia – Sezione distaccata di Catania, che ha emesso il d.i. n.-omissis- il -omissis-), depositato in segreteria il successivo 05/11/2015, notificato il 2\12\2015, con il quale veniva ingiunto il pagamento della complessiva somma di € 706.171,78.
3. A seguito di tali fatti, il Comune di -omissis-:
- ha proposto opposizione al d.i.-omissis-, ritenendo non integrati i presupposti normativi ex art. 633 c.p.c. e ss., atteso che l’origine del credito deriverebbe da un atto unilaterale del Comune-omissis- (limitandosi le ordinanze prefettizie a disporre il versamento dei rifiuti presso la discarica in questione, senza specificare le modalità di scarico, il quantitativo previsto e, conseguentemente, le tariffe ed il corrispettivo dovuto) e mancherebbe la prova scritta del credito in relazione alla durata ed alla quantità di rifiuti conferiti (non ritenendo sufficienti le fatture prodotte dal Comune ricevente);
- ha rimarcato, in una successiva memoria, che dal giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, scaturisce un nuovo giudizio di cognizione, con inversione delle parti originarie e – conseguentemente – dell’onere della prova, tale per cui dovrebbe essere il Comune-omissis- a provare l’an (nella fattispecie il conferimento dei rifiuti ed il relativo quantitativo) ed il quantum debeatur;
- ha altresì contestato la determinazione unilaterale del calcolo della tariffa, adottata dal Comune-omissis-, ritenendo peraltro non chiaro quale sia il titolo su cui si fonderebbe l’obbligazione in questione (contratto, altro atto o fatto idoneo a produrla).
4. Con controricorso e successive memorie, il Comune-omissis-:
- ha stigmatizzato la valenza imperativa delle ordinanze prefettizie, con riferimento sia all’obbligo di conferire i rifiuti per il Comune di -omissis- che all’obbligo di riceverli per il Comune-omissis-, rimarcando che alle predette ordinanze il Comune di -omissis- ha prestato acquiescenza;
- ha contestato le affermazioni di controparte sulla sussistenza del titolo dell’obbligazione, sulle modalità di calcolo dei costi del conferimento e sulla prova del credito vantato, insistendo sulla legittimità della D.D. -omissis-, sulla idoneità della produzione delle fatture a comprovare il rapporto di debito-credito e sulla sussistenza di documentazione, relativa alla movimentazione dei rifiuti, firmata dal Sindaco dello stesso comune di -omissis-;
- in subordine, ha chiesto al Collegio di ordinare:
alla CCIAA-omissis-, al quale vanno depositati annualmente i MUD, l’esibizione di quelli relativi ai rifiuti conferiti dal Comune di -omissis- nella discarica di C.da -omissis--omissis- per gli anni 2003, 2004 e 2005;
al Comune di -omissis- l’esibizione delle ricevute di pesatura dei rifiuti ad esso rilasciate dalla società -omissis-s.r.l. in qualità di gestore della discarica -omissis- nel periodo 2003 – 2005.
5. Il giudizio veniva interrotto con decreto presidenziale n. -omissis-- per intervenuta estinzione del rapporto d’impiego dei difensori del Comune-omissis- - e ritualmente riassunto in data 20.09.2020.
6. In vista dell’udienza di discussione, le parti si sono costituite, depositando memorie.
7. All’udienza pubblica del 2 dicembre 2021, presente il procuratore del Comune-omissis- al quale, ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., sono stati rappresentati, comunque, possibili profili di inammissibilità della domanda di parte ricorrente per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
8. Il Collegio, preliminarmente, dà atto che all’esito della sentenza declinatoria della giurisdizione della Corte di Appello di Catania, confermativa di quella del giudice di prime cure-omissis-:
- il Comune di -omissis-, opponente in quel giudizio, non ha riassunto tempestivamente innanzi al G.A. (non avendo, evidentemente, interesse nel senso);
- il Comune-omissis-, opposto, allo stesso modo non ha riassunto tempestivamente innanzi al G.A., presentando – al contrario – presso questo Tribunale autonomo ricorso per decreto ingiuntivo (rituale e tempestivo), con deposito in data 30.10.2015, innanzi al giudice indicato come competente.
Ciò premesso, rileva preliminarmente il Collegio che la pronuncia declinatoria della giurisdizione della Corte di Appello di Catania non è stata impugnata dalle parti del processo e questa non può comunque spiegare efficacia esterna di cosa giudicata, atteso che la statuizione non attinge il merito della vicenda.
Sul punto, l’organo regolatore della giurisdizione, si è ripetutamente espresso, laddove ha affermato che: “Le sentenze dei giudici ordinari di merito, o dei giudici amministrativi, che statuiscano sulla giurisdizione sono suscettibili di acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale e di spiegare, perciò, effetti al di fuori del processo nel quale siano state rese, qualora la decisione, sia pur implicita, sulla giurisdizione si rapporti con una statuizione di merito.” (Cass. Civ., Sez. Unite, Ord. 16458/2020); allo stesso modo: “Le sentenze dei giudici amministrativi, al pari di quelle dei giudici ordinari di merito, acquistano efficacia di giudicato esterno anche in tema di giurisdizione e, perciò, spiegano i propri effetti anche al di fuori del processo in cui sono state rese, solo qualora la statuizione sulla giurisdizione sia accompagnata da una conseguente pronuncia di merito; ne consegue che l'affermazione della giurisdizione del giudice italiano, contenuta in una sentenza del giudice amministrativo, non preclude una diversa decisione da parte del giudice ordinario poi adito.”(Cass. civ. Sez. Unite, Sent. n. 5872/2012). Ed ancora: “Le sentenze dei giudici ordinari di merito, o dei giudici amministrativi, che statuiscano sulla sola giurisdizione - diversamente da quelle delle sezioni unite della Suprema Corte, alla quale, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione, spetta il potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna -, non sono idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale ed a spiegare, perciò, effetti al di fuori del processo nel quale siano state rese, salvo che la decisione, sia pur implicita, sulla giurisdizione si rapporti con una statuizione di merito.” (Cass. Civ., Sez. Unite, Sent. 15208/2015).
Il giudizio odierno rappresenta, dunque, non la riassunzione del procedimento originato innanzi al G.O.-omissis-, per come confermato dal G.O. di appello di Catania, bensì un autonomo procedimento, instaurato davanti al G.A. nei termini di legge.
Per tale ragione, la pronuncia declinatoria della giurisdizione, che di seguito si andrà ad enucleare, non si configura come conflitto negativo sulla stessa, ma - al contrario - come prima statuizione sulla insussistenza della giurisdizione a seguito di un rilievo d’ufficio del giudice adito.
9. Nella vicenda in esame, l’A.G.O. di primo grado-omissis-, adita dal Comune di -omissis- in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 22.03.2006, con sentenza n. -omissis-, si era espressa sull’eccezione di difetto di giurisdizione, accogliendola “…perché essa è del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33 comma 2 lett e) del D.Lgs. 80/1998. La norma riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutta la materia dei pubblici servizi e, in particolare, le liti relative a prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, restandone esclusi solo i rapporti individuali di utenza con soggetti privati. E’ così da ritenersi che tale giurisdizione sussiste anche nella fattispecie, come la presente, avente ad oggetto l’inadempimento di obbligazioni pecuniarie per la prestazione di un pubblico servizio (qual è l’attività di smaltimento dei rifiuti in base alla normativa che regola la materia) reso dal gestore a favore di una pubblica amministrazione…”.
La statuizione era stata confermata dal giudice di appello con la sentenza n. -omissis-, sulla precipua motivazione che “…nel caso che ne occupa, il Comune-omissis- ha chiesto in via monitoria la condanna del comune di -omissis- al pagamento del corrispettivo per l’intervenuto conferimento dei rifiuti solidi urbani presso una discarica ricadente nel proprio territorio, epperò la natura del rapporto è certamente di ordine pubblicistico sì come riconducibile all’ordinanza contingibile ed urgente n. -omissis-3 con la quale il Prefetto-omissis- ebbe ad autorizzare dati comuni ricadenti nella Provincia-omissis- e, fra questi, il Comune di -omissis-, a conferire i propri rifiuti solidi urbani nella discarica di proprietà del Comune-omissis- al fine di far fronte al dichiarato stato di emergenza ambientale. L’introdotta controversia, quindi, se pur ha ad oggetto il pagamento di pretesi corrispettivi, implica, foss’anche per le sole difese già convenute nell’atto di opposizione, prima ancora che l’individuazione e la delibazione di clausole negoziali relative al detto compenso, l’accertamento in via principale del contenuto e della disciplina del rapporto (modalità di scarico, quantitativo, natura e consistenza dei poteri di controllo esercitato sul conferimento) e, non ultimo, si risolve nella stessa delibazione del modo in cui il Comune-omissis- si è avvalso dell’esercizio diretto del proprio potere di determinazione, autoritativa e tecnicamente discrezionale (anche in relazione agli adempimenti istruttori che presuppone), della tariffa richiedibile ai comuni conferenti, sì come nella specie stabilita con la determina dirigenziale n. -omissis-: coinvolge, cioè, l’esistenza, l’efficacia e lo svolgimento del rapporto pubblico e la stessa verifica dell’azione autoritativa della P.A. con l’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi…”. Nel corpo del provvedimento, la Corte di Appello di Catania richiama giurisprudenza della Corte di Cassazione, conseguente alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 204/2004, laddove “…è da ritenersi pacifico che le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non attratte nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo perché riservate alla giurisdizione del Giudice ordinario sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali. Ove, invece, si realizzi detta ultima ipotesi, perché la controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante, ovvero la verifica dell’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo…”.
10. Osserva il Collegio che la vicenda processuale, pur scaturendo da una serie reiterata di atti autoritativi della Prefettura-omissis-, con i quali veniva ordinato ai due Comuni parti dell’odierna controversia di conferire/ricevere i rifiuti in un determinato arco temporale, inerisce ad obblighi strettamente patrimoniali nascenti dal rapporto e, più in generale, a posizioni soggettive che attengono al rapporto di dare/avere tra le parti, per le quali è salva la giurisdizione del giudice ordinario.
In particolare, l’art. 33 d.lgs. 80/98 (oggi confluito nell’art. 133 co. 1 lett c) c.p.a.), ratione temporis, ritenuto dall’A.G.O. applicabile al caso di specie, recitava:
“1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
2. Tali controversie sono, in particolare, quelle:
a) concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le aziende speciali, le istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana;
b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi;
c) tra le amministrazioni pubbliche e i soci di società miste e quelle riguardanti la scelta dei soci;
d) in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di gestori dei pubblici servizi;
e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale;
f) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona e delle controversie in materia di invalidità.
3. All'articolo 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sono soppresse le parole: "o di servizi.”.”.
Il noto arresto della Corte Costituzionale n. 204/2004 e la successiva giurisprudenza del giudice regolatore della giurisdizione hanno, a più riprese, evidenziato che l’art. 5 l. n. 1034 del 1971 (oggi art. 133 cod. proc. amm.), nel riservare alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alla materia dei servizi pubblici, eccettuate quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ha inteso far salva la giurisdizione del giudice ordinario soltanto nell’ipotesi in cui la controversia non abbia ad oggetto la determinazione di pretese che implicano l’esercizio di una discrezionalità da parte della p.a., ossia non coinvolga la verifica dell’azione autoritativa di quest’ultima. Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di servizi pubblici, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d’intervento della p.a. a tutela degli interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della p.a. sull’intera economia del rapporto controverso, la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (sul punto, ex multis, Cass. Civ., SS.UU., Ord. n. 10268/2019, Cons. St., Sez. V, n. 2077/2018).
Con la pronuncia del 2004 della Corte Costituzionale, viene, dunque, ad essere abbandonata una nozione ampia di "pubblico servizio", comprensiva di ogni prestazione permeata da evidenti interessi pubblicistici, ancorché la relativa organizzazione possa presupporre un rapporto intersubiettivo tra enti pubblici finalizzato ad assicurare concretamente la fruizione del servizio da parte degli utenti finali. Tale sarebbe, in particolare, il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani reso dal Comune in favore dei suoi cittadini tramite l'utilizzazione di pubblica discarica della quale il Comune stesso è obbligato ad avvalersi, in virtù di provvedimenti autoritativi legati alla nota situazione di emergenza che ha comportato una gestione commissariale affidata al Presidente della Regione Siciliana (C.G.A. n. 938 del 21.12.2005).
A tal proposito, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, il Comune di -omissis- ha chiesto in via subordinata la disapplicazione dell’atto dirigenziale-omissis-del Comune-omissis-, determinativo dei costi di conferimento in discarica. Impregiudicata la mancata impugnazione nei termini sia delle ordinanze prefettizie che della citata determina dirigenziale, quanto al predicato potere di disapplicazione di quest’ultimo atto ad opera del giudice adito, debbono rassegnarsi le seguenti considerazioni.
Il giudice amministrativo ha un potere generale di annullamento e un potere di disapplicazione soltanto in presenza di atti normativi.
Il giudice ordinario ha un potere generale di disapplicazione e un potere di annullamento soltanto nei casi previsti dalla legge.
L’art. 4 della legge abolitiva del contenzioso, 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, prevede che «quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell’autorità amministrativa, i Tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell’atto stesso in relazione all’oggetto dedotto in giudizio». L’atto amministrativo «non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso».
L’art. 5 della stessa legge prevede che «in questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi».
Le norme riportate contemplano due diverse forme di disapplicazione.
La prima forma è di disapplicazione principale e presuppone che l’atto amministrativo sia oggetto di diretta lesione della posizione giuridica fatta valere.
In questi casi, a seguito della creazione della stessa giurisdizione amministrativa, in presenza di un provvedimento che incide negativamente su diritti soggettivi, anche se annullabile, si delinea, normalmente, un rapporto giuridico tra potere pubblico e interesse legittimo oppositivo, con giurisdizione del giudice amministrativo.
La seconda forma è di disapplicazione incidentale che si ha quando l’atto amministrativo non costituisce l’oggetto diretto della lesione e viene in rilievo soltanto in via, appunto, incidentale.
Il terreno di elezione di tale forma di disapplicazione è quello relativo alle controversie tra privati in cui, ai fini della loro risoluzione, può assumere valenza pregiudiziale il giudizio di validità di un atto amministrativo (Cons. St., sez. VI, n. 6792/2020).
Nel caso di specie, è evidente che la richiesta disapplicazione dell’atto dirigenziale si pone in chiave evidentemente strumentale alla domanda principale di rigetto di pretese creditorie, secondo un modello proprio del sindacato del giudice ordinario.
Al giudice amministrativo, dunque, non è consentito esercitare un vaglio sull’atto attraverso un generale potere di disapplicazione; al contrario, questi, ove adito nei termini, avrebbe potuto esercitare la giurisdizione generale di legittimità sull’atto mediante il potere di annullamento.
Il problema che ne residua, in questa sede, è quello di stabilire se la tipologia della controversia all'esame possa o meno ricondursi a taluna fra le materie che l’art. 33 co. 1 d.lgs. 80/98 aveva "ritagliato" in favore della giurisdizione amministrativa, essenzialmente in ragione dell'esercizio di potestà pubblicistiche da parte dell'amministrazione.
A tale quesito il Collegio reputa debba darsi risposta negativa.
Andando per ordine, ripercorrendo il perimetro applicativo della norma:
- è da escludere, pacificamente, che nella specie si configuri una controversia afferente ad un rapporto di concessione di pubblico servizio (con conseguente irrilevanza dell'ulteriore questione relativa alla riconducibilità, o meno, delle prestazioni patrimoniali ingiunte con decreto, nel novero delle "indennità, canoni ed altri corrispettivi");
- è altrettanto da escludere che si versi in materia di attività provvedimentale a carattere autoritativo adottata dalla P.A. o da un privato gestore nell'ambito di un procedimento disciplinato dalla legge n. 241 del 1990;
- è da escludere, altresì, che si versi in materia di "affidamento di un pubblico servizio";
- è da escludere, da ultimo, che la controversia all'esame rientri tra quelle concernenti "la vigilanza e il controllo nei confronti del gestore".
Con particolare riferimento al primo alinea, giova evidenziare che dalla presupposta ed oggettiva inesistenza di un rapporto di concessione di pubblico servizio, deriva la non riconducibilità all’ipotesi di cui all’odierno art. 133 co. 1 lett. c) c.p.a. di quello che il G.O. menziona come provvedimento discrezionale di determinazione dell’indennità, canone o altro corrispettivo dovuto dal Comune di -omissis-. Al contrario, è lo stesso G.O. che richiama le ordinanze prefettizie quale fonte primaria del rapporto tra i due Comuni. Di conseguenza l’atto dirigenziale n.-omissis-del Comune-omissis- (presunto provvedimento tariffario) viene ad assumere una dimensione funzionalmente collegata alle ordinanze prefettizie e temporalmente conseguente ad esse, senza trovare, però, alcun aggancio né fattuale né normativo nell’ambito di un rapporto di concessione di pubblico servizio, disciplinato quanto ai tratti autoritativi e non dal citato art. 33 d.lgs. 80/98, oggi art. 133 lett. c) c.p.a..
Come di seguito si andrà ad enucleare, la vicenda contenziosa non può nemmeno ricadere nel perimetro applicativo delle ulteriori ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di accordi tra PP.AA. (oggi, art. 133 co. 1 n. 2 c.p.a. ed art. 15 l. 241/90) ovvero attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti (oggi, art. 133 co. 1 lett. p c.p.a.).
Preliminarmente, giova rilevare che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (ex plurimis, Cass. Sez. Un. 20350 del 2018, Sez. Un., n. 25578 del 2020, Sez. Un. 13492 del 2021). In tal senso è stata intesa la formula secondo cui "la decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda" di cui all’art. 386 c.p.c..
L'indagine sulla intrinseca natura della situazione giuridica dedotta si risolveva, in passato, nella ricerca del diritto soggettivo perfetto, come tale desumibile da una norma attributiva al titolare di una protezione diretta e immediata (cfr. Cass. Sez. Un. 1894 del 1962, Sez. Un. 789 del 1963), quale condizione ineludibile del radicamento della giurisdizione del giudice ordinario, con effetti pratici in tema di riparto della giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto interessi non assurgenti a (o non emergenti ancora, in limine litis, come) diritti soggettivi perfetti ma neppure (assurgenti) a interessi legittimi. Era concettualmente chiaro che gli interessi legittimi altro non sono che gli interessi che si rapportano al (o si confrontano con il) potere pubblico nella vicenda concreta, ma l'oggetto di indagine in sede di riparto della giurisdizione finiva per essere la posizione giuridica dedotta in causa dall'attore per verificarne la natura o consistenza in termini di diritto-non diritto, piuttosto che la condotta o il comportamento della pubblica amministrazione, onde accertare se questa avesse agito in concreto come autorità o jure privatorum.
La sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 ha avuto il merito di chiarire che condizione ineludibile per configurare la giurisdizione amministrativa, sia di legittimità sia esclusiva, è che la pubblica amministrazione agisca come autorità, e non come "qualsiasi litigante privato" e che oggetto di causa sia sempre la contestazione dell'esercizio del potere in concreto. In questa prospettiva la "intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio" - che costituisce l'oggetto dell'indagine sul petitum sostanziale - viene a coincidere con la verifica della esistenza o meno di una contestazione in concreto dell'esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione-autorità, contestazione che costituisce condizione ineludibile per radicare la giurisdizione amministrativa.
Non è quindi la generica (e spesso opinabile) inerenza (dell'oggetto) della controversia a una "materia" tra quelle elencate nell'art. 133 c.p.a. a far radicare la giurisdizione esclusiva, ma la contestazione delle modalità di esercizio del potere concretamente esercitato dalla pubblica amministrazione in quella materia.
A dimostrarlo è la giurisprudenza costituzionale, la quale, nonostante l'ampiezza (e apparente totalità) della formula legislativa usata nell'indicazione di una delle "materie" di giurisdizione esclusiva, ha dichiarato l'infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni dalla l. 123/2008, che devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie, anche relative a diritti costituzionalmente tutelati, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati". E ciò in ragione del fatto che "l'espresso riferimento normativo ai comportamenti della pubblica amministrazione deve essere inteso nel senso che quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall'amministrazione al di fuori dell'esercizio di un'attività autoritativa. Nella specie - prosegue il giudice delle leggi - venendo in rilievo questioni meramente patrimoniali connesse al mancato adempimento da parte dell'amministrazione di una prestazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio, i comportamenti posti in essere dall'amministrazione stessa non sono ricompresi nell'ambito di applicazione della norma impugnata e rientrano, invece, nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, correttamente adita" (Corte Cost. n. 35 del 2010).
Quanto agli “accordi di diritto pubblico”, questi sono destinati a disciplinare e coordinare l'esercizio di potestà amministrative tra le pubbliche amministrazioni contraenti su oggetti di interesse comune, ma non a regolare questioni meramente patrimoniali tra le parti (da Cass. Sez. Un. 21770 del 2021) e, comunque, in presenza di accordi tra pubbliche amministrazioni è predicabile la giurisdizione esclusiva solo quando la controversia abbia come "oggetto immediato" l'accordo stesso (Cass. Sez. Un. 21652 del 2021) e non vicende meramente patrimoniali ad esso in ipotesi connesse (Cass. Sez. Un. 26291 del 2021). Nella fattispecie, ad ogni modo, non era stato formalizzato alcun accordo tra le PP.AA. coinvolte.
Orbene, dalla ricostruzione degli atti di causa, emerge che il rapporto giuridico in contestazione trae origine dalle ordinanze prefettizie, necessitate da preminenti interessi concernenti la tutela dell’ambiente e della salute pubblica, con le quali viene disposto imperativamente al Comune di -omissis- (e ad altri Comuni) di conferire i propri rifiuti nella discarica del Comune-omissis- ed a quest’ultimo di riceverli. Le ragioni alla base del provvedimento attengono in via esclusiva alla incapacità del comune di -omissis- (e degli altri comuni) di garantire in proprio un servizio pubblico di conferimento dei R.S.U..
Tali ordinanze di necessità ed urgenza sono state reiterate nel tempo, tanto che l’attività di conferimento nella discarica-omissis- ad opera dei comuni impossibilitati a provvedere in proprio, ha assunto una caratterizzazione durevole e prolungata (nel caso oggetto del presente giudizio, il Comune di -omissis- avrebbe versato dal 2003 al 2005).
L’unica fonte che disciplinava l’attività di conferimento dei rifiuti nella discarica-omissis- era dunque rappresentata dalla ordinanza prefettizia di necessità ed urgenza pro tempore, che i Comuni interessati hanno applicato senza muovere alcuna contestazione.
E’ altrettanto vero che le ordinanze prefettizie non regolamentano le modalità prettamente esecutive del conferimento, ossia i limiti del quantitativo da versare, i poteri di controllo sull’attività di conferimento, i costi sostenuti dal Comune-omissis- per “lavorare” i rifiuti altrui nell’ambito del proprio ciclo di gestione, le conseguenti obbligazioni a carico dei Comuni che versavano, i quali – di fatto – si avvalevano di una struttura altrui con conseguente arricchimento e vantaggio per la propria comunità.
In altri termini, tali ordinanze restano al di fuori del perimetro della controversia, riguardante i rapporti di dare-avere tra le parti.
Unica disciplina attinente la fase esecutiva del conferimento è da rinvenirsi nell’atto dirigenziale n.-omissis-della Divisione Igiene Urbana del Comune-omissis-, con il quale viene individuato il costo sostenuto per il ciclo di gestione dei rifiuti versati dai Comuni “terzi”, in ragione del quantitativo versato.
Mentre gli altri comuni interessati, come argomentato dalla difesa del Comune-omissis-, hanno adempiuto alle obbligazioni sorte nel tempo, così come calcolate secondo le modalità di cui alla D.D.-omissis-del Comune-omissis- e riportate nelle fatture conseguentemente emesse, ciò non è avvenuto per il Comune di -omissis-, per le ragioni di parte sopra esposte.
Atteso che gli unici due atti che regolamentano la vicenda in questione sono, dunque, le ordinanze prefettizie e la D.D.-omissis-del Comune-omissis-, emerge ictu oculi come queste siano state incontestate, all’epoca, dal Comune di -omissis-, che non pare abbia proposto soluzioni alternative – anche in sede stragiudiziale – per risolvere in modo ad esso più conveniente il problema dello smaltimento dei R.S.U. della propria comunità. Nei fatti (e sul punto vi è ben più di un principio di prova in atti) il Comune di -omissis- ha versato i propri rifiuti nella discarica individuata dal provvedimento prefettizio.
Ciò su cui il collegio vuol porre l’attenzione non è la tardività dell’impugnazione dei due provvedimenti citati da parte del Comune di -omissis-, bensì la consistenza del perimetro dell’odierno giudizio, che non censura la fase prettamente organizzativa del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti urbani (attuato sulla base di determinazioni autoritative assunte dal Prefetto, nell’ambito di una situazione emergenziale per l’ambiente e la salute pubblica) bensì attiene alle pretese patrimoniali avanzate dal Comune-omissis-, in ragione del rapporto imperativamente scaturito dai citati provvedimenti contingibili ed urgenti. I tratti di attività autoritativa che hanno investito la vicenda nel suo complesso, quanto alla fase organizzativa del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti, si sono esauriti all’epoca dei fatti e sono stati attuati dalle amministrazioni coinvolte in maniera coerente e conforme alle disposizioni prefettizie. Le lamentate lacune del comune di -omissis- (con riferimento alla disciplina di dettaglio omessa dalle ordinanze prefettizie) non hanno impedito il corretto esplicarsi dello svolgimento del servizio pubblico nella sua dimensione organizzativa ed esecutiva, che ha come necessaria ricaduta la quantificazione dei costi sostenuti dal Comune-omissis- e, dunque, delle somme dovute dal Comune di -omissis-.
L’oggetto del giudizio, dunque, attiene, esclusivamente, a questioni patrimoniali connesse all'inadempimento da parte del Comune di prestazioni pecuniarie correlate alla fase di esecuzione di un rapporto obbligatorio.
Non ricorrendo alcuna delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la controversia deve essere risolta sulla base dei criteri generali di riparto.
Non è in discussione l'esercizio del potere o la gestione del ciclo dei rifiuti, intesa quale attività di raccolta, smaltimento e riconversione dei rifiuti solidi urbani organizzata dalla P.A. attraverso attività provvedimentale, discrezionale e autoritativa. Il petitum sostanziale riguarda, dunque, una pretesa - il pagamento del corrispettivo correlato alla fase di esecuzione del rapporto - in relazione alla quale si pongono questioni di natura "negoziale" e a contenuto meramente patrimoniale, mentre non viene in rilievo alcun esercizio di potestà autoritativa da parte della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza delle Sezioni Unite è univoca nell'affermare che la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, ora prevista dall'art. 133, comma 1, lett. p), cod. proc. amm., presuppone che gli atti di gestione siano espressione dell'esercizio di un potere autoritativo della P.A. (o dei soggetti a questa equiparati), mentre quando in giudizio sia dedotto un rapporto obbligatorio avente la propria fonte in una pattuizione di tipo negoziale intesa a regolamentare gli aspetti meramente patrimoniali della gestione, la controversia continua ad appartenere alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 11 luglio 2010, n. 14126; Cass., Sez. Un., 22 novembre 2010, n. 23597; Cass., Sez. Un., 24 maggio 2013, n. 12901; Cass., Sez. Un., 15 novembre 2016, n. 23227).
Tale ultima situazione è stata ai medesimi fini equiparata al caso di pretesa concernente la corresponsione del corrispettivo della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, affidato sulla base di ordinanze contingibili e urgenti adottate (per ragioni di emergenza ambientale) ai sensi del d.lgs. 191/2006, anch’essa devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che essa riguarda unicamente l'esecuzione del rapporto di natura privatistica intercorrente tra le parti e la cognizione di aspetti puramente patrimoniali, senza involgere il sindacato, in via diretta o incidentale, della legittimità dell'attività provvedimentale urgente posta a monte dello stesso, la quale costituisce uno strumento alternativo e sostitutivo del contratto di appalto (Cass., Sez. Un., 24 giugno 2020, n. 12483).
Ci si muove, dunque, nell'ambito di una controversia inerente all'esecuzione del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani, che involge la cognizione di aspetti puramente patrimoniali, rappresentati dal pagamento del corrispettivo maturato (Cass., Sez. Un., 19.07.2021 n. 2053). Tale controversia attiene alla fase "contrattuale" dell'esecuzione del rapporto, da ritenere equipollente, ai fini del riparto, alla stipula del contratto, avendo la Corte di Cassazione stabilito che la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti, diviene operativa nella successiva fase contrattuale afferente all'esecuzione del rapporto, che si apre con la stipula ovvero con l'inizio della esecuzione del contratto, quale alternativa allo stipula dello stesso (cfr. Cass., Sez. Un., 25 maggio 2018, n. 13191).
Tale aspetto emerge, nella sua totale evidenza, anche sulla base della tipologia dell’azione originariamente azionata, attraverso la richiesta di decreto ingiuntivo, successivamente proseguita in sede di giudizio di opposizione. La controversia in esame ha ad oggetto esclusivo pretese di carattere patrimoniale, attinenti alla fase meramente esecutiva di un rapporto pubblicistico, fatte valere dal Comune-omissis- e contestate, sotto vari profili, sia nell’an che nel quantum debeatur dal Comune di -omissis-.
Non appare condivisibile, dunque, il passaggio della sentenza n. -omissis-(con la quale la Corte di Appello di Catania, nell’aderire alla prospettazione del giudice di prime cure, ha confermato il difetto di giurisdizione dell’A.G.O.) laddove ritiene che “l’introdotta controversia, quindi, se pur ha ad oggetto il pagamento di pretesi corrispettivi, implica, foss’anche per le sole difese già convenute nell’atto di opposizione, prima ancora che l’individuazione e la delibazione di clausole negoziali relative al detto compenso, l’accertamento in via principale del contenuto e della disciplina del rapporto (modalità di scarico, quantitativo, natura e consistenza dei poteri di controllo esercitato sul conferimento) e, non ultimo, si risolve nella stessa delibazione del modo in cui il Comune-omissis- si è avvalso dell’esercizio diretto del proprio potere di determinazione, autoritativa e tecnicamente discrezionale (anche in relazione agli adempimenti istruttori che presuppone), della tariffa richiedibile ai comuni conferenti, sì come nella specie stabilita con la determina dirigenziale n. -omissis-: coinvolge, cioè, l’esistenza, l’efficacia e lo svolgimento del rapporto pubblico e la stessa verifica dell’azione autoritativa della P.A. con l’esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi…”.
Invero, al di là del nomen iuris attribuito, il corrispettivo in questione si configura esclusivamente come costo sostenuto dal Comune-omissis-, per la realizzazione e gestione della relativa “fase” della discarica di C.da -omissis-, in ragione delle superiori ed imperative esigenze dei comuni limitrofi, che presentavano obiettive difficoltà nello smaltimento dei R.S.U..
Sul fatto che tale atto possa dirsi espressivo dell’esercizio di un pubblico potere, peraltro discrezionale, il Collegio esprime più di un dubbio, atteso che la determinazione del quantum dovuto dai Comuni conferenti, si appalesa come quantificazione – con funzione meramente compensativa e ripristinatoria – di un costo “anticipato” dal Comune-omissis-, in esecuzione di un provvedimento prefettizio – quello sì – dalla connotazione fortemente autoritativa.
L’atto dirigenziale in questione può essere inquadrato, nell’ambito di una fattispecie a formazione progressiva, quale strumento di mera attuazione della determinazione prefettizia, laddove l’individuazione di quella che impropriamente viene denominata “tariffa” avviene mediante l’estrapolazione dell’onere dovuto dai Comuni interessati (proporzionalmente alla quantità versata) dai costi dell’ordinario ciclo di gestione del trattamento dei rifiuti della comunità-omissis-.
Al di là delle censure del Comune di -omissis- sulla prova della quantificazione dei rifiuti conferiti e del conseguente costo da sopportare (aspetto questo, si ribadisce, attinente alla fase meramente esecutiva e strettamente patrimoniale del rapporto in questione), è incontestato il fatto che il predetto Comune, in ottemperanza (doverosa e non altrimenti fronteggiabile) alle ordinanze prefettizie, abbia conferito i rifiuti del proprio territorio nella prevista discarica del Comune-omissis-. Talché appare inconferente il richiamo al doveroso accertamento in via principale del contenuto e della disciplina del rapporto nonché all’esistenza, l’efficacia e lo svolgimento del rapporto pubblico, operati dall’A.G.O..
Al contrario, è di tutta evidenza che:
- il rapporto controverso ha trovato il suo diretto ed irrinunciabile fondamento nei predetti atti della Prefettura-omissis- (provvedimenti autoritativi, incontestati, idonei ad esaurire la fase organizzativa del servizio pubblico);
- pur mancando un atto negoziale ovvero un’altra forma di accordo di diritto pubblico tra le parti, che disciplinasse il rapporto nella sua dimensione esecutiva, è incontestato che questo abbia trovato compimento con comportamenti concludenti da entrambe le parti;
- la D.D. -omissis-, altro non ha fatto che elaborare – secondo un preciso calcolo matematico – i costi dovuti, espungendoli da quelli ordinari del ciclo di gestione dei rifiuti;
- la sequenza di atti e comportamenti, per come sopra delineata, appare idonea ex se – ai sensi dell’art. 1173 c.c. – a fondare il titolo dell’obbligazione oggetto del presente contenzioso.
Emerge, evidente come, ad oltre 6 anni dall’inizio della presente controversia e ad oltre 20 anni dall’emanazione del predetto atto dirigenziale, ci si trovi a discorrere di aspetti meramente patrimoniali del rapporto che, al più, potrebbero riguardare la corretta quantificazione delle somme dovute in ragione dei documenti prodotti dalle parti, il cui perimetro rimane circoscritto nell’alveo di una fase meramente esecutiva del rapporto, involgendo la quantificazione della prestazione, da una parte (senza alcun aspetto autoritativo, ma ricognitivo), e la correlata controprestazione dall’altra.
La vicenda, dunque, per come articolata in atti, non può essere ricondotta né alla giurisdizione generale di legittimità né ad alcuna delle ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
11. Per tutte le superiori ragioni deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere riproposto ai sensi dell’art. 11 cod. proc. amm..
12. La peculiarità e la complessità delle questioni e l’esito in rito della controversia consentono la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione prima), dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.