Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione afferma un nuovo principio di diritto precisando quando sussiste lo stretto collegamento tra il contratto di mutuo e la polizza assicurativa.
Alla contestuale stipula del contratto di mutuo, il contrante stipulava altresì un'assicurazione sulla propria vita con una società assicuratrice, indicando quale beneficiario, in caso di morte del c.d. portatore di rischio, l'attuale ricorrente. La stipula dell'assicurazione avvenne per il tramite dell'istituto di credito...
Svolgimento del processo
1. Nel 2014 F.V. convenne dinanzi al Tribunale di Venezia la società A.V. S.p.a., esponendo che: -) C.F. il 6 maggio 2013 stipulò con un istituto di credito (V.) un mutuo fondiario, destinato all'acquisto di un immobile; -) contestualmente alla stipula del contratto di mutuo C.F. stipulò altresì un'assicurazione sulla vita propria, per il caso di morte, con la società A.V. S.p.a.; la stipula dell'assicurazione avvenne per il tramite dell'istituto di credito mutuante; la polizza indicava quale beneficiario, in caso di morte del e.cl. portatore di rischio, F.V. ed avrebbe avuto decorrenza dal 2.7.2013; -) il 25 dicembre 2013 C.F. venne a mancare; -) l'assicuratore, tuttavia, rifiutò il pagamento dell'indennizzo, eccependo che il contratto prevedeva un periodo di carenza (ovvero un periodo di inoperatività della polizza) di sei mesi dalla decorrenza del contratto (come s'è detto, fissata al 2.7.2013), periodo che nel caso di specie non era ancora trascorso al momento della morte di C.F. (come s'è detto, avvenuta il 25.12.2013, e dunque otto giorni prima dello scadere del periodo di carenza); -) tale eccezione era infondata, dal momento che il periodo di carenza previsto nel contratto non poteva eccedere la durata di 90 giorni, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 del Regolamento Isvap 40/12. Concluse pertanto chiedendo la condanna della società convenuta al pagamento dell'indennizzo contrattualmente dovuto.
2. Con sentenza 29 febbraio 2016 n. 359 il Tribunale di Venezia accolse la domanda, sul presupposto che nel caso di specie vi era uno "stretto collegamento" tra il contratto di mutuo e il contratto di assicurazione, e che in tale ipotesi l'articolo 1, lettera h, del regolamento Isvap 40/12, imponeva che il periodo di carenza non eccedesse i 90 giorni. La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.
3. Con sentenza 3 gennaio 2019 n. 24 la Corte d'appello di Venezia accolse il gravame della società assicuratrice e rigettò la domanda attorea. La Corte d'appello motivò la propria decisione con i seguenti argomenti: -) la clausola contrattuale che prevedeva un periodo di carenza andava qualificata come clausola di delimitazione del rischio, e di conseguenza non aveva natura vessatoria, per i fini di cui all'articolo 1341 c.c.; -) l'articolo 1, lettera h, del Regolamento Isvap 40/12, che imponeva un periodo massimo di carenza di 90 giorni, non era applicabile al caso di specie. Secondo la Corte d'appello, in particolare, quel regolamento trovava applicazione (e di conseguenza si sostituiva ope legis ai patti contrattuali eventualmente difformi) solo quando la banca erogatrice del mutuo avesse preteso, quale condizione per la stipula del contratto, che il mutuatario stipulasse altresì una assicurazione sulla vita. "Al di fuori di queste ipotesi - ha concluso la Corte d'appello - non vi sono motivi per applicare alla clausola di carenza la diversa e minore durata del periodo di inoperatività della copertura assicurativa previsto dal regolamento Isvap". Nel caso di specie, ha concluso la Corte d'appello, il mutuo stipulato da C.F. non conteneva alcun patto che ne subordinasse la validità o l'efficacia alla stipula di una assicurazione sulla vita, né in quel contratto compariva il nome del beneficiario della polizza (F.V.). Di conseguenza - ha concluso la Corte territoriale - "non è ravvisabile alcun collegamento diretto o indiretto tra i due contratti.
4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da F.V. con ricorso fondato su tre motivi. Ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, la società A.V..
Motivi della decisione
1. Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 1 del regolamento Isvap 40/12. Sostiene che, in virtù di tale norma, si sarebbe dovuta dichiarare nulla la clausola n. 12 delle condizioni generali di assicurazione, la quale come già detto subordinava il pagamento dell'indennizzo ad un periodo di carenza di sei mesi. Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, nessuna norma di legge stabilisce che il regolamento 40/ 12 possa applicarsi solo nel caso in cui il contratto di mutuo subordini espressamente, mercé una clausola ad hoc, l'erogazione della somma alla stipula di un'assicurazione sulla vita. Sicché, conclude il ricorrente, l'interpretazione adottata dalla Corte d'appello sarebbe contraria non solo alla lettera della legge, ma anche alla sua ratio, la quale è il contrasto di pratiche formalmente rispettose, ma sostanzialmente elusive, delle prescrizioni normative dettate a tutela della libertà negoziale del mutuatario.
1.1. Il motivo è fondato. La Corte d'appello di Venezia ha ritenuto che il contratto stipulato tra C.F. e la A.V. S.p.a. non fosse soggetto alle previsioni dell'art. 1, comma 1, lettera h), del Regolamento Isvap 40/12, e che di conseguenza fosse valida ed efficace la clausola che escludeva dall'indennizzabilità l'evento mortale verificatosi entro sei mesi dalla stipula del contratto. La Corte lagunare è pervenuta a questa conclusione ritenendo che i contratti di assicurazione soggetti alle previsioni del Regolamento Isvap 40/12 siano soltanto quelli la cui stipula costituisce condizione di efficacia d'un contratto di mutuo. Sicché, rilevato che il contratto di mutuo stipulato da C.F. con la V. non conteneva alcuna clausola condizionale in tal senso, ha rigettato la domanda di indennizzo.
1.2. L'interpretazione adottata dalla Corte d'appello non può essere condivisa perché essa contrasta con la lettera e con la ratio della legge.
1.3. In primo luogo la sentenza impugnata contrasta con la lettera della legge. L'art. 1, comma 1, del Regolamento Isvap 40/12 così recita: "il contratto di assicurazione sulla vita di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27 soddisfa i seguenti contenuti minimi: (... ) h) periodo di "carenza':· esclusione della carenza in caso di visita medica; negli altri casi, carenza non superiore a 90 giorni dalla decorrenza della copertura assicurativa' La norma, dunque, delimita il proprio ambito di applicazione rinviando all'art. 28, comma 1, d.I. 1 / 12. L'art. 28 cl.I. 1 / 12, nel testo vigente alla data della stipula del contratto (e cioè anteriore alle modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 135, della legge 4 agosto 2017, n. 124) aveva la seguente rubrica: "assicurazioni connesse all'erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo". Il testo recitava: "le banche (...) se condizionano l'erogazione del mutuo immobiliare (...) alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita sono tenut[e] a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche (...) stess[e]. Il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato la polizza sulla vita più conveniente che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo". Dal punto di vista strettamente letterale, dunque, se è vero che il testo della norma parla di "mutui condizionati alla stipula di un contratto di assicurazione", non è men vero che la rubrica della norma recita più generalmente "assicurazioni connesse all'erogazione di mutui". Questa Corte, in più occasioni e nelle più diverse fattispecie, ha ritenuto che la rubrica d'una norma di legge costituisce anch'essa un elemento dal quale l'interprete, nei casi dubbi, non può prescindere (Sez. L, Sentenza n. 16342 del 24/07/2007; Sez. 3, Sentenza n. 15123 del 04/07/2007), ed essa va valorizzata in particolar modo proprio quando abbia una formulazione generica e lata, più ampia delle previsioni contenute nel testo della norma (Sez. 2, Sentenza n. 1051 del 02/05/1964, Rv. 301485 - 01). Nel caso di specie, pertanto, il riferimento alla "connessione" tra contratto di mutuo e polizza assicurativa, contenuto nella rubrica dell'art. 28 d.l. 1/12, impediva di ritenere che tale norma s'applicasse soltanto ai contratti di mutuo contenenti una clausola espressa che ne subordinasse l'efficacia alla stipula d'una assicurazione.
1.4. L'interpretazione adottata dalla sentenza impugnata contrasta, altresì, con la ratio dell'art. 28 d.l. 1/12 e della norma secondaria che ad esso ha dato attuazione (e cioè l'art. 1, comma 1, lettera h, Reg. Isvap 40/12). Tale ratio emerge con evidenza dalla storia di tale norma.
1.4.1. Sin dal 2009 l'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato e l'ISVAP, nei settori di rispettiva competenza, rilevarono il diffondersi di pratiche commerciali scorrette od aggressive nell'erogazione di mutui fondiari. L'Autorità Garante avviò una indagine dalla quale emerse che alcuni istituti di credito avevano subordinato di fatto la concessione di finanziamenti alla sottoscrizione, da parte del mutuatario, di polizze assicurative aventi quale beneficiario l'istituto erogante, a copertura dei rischi di decesso, invalidità permanente, inabilità temporanea totale, malattia grave e perdita d'impiego, pur rappresentando nei relativi materiali pubblicitari e documentazione pre-contrattuale e contrattuale il carattere facoltativo di tali coperture (Delibera AGCM 25 luglio 2012 n. 23764, confermata da TAR Lazio, 9.12.2019 n. 14066).
1.4.2. Contemporaneamente l'ISVAP avviò un'indagine sulla distribuzione delle polizze assicurative abbinate a mutui e prestiti personali, dalla quale emerse che:
a) le polizze abbinate a mutui e prestiti erano sovente difatto imposte dalla banca e dagli intermediari finanziari al cliente, quale condizione per accedere al mutuo o al prestito;
b) le polizze erano vendute quasi esclusivamente con la formula del premio unico, da pagare anticipatamente all'atto della stipula del mutuo, di norma aggiungendo il premio assicurativo all'importo mutuato;
c) la banca richiedeva al cliente di essere designata come beneficiaria o vincolataria delle prestazioni offerte dalla polizza, conseguendo lo scopo di garantirsi la protezione della posizione creditoria, la riduzione del capitale di vigilanza, l'immediatezza della riscossione in caso di sinistro;
d) la banca perseguiva i suddetti scopi addossando il costo della polizza al cliente e richiedendo l'applicazione di provvigioni esorbitanti;
e) a causa di tali politiche di prezzo, le polizze in abbinamento a mutui o prestiti presentavano aliquote provvigionali più elevate in media del 44% rispetto a quelle distribuite dagli agenti [così il Servizio Studi del Senato (a cura del), Scheda di lettura n. 328/III, tomo 1, p. 189 ss., allegata al p.d.L di conversione del d.L 1/12).
1.4.3. A fronteggiare questo stato di cose intervenne dapprima l'ISVAP, con due atti normativi di identico contenuto: l'art. 52 del Regolamento 26 maggio 201O n. 35, che sarà annullato dal Giudice Amministrativo per un vizio procedurale; e successivamente l'art. 1 bis del Provvedimento 6 dicembre 2011 n. 2946 (anch'esso successivamente annullato dal Giudice Amministrativo, ma solo con riferimento alle polizze abbinate ai contratti di leasing, non a quelli di mutuo). Con tali provvedimenti l'ISVAP vietò agli intermediari assicurativi di assumere, anche indirettamente, la contemporanea qualifica di intermediario e beneficiario (o vincolatario) dell'indennizzo dovuto in virtù della polizza stipulata per loro tramite. Il Regolamento, come si legge nella relazione che lo accompagnava, aveva lo scopo di prevenire conflitti di interessi, facilitare la mobilità del mercato dei mutui, colmare le asimmetrie informative tra imprese, intermediari e debitori.
1.4.3. Lo stesso giorno in cui l'ISVAP adottò il Provvedimento 2946/11 intervenne anche il legislatore. Con l'art. 36 bis d.l. 6.12.2011, n. 201 (convertito dalla 1. 22.12.2011, n. 214) venne inserito nell'art. 21 del codice del consumo (d. lgs. 206/05) un nuovo comma 3 bis, il quale stabili che "è considerata scorretta la pratica commercia/e di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini de/fa stipula di un contratto di mutuo, obbliga i/ cliente a/la sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata da/fa medesima banca, istituto o intermediario".
1.4.4. Pochi giorni dopo il d.l. 201/11, infine, venne emanato il d.l. 24.1.2012 n. 1 (convertito nella 1. 24.3.2012 n. 27), il cui art. 28 ha dettato la regola di cui si discorre nel presente giudizio, e sopra trascritta. Nella relazione accompagnatoria del progetto di legge presentato al Senato per la conversione del decreto 1/12 (p.d.l. AS-3110) si legge che esso venne adottato (anche) al fine favorire la concorrenza nel settore bancario e assicurativo; ridurre le rendite di posizione; abbassare il divario fra costi e profitti, nocivo per i consumatori. Nella Scheda tecnica di accompagnamento del p.d.l., infine, si afferma apertamente che la norma "è diretta a modificare fa prassi bancaria consistente nell'abbinamento automatico tra erogazione di mutuo immobiliare e polizza vita, senza che a/ cliente sia offerta la possibilità di effettuare un confronto tra diversi preventivi a tal fine l'art. 28 volle contrastare il fenomeno dell'abbinamento (c.d. b.) tra mutui e assicurazioni sulla vita in due modi:
a) vietando alle banche di imporre al cliente la stipula con un'assicurazione del gruppo (art. 28, comma 1);
b) demandando all'Isvap di stabilire quali dovessero essere i requisiti minimi di tali contratti (art. 28, comma 2).
1.5. L'evoluzione normativa sommanamente riassunta nei §§ che precedono svela che gli scopi dell'art. 28 d.l. 1/ 12 furono molteplici, così riassumibili:
a) prevenire pratiche scorrette, aggressive o abusive da parte del mutuante;
b) garantire al mutuatario la libertà di scegliere la compagnia con cui assicurarsi.;
e) evitare che il mutuante trasferisse il rischio d'impresa sul mutuatario, addebitandogli per di più il costo della traslazione del rischio (e cioè il premio assicurativo).
1.6. Qualunque norma va interpretata in modo conforme alla sua ratio. L'art. 28 d.L 1/12 (e il Regolamento 40/12, che ad esso ha dato attuazione) vanno dunque interpretati nel senso che il contratto di assicurazione non conforme al Reg Isvap 40/ 12 sarà nullo - con sostituzione automatica delle sue clausole, ex art. 1339 c.c. - in tutti i casi in cui la banca mutuataria abbia anche solo di fatto imposto al cliente la stipula della polizza o comunque limitato la sua libertà di scelta, a prescindere dal dato formale della presenza o dell'assenza, nel contratto di mutuo, di una clausola che ne subordini l'efficacia alla stipula di un contratto di assicurazione. Si avrà imposizione di fatto, ad esempio, quando al mutuatario sta lasciato intendere che la stipula della polizza accelererà la pratica; quando non gli sia data alcuna facoltà di scelta dell'assicuratore, né alcuna informazione sul diritto di sceglierne altri; quando i patti del mutuo e dell'assicurazione denotino che l'interesse assicurato, di cui all'art. 1904 c.c., è solo o prevalentemente quello del mutuante a garantirsi contro il rischio di insolvenza del debitore; quando, infine, la stipula della polizza sia indotta con condotte opache, ordite ad dedpiendum alterum.
1.7. Da quanto esposto discende che erroneamente la Corte d'appello, rilevata la mancanza nel contratto di mutuo d'una clausola che ne subordinasse l'efficacia alla stipula d'una polizza assicurativa, ha per ciò solo concluso per l'inapplicabilità al caso di specie del Regolamento 40/12. Avrebbe dovuto, invece, la Corte d'appello indagare (anche d'ufficio, trattandosi di questione di nullità), e in base naturalmente alle prove offerte, se nel caso di specie la stipula del contratto di assicurazione sulla vita fu di fatto imposta dalla banca, oppure la polizza fu semplicemente "offerta", lasciando al mutuatario la facoltà di scegliere se accettarla o meno.
1.8. Le deduzioni svolte dalla società controricorrente nella memoria depositata ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. non consentono di superare i rilievi svolti nei paragrafi che precedono. Deduce in sostanza la società A.V. che nel caso di specie non esisteva alcun collegamento negoziale tra il contratto di mutuo e quello di assicurazione. La polizza infatti non prevedeva alcuna clausola di vincolo; il beneficiario della prestazione non era il mutuante, ma un terzo; il capitale garantito non era collegato con il piano di ammortamento del mutuo; la durata della polizza non coincideva con quella del mutuo; la banca, se avesse voluto subordinare l'efficacia del contratto alla stipula di un'assicurazione, avrebbe dovuto informare preventivamente la compagnia assicuratrice, secondo gli accordi intercorsi tra le due.
1.8.1. Alle suddette deduzioni si deve replicare che non compete a questa Corte stabilire in punto di fatto se, nel caso di specie, il contratto di mutuo e quello di assicurazione stipulati da C.F. fossero o non fossero collegati; se vi sia stato o non vi sia stato un approfittamento del mutuante ai danni del mutuatario; se la banca, assunta la veste dell'intermediario assicurativo, abbia o non abbia assolto correttamente i propri obblighi informativi nei confronti del mutuatario. Oggetto del presente ricorso è unicamente lo stabilire se sia corretta in iure l'affermazione compiuta dalla sentenza impugnata, secondo cui la mancanza nel contratto di mutuo di una clausola che ne subordini l'efficacia alla stipula di un contratto assicurativo imporrebbe di concludere che l'assicurazione stipulata contestualmente ad esso sfugga l alle previsioni di cui all'articolo 28 d.l. 1 / 12. Affermazione, per quanto detto, che non può condividersi, poiché contrastante con la lettera e la ratio della norma appena ricordata.
1.9. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d'appello di Venezia, in differente composizione, la quale nel riesaminare l'appello proposto dalla società A.V. S.p.a. applicherà il seguente principio di diritto: ''sono soggetti alfe previsioni di cui a/l'artico/o 1, comma 1, de/ regolamento Isvap 40/ 12 i contratti di assicurazione ''connessi" o "condizionati" ad un contratto di mutuo, per tafi dovendosi intendere /e polizze fa cui stipula è stata pretesa, imposta o capziosamente indotta da/ mutuante anche in via di mero fatto, a prescindere dall'inserimento nel contratto di mutuo di clausole formali che ne subordinino la validità o l'efficacia alla stipula del contratto assicurativo".
2. Il secondo motivo, se pur formalmente unitario, contiene plurime censure. Con una prima censura il ricorrente deduce che la Corte d'appello ha trascurato di considerare che la banca svolse il ruolo di intermediario assicurativo nell'offrire al mutuatario la stipula della polizza assicurativa; aggiunge che tale errore sarebbe stato determinante perché, se la Corte d'appello avesse considerato tale circostanza, avrebbe dovuto concludere per l'esistenza di una "collegamento" tra il mutuo e l'assicurazione. Con una seconda censura il ricorrente aggiunge che la Corte d'appello avrebbe fatto malgoverno delle norme sull'interpretazione dei contratti, là dove ha negato l'esistenza di un collegamento negoziale tra polizza e mutuo. Con una terza censura il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 2729 c.c., per avere la Corte d'appello trascurato di considerare cinque diversi indizi dai quali desumere il suddetto collegamento (contestualità della sottoscrizione della polizza e del mutuo; identità della somma mutuata col capitale assicurato; durata decennale di ambo i contratti; funzione di intermediario svolta dalla banca; previsione che beneficiario della polizza fosse un soggetto diverso dalla banca).
2.1. Tutte le suddette censure restano assorbite dall'accoglimento del primo motivo di ricorso.
3. Col terzo motivo il ricorrente prospetta il vizio di omesso esame d'un fatto decisivo. Deduce che la Corte d'appello avrebbe trascurato di prendere in esame i cinque indizi già elencati in precedenza.
3.1. Anche questo motivo resta assorbito dall'accoglimento del primo.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il pruno motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.