Al fine di prevenire la diffusione del Covid all'interno degli istituti penitenziari, la disciplina emergenziale configura in senso restrittivo l'incidenza ostativa dei titoli di reato per facilitare l'accesso al beneficio dell'esecuzione della pena detentiva presso il domicilio.
Con la sentenza n. 3695 del 2 febbraio 2022, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e afferma il seguente principio di diritto: «Nel vigore della disciplina derogatoria introdotta dall'
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma confermava l'anteriore decisione del locale Magistrato di sorveglianza, che aveva dichiarato inammissibile l'istanza di esecuzione della pena presso il domicilio, avanzata da S.H. ai sensi dell'art. 1 della legge 26 dicembre 2010, n. 199. Il Tribunale osservava, in via assorbente, che H. era in espiazione di pene concorrenti riferibili anche a delitto ricompreso nel catalogo di cui all'art. 4- bis Ord. pen., in relazione al quale era esclusa la possibilità di conseguire lo speciale beneficio. Né, in materia, si sarebbe potuto procedere al c.d. scioglimento del cumulo, onde verificare l'eventuale intervenuta espiazione riferita al titolo ostativo.
2. Ricorre per cassazione il condannato, tramite il difensore di fiducia. Nell'unico motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, sostenendo che la giurisprudenza di legittimità si sarebbe orientata ad ammettere, viceversa, lo scioglimento del cumulo con riferimento a benefici analoghi, e che un recente intervento normativo (d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 30) avrebbe avallato l'estensione di tale interpretazione, di stampo più garantista.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
2. L'art. 1 della legge 26 dicembre 2010, n. 199, stabilisce, nella disciplina passata a regime (per effetto del d.l. n. 146 del 2013, conv. dalla legge n. 10 del 2014), che la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, è eseguita presso l'abitazione del condannato, o altro luogo pubblico o privato di cura, salvo specifiche esclusioni di tipo oggettivo o soggettivo, e salvo vi sia la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga, o sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti, ovvero manchi un domicilio effettivo ed idoneo, anche in funzione delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato. Tra le esclusioni di tipo oggettivo la disposizione annovera, al suo comma 2, lett. a), l'intervenuta condanna per taluno dei delitti indicati dall'art. 4-bis Ord. pen. (tra cui è incluso il reato di rapina, aggravata ai sensi dell'art. 628, terzo comma, cod. pen., per il quale H. ha riportato condanna).
2. La giurisprudenza di questa Corte, a quest'ultimo proposito, ha di recente ribadito (Sez. 1, n. 11362 del 29/01/2021, S., Rv. 280977-01, conforme al precedente rappresentato da Sez. 1, n. 25046 del 13/01/2012, Z., Rv. 253335-01) che l'esecuzione presso il domicilio della pena detentiva, non superiore ai limiti stabiliti dall'art. 1 legge n. 199 del 2010, anche come parte residua di maggior pena, non può essere disposta nel caso in cui sia in esecuzione un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti comprensivo di titolo riconducibile all'elenco di cui all'art. 4-bis Ord. pen., e ciò pur quando la pena a quest'ultimo relativa sia stata interamente espiata; il cumulo formato tra le pene inflitte, per reati ostativi e reati privi di tale carattere, non può infatti essere scisso al fine di consentire, per la parte di pena imputata ai secondi, l'applicazione del beneficio. Tale conclusione è stata attinta all'esito di una compiuta ricognizione esegetica, letterale e sistematica, dell'istituto in esame, che ne ha evidenziato i tratti caratteristici e distintivi, che lo rendono misura alternativa sui generis, cui si accede (come già avveniva per l'istituto della sospensione condizionata della pena detentiva, ex legge n. 207 del 2003) non previo apposito giudizio di appropriatezza e meritevolezza, ma - anche in deroga agli ordinari criteri di ammissione alla detenzione domiciliare - al solo riscontro, positivo e negativo, dei corrispondenti requisiti di legge, previa valutazione unitaria del rapporto esecutivo e conseguente impossibilità normativa di isolare questa o quella sanzione detentiva dalle altre ad essa cumulate.
3. Il ricorrente non apporta alcun convincente argomento, che induca il Collegio a rimeditare l'indirizzo interpretativo testé enunciato, che deve essere dunque mantenuto fermo rispetto all'istituto a regime.
4. Il ricorrente a ragione evidenzia, però, che la disciplina dell'esecuzione della pena detentiva presso il domicilio è stata incisa dalla legislazione temporanea, dettata per far fronte all'emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus SARS-Cov-2.
4.1. Al fine di prevenire la diffusione del contagio all'interno degli istituti penitenziari, il legislatore dell'emergenza ha agito per ridurne il sovraffollamento. In questa prospettiva, l'art. 123, commi 1 ss., d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. dalla legge n. 27 del 2020, ha inizialmente previsto che, in deroga alla regolamentazione già vigente, il beneficio in parola, dalla data di entrata in vigore del provvedimento e sino al 30 giugno 2020, potesse concedersi, in presenza di un domicilio idoneo ed effettivo, anche a prescindere dalla specifica prognosi di mancata fuga o di mancata recidivanza e sul mero rilievo dell'assenza di «gravi motivi ostativi». In un'ottica di prudente bilanciamento delle tutele, la novella ha peraltro ampliato il campo delle esclusioni all'accesso, sia oggettive che soggettive. Il primo campo, in particolare, è venuto a ricomprendere i reati previsti dagli artt. 572 e 612-bis cod. pen., mentre il secondo campo - che già includeva i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nonché i detenuti assoggettati a regime di sorveglianza particolare ai sensi dell'art. 14-bis Ord. pen. - si è ampliato in modo da ricomprendere i detenuti sanzionati, nell'ultimo anno, per disordini, sommesse o comportamenti criminosi, ovvero incorsi in rapporti disciplinari per disordini o sommesse, che abbiano promosso, o a cui abbiano partecipato, a far data dal 7 marzo 2020. La novella ha inoltre previsto, con limitate eccezioni, l'attivazione di procedure elettroniche di controllo dei soggetti ammessi all'esecuzione della pena al domicilio.
4.2. Successivamente, il d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge n. 176 del 2020, all'art. 30, comma 1, ha riproposto, per il periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del provvedimento e il 31 gennaio 2021, la disciplina derogatoria testé sintetizzata. Nel delimitare il novero dei reati ostativi al beneficio, la nuova disposizione ha reiterato il riferimento ai reati di cui all'art. 4-bis Ord. pen., e a quelli di cui agli artt. 572 e 612-bis cod. pen., stabilendo in aggiunta - «con riferimento ai condannati per delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché ai delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste» - che il divieto di accesso opera «anche nel caso in cui i condannati abbiano già espiato la parte di pena relativa ai predetti delitti quando, in caso di cumulo, sia stata accertata dal giudice della cognizione o dell'esecuzione la connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettere b e c, del codice di procedura penale tra i reati la cui pena è in esecuzione».
4.3. Il limite temporale di applicazione delle disposizioni derogatorie, da ultimo illustrate, è stato dapprima esteso al 30 aprile 2021 (per effetto del d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, conv. dalla legge n. 21 del 2021), e quindi ulteriormente prorogato al 31 luglio 2021 (per effetto del d.l. 22 aprile 2021, n. 52, conv. dalla legge n. 87 del 2021).
5. La disciplina derogatoria, temporaneamente introdotta con l'art. 30, comma 1, d.l. n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020, di seguito più volte prorogata, configura dunque in senso restrittivo, in materia, l'incidenza ostativa dei titoli di reato, allo scopo di facilitare ulteriormente, perdurando l'emergenza sanitaria, l'accesso al beneficio dell'esecuzione della pena detentiva al domicilio. Tale incidenza viene ridotta, perché si ammette, a certe condizioni, la scindibilità del cumulo - il quale comprenda reati incompatibili con il beneficio (perché ricompresi nell'elencazione di cui all'art. 4-bis Ord. pen., o altrimenti individuati), e reati ulteriori - in modo tale da salvaguardare l'accesso al beneficio stesso a seguito dell'espiazione della quota-parte di pena ostativa. Più esattamente, la disciplina in esame individua, nell'ambito delle fattispecie di reato ostative, un sottoinsieme - rappresentato, in sostanza, dai reati di terrorismo e di mafia - rispetto al quale essa circoscrive in modo rigoroso, senza tuttavia escluderla del tutto, la pre-imputazione delle relative pene in caso di cumulo, nell'ottica del suo scioglimento e dell'ammissione del condannato al beneficio al momento della cessata espiazione delle pene stesse. Le suddette operazioni, rispetto alle fattispecie criminose in parola, divengono ora possibili, sia pure nei soli casi in cui non si ravvisi né concorso formale, né continuazione, tra i reati in cumulo, né si ravvisi il nesso teleologico di cui all'art. 12, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Appare evidente che la novellata disciplina, nell'ammettere la scindibilità condizionata del cumulo rispetto alle fattispecie criminose di cui sopra, che appaiono le più gravi e rilevanti tra quelle considerate ostative ai fini dell'accesso alla misura alternativa, implicitamente ne presuppone, e quindi ne autorizza, la scindibilità piena con riferimento agli altri reati che l'art. 30, comma 1, lett. a), d.l. n. 137 del 2020 individua, isolatamente, come impeditivi.
6. La disciplina legislativa, introdotta per la fase dell'emergenza, non innova - è bene ribadirlo - la disciplina a regime, perché essa non ne costituisce interpretazione autentica, né ha l'ambizione di sostituirsi stabilmente alla prima. Si è piuttosto a cospetto di una regolamentazione derogatoria, rispondente all'esigenza di potenziare i margini applicativi di un istituto ritenuto idoneo a deflazionare, per ragioni sanitarie e per il tempo necessario, la presenza della popolazione detenuta negli istituti di pena presenti sul territorio nazionale.
7. In conformità a tali rilievi, deve essere formulato il seguente principio di diritto: "Nel vigore della disciplina derogatoria introdotta dall'art. 30, comma 1 ss., d.l. n. 137 del 2020, conv. dalla legge n. 176 del 2020, il cumulo formato tra pene inflitte per reati dei quali alcuni siano ostativi all'applicazione della misura dell'esecuzione della pena presso il proprio domicilio, ai sensi dell'art. 1 della legge 26 novembre 201O, n. 199, può essere scisso al fine di consentire, per la parte di pena imputata a reati diversi da quelli ostativi, l'applicazione della misura alternativa, nel caso in cui la pena per il reato ostativo sia stata già espiata. Tuttavia, rispetto ai delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché rispetto ai delitti di cui all'articolo 416-bis cod. pen., o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste, la scissione del cumulo è ammessa solo se sia stata accertata dal giudice della cognizione o dell'esecuzione la connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettere b) e c), cod. proc. pen. tra i reati la cui pena è in esecuzione".
8. In applicazione del principio, l'ordinanza impugnata - che ha negato la scindibilità del cumulo in ipotesti che viceversa la consentiva, sulla base della regolamentazione temporanea - deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.