L'odierna ricorrente, condannata al risarcimento dei danni per mancata dearsenificazione delle acque potabili che amministra, adisce la Cassazione deducendo la violazione del principio del chiesto-pronunciato
Svolgimento del processo
1. T. S.p.a. propone ricorso per cassazione della sentenza n. 1104/2020 resa dal Tribunale di Viterbo in relazione all’appello della ricorrente avverso la sentenza con cui era stata condannata a risarcire il danno, pari a € 350,00 per ciascuno subito da P.M., P.A. e P.C. per mancata dearsenificazione delle acque potabili di cui T. era gestore, oltre il rimborso del 50% del canone versato, fino a che l’acqua non sia divenuta potabile ; con la sentenza impugnata è stata dichiarata la carenza di giurisdizione dell’Ago nei confronti della Regione Lazio, chiamata in manleva da T. unitamente ad A., rimasta contumace nel giudizio di appello. T. è stata condannata al pagamento delle spese sopportate da Regione Lazione e A..
2. Il ricorso è affidato a quattro motivi. Si sono costituiti notificando rispettivi controricorsi la Regione Lazio e i sig.ri P. e P..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si deduce Violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, nn. 2 e 3, delle norme in tema di competenza per valore (artt. 7, 10 e 34 1 c.p.c.) e del principio del chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c. violazione, rispetto al valore della controversia e della c.d. clausola di contenimento’ del principio del chiesto pronunciato e conseguente emissione di una statuizione ultra petita. Si deduce il vizio di ultrapetizione per violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte della sentenza in cui il giudice ha statuito il diritto delle parti attrici di ottenere una decurtazione del 50% dei costi di depurazione addebitati fino a quando l’erogazione di acqua potabile non sarà fornita a valori conformi alla legge, avendo gli attori in I grado richiesto una condanna nei limiti di valore del Giudice di Pace adito).
1.1. Secondo la ricorrente, l’assenza di una quantificazione economica certa dettata anche eventualmente da un termine finale apposto, conosciuto e/o conoscibile, comporta inequivocabilmente l’indeterminatezza nel valore della statuizione de qua.
1.2. Il motivo è fondato con riferimento al limite di valore previsto per le controversie innanzi al Giudice di Pace.
1.3. Il Tribunale in accoglimento dell’appello incidentale degli attori ha accertato il diritto degli attori alla riduzione al 50% dei costi di depurazione indicati nella tariffa idrica da versare alla T. spa nei periodi di riferimento, fino a quando non sarà erogata acqua potabile. Non si tratta di mera dimenticanza come si deduce nel controricorso, ovvero di una sorta di errore materiale, ma è statuizione ultrapetita avendo gli attori in origine delimitato il petitum nell’ambito della competenza del GdP.
1.4. Stante la espressa limitazione della domanda alla competenza per valore del Giudice di pace, il capo di condanna censurato, concernente i danni futuri patienti dagli attori, avrebbe dovuto essere contenuto entro il limite della cd. clausola di contenimento, pena l'ultrapetizione.
1.5. Ed invero questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. Cass., Sez. Terza, 5/09/2011, n. 18100 e 11/12/2003, n. 18942) che: «In caso di proposizione cumulativa di più domande, qualora l'attore abbia dichiarato di voler limitare complessivamente le domande nell'ambito della competenza per valore del giudice adito (cosiddetta "clausola di contenimento"), tale limitazione ha effetto non solo ai fini dell'individuazione del giudice competente per valore ma, nel caso del giudice di pace, anche in relazione alla scelta del criterio di decisione e, in ogni caso, anche in relazione al merito, con la conseguenza che è viziata da ultrapetizione la sentenza che, accogliendo la domanda, vada oltre il limite indicato con la clausola di contenimento».
1.6. A tale orientamento va data continuità in questa sede.
1.7. Non potendo, quindi, il danno futuro pari al 50% delle spese di depurazione essere ritenuto accessorio rispetto alla domanda risarcitoria principale, lo stesso si cumula con questa, ai fini della -7- Ric. 2019 n. 35570 sez. SU - ud. 14- 09-2021 determinazione del valore della causa (Cass., Sez. Seconda, 14/03/1978, n. 1282).
2. Con il secondo motivo si contestano violazioni degli artt 141 ss TU Ambiente n. 152/2006, artt. 9,12,13, d.lgs 31/2001 e Opcm 3921/2011 rapportati ad art. 1218 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c. La sentenza viene impugnata nella parte in cui, nel dichiarare il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. in ordine alla domanda di manleva proposta dalla T. S.p.a. nei confronti della Regione (e dell’Autorità d’Ambito ATO n. 1 – Lazio Nord – Viterbo, domanda poi rinunciata con sua estromissione dal giudizio), ha ritenuto che il rapporto T. e l’ente regionale sia di natura amministrativa..
3. Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo e rilevante ex art. 360 n. 5 c.p.c.. Il Tribunale avrebbe omesso di valutare la normativa richiamata nel precedente motivo di ricorso e i documenti offerti in ordine al ruolo-chiave dell’Ente Regionale. Da tali atti emergerebbe che l’intervento della Regione a mezzo della gestione – diretta o a mezzo di soggetti privati delegati a seguito di bando di gara – di parte delle fasi del S.I.I. in via emergenziale, come da normativa di settore vigente, implicherebbe l’impossibilità per la T. di intervenire sull’acqua erogata e, quindi, la renderebbe esposta a inadempimento contrattuale, con la conseguenza che essa dovrebbe essere manlevata dalla Regione.
3.1. Il secondo e terzo motivo vanno trattati congiuntamente in quanto collegati alla medesima questione di giurisdizione, negata dall’AGO.
3.2. Il secondo motivo è fondato determinando l’ assorbimento del terzo .
3.3. Il Tribunale ha affermato, con plurime argomentazioni, nonché il richiamo a varie pronunce di questa Corte, la carenza di giurisdizione dell’AGO in quanto la domanda non si fonda su un rapporto privatistico, ma attiene alla contestazione della modalità e correttezza dell’esercizio del potere amministrativo da parte della regione Lazio, non sussistendo un rapporto privatistico tra la società e il gestore del S.I.I. Pertanto, ha rilevato la sussistenza della giurisdizione, sul punto, del G.A. ex art. 133 cod. proc. amm., con conseguente dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario limitatamente alla domanda di manleva proposta, non potendo in tal caso operare il principio di connessione (citando opportunamente Cass., Sez. U, n. 3508/2003, n. 7447/2008 e n. 21070/2019). Per altra via ha statuito la carenza di legittimazione passiva della Regione Lazio in relazione alla domanda di manleva.
3.4. Va però evidenziato che la domanda di garanzia impropria proposta dal Gestore verso l'Ente altro non è che il riflesso della domanda risarcitoria rivolta contro il Gestore stesso e sulla quale, come già affermato, sussiste la giurisdizione dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria. Non può, pertanto, pervenirsi a diverse conclusioni per la domanda accessoria, rispetto a quella principale ( Cass. Sez. U. n. 36897/21; Cass., Sez. Un., 33209/2018).
3.5. Tanto si ricava principalmente da Cass. Sez. U. n. 36897/21 che, pronunciandosi proprio su questa questione, e sostanzialmente riconsiderando i precedenti in proposito, ha affermato che la giurisdizione sulla domanda di garanzia formulata dal gestore del servizio di erogazione delle acque nei confronti dell’ente pubblico che sovrintende su tale servizio spetta al giudice ordinario, quale riflesso della giurisdizione sulla domanda principale.
4. Con il IV motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. con riguardo alla condanna di T. al pagamento delle spese in favore di A. Lazio Nord”, nonostante sia rimasta contumace in appello.
4.1. Il motivo è fondato.
4.2. La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace (o intimato in sede di giudizio di cassazione) ancorché vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto. In sintesi, non si può disporre la condanna alle spese in favore di chi ha deciso di non costituirsi in causa, come statuito in più occasioni (Cass. Sez. U. n. 36897/21 in fattispecie sovrapponibile; Cass., Sez. III, n. 16786 del 26.06.2018; Cass. n. 16174 del 2018; Cass., Sez. VII, n. 20869 del 06.09.2017; Cass., n. 17432 del 2011).
4.3. Conclusivamente la Corte accoglie il ricorso quanto al primo, secondo e quarto motivo, assorbito il terzo; cassa la sentenza e rinvia al tribunale di Tivoli anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso quanto al primo, secondo e quarto motivo, assorbito il terzo; per l’effetto, rinvia al tribunale di Tivoli, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021, nella camera di consiglio della sezione sesta- sottosezione terza civile.