
Ai fini della responsabilità penale è necessario che la condotta dell'agente sia sorretta dal dolo, che non può essere considerato in re ipsa ma deve essere rigorosamente provato.
L'imputato veniva condannato per non avere comunicato il maggior reddito familiare conseguito nell'anno, superiore al limite di legge pari a 13.594,23 euro, omissione che gli aveva garantito l'accesso al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
Avverso tale pronuncia, l'incolpato propone ricorso per cassazione...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 2 novembre 2020 la Corte di appello di L'Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Avezzano con cui P.D.I. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 95 d.P.R. 115/2002, per non avere comunicato, nei termini previsti, di avere conseguito per l'anno 2016 un reddito familiare pari ad euro 16,364,10, superiore al limite fissato dalla legge pari ad euro 13.594,23, con l'aggravante di avere ottenuto l'ammissione al beneficio.
2. Avverso il provvedimento propone ricorso P.D.I., a mezzo del suo difensore, affidandolo a tre motivi.
4. Con il primo lamenta la falsa applicazione dell'art. 5 cod. pen. con riferimento agli artt. 76, comma 1 e 95 d.P.R. 115/2002, nonché il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo. Ricorda che la fattispecie di cui all'art. 95 d.P.R. 115/2002 è reato sorretto da dolo generico, che deve essere rigorosamente provato, non potendo l'elemento soggettivo evincersi dall'elemento materiale del reato, né essendo punibile il falso derivato da mera leggerezza o negligenza dell'agente. Sottolinea che il superamento del limite reddituale è minimo e che la Corte, benché sollecitata non ha tenuto in considerazione\l'errore del ricorrente consistito nel non avere rilevato la variazione di reddito in relazione all'anno di imposta è stato condizionato dall'interpretazione della norma che si assume violata, dovendosi considerare anche la facilità di incorrere in sviste contabili. Ricorda che il Procuratore generale presso la Corte di appello aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non costituisce reato.
5. Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen. ed il vizio di motivazione. Sostiene che la ragioni che hanno indotto il primo giudice ad escludere la recidiva ed a concedere le circostanze attenuanti generiche avrebbero dovuto indurre il più favorevole bilanciamento in regime di prevalenza della diminuente sull'aggravante contestata. Rileva che il rigetto della doglianza formulata con l'appello, è fondato su una motivazione meramente apparente, perché priva di qualsivoglia spiegazione, anche in ordine alla scarsa gravità del fatto e l'esiguità dello scostamento del limite reddituale.
6. Con il terzo motivo si duole della violazione di legge con riferimento al disposto degli artt. 163 e 164 cod. pen. e del vizio di motivazione. Ricorda che con l'atto di appello si era sottolineato che il precedente penale, risalente a ventisei anni prima del fatto in contestazione, non era ostativo alla concessione di una seconda sospensione della pena. Osserva che la motivazione della Corte di appello, in risposta alla censura formulata,) nulla aggiunge rispetto alla sentenza di primo grado, essendosi la Corte limitata ad affermare che 'la ricaduta nel reato dopo diversi anni dalla prima condanna non consente di emettere una prognosi favorevole sulla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati. Lamenta la mera apparenza del tessuto argomentativo. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
7. Con requisitoria ai sensi dell'art. 23, comma 8 d.l. 137/2020 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
8. Con memoria in data 22 novembre 2021 la difesa del ricorrente ha ribadito le ragioni della fondatezza delle doglianze formulate con il ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Il primo motivo è infondato.
3. Questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che "Le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di cui all'art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico rigorosamente provato che esclude la responsabilità per un difetto di controllo da considerarsi condotta colposa, e salva l'ipotesi del dolo eventuale. (Sez. 4, n. 7192 del 11/01/2018, Zappia, Rv. 272192; Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015, Di Stasi e altri, Rv. 264328; Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264). È stato altresì affermato che il dolo generico -anche eventuale- non può essere considerato in re ipsa ma deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso deriva da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell'agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo (Sez. 4, n. 37144 del 05/06/2019, B.L.M., Rv. 277129; Sez. 4, n. 4623 del 15/12/2017 - dep. 31/01/2018, A., Rv. 271949). Come chiarito da questa Sezione, "Ciò, peraltro non significa che l'errore del dichiarante in ordine alla nozione di reddito ai fini dell'applicazione della disciplina del patrocinio a spese dello Stato, sia configurabile come errore scusabile, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legge penale» ai sensi dell'art. 47 cod. pen. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa neanche implicitamente richiamata (Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, B., Rv.. 263013, proprio in tema di falso nella dichiarazione concernente istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato). La necessità del dolo generico esclude che si possa rispondere per un difetto di controllo, che in termini giuridici assume necessariamente le fattezze della condotta colposa, salva l'emersione di un dolo eventuale. Dolo eventuale che tuttavia non può essere evocato alla stregua di una formula 'di chiusura', per sottrarsi al puntuale accertamento giudiziario. Al contrario, esso deve essere compiutamente dimostrato, non ignorando le prescrizioni metodologiche impartite dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, E., Rv. 261105), per le quali, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento (che in casi come quello in esame assume la connotazione di evento in senso giuridico) che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa" (così Sez. 4, Sentenza n. 4623 del 15/12/201/, dep. 31/01/2018, Rv. 271949).
4. La doglianza, tesa a dimostrare la carenza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del dolo, nondimeno, non indica le circostanzi dalle quali dovrebbe inferirsi che la contestata omessa comunicazione della variazione reddituale per l'anno di imposta 2016 sia stata frutto di leggerezza o di errore contabile, a fronte della considerazione della Corte territoriale, secondo cui il dolo è desumibile dal fatto che il maggior reddito, comportante la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è stato prodotto dall'imputato e non dai componenti del nucleo familiare, ciò rendendo evidente la coscienza e volontà di attestare il falso. Il mancato confronto con gli argomenti esposti dal giudice di seconda cura e l'assenza di un'effettiva articolazione dei profili sottoposti rendono generica la censura.
5. Il secondo motivo è inammissibile. E' sufficiente ricordare che "In tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall'art. 133 cod. pen., senza che occorra un'analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati" (da ultimo: Sez. 5 - , Sentenza n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838). Nel caso di specie, la Corte dà atto che la pena inflitta è stata determinata in misura pari al minimo edittale e che non sono ravvisabili elementi rilevanti al fine di formulare un bilanciamento in regime di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Rispetto a siffatto argomento il ricorrente non formula adeguate censure, limitandosi a sostenere che le stesse considerazioni che avevano condotto il primo giudice a ritenere la diminuente accordata equivalente all'aggravante contestata avrebbero potuto sostenere un bilanciamento più favorevole.
6. Il terzo motivo è fondato. Invero, il giudice di seconda cura, nel negare la sospensione condizionale della pena, incorre in una petizione di principio laddove afferma che il diniego del beneficio di cui all'art 163 cod. pen. è giustificato dall'avere il ricorrente già ottenuto la sospensione condizionale per una precedente condanna, risalente nel tempo, derivando dalla ricaduta nel reato la prognosi sfavorevole sulla futura astensione dalla commissione di reati.
7. L'assunto si pone in contrasto con il disposto dell'art. 164, comma 4 cod. pen. che consente di concedere la sospensione condizionale allorquando la pena inflitta con la nuova condanna cumulata con quella irrogata con la precedente condanna non superi i limiti di cui all'art. 163 cod. pen., purché sia possibile formulare un giudizio prognostico positivo sulla futura astensione dal commettere nuovi reati. La valutazione, nondimeno, non può consistere solo nella constatazione della ricaduta nel reato, dovendo confrontarsi con i parametri di cui all'art. 133 cod. pen., da cui ricavare, in concreto, che le modalità del fatto e la personalità del condannato sono evocative di un'incapacità di controllo per il futuro. Siffatto giudizio deve essere particolarmente approfondito laddove la precedente condanna sia assai risalente nel tempo, dovendosi dar conto delle ragioni per le quali le caratteristiche delle modalità della condotta che connotano il nuovo reato, seguito ad una lunga astensione dalla commissione di illeciti penali, sono tali da poterne ricavare una prognosi negativa.
8. La sentenza va dunque annullata con rinvio limitatamente all'omessa concessione della sospensione condizionale della pena, dichiarando inammissibile il ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la sospensione condizionale della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia. Rigetta il ricorso nel resto.