La definitiva chiusura della società e la cancellazione dal Registro delle Imprese comporta la cessazione dalla carica di liquidatore, conseguendone che il mandato all'avvocato è conferito a titolo personale e non in qualità di rappresentante della società.
Rilevando il difetto di legittimazione passiva del convenuto, il Tribunale di Brescia rigettava la domanda di un avvocato con cui chiedeva la condanna della controparte al pagamento dei propri compensi.
In sede di gravame proposto dal legale, la controparte si opponeva alla pretesa di pagamento affermando di non aver...
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. l'avv. (omissis) chiedeva al Tribunale di Brescia di condannare (omissis) al pagamento dei propri compensi a saldo, per complessivi € 5.190,40. Con ordinanza del 5.4.2011 il Tribunale dichiarava la carenza di legittimazione passiva dello (omissis) rigettando la domanda. Avverso tale ordinanza proponeva appello l'avv. (omissis) per ottenere la riforma del provvedimento. Si costituiva lo (omissis) contestando le avverse deduzioni e chiedendo nel merito di respingersi l'appello e di confermare l'ordinanza impugnata. Evidenziava di non aver conferito all'Avv. (omissis) alcun incarico a titolo personale e per conto proprio, ma quale rappresentante della società (omissis) s.r.l., per cui si opponeva alla pretesa di pagamento eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva. Con sentenza n. 1236/2016, depositata in data 5.12.2016, la Corte d'Appello di Brescia accoglieva l'appello condannando (omissis) al pagamento di € 5.190,40 e alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio. Osservava la Corte territoriale che nel novembre 2004, cioè all'epoca in cui (omissis) conferiva all'avv.(omissis) l'incarico diretto a ottenere la revoca del fallimento della società (omissis) s.r.l., quest'ultima era ormai cessata da ben 8 anni. Pertanto, non vi era dubbio che la definitiva cessazione della suddetta società e la sua cancellazione dal Registro delle Imprese aveva comportato la definitiva cessazione dello (omissis) dalla carica di liquidatore; di tal guisa il mandato per agire in giudizio non poteva che essere stato conferito da (omissis) (omissis) in proprio. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione (omissis) sulla base di un motivo. L'Avv. (omissis) è rimasto intimato.
Motivi della decisione
1. - Con il motivo, il ricorrente lamenta ex «Art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. - per violazione o falsa applicazione di norme di diritto - in relazione all'art. 2495 c.c., nonché dell'art. 18 della Legge Fallimentare». Osserva il ricorrente che nella fattispecie trova applicazione l'art. 2495, comma 2 c.c., come interpretato in epoca precedente all'introduzione della riforma del diritto societario, essendo la società (omissis) s.r.l. stata cancellata dal Registro delle Imprese nell'anno 1996. Infatti, solo per le cancellazioni adempiute successivamente al 1° gennaio 2004 (data di entrata in vigore dell'art. 4 del D.Lgs. n. 6/2003) può trovare applicazione il principio per cui la cancellazione dal Registro delle Imprese determina l'immediata estinzione della società, indipendentemente dall'esaurimento dei rapporti giuridici a essa facenti capo.
1.1. - Il motivo è inammissibile.
1.2. - Gli argomenti spesi dal ricorrente e la prospettazione sottesa agli stessi sono del tutto incongrui rispetto alla decisione oggetto di ricorso per cassazione.
Ed infatti, la Corte del merito ha ritenuto di ascrivere allo (omissis) in proprio e non quale liquidatore della società (omissis) srl, il conferimento del mandato all'avv. (omissis), considerato che le prestazioni professionali di detto avvocato riguardavano l'opposizione alla sentenza di fallimento della società, proposta dallo (omissis) e l'esecuzione forzata ai danni degli eredi della creditrice istante; che nel novembre 2004, alla data del conferimento di incarico all'avvocato, la società era cessata da ben ! otto anni; che l'opposizione a sentenza di fallimento può essere proposta da non solo dal debitore ma da qualunque interessato; che nell'atto introduttivo del giudizio per revoca del fallimento, lo stesso (omissis) aveva fatto valere il proprio interesse ad agire non per rivestire carica attuale nella società, ma per essere stato nel corso degli anni 90, prima amministratore e poi liquidatore, da cui l'interesse a neutralizzare ogni riferibilità tra la dichiarazione di fallimento e la propria persona. Tanto rilevato, la Corte ha concluso nel ritenere provato che il mandato all'avv.(omissis) fosse stato conferito dallo (omissis) in proprio.
Orbene, la Corte territoriale, sulla base di plurimi indizi, ha congruamente individuato nello(omissis) in proprio colui che aveva conferito all'avv.(omissis) il mandato professionale. Trattasi, all'evidenza, della individuazione di un fatto, ovvero chi fosse il conferente del mandato, in relazione al quale nessuna incidenza può attribuirsi al disposto di cui all'art. 2495 c.c. ratione temporis applicabile.
2. - Il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in assenza di costituzione in giudizio dell'intimato. Va emessa la dichiarazione ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.