La Cassazione illustra in quale caso si configura un'ipotesi speciale di anatocismo legale che si sottrae al divieto generale previsto dal Codice civile.
Dopo la risoluzione di un contratto di mutuo fondiario intercorso tra gli attori e una banca, il Tribunale condannava quest'ultima al pagamento di una determinata somma, decisione confermata anche in sede di appello, ove la Corte d'Appello aveva ritenuto che ai mutui bancari sia fondiari che ordinari si applicassero, con riferimento al calcolo...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 125/2011 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto - sez. dist. di Milazzo, pronunciando in esito ai giudizi riuniti promossi da M.G.G., G.L., M.A. e M.F. nei confronti del Banco popolare società cooperativa per l'ottenimento della declaratoria di illegittimità e/o invalidità del contratto di mutuo fondiario intercorso tra le parti e per l'opposizione all'atto di risoluzione del mutuo notificato ad essi attori dalla citata banca, condannava quest'ultima al pagamento della somma di euro 19.197,38, oltre interessi legali dal 1° aprile 2005, e dichiarava come dovuta la somma di euro 5.044,98, quale debito degli attori nei confronti della stessa banca, determinata come parte residuale degli interessi maturati e degli esborsi inerenti al finanziamento, con spese compensate.
2. Decidendo sull'appello proposto avverso la predetta sentenza dalla menzionata convenuta e nella costituzione degli appellati, la Corte di appello di Messina, con sentenza n. 699/2016 (pubblicata il 22 novembre 2016), lo rigettava, confermando l'impugnata sentenza e condannando l'appellante alla rifusione delle spese del grado. A fondamento dell'adottata pronuncia e per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte messinese riteneva che ai mutui bancari sia fondiari che ordinari erano, con riferimento al calcolo degli interessi, senz'altro applicabili le limitazioni previste dall'art. 1283 c.c. (in materia di divieto di anatocismo), non venendo in rilievo, in senso opposto, l'esistenza di un uso bancario contrario a quanto normativamente sancito. Riteneva, poi, il giudice di appello che - pur a fronte di un mutuo stipulato, nel caso di specie, nel 1989 - l'applicazione di interessi superiori alla soglia di usura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 108/1986, comportava la configurazione di un comportamento contrario a buona fede da parte della banca mutuante ed imponeva, pertanto, una rideterminazione degli stessi entro il limite coincidente con detta soglia.
3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a due motivi, il Banco B. S.p.a. (quale avente causa del Banco popolare-società cooperativa), resistito con unico controricorso da parte di tutti gli intimati. La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la banca ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 14, commi 2 e 3, del d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, che prevede la debenza degli interessi di mora sul mutuo fondiario in deroga al divieto di anatocismo di cui all'art. 1283 c.c. Nel confutare l'impugnata sentenza la ricorrente ha sostenuto che - secondo la giurisprudenza di legittimità - i rapporti di mutuo stipulati antecedentemente al 1° gennaio 1994 (come quello dedotto in controversia) restano regolati dalle norme anteriori e ciò perché, in tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento, donde l'affermazione della legittimità della previsione dell'anatocismo nei mutui fondiari. Pertanto, nell'ipotesi della conclusione di siffatti mutui, viene a configurarsi una speciale ipotesi di anatocismo legale che si sottrae al divieto generale contemplato dall'art. 1283 c.c., con la conseguenza che gli interessi corrispettivi, compresi nella rata di mutuo scaduta, possono essere capitalizzati se il contratto lo prevede e producono interessi moratori fino alla data del pagamento. Perciò - ha rimarcato la ricorrente - non può ritenersi che tale meccanismo possa essere ricondotto all'esistenza di un uso bancario, come ravvisato nella sentenza di appello, poiché esso trova fondamento nell'applicazione del citato art. 14 della d.P.R. n. 7 del 1976.
2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto la violazione della legge n. 108 del 1996 e dell'art. 11 delle cc.dd. preleggi, sul presupposto che detta legge deve intendersi applicabile solo ai rapporti instauratisi successivamente alla sua entrata in vigore e che, quindi, la relativa disciplina non avrebbe potuto essere applicata retroattivamente nel caso di specie in cui il mutuo era stato stipulato in data anteriore.
3. Rileva il collegio che il primo motivo è manifestamente fondato alla stregua dell'univoca giurisprudenza di questa Corte (evocata anche in ricorso), secondo cui, in tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo (sul presupposto della pacifica circostanza di fatto che, nella fattispecie, tale tipo di contratto fu stipulato nel maggio 1989) comporta, ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, e dell'art. 16 della legge 6 giugno 1991, n. 175 - così come avviene ai sensi dell'art. 38 del r.d.l. 16 luglio 1905 n. 646 - l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento (cfr. Cass. n. 2149/2006, Cass. n. 9695/2011 e Cass. n. 25412/2013). Non può, perciò, considerarsi pertinente il riferimento, contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, al profilo dell'opzione dei contraenti di non pagare la rivalutazione monetaria, che riguarda un altro aspetto. Né può ritenersi appropriato il richiamo della sentenza di questa n. 11400/2014, poiché attiene alla specifica e diversa fattispecie in cui avviene la trasformazione del credito fondiario in un contratto di finanziamento a medio e lungo termine, nel qual caso, invece, trovano applicazione le limitazioni di cui all'art. 1283 c.c., donde il mancato pagamento di una rata di mutuo non sarebbe più idoneo a determinare l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte rappresentata dagli interessi corrispettivi, dovendosi altresì escludere la vigenza di un uso normativo contrario. In accoglimento del motivo in esame, deve essere, perciò, affermato il princ1p10 di diritto (al quale dovrà conformarsi il giudice di rinvio), in base al quale, nell'ipotesi della conclusione di mutui fondiari, si configura - per effetto della previsione di cui all'art. 14 del d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7 - una speciale ipotesi di anatocismo legale che si sottrae al divieto generale contemplato dall'art. 1283 c.c., con la conseguenza che gli interessi corrispettivi, compresi nella rata di mutuo scaduta, possono essere capitalizzati se il contratto lo prevede e producono interessi moratori fino alla data del pagamento.
4. È fondato anche il secondo motivo alla stregua del principio statuito dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 24675/2017, risolutiva del contrasto antecedente sulla questione dell'applicabilità o meno della legge n. 108/1996 anche ai contratti di mutuo stipulati antecedentemente (come quello di cui trattasi) alla sua entrata in vigore. Con tale principio - a cui pure dovrà uniformarsi il giudice di rinvio - le Sezioni unite hanno affermato che nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto, e ciò, in particolare, alla stregua della norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 394 del 2000 (conv., con modif., dalla I. n. 24 del 2001), della quale la Corte costituzionale ha - con sicura incidenza sulla questione - escluso la sospetta illegittimità, per violazione degli artt. 3, 24, 47 e 77 Cast., mediante la sentenza n. 29 del 2002. Pertanto, è da ritenersi esclusa la illiceità della pretesa del pagamento di interessi a un tasso che, pur non essendo superiore, alla data della pattuizione (con il contratto o con patti successivi), alla soglia dell'usura definita con il procedimento previsto dalla citata legge n. 108/1996, superi tuttavia tale soglia al momento della maturazione o del pagamento degli interessi stessi.
5. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, devono essere accolti entrambi i motivi del ricorso, con la conseguente cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio della causa alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi agli enunciati principi di diritto, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione.