Le Sezioni Unite Civili affrontano il tema del diritto al risarcimento preteso dai soggetti danneggiati dall'esondazione di un fiume nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Una società chiedeva al Tribunale regionale delle Acque pubbliche presso la Corte d'Appello di Roma di condannare il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti al risarcimento dei danni derivanti dall'esondazione del fiume Tronto.
Il Giudice rigettava tale richiesta sostenendo che il fatto generativo del danno era...
Svolgimento del processo
- il Tribunale regionale delle Acque pubbliche presso la Corte d'appello di Roma rigettò la domanda proposta dalla T.P.G. & C. s.n.c., la quale aveva chiesto condannarsi il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti a risarcire i danni che erano derivati all'attrice dall'esondazione del fiume Tronto, verificatasi nei giorni 8/10 aprile 1992; - il Giudice disattese la domanda sulla base del seguente ragionamento: il fatto generativo del danno era conseguenza di un reato, che la Corte d'appello di Perugia, con sentenza del 2008, aveva dichiarato prescritto per il decorso di complessivi quindici anni, confermando, tuttavia, la responsabilità civile del funzionario pubblico imputato; o poiché la conoscenza del nesso causale tra il danno e l'esondazione doveva farsi risalire al momento del rinvio a giudizio dell'imputato, in data 21/12/2000, la società istante avrebbe dovuto notificare il ricorso entro quindici anni dalla predetta data, quindi, entro il 21/12/2015; poiché la notifica dell'atto era stata effettuata il 26/9/2016 il diritto si era prescritto, non potendosi assegnare effetto interruttivo alla lettera di messa in mora, datata 10/3/2015, prodotta in giudizio priva della ricevuta di ritorno attestante l'avvenuta consegna e della dicitura "raccomandata a. r."; il Tribunale superiore delle Acque pubbliche rigettò l'impugnazione della T.P. in quanto la <<non straordinarietà dell'evento avrebbe potuto essere immediatamente percepita dal danneggiato con la normale diligenza, essendo evidenti fin dall'inizio le carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche poi tardivamente denunciate e il nesso di causalità con i danni subiti>> e, di conseguenza, ritenne irrilevante disquisire a riguardo dell'effettiva ricezione della raccomandata del 10 marzo; - la T.P. propone ricorso avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche sulla base d'unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria; resiste con controricorso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Motivi della decisione
1. La ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2938, 2697, co. 2, 2935 cod. civ.
1.1. Assume la T.P. che il Ministero aveva, eccependo la prescrizione, indicato il "dies a quo" nell’anno 1985, nel quale erano state realizzate le opere di sistemazione idraulica. Riferimento, questo, radicalmente irragionevole, stante che il diritto al risarcimento era sorto solo con l'evento dannoso, verificatosi nel 1992. Il Tribunale superiore aveva reputato che la danneggiata avrebbe potuto avere conoscenza del nesso causale tra danno e cattiva messa in opera delle opere predette con l'esercizio dell'ordinaria diligenza. Trattavasi, precisa l'impugnante, dell'evocazione di fatti sintomatici, non precisati dalla sentenza, mai allegati e, tantomeno provati, dalla controparte.
1.2. Da ciò derivava, anche l'illegittima inversione dell'onere della prova: <<il TSAP, anziché verificare, ai fini della valutazione della fondatezza dell'eccezione di prescrizione, se la parte che l'aveva sollevata aveva dimostrato il fatto che permettendo l'esercizio del diritto, aveva determinato l'inizio della decorrenza del termine dal 1992, ha posto a carico dei ricorrenti l'onere di dimostrare quando avevano potuto avere conoscenza, mediante uso dell'ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione d'elle conoscenze scientifiche della rapportabilità causale del danno lamentato con le carenze di progettazione e manutenzione delle opere idrauliche del fiume Tronto>>.
1.3. Inoltre, sulla base dei principi enunciati in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 2935 cod. civ., la prescrizione decorre dal momento in cui il danneggiato, esercitando l'ordinari, diligenza, anche tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, possa essere in grado di avere consapevolezza del nesso causale. Ove il giudice non si attenga al predetto principio incorre in falsa applicazione della norma citata per errore di sussunzione, come chiarito dalla Cassazione (il ricorrente richiama sul punto Cass. n. 13745/2018).
2. Il primo profilo di doglianza è infondato. Non può imputarsi alla parte cl1e eccepisca l'intervenuta prescrizione l'onere di individuare con esattezza il momento di decorrenza, essendo bastevole che essa prospetti la dedotta estinzione per decorso del tempo, individuando la vicenda temporale che, a suo giudizio, viene in rilievo. Spetterà poi al giudice accertare il corretto "dies a quo", senza che con ciò possa affermarsi che l'eccipiente venga meno al proprio dovere di allegazione.
2.1. Il secondo e il correlato terzo profilo risulta no fondati. La ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte (per vero oramai vasta) in materia di prova del nesso causale del danno derivante da trattamenti sanitari. Giurisprudenza, la quale ha chiarito che la prescrizione decorre non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (S.U., n. 576, 11/1/2008, alla quale sono seguite numerose decisioni conformi, fino a giungere, da ultimo, all'ordinanza n. 14470/2021). Il principio in parola non risulta essere stato contraddetto dalla decisione impugnata. Quel che occorre accertare è se il T.S.A.P. abbia fatto corretta applicazione dell'art. 2935 cod. civ. Come sopra si è riportato la sentenza ha affermato che la <<non straordinarietà dell'evento avrebbe potuto essere immediatamente percepita dal danneggiato con la normale diligenza, essendo evidenti fin dall'inizio le carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche poi tardivamente denunciate e il nesso di causalità con i danni subiti>>. La scarna motivazione, strutturata in forma assiomatica, non consente di poter giudicare corretta la sussunzione giuridica. Invero, la misura della non straordinarietà dell'evento atmosferico e l'evidenza dei vizi progettuali e delle manchevolezze manutentive, dei quali la parte danneggiata avrebbe dovuto avere conoscenza con l'ordinaria diligenza, non risultano, neppure sommariamente accertati e, indi, descritti, di talché l'affermazione dli presunzione di conoscenza finisce inevitabilmente per soddisfare solo in apparenza il precetto di legge. Questa Corte ha avuto modo di chiarire (Sez. 3, n. 13745, 31/05/2018, Rv. 649040; conf. Sez. 6, n. 24164, 27/09/2019) che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita - o possa essere percepita usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - quale danno ingiusto conseç1uente al comportamento del terzo. Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione e, dunque, nella falsa applicazione dell'art. 2935 c.c., il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita o, comunque, conseguibile, da parte del paziente, pur in difetto di informazioni idonee a consentirgli di collegare causalmente la propria patologia alla trasfusione (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la dichiarazione anamnestica con la quale il paziente privo di conoscenze mediche - rispondendo ad una non meglio identificata interrogazione del sanitario ed in mancanza di specifiche indicazioni nel referto circa la causa della malattia epatica diagnosticatagli - aveva fatto riferimento ad una trasfusione a cui si era sottoposto quindici anni prima, non integrasse il presupposto, rilevante ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, della percezione, da parte dello stesso paziente, della riconducibilità causale della patologia alla trasfusione). Senza che la diversità della fonte materiale del danno influisca sul profilo giuridico, qui, a fortiori deve constatarsi la falsa applicazione della norma. Invero, se nella vicenda sanitaria sopra riportata si addebita al giudice di non avere apprezzato la dichiarazione anamnestica del paziente in conformità alla legge, qui, manca del tutto, per vero, l'apprezzamento del fatto, da reputarsi, quindi, erroneamente sussunto nell'art. 2935 cod. civ. Queste Sezioni unite, con la recente sentenza n. 2146 del 29/1/2021, occupandosi della medesima vicenda (danni derivanti dalla stessa esondazione del fiume Tronto), sono giunte alla medesima conclusione, sulla base del ser1uente principio di diritto: il termine di prescrizione del diritto al risarcimento preteso, nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dai soggetti danneggiati dall'esondazione di un fiume decorre dal giorno in cui gli stessi hanno avuto la conoscenza (o la conoscibilità) tecnico scientifica dell'incidenza causale delle carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche. Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione (e, dunque, nella falsa applicazione dell'art. 2935 c.c.) il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita, da parte del danneggiato, in base alla mera percezione - inidonea a rendere concretamente esercitabile il diritto in mancanza di una specifica indagine tecnico-scientifica volta a identificare il rapporto causale - dell'episodio di natura meteorologica determinante l'esondazione (Rv. 660290).
3. Consegue all'esposto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale superiore delle Acque pubbliche, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.