Una siffatta differenziazione si trasformerebbe, infatti, in un “surplus” di afflittività per i detenuti sottoposti al regime differenziato.
Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari confermava la decisione emessa dal Magistrato di Sorveglianza in relazione ai diritti riconosciuti ai detenuti sottoposti al regime di cui all'art. 41-bis ord. pen., con riguardo alla facoltà del detenuto di provvedere all'acquisto di generi alimentari senza alcuna sorta di differenziazione rispetto a quelli destinati ai detenuti sottoposti...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con ordinanza emessa in data 14 gennaio 2021 il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha confermato, rigettando il reclamo introdotto dal Ministero della Giustizia, la decisione emessa dal Magistrato di Sorveglianza in tema di diritti riconosciuti ai soggetti sottoposti al regime differenziato di cui all'art. 41-bis I. 26 luglio 1975, n. 354 (di seguito, ord. pen.).
1.1 Il tema trattato nelle due decisioni di merito riguarda, in particolare, la facoltà di P.R. - ritenuta sussistente - di provvedere all'acquisto dei generi alimentari senza alcuna differenziazione rispetto a quelli destinati ai detenuti sottoposti al regime ordinario (cd. Modello 72).Sul punto, il Tribunale ribadisce che una volta venuto meno (per effetto della decisione n.186/2018 Corte Cast.) il divieto di cottura dei cibi per i soggetti sottoposti al regime differenziato, la esistenza di una «lista separata» di prodotti alimentari acquistabili da tale 'classe' di detenuti - rispetto a quelli comuni - non è giustificata da esigenze di sicurezza e finisce col violare il generale diritto alla parità di trattamento.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo della Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari - il Ministero della Giustizia.
2.1 Al primo motivo di ricorso si deduce erronea applicazione delle disposizioni regolatrici e vizio di motivazione. Si afferma che la piena parificazione, quanto alla facoltà di acquisto dei generi alimentari al cd. 'sopravvitto', tra detenuti comuni e detenuti sottoposti al regime differenziato, con utilizzo di una unica «lista», non sarebbe in linea con i contenuti della decisione emessa sul tema della 'facoltà di cottura dei cibi' dalla Corte Costituzionale. Ciò perché le ragioni di sicurezza - interna ed esterna - possono manifestarsi anche con la necessità di evitare il radicamento di posizioni di privilegio in capo ai soggetti sottoposti al regime differenziato, fermi restando i limiti di spesa previsti dalle disposizioni regolamentari. La distinzione, in tale prospettiva, resterebbe necessaria.
2.2 Analoghe censure vengono proposte al secondo e al terzo motivo di ricorso. Si evidenzia, in particolare, che l'esistenza di un limite di spesa (più contenuto proprio per i soggetti sottoposti al regime differenziato) non garantisce circa possibili forme di accrescimento del prestigio dei singoli soggetti, anche nell'ambito dei ristretti gruppi di socialità. Ed ancora si sottolinea che negli elenchi relativi ai detenuti comuni sono compresi, allo stato, cibi confezionati (barattoli in vetro o metallo) in modo non tale da non garantire prioritarie esigenze di sicurezza.
3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.
3.1 In premessa va evidenziato che l'atto di ricorso è valutabile esclusivamente sotto il profilo della prospettata violazione di legge, non potendo venire in rilievo - in quanto precluso dalla conformazione legislativa del ricorso per cassazione (art. 35-bis, comma 4-bis, ord. pen.) - il vizio di motivazione, se non nei termini della assenza o della 'mera apparenza' del percorso giustificativo della decisione.
3.2 Quanto alla dedotta violazione di legge, denunziata dal Ministero ricorrente avverso la decisione tesa alla «parificazione» dei generi alimentari passibili di acquisto, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di esprimersi - in casi pienamente sovrapponibili - circa la sua assenza: in tema di regime penitenziario differenziato ai sensi dell'art. 41-bis ord. pen., è illegittima la disposizione dell'amministrazione penitenziaria che, nell'individuazione dei generi alimentari acquistabili al sopravitto, vieti l'acquisto di quelli compresi nel "modello 72" dei detenuti ordinari, in quanto la previsione di un regime differenziato, quanto ai beni alimentari acquistabili, è ingiustificata e si risolve in un irragionevole "surplus" di afflittività del regime carcerario differenziato (Sez. In. 33917 del 15.7.2021, rv. 281794).
3.3 In detta decisione, cui hanno fatto seguito ulteriori arresti conformi (Sez. I n. 22054, n. 22055 e n. 22056 del 2021) si è evidenziato che le doglianze proposte avverso le decisioni di merito non introducono argomenti idonei ad incrinare le condivisibili affermazioni, contenute nelle decisioni impugnate, secondo cui ogni tipologia di «differenziazione» del trattamento penitenziario tra il regime 'ordinario' ed il regime 'differenziato' di cui all'art. 41-bis ord. pen. deve trovare fondamento in una reale esigenza di prevenzione di un pericolo per l'ordine e la sicurezza, correlato alla particolare conformazione legislativa del regime differenziato. Che le singole componenti del trattamento, ove deteriori rispetto al modello generale, debbano trovare un collegamento funzionale nelle specifiche finalità del regime differenziato è, del resto, affermazione ricorrente nella giurisprudenza costituzionale formatasi nel corso del tempo in riferimento ai contenuti dell'art.41-bis: [ ..] non potrebbe, per converso, considerarsi legittimo, a questo scopo, l'impiego di misure più restrittive nei confronti di singoli detenuti in funzione di semplice discriminazione negativa, non altrimenti giustificata, rispetto alle regole e ai diritti valevoli per tutti [..] (così C. cost. n. 351 del 1996).
3.4 Vanno pertanto ribaditi, in quanto pienamente condivisi dal Collegio, i contenuti delle decisioni prima indicate, tesi ad evidenziare la infondatezza della tesi per cui la possibilità di accedere alla «lista comune» dei generi alimentari potrebbe determinare condizioni di 'superiorità' dei soggetti sottoposti al regime differenziato, tali da radicare una influenza sulla popolazione detenuta o altro tipo di pregiudizio alla sicurezza. È stato infatti osservato (in parte motiva, Sez. I n. 33917 del 2021, cit.) che la possibilità di acquisire beni di lusso è esclusa, in via generale, per tutti i detenuti, indipendentemente dal regime penitenziario cui sono sottoposti, considerato che il modello 72 che elenca i generi acquistabili al sopravvitto non include beni alimentari di pregio; inoltre, per quanto concerne il profilo quantitativo, la normativa vigente prevede comunque delle limitazioni volte a scongiurare proprio la possibilità di anomale acquisizioni di beni (in questo senso infatti, sono le regole stabilite dall'art. pt 14 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230) (tra le altre, Sez. 1, n. 26274 del 21/4/2021, M.; Sez. 1, n. 22056 del 21/4/2021, P.). Ed ancora - come la stessa amministrazione ricorrente ha evidenziato - i detenuti al regime 41-bis ord. pen. hanno un potere di spesa sensibilmente più limitato rispetto ai detenuti "comuni", tale appunto da prevenire il rischio di esibizione di potere sugli altri reclusi. Ne consegue, come correttamente sottolineato dal provvedimento impugnato, che la previsione di un regime differenziato in relazione ai beni alimentari acquistabili si rivela del tutto sganciata da qualunque possibilità di utilizzo strumentale degli stessi, finendo per diventare ingiustificata e per risolversi in un irragionevole surplus di afflittività, che la Corte costituzionale ha più volte censurato di incompatibilità con principi costituzionali, trattandosi di regime «incongruo e inutile alla luce degli obbiettivi cui tendono le misure restrittive autorizzate dalla disposizione in questione» (cfr. Corte cost., sent. n. 97 del 5 maggio 2020), e perciò «in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., configurandosi come un'ingiustificata deroga all'ordinario regime carcerario», dotata «di valenza meramente e ulteriormente afflittiva» (cfr. Corte cost., n. 186 del 12 ottobre 2018). A ciò va aggiunto che il divieto di acquisto di singoli prodotti, in ragione delle modalità particolari di confezionamento, può essere disposto in ragione della verifica delle singole richieste e non giustifica - di per sé solo - il mantenimento di due «liste separate» come preteso dal ricorrente.
3.5 Al rigetto del ricorso non fa seguito altra statuizione, in ragione della natura pubblica del soggetto proponente, secondo quanto affermato da Cass. Sez. Un. 21 dicembre 2017, n. 3775/18, Min. Giustizia in proc. Tuttolomondo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.