La violazione di doveri da parte della P.A. non può comportare, in assenza di previsioni legislative, una presunzione di conoscenza del contenuto di atti che alla stessa non sono effettivamente pervenuti.
«Se è vero che a norma dell'art. 3 del richiamato Codice dell'Amministrazione digitale sussiste un diritto dei cittadini all'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche Amministrazioni, a fronte del quale vi è dunque un dovere di queste ultime di consentire che tale uso sia effettivamente garantito adottando tutti i comportamenti necessari, tra cui la cura della casella di posta elettronica onde evitare che risulti piena, è altresì vero che la violazione di tali doveri (..) non può comportare, almeno in assenza di una espressa previsione di legge, una presunzione di conoscenza del contenuto di documenti che non erano pervenuti all'Amministrazione».
È quanto ha stabilito il TAR Sardegna con la sentenza n. 99 del 14 febbraio 2022, dibattendo sulle conseguenze che possono prodursi nei casi in cui la comunicazione via PEC del cittadino, che per produrre i suoi effetti deve giungere nella disponibilità del destinatario, non sia stata effettivamente recapitata all'amministrazione.
Nei casi in cui la spedizione con PEC non vada a buon fine e il mittente riceva un messaggio di mancata consegna, è quindi escluso a priori che la comunicazione sia pervenuta nella sfera di conoscibilità del destinatario, sussistendo al riguardo una netta distinzione tra il sistema delle comunicazioni elettroniche tramite PEC e il sistema postale cartaceo.
La Sezione Prima ha inoltre affermato che «il destinatario della comunicazione dei motivi ostativi che, a fronte della ricevuta di mancata consegna delle osservazioni trasmesse all'Amministrazione via PEC, non provvede a re-inoltrarle incorre in una violazione dei canoni comportamentali della correttezza e della buona fede che permeano tutti i rapporti, anche quelli tra Amministrazione e cittadini, e dimostra di non coltivare con la diligenza dovuta l'interesse , pure ribadito in sede giudiziaria, di poter superare i motivi ostativi comunicatigli mediante la produzione di integrazioni e chiarimenti».
TAR Sardegna, sez. I, sentenza (ud. 7 dicembre 2021) 14 febbraio 2022, n. 99
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1.Con l’atto introduttivo del giudizio il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Comune ha disposto la decadenza dalla dichiarazione autocertificativa unica (DUA) da lui presentata per la realizzazione della recinzione di un’area di sua proprietà e gli ha intimato al contempo il divieto di prosecuzione delle opere e l’immediata demolizione di quelle già eseguite.
1.1. Il ricorrente premette di aver presentato, in data 28 ottobre 2020, una DUA, ai sensi dell’art. 31, comma 4 della L.R. n. 24 del 2016, allo Sportello unico per le attività produttive e per l’attività edilizia (SUAPE) per l’esecuzione, su un’area di proprietà, degli interventi edilizi in questione e di aver iniziato i lavori una volta decorso il termine di trenta giorni previsto dalla normativa richiamata.
Tuttavia il Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale in data 16 dicembre 2020 con preavviso di rigetto gli ha comunicato, ai sensi del punto 10.2.3 delle Direttive in materia di SUAPE, i motivi ostativi all’accoglimento della pratica.
Il ricorrente ha inviato, in riscontro alla comunicazione dei motivi ostativi, le proprie osservazioni in data 28.12.2020 all’indirizzo di posta elettronica certificata del Comune.
Ciò nonostante la pec non è pervenuta al Comune, come attestato dalla ricevuta di mancata consegna, in quanto la casella postale dell’Amministrazione risultava piena.
Il Comune ha quindi adottato il provvedimento, oggetto di gravame, con il quale, dando anche atto della mancanza di osservazioni da parte dell’interessato, ha confermato le motivazioni anticipate con il preavviso di rigetto e, dichiarata la decadenza dalla DUA, ha vietato la prosecuzione delle opere e intimato la demolizione di quelle già abusivamente realizzate.
1.2. Avverso il provvedimento impugnato il signor P. ha proposto diversi motivi di ricorso che saranno esaminati nella parte in diritto e ne ha chiesto quindi l’annullamento, con vittoria di spese.
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Villa Sant’Antonio per resistere al ricorso e con memoria del 30 aprile 2021 ha insistito per l’infondatezza del gravame.
3. All’esito della camera di consiglio del 5 maggio 2021 con ordinanza cautelare n. 106, ritenuta la sussistenza dei presupposti dell’invocata misura limitatamente all’ordine di demolizione delle opere già eseguite al fine di arrivare al giudizio di merito re adhuc integra, la domanda cautelare è stata accolta limitatamente alla parte dell’ordinanza che disponeva la demolizione delle opere già eseguite.
4. Con memoria del 6 novembre 2021 del ricorrente e con memoria di replica del 3 dicembre 2021 del Comune, le parti hanno insistito per le loro opposte ragioni.
5. All’udienza pubblica del 7 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
7. Dopo una ricostruzione della disciplina che regolamenta il procedimento presso lo Sportello unico (SUAPE) in base alla Legge regionale n. 26 del 2014 ed alle Linee guida di cui alla D.G.R. n. 49 del 2019, con il primo motivo di ricorso parte ricorrente sostiene che l’ordinanza gravata sarebbe illegittima per violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, nella parte in cui dispone che: “(…) Qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni”.
Nel provvedimento impugnato difatti non si tiene conto delle osservazioni presentate dal ricorrente in riscontro alla comunicazione dei motivi ostativi ed anzi è detto erroneamente che nel termine stabilito l’istante non ha presentato alcun riscontro.
7.1. Sostiene, sempre il ricorrente, che avendo inviato tali osservazioni all’indirizzo pec del Comune a nulla rileverebbe la mancata consegna delle stesse per l’impossibilità derivante dalla saturazione della capienza massima della casella di posta elettronica, dovendosi arrestare l'onere di diligenza del privato cittadino all’invio della pec e dovendo al contrario essere esclusivo onere del titolare della casella di posta provvedere alla sua periodica manutenzione e svuotamento in modo che sia costantemente idonea alla ricezione di atti.
8. La tesi non può essere condivisa.
8.1. Si deve ricordare che la disciplina sull’utilizzo del domicilio digitale nelle comunicazioni con la pubblica Amministrazione è dettata dal D. Lgs. 7 marzo 2005 recante il “Codice dell’amministrazione digitale”.
In particolare vengono in rilievo, ai fini del presente giudizio, le disposizioni contenute negli articoli 6, 45 e 48 del richiamato Codice, le quali così prevedono:
-art. 6, comma 1: “Le comunicazioni tramite i domicili digitali sono effettuate agli indirizzi inseriti negli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater, o a quello eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 4-quinquies. Le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali di cui all'articolo 3-bis producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo. La data e l'ora di trasmissione e ricezione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.”
-art. 45, comma 2: “Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore.”
- art. 48: “1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida.
2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.
3. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle Linee guida.”
8.2. Dunque, la trasmissione di un documento mediante posta elettronica certificata si realizza in più fasi: la spedizione, con riferimento alla quale assume rilevanza la ricevuta di accettazione da parte del gestore del mittente (ricevuta di invio) e la consegna al destinatario che è attestata dalla successiva ricevuta di consegna.
La normativa, come sopra richiamata, si preoccupa da un lato di tutelare il mittente considerando adempiuto da parte di costui l’onere di trasmissione con decorrenza dalla data e dall’ora dell’avvenuta accettazione del messaggio di posta da parte del proprio gestore (ricevuta di invio), dall’altro tutela il destinatario della comunicazione perché la consegna presuppone che il messaggio sia reso disponibile nella casella di posta elettronica del destinatario (ricevuta di consegna).
8.3. La comunicazione spedita con pec si intende quindi consegnata se è resa disponibile al domicilio digitale del destinatario, “salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo”.
Il documento informatico si intende pertanto consegnato al destinatario quando la pec del destinatario ha generato la ricevuta di consegna ed anche nel caso in cui la consegna non sia potuta avvenire per causa imputabile al destinatario. Tale previsione è di particolare importanza per il caso in cui la comunicazione debba essere trasmessa all’amministrazione entro un determinato termine.
8.4. La consegna di cui al richiamato art. 6 presuppone peraltro, soprattutto nell’attività procedimentale, che il soggetto destinatario della comunicazione sia stato messo nella condizione di conoscerne effettivamente il contenuto, ossia che la stessa gli sia stata resa disponibile.
Mentre, quando la spedizione con pec non va a buon fine e il mittente riceve un messaggio di mancata consegna generata dal sistema, è escluso a priori che la comunicazione sia pervenuta nella sfera di conoscibilità del destinatario, il quale può restare peraltro completamente ignaro anche dell’impossibilità di recapitargli la pec.
8.5. Sussiste pertanto una netta distinzione da questo punto di vista tra il sistema delle comunicazioni elettroniche tramite pec e il sistema postale cartaceo, poiché diversamente da quanto avviene con le comunicazioni a mezzo raccomandata dove l’operatore rilascia al destinatario una ricevuta con la quale non solo si rende possibile il ritiro della posta in un momento successivo, ma soprattutto si pone il destinatario nella condizione di sapere che vi è una comunicazione a lui rivolta e che è suo onere attivarsi per ritirarla, nelle trasmissioni mediante pec è esclusivamente il mittente che riceve la comunicazione della mancata consegna, mentre il destinatario ne resta all’oscuro e soprattutto non ha alcun modo per recuperare la comunicazione non recapitatagli dal sistema se il mittente non provvede ad inviargliela di nuovo.
8.6. In relazione alle conseguenze che possono prodursi nei casi in cui la comunicazione non sia stata effettivamente recapitata all’amministrazione e debba invece, per produrre i suoi effetti, giungere effettivamente nella disponibilità dell’amministrazione, come nel caso in esame nel quale l’interessato ha presentato le sue osservazioni al preavviso di provvedimento negativo dell’amministrazione (ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990), la citata disposizione sulla (mancata) avvenuta consegna per causa imputabile al destinatario può avere quindi rilievo ai soli fini della prova del rispetto dei termini, ma non anche sulla valutazione della legittimità della successiva azione dell’amministrazione.
9. Ciò premesso, nel caso di specie, il ricorrente, pur avendo ricevuto il messaggio del gestore della posta elettronica che gli comunicava la mancata consegna all’Amministrazione delle osservazioni da lui inviate e dunque pur avendo avuto piena contezza dell’impossibilità per l’Amministrazione di conoscerne il contenuto, non si è ulteriormente attivato per mettere nella effettiva disponibilità dell’Amministrazione le sue osservazioni, salvo successivamente dolersi, in questa sede, della negata possibilità di integrare e chiarire le mancanze progettuali contestate dall’Amministrazione.
Ma la parte ricorrente, usando l’ordinaria diligenza, ben avrebbe potuto rendersi conto che la PEC da lui inviata al Comune, in risposta al preavviso di provvedimento negativo, non era stata ricevuta dallo stesso Comune (che aveva la casella di posta piena) e ben avrebbe potuto provvedere ad un nuovo successivo invio delle sue osservazioni sempre a mezzo PEC o avrebbe potuto pure consegnare le stesse a mano agli uffici, viste le piccole dimensioni del Comune di Villa Sant'Antonio, avendo interesse che l’amministrazione le potesse valutare.
Peraltro il Comune ha emesso il provvedimento interdittivo impugnato il 27 gennaio 2021, circa un mese dopo l’invio delle contestate osservazioni in data 28 dicembre 2020.
9.1. Se è vero, quindi, che a norma dell’art. 3 del richiamato Codice dell’Amministrazione digitale sussiste un diritto dei cittadini all’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche Amministrazioni, a fronte del quale vi è dunque un dovere di queste ultime di consentire che tale uso sia effettivamente garantito adottando tutti i comportamenti necessari, tra cui la cura della casella di posta elettronica onde evitare che risulti piena, è altresì vero che la violazione di tali doveri, come è nel caso di specie, non può comportare, almeno in assenza di una espressa previsione di legge, una presunzione di conoscenza del contenuto di documenti che non erano pervenuti all’Amministrazione.
9.2. Ne consegue che, nel caso di specie, a prescindere dai motivi per i quali l’invio a mezzo pec non si era perfezionato con la consegna delle osservazioni trasmesse, comunque il ricorrente è incorso in una violazione dei canoni comportamentali della correttezza e della buona fede che permeano tutti i rapporti, anche quelli tra Amministrazione e cittadini, non essendo tra l’altro il re-invio delle osservazioni (sempre con Pec o con altra modalità sicura) un adempimento particolarmente gravoso. Infatti, così facendo (limitandosi cioè a ricevere la comunicazione di mancata consegna della pec senza tuttavia poi provvedere a re-inoltrare le osservazioni al Comune) ha dimostrato di non coltivare con la diligenza dovuta l’interesse, pure ribadito in questa sede, di poter superare i motivi ostativi comunicatigli mediante la produzione di integrazioni e chiarimenti.
9.3. Il motivo di doglianza non risulta pertanto fondato, non avendo l’Amministrazione mai ricevuto le osservazioni dell’odierno ricorrente sui motivi ostativi.
10. Peraltro la censura, nel giudizio in esame, non può ritenersi nemmeno rilevante.
Infatti, a prescindere dalla questione riguardante la mancata ricezione della pec recante le osservazioni sui motivi ostativi all’esecuzione dei lavori oggetto della DUA, comunque, per quanto sarà chiarito con riferimento all’esame degli altri motivi di ricorso, il Comune non avrebbe potuto consentire l’esecuzione dei lavori che erano stati oggetto della DUA (o almeno di una buona parte degli stessi) che necessitavano di altro titolo edilizio, nonché dell’autorizzazione paesaggistica (o comunque di autorizzazione paesaggistica semplificata).
Con la conseguenza che nella fattispecie deve ritenersi applicabile l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 secondo il quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
10.1. Infatti, come questa Sezione ha già più volte affermato, anche dopo le modifiche che sono state apportate all’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 (da ultimo con l'art. 12, comma 1, lett. i), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120), si deve ritenere che tra i vizi formali che non comportano l’annullabilità dell’atto impugnato rientri anche l’omissione del preavviso di rigetto quando, per la natura vincolata del provvedimento, il giudice rilevi che il provvedimento adottato non avrebbe potuto comunque essere diverso.
Può infatti ritenersi, operando una interpretazione della disposizione in questione coerente con il principio di economicità, di celerità e di efficienza dell’azione amministrativa, che l’omissione del preavviso di diniego non sia sempre viziante, e che in particolare tale omissione non è viziante in casi di determinazioni vincolate (TAR Sardegna, Sezione I, n. 620 del 24 agosto 2021, n. 578 del 5 agosto 2021).
11. Con i successivi motivi di doglianza (in particolare indicati ai nn. 3, 5, 6 e 7), parte ricorrente contesta in subordine la legittimità del provvedimento impugnato in quanto le motivazioni a supporto della decadenza dalla DUA sarebbero infondate o comunque sanabili mediante soccorso istruttorio.
Le doglianze possono essere trattate unitariamente poiché tra loro connesse.
11.1. In primo luogo parte ricorrente lamenta che le violazioni contestate dall’Amministrazione, non integrando alcuno dei casi tassativamente indicati come di irricevibilità in base al punto 8.4 delle Linee guida SUAPE di cui alla D.G.R. 49/2019, avrebbero potuto essere sanate attraverso l’attivazione obbligatoria del soccorso istruttorio di cui al punto 8.3 delle richiamate Direttive.
11.2. Ciò posto parte ricorrente passa in rassegna le diverse violazioni contestate onde sostenerne l’infondatezza o la sanabilità mediante integrazione istruttoria.
11.3. In particolare la qualificazione dell’intervento come di nuova costruzione, anziché come manutenzione ordinaria, sarebbe irrilevante e comunque errata. Irrilevante perché il procedimento attivato (autocertificazione a 30 giorni) è quello previsto per gli interventi sottoposti al rilascio del permesso di costruire.
11.4. Quanto alla contestazione (punto 2 dell’ordinanza avversata) relativa alla sostituzione del cancello nel Vico II Fontana Nuova (che ricade nel centro di prima e antica formazione), di cui si contesta la non esaustività ai fini della valutazione di compatibilità con i contenuti dell’Allegato A del DPR 31/2017, l’Amministrazione avrebbe dovuto, in applicazione del principio di leale collaborazione, richiedere un’integrazione documentale.
11.5. Le successive contestazioni sull’asserito non allineamento della recinzione rispetto a quanto previsto dalle norme attuative del PUC e quelle sulla eccessiva larghezza del cancello e sul contrasto con il passo carraio con l’art. 46 del regolamento di esecuzione del codice della strada, riguarderebbero tutti profili sanabili ed eventualmente “rimodulabili” in sede di soccorso istruttorio e di confronto con il privato.
11.6. In tale ottica le contestazioni di cui ai punti 7 e 8 dell’ordinanza relative alle discordanze grafiche risultanti dagli elaborati progettuali avrebbero anch’esso potuto essere sanate in sede istruttoria.
11.7. Parimenti anche il rilievo secondo cui l’area costituirebbe una pertinenza di un’attività commerciale, avrebbe potuto essere agevolmente chiarito in sede di soccorso istruttorio, dimostrandosi che l’intervento proposto è autonomo e consiste nel solo rifacimento della recinzione dell’area di proprietà del ricorrente, risultando inconferente il richiamo alle norme del PUC che disciplinano le piccole attività artigianali in zona B2.
11.8. Parte ricorrente contesta inoltre (punto 5 dei motivi di ricorso) che l’intervento abbia qualificazione giuridica di nuova opera come definita dall’art. 3, comma 1 lett. b) della L. R. 23 del 1985, trattandosi di una mera recinzione con rampa di accesso e con demolizione del muro preesistente.
11.9. Infine (punti 6 e 7 dei motivi di ricorso) la motivazione del provvedimento gravato sarebbe generica ed irragionevole, così come generica e non puntuale, sarebbe il contrasto tra il passo carraio e il disposto dell’art. 46 del regolamento di esecuzione del codice della strada.
12. Anche tali doglianze risultano infondate.
12.1. Deve premettersi che il provvedimento gravato è sorretto da una pluralità di profili motivazionali, tanto da poter essere qualificato come pluri-motivato, conseguendone che l’interesse caducatorio del ricorrente potrebbe essere soddisfatto unicamente laddove i motivi di doglianza fossero tutti fondati travolgendo l’intero impianto motivazionale dell’ordinanza.
In essa si legge che “permangono le condizioni di irricevibilità della pratica per le seguenti motivazioni:
1. L’intervento non può avere qualificazione giuridica di manutenzione straordinaria, bensì di nuove opere come definite dall’art. 3, comma 1 lettera b) della L.R. 23/1983;
2. Per quanto riguarda la sostituzione del cancello nel vico II Fontana Nuova, ricadente all’interno del centro di antica e prima formazione, la pratica è carente degli elaborati fotografici dello stato attuale, simulazione dello stato futuro che riporti la tipologia esatta del cancello e il colore utilizzato, il tutto nel rispetto delle norme previste nel Piano Particolareggiato per il centro di antica e prima formazione.
3. La recinzione sulla via Sant’Antonio Abate non rispetta l’allineamento esistente, le norme di attuazione del PUC, per la zona omogenea “B2” nella quale insiste l’area oggetto dell’intervento, stabiliscono che i nuovi allineamenti con arretramento sul filo strada sono fissati dal comune e la porzione di terreno risultante libera dovrà essere ceduta al comune come suolo pubblico. Trattandosi di tessuto urbano già definito, la cui strada risulta interna al centro di antica e prima formazione, l’arretramento non appare giustificato, pertanto la recinzione dovrà rispettare il confine sulla via pubblica.
4. L’area oggetto di intervento è stata indicata quale pertinenza dell’attività artigianale gestita dai figli del Sig. P. Luciano, pertanto la pratica non può essere presentata da soggetto diverso benché genitore degli esercenti l’attività.
5. Il Piano Urbanistico Comunale prevede che nella zona B2 “sono ammesse piccole attività artigianali, sempreché non siano pericolose, nocive o moleste e non creino intralcio alla circolazione”, l’espansione in ampliamento prevista, non parrebbe si configuri dal punto di vista urbanistico come piccola attività artigianale, ma rientrante nelle fattispecie realizzabili in altre zone specifiche.
6. La larghezza di 8,20 metri del cancello, appare eccessiva per l’accesso veicolare ad un’area in zona B2, ma rientra nelle fattispecie dei cancelli di attività produttive in zone specifiche quali zone artigianali e/o industriali, oltre al fatto che si trova a ridosso del centro di antica e prima formazione pertanto incompatibile con il contesto storico in cui risulta posizionato.
7. La realizzazione del passo passo carraio non rispetta il disposto dell’art. 46 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada (DPR n. 495/1992);
8. Non è chiara quale sarà la sistemazione finale dell’area, vi sono delle discordanze tra la sezione dello stato attuale e quella dello stato di progetto;
9. Nella tavola grafica relativa alla situazione attuale, la planimetria indica le opere da realizzare e non quelle di fatto presenti.
10. I terrapieni artificiali e i relativi muri di contenimento devono essere considerati come costruzioni e di conseguenza devono rispettare le distanze minime nazionali in quanto le norme locali non possono derogare a quelle nazionali, possono solo prevedere distanze maggiori. Nel nostro caso specifico il PUC non prevede alcuna indicazione in merito pertanto, la distanza da considerare è quella prevista dal C.C. L’elaborato grafico relativo alle opere di progetto è carente delle quote sia planimetriche che altimetriche, in particolar modo non sono indicate le distanze dai confini e dalle costruzioni esistenti, non sono indicate le misure della rampa da realizzare (lunghezza e altezze) e dei pilastri.
12.2. Le motivazioni così espresse erano state anticipate e meglio esplicitate in taluni passaggi nella previa comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 del 16 dicembre 2020, che pertanto integra il provvedimento gravato e che rende palesemente infondate le censure di genericità riferite ai punti 6,7, 8 e 9 da parte del ricorrente.
Per quanto in realtà anche la stessa ordinanza sia chiara nel rendere palesi le ragioni della irricevibilità della DUA, la lettura combinata dei due provvedimenti consente di evidenziare le molteplici carenze e non conformità dell’intervento.
In particolare il Comune denuncia la mancanza nelle planimetrie allegate delle quote planimetriche e altimetriche, nonché l’assenza delle indicazioni delle distanze dai confini e dalle costruzioni esistenti e delle misure della rampa da realizzare e dei pilastri.
Non risulta inoltre chiara la stessa sistemazione finale dell’area, essendovi discordanze tra la sezione dello stato attuale e quella dello stato di progetto. Nello stato attuale il muro di recinzione in pietra (da demolire), funge anche da sostegno della scarpata che si sviluppa dalla proprietà prospiciente verso l’area del Sig. P., dislivello che, non essendo indicata la quota, seguendo le proporzioni del disegno potrebbe aggirarsi attorno a un metro (il terreno del P. quindi si trova a quota -1metro circa, rispetto al terreno confinante), nella sezione di progetto il terreno del P. risulta essere a quota superiore di 2,10 m rispetto al confinante, ciò farebbe presupporre un intervento di riempimento dell’area che però non è menzionata (punto 7 della comunicazione del 16 dicembre 2020).
Le stesse dimensioni del cancello e la sua struttura appaiono incompatibili con la destinazione urbanistica dell’area.
12.3. Si tratta di carenze rilevanti del progetto inviato al Comune che hanno natura sostanziale incidendo sulla qualificazione stessa dell’intervento e sulla portata dello stesso rispetto allo stato attuale dei luoghi in un’area che da un lato viene definita come di pertinenza dell’attività artigianale svolta dai figli del richiedente e dall’altro ricade nella zona B2 (in cui sono consentite “piccole attività artigianali che non siano pericolose, nocive o moleste e non creino intralcio alla circolazione”) ed è a ridosso del centro di antica e prima formazione.
12.4. Né tali carenze potevano essere risolte con il soccorso istruttorio tenuto conto che il soccorso istruttorio invocato da parte ricorrente è previsto dalle Linee guida (punto 8.3) solo per il caso di carenze di carattere formale e non già di verifica dell’effettiva conformità dell’intervento alle norme vigenti.
Ad ogni modo le integrazioni documentali che il ricorrente sostiene avrebbero potuto consentire il superamento dei motivi addotti dal Comune ben avrebbero potuto essere prodotte in sede di osservazioni ex art. 10 bis, avendo anche la comunicazione dei motivi ostativi la medesima funzione di garantire la partecipazione istruttoria del destinatario del provvedimento.
Ne consegue pertanto l’infondatezza del lamentato diniego del soccorso istruttorio.
12.5. Quanto poi alla sollevata illegittimità della qualificazione dell’intervento in termini di “nuova opera”, la quale appare logicamente e funzionalmente prioritaria rispetto anche alle valutazioni di non conformità effettuate dall’Amministrazione, la censura non può trovare accoglimento.
Come affermato più volte dalla Giurisprudenza, deve ritenersi che “la realizzazione della recinzione non richieda un idoneo titolo edilizio solo in presenza di una trasformazione che, per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento, non comporti un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale, con la conseguenza che la distinzione tra esercizio dello ius aedificandi ed esercizio dello ius excludendi alios va rintracciata nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto. In particolare, il permesso di costruire, mentre non è necessario per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, diventa indispensabile quando, come nel caso di specie, la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante struttura in ferro, così rientrando negli interventi di nuova costruzione” (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 dicembre 2019 n. 8600; TAR Puglia Bari, Sez. I, 9 luglio 2021 n. 1163, cfr., tra le altre, Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 25 gennaio 2022 n. 833).
Nel caso di specie l’opera è destinata in modo stabile e permanente alla delimitazione dell’area, appare di consistenti dimensioni, rifinendo uno spazio molto ampio, è solidamente strutturata dovendo fungere anche da sostegno della scarpata e presentando un dislivello di cui non è indicata la quota, ma che “nella sezione di progetto il terreno del P. risulta essere a quota superiore di 2,10 m rispetto al confinante, ciò farebbe presupporre un intervento di riempimento dell’area”.
Ne discende una rilevante trasformazione dell’assetto urbanistico del territorio, rientrante come tale nel novero degli interventi di nuova costruzione, soggetta quindi a permesso di costruire e a ordinanza di demolizione ove posta in essere in assenza del permesso di costruire.
12.6 Il rigetto dei richiamati motivi rende non necessario l’esame degli ulteriori motivi di ricorso relativi alla fondatezza delle motivazioni del provvedimento gravato per carenza di interesse, atteso che l’eventuale accoglimento delle ulteriori censure non potrebbe comunque caducare il ridetto provvedimento, che resterebbe pur sempre legittimo nella parte in cui ha pronunziato l'irricevibilità della pratica per i segnalati motivi.
13. Posto dunque che la natura dell’intervento avrebbe richiesto il rilascio del permesso di costruire, non può trovare accoglimento neppure la doglianza di cui al punto 3 dei motivi di ricorso con cui il ricorrente lamenta il tardivo esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione e la violazione dei termini di cui all’ all’art. 35, comma1 lett. b) della L. R. n. 24 del 2016.
Quest’ultima disposizione difatti fa riferimento ai termini entro cui le Amministrazioni debbono concludere le “verifiche” (almeno cinque giorni prima del decorso di sessanta giorni dal ricevimento della pratica da parte del SUAPE).
13.1. Nel caso di specie la pratica è stata ricevuta dall’Amministrazione in data 4 novembre 2020 e il 16 dicembre 2020 le verifiche risultavano concluse con l’invio all’interessato della comunicazione dei motivi ostativi, con l’assegnazione al destinatario del termine di dieci giorni per la presentazione delle osservazioni.
14. Si deve infine aggiungere che, sulla base delle disposizioni del Piano Particolareggiato approvato in adeguamento al Piano Paesistico Regionale, rientrando una parte dell’area oggetto dell’intervento nell’ambito del centro di prima formazione, sottoposto a tutela paesaggistica, non poteva comunque ritenersi formato alcun titolo edilizio essendo necessaria acquisire per i lavori anche l’autorizzazione paesaggistica (o comunque l’altra autorizzazione prevista per i lavori di minore consistenza da realizzarsi nel centro di prima formazione).
15. In conclusione il ricorso non può trovare accoglimento.
Stante la peculiarità della fattispecie, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.