Con l'ordinanza in commento, la Cassazione afferma due nuovi principi di diritto precisando i confini di applicazione dell'articolo 1127 Codice civile.
I proprietari di appartamenti siti all'interno di un complesso immobiliare chiedevano al Tribunale di Savona di condannare una società al pagamento dell'indennità di sopraelevazione
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 29.10.2001 C. E. ed altri, proprietari di unità immobiliari site all'interno del complesso immobiliare denominato "I D." in (omissis), evocavano in giudizio la società D. S.r.l. innanzi il Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga, per sentirla condannare al pagamento dell'indennità da sopraelevazione di cui all'art. 1127, ultimo comma, c.c., in relazione all'intervento, in corso di realizzazione, di innalzamento di uno dei fabbricati compresi nell'ambito del predetto complesso.
Nella resistenza della società convenuta il Tribunale, con sentenza n. 11/2020, accoglieva la domanda, condannando la predetta al pagamento, in favore degli attori, dell'importo di € 61.599,42.
Interponeva appello avverso detta decisione D. S.r.l. e la Corte di Appello di Genova, con la sentenza impugnata, n. 224/2016, resa nella resistenza degli appellati, riformava la decisione di prime cure, rigettando la domanda proposta da questi ultimi. Ad avviso della Corte ligure, gli appellati avrebbero dimostrato solo il primo dei due requisiti previsti dall'art. 1127 c.c., rappresentato dalla comunione del suolo sul quale poggia l'edificio, ma non anche il secondo, consistente nel fatto di essere proprietari di quote di piano sottostanti a quella interessata dalla sopraelevazione.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione C. E. ed altri, affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso la società D. S.r.l.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che, in base al regolamento contrattuale di cui all'atto del notaio M. del 2.3.1967, rep. 9190, esisterebbe un supercondominio tra tutti i fabbricati situati all'interno del complesso immobiliare denominato "I D.". In particolare, uno di detti edifici, adibito ad albergo, sarebbe di proprietà e gestito dalla società controricorrente, un altro sarebbe invece adibito a residenze private, ed il terzo sarebbe rappresentato da un locale interrato ospitante magazzini e autorimesse. Ad avviso dei ricorrenti, il regolamento del supercondominio includerebbe, tra le parti comuni a tutti e tre i predetti fabbricati, il suolo su cui essi sorgono, mentre indicherebbe, tra le parti comuni tra i soli due immobili destinati ad uso residenziale -l'albergo e la residenza privata- le strutture portanti, la soletta di copertura del locale interrato e la soletta di copertura del salone dell'albergo. Di conseguenza, poiché la sopraelevazione sarebbe stata realizzata utilizzando il terreno e le strutture portanti, oggetto di proprietà comune tra l'edificio destinato ad albergo e quello destinato a residenza privata, risulterebbe soddisfatto anche il secondo requisito di cui all'art. 1127 c.c., che invece la Corte di merito avrebbe erroneamente escluso.
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato le clausole del regolamento contrattuale, alla luce del quale gli odierni ricorrenti sarebbero comproprietari non soltanto del suolo sul quale sorgono le fabbriche comprese nel complesso immobiliare "I D.", ma anche della soletta di copertura del locale interrato. Essi, quindi, sarebbero proprietari, pro quota, di porzioni immobiliari sottostanti le zone interessate alla sopraelevazione, ed avrebbero diritto a percepire la correlata indennità.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate.
Occorre premettere che la disposizione di cui all'art. 1127 c.c., secondo cui chi sopraeleva è tenuto a corrispondere agli altri condomini una indennità "pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante" (quarto comma), fa riferimento al condominio verticale, mentre nel caso di specie viene in rilievo un supercondominio tra diversi edifici, articolato secondo una distribuzione orizzontale degli spazi. Ai sensi dell'art. 1117 bis c.c., le norme dettate in materia di condominio si applicano anche al cd. supercondominio "in quanto compatibili": di conseguenza, occorre verificare se, in coerenza con la clausola di compatibilità di cui anzidetto, si possa applicare alla fattispecie la disposizione di cui all'art. 1127 c.c.
Detta norma prevede che il proprietario dell'ultimo piano di un edificio, o del relativo lastrico solare, possa sopraelevare, ove ciò non risulti precluso dal suo titolo di acquisto (primo comma), a condizione che le condizioni statiche dell'edificio lo consentano (secondo comma), che la nuova fabbrica non pregiudichi l'aspetto architettonico dello stabile né diminuisca notevolmente la luce e l'aria per i piani sottostanti (terzo comma), e con obbligo, a carico del soggetto che sopraleva, di corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore dell'area da occupare con la sopralevazione, diviso per il numero dei piani, incluso quello da edificare, e detratto l'importo della quota di spettanza dell'onerato (quarto comma). Secondo l'insegnamento di questa Corte, l'indennità di cui all'art. 1127 c.c. spetta ai proprietari degli immobili sottostanti a quello interessato dalla sopraelevazione, a fronte "... della maggior utilizzazione di detta area, implicante che, rimanendo sempre lo stesso il valore del suolo (dividendo), con l'aumento del numero dei piani (divisore) necessariamente diminuisce il valore di ogni quota piano (quoziente), onde l'indennità dovuta da colui che sopraeleva agli altri condomini ha propriamente lo scopo di ristabilire la situazione economica precedente, mediante la prestazione dell'equivalente pecuniario della frazione di valore perduta, per effetto della sopraelevazione, da ogni singola quota-piano. ( V 2837/69, mass n 342638; ( V 725/65; ( V 1994/64, mass n 302862; ( V 1463/62, mass n 252334)" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1697 del 16/03/1982, Rv. 419535).
Il principio, pacificamente applicato alla nuova fabbrica realizzata sulla copertura dell'edificio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6643 del 22/05/2000, Rv. 536772) è stato poi esteso anche alla trasformazione dei locali preesistenti, mediante incremento delle loro superfici e volumetrie, anche a prescindere dalla sussistenza di un aumento dell'altezza del fabbricato, in ragione del proporzionale aumento della comproprietà sulle parti comuni dell'edificio derivante dall'incremento della porzione di proprietà esclusiva (Cass. Sez. U, Sentenza n. 16794 del 30/07/2007, Rv. 598450). In entrambe le ipotesi, comunque, è necessaria la dimostrazione che la proprietà di colui che invoca l'indennizzo sia posta al di sotto dello spazio interessato dalla sopraelevazione contestata.
I ricorrenti sostengono che il diritto all'indennità di cui all'art. 1127 c.c. deriverebbe anche dall'accertamento della comproprietà di una porzione dell'edificio; sarebbe dunque sufficiente la comunione, tra il proprietario dell'immobile destinato ad albergo e quelli delle unità comprese nello stabile destinato a residenza privata, della soletta di copertura dei locali interrati.
Tale affermazione non è condivisibile.
In primo luogo, va osservato che la soletta non costituisce bene di proprietà individuale, ma comune a tutti i partecipanti al condominio; per essa, infatti, si intende l'elemento strutturale compreso tra il soffitto del piano sottostante ed il pavimento di quello soprastante. Trattandosi di bene comune a tutti i condomini, incluso colui che esegue la sopraelevazione, la sua utilizzazione da parte di uno dei condomini per appoggiarvi una nuova fabbrica non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 1127 c.c.: detta norma, infatti, presuppone che la nuova fabbrica sia realizzata dal proprietario dell'ultimo piano dell'edificio o dal proprietario esclusivo del lastrico solare di copertura (primo comma). La precondizione per potersi ipotizzare l'applicazione della disposizione in oggetto, quindi, va idividuata nell'esistenza, in concreto, di una nuova edificazione che sia realizzata dal proprietario esclusivo di una unità immobiliare, o di un lastrico di copertura di un edificio, sotto il quale insistano proprietà esclusive di altri soggetti, partecipanti al condominio.
In secondo luogo, l'art. 1127 c.c. presuppone l'esistenza di un edificio, ovverosia di una costruzione sviluppata fuori terra, in verticale, sopra alla quale venga realizzata una sopraelevazione. Nel caso di specie, invece, si discute di una nuova fabbrica che è stata edificata sopra la copertura di un locale interrato, adibito a garage, che -per costante giurisprudenza- non costituisce "edificio". Sul punto, va ribadita la differenza, più volte affermata da questa Corte, tra i concetti di "edificio" e "costruzione". In particolare:
costituisce "costruzione" qualsiasi opera non completamente interrata, avente i requisiti della solidità e dell'immobilizzazione rispetto al suolo, che sia idonea a creare intercapedini (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12489 del 04/12/1995, Rv. 494925; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1509 del 12/02/1998, Rv. 512568; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23189 del 17/12/2012, Rv. 624754; Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 5753 del 12/03/2014, Rv. 630205);
- costituisce invece "edificio" il manufatto edilizio realizzato su un'area delimitate da due dimensioni (larghezza e lunghezza), che si sviluppi in altezza, tanto fuori terra, ovverosia al di sopra del terreno o piano di campagna circostante, quanto al di sotto del livello del pavimento, o piano artificiale di calpestio, dei vani terranei (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11 del 03/01/1961, Rv. 881140).
Le due nozioni non coincidono, poiché la prima è più ampia, ed include, la seconda. Sul punto, è illuminante il principio per cui "In tema di distanze legali, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa" (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23856 del 02/10/2018, Rv. 650633; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15972 del 20/07/2011, Rv. 618711).
Nel caso di specie, pertanto, il locale interrato adibito a garage, sopra il quale è stata realizzata la sopraelevazione oggetto di causa, non costituisce "edificio" ai fini dell'applicabilità della disposizione di cui all'art. 1127 c.c..
Tutto ciò, senza considerare che la parte ricorrente neppure chiarisce se i garage sopra i quali insiste la nuova edificazione siano di proprietà comune ovvero individuale; dal che deriva anche un profilo di mancanza di specificità delle censure proposte.
Inoltre, poiché l'art. 1127 c.c. costituisce norma speciale che presuppone l'esistenza di un edificio, ovverosia di una fabbrica fuori terra sviluppata in verticale, sopra alla quale il proprietario dell'ultimo piano, o del lastrico solare, realizzi una sopraelevazione, utilizzando in tal modo le strutture portanti dello stabile, la colonna d'aria su di esso esistente ed aumentando il peso millesimale della sua proprietà, in relazione a quelle degli altri partecipanti al condominio, essa non è compresa nell'ambito delle disposizioni che, in forza dell'art. 1117 bis c.c., possono essere applicate anche "ai casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117". L'art. 1127 c.c., infatti, proprio perché presuppone l'esistenza di un "edificio", ovverosia di una fabbrica almeno in parte fuori terra sviluppata sulla verticale del piano di campagna, non è compatibile nè con il cd. supercondominio, che ricorre in presenza di più condomini che abbiano in comune tra loro determinati beni o spazi, nè con le altre ipotesi previste dall'art. 1117 bis c.c..
In definitiva, vanno affermati i seguenti principi di diritto: "1) L'art. 1127 c.c. costituisce norma speciale che presuppone l'esistenza di un edificio, per tale intendendosi la costruzione realizzata almeno in parte fuori terra e sviluppata in senso verticale rispetto al piano di campagna, sulla quale venga eseguita, a cura del proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare di copertura, una sopraelevazione. La disposizione non è pertanto applicabile al manufatto edificato sulla soletta di copertura di un garage interrato, a prescindere dal regime di proprietà dello stesso.
2) L'art. 1127 c.c., presupponendo l'esistenza di un edificio, ovverosia di una costruzione realizzata almeno in parte fuori terra e sviluppata in senso verticale rispetto al piano di campagna, non rientra tra le norme applicabili al cd. supercondominio, che ricorre quando più condomini, tra loro autonomi, abbiano in comune alcuni beni o spazi a loro volta assoggettati a regime di condominialità, nè nelle altre ipotesi previste dall'art. 1117 bis c.c.".
Alla luce di tali principi, la decisione della Corte di Appello, secondo cui non è sufficiente, per la configurazione del diritto all'indennità di cui all'art. 1127 c.c., la mera proprietà comune del suolo sul quale insiste la nuova fabbrica, è pienamente condivisibile. Occorre, infatti, la dimostrazione, ulteriore, che la proprietà di colui che invoca l'indennizzo sia collocata nella colonna d'aria interessata all'intervento, e quindi al di sotto dell'area sopraelevata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4093 del 07/12/1974, Rv. 372716), sul presupposto che tale colonna appartenga a tutti i condomini, in quanto comproprietari del suolo su cui sorge l'edificio, in proporzione corrispondente ai millesimi di partecipazione al condominio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4233 del 27/12/1975, Rv. 378594), e a condizione che -come detto- la sopraelevazione insista, in concreto, su un edificio. In assenza di detta evidenza, che secondo la Corte distrettuale non sarebbe stata fornita dagli odierni ricorrenti, e della quale non vi è traccia nei motivi di ricorso, la statuizione di rigetto della domanda, adottata dalla Corte genovese, è corretta e coerente con i precedenti di questa Corte. Nè appare sufficiente il richiamo al regolamento del cd. supercondominio, poiché esso vale per individuare le parti oggetto di proprietà comune, tra la società proprietaria dell'edificio destinato ad albergo ed i singoli proprietari delle unità comprese nel diverso stabile adibito a residenza privata, ma non anche ai fini della dimostrazione che la sopraelevazione di cui è causa sia avvenuta sopra un immobile costituente un "edificio".
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 5.800, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.