Il fatto che la linea costituisca strumento essenziale per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale, rivolta anche a clienti internazionali, non è elemento sufficiente per ritenere automaticamente sussistente l'an del danno.
Una società conveniva in giudizio una compagnia telefonica per sentirne dichiarare l'inadempimento contrattuale, relativo alla fornitura di servizi, ed ottenere il susseguente risarcimento del danno subito; essa deduceva che la sua linea telefonica, collegata ai numeri interni dell'azienda, risultava completamente isolata rispetto alle chiamate in entrata.
Rigettata la domanda...
Svolgimento del processo
S. S.r.l. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la T.I. S.r.l. per sentirla condannare al risarcimento di tutti danni subiti per il lamentato inadempimento della convenuta in relazione al contratto con la medesima stipulato e relativo a servizi telefonici (telefonia fissa e internet). In particolare, l'attrice dedusse di aver constatato, in data 28 ottobre 2013, che la sua linea telefonica n. (omissis), collegata ai numeri interni dell'azienda, risultava completamente isolata rispetto alle chiamate in entrata e che tale isolamento, nonostante i ripetuti solleciti rivolti al Servizio Clienti T., era perdurato sino alla prima metà del mese di dicembre 2013, quando la funzionalità della linea era stata ripristinata con il nuovo operatore telefonico prescelto, V.I. S.p.A.. Si costituì la società convenuta e chiese il rigetto della domanda, sostenendo che il disservizio lamentato dall'attrice era imputabile all'operatore V., il quale aveva inviato alla convenuta un ordinativo di migrazione con riferimento ad altra linea, pure in uso all'attrice, e non in relazione alla linea corretta n. (omissis). Il Tribunale adito, pur ritenendo accertato l'inadempimento contrattuale della convenuta, rigettò la domanda risarcitoria, reputando che i danni erano stati genericamente indicati e non provati e che, in mancanza della prova dell'an dei lamentati danni, il giudice non poteva determinarne il quantum in via equitativa e compensò le spese di lite tra le parti. Avverso la sentenza di primo grado S. S.r.l. propose appello, del quale la società appellata chiese il rigetto. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 544/2020, pubblicata il 14 febbraio 2020, rigettò il gravame e condannò l'appellante alle spese di quel grado. Avverso la sentenza della Corte di merito S. S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo e illustrato da memoria. T.I. S.p.a. ha resistito con controricorso. La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo, rubricato «Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2056, 2043, 2727 e 2697 cod. civ., 115 c.p.c. con riferimento all'art. 360 comma 1, n. 3 cpc», la ricorrente censura la sentenza di secondo grado nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che, pur essendo accertato l'inadempimento della T.I. S.p.a., non potesse essere accolta la domanda risarcitoria in quanto l'attrice non aveva dedotto in cosa fossero consistiti i «danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, danno all'immagine compreso». Ad avviso della ricorrente, sulla base delle allegazioni riportate nell'atto di citazione, la Corte di merito, una volta accertato l'inadempimento della convenuta in relazione al contratto stipulato con l'attrice, «non avrebbe potuto omettere di considerare, sulla base di valutazioni che rientrano nella comune esperienza ..., che tale inadempimento non poteva non aver determinato, per la S. srl, un'obiettiva limitazione della possibilità di essere reperita dai propri clienti nonché da potenziali nuovi clienti. In secondo luogo, il lamentato pregiudizio a carico della S. srl, deve ritenersi provato ex art. 2727 c.c. essendo evidente che, per il tipo di attività della stessa, nonché per la rilevante mole di attività, nazionale ed internazionale svolta, in un'epoca di globalizzazione spinta, l'utilizzo della linea telefonica in questione, costituiva l'elemento essenziale allo svolgimento della propria attività imprenditoriale o, altrimenti detto, dal suddetto mancato funzionamento (fatto noto e giudizialmente accertato sia in primo grado che in appello), la Corte territoriale poteva e doveva risalire alla configurazione del danno, e quindi doveva ritenere sussistente l'an del danno, con conseguente potere/dovere di liquidarne l'ammontare in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c.». Ha aggiunto la ricorrente che non sarebbe dato comprendere come avrebbe potuto dare la prova della perdita di clienti connessa all'illecito contrattuale, atteso che «quello che rileva in caso di inadempimento contrattuale del gestore telefonico è altresì il fatto di non poter essere contattato da nuova clientela, rispetto alla quale nessuna prova della "perdita" può essere ragionevolmente pretesa, se non in termini di "possibilità", e di perdita di chance suscettibile anch'essa di valutazione equitativa».
1.1. Il motivo è infondato. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di obbligazioni contrattuali, la liquidazione del danno in via equitativa, che può aver luogo soltanto in caso di impossibilità o difficoltà di una precisa prova sull'ammontare e sull'entità del danno subito, non esonera l'interessato dall'obbligo di offrire gli elementi probatori sulla sussistenza del medesimo - la quale costituisce il presupposto indispensabile per una valutazione equitativa per consentire che l'apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, limitato alla funzione di colmare solo le inevitabili lacune al fine della precisa liquidazione del danno (Cass. 11/07/2007, n. 15585). Questa Corte ha pure precisato che l'attore, che abbia proposto una domanda di condanna al risarcimento dei danni da accertare e liquidare nel medesimo giudizio, ha l'onere di fornire la prova certa e concreta del danno, così da consentirne la liquidazione, oltre che la prova del nesso causale tra il danno e i comportamenti addebitati alla controparte; può, invero, farsi ricorso alla liquidazione in via equitativa, allorché sussistano i presupposti di cui all'art. 1226 cod. civ., solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione (Cass. 15/02/2008, n. 3794) e che la liquidazione equitativa del danno presuppone l'esistenza di un danno risarcibile certo (e non meramente eventuale o ipotetico), nonché l'impossibilità, l'estrema o la particolare difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare in relazione al caso concreto (Cass., ord., 5/02/2021, n. 2831). Di tali principi la Corte di merito ha fatto corretta applicazione (v. sentenza impugnata p. 8), rilevandosi che, anche in questa sede, la ricorrente si limita a denunciare genericamente la limitazione della possibilità di essere reperita e contattata dai clienti anche potenziali, continuando così ad omettere di indicare specifiche circostanze di pregiudizio idonee a consentire il ricorso ad una liquidazione equitativa da parte del giudice.
2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.