…dà luogo alla sostituzione a norma dell'articolo 97, comma 4, del Codice di rito. Infatti, in forza del principio dell'immutabilità della difesa, la reintegrazione è automatica e non prevede comunicazioni al riguardo.
In funzione di giudice dell'esecuzione, il Tribunale di Busto Arsizio rigettava la richiesta di declaratoria di non esecutività della sentenza emessa nei confronti dell'imputato. L'avvocato di fiducia di quest'ultimo ricorre in cassazione lamentando, tra i motivi di doglianza, che l'estratto contumaciale della sentenza era stato notificato al difensore...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 13 novembre 2020 il Tribunale di Busto Arsizio, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava, per quanto qui rileva, la richiesta formulata nell'interesse di G.A. di declaratoria di non esecutività delle sentenze emesse dal Tribunale di Milano in data 16.6.2003 (confermata dalla Corte di appello il 23.1.2007), irrevocabile dal 14.6.2007, e in data 12.12.2001, irrevocabile dal 31.10.2001, nonché quella di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la prima delle indicate pronunce.
2. Avverso detta ordinanza il difensore di fiducia del condannato, avvocato R.G., ha proposto ricorso per cassazione formulando tre distinti motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto: "violazione ex art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in relazione all'art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., nonché 179, comma 1, cod. proc. pen., in relazione alla mancata partecipazione dell'imputato al procedimento e alla mancata declaratoria di esecutività del titolo esecutivo ex art. 670 cod. proc. pen., ovvero ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen.; violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.; carenza di motivazione in violazione dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen.; difetto di motivazione; mancata valutazione degli elementi evidenziati dalla difesa; mancanza di un effettivo giudizio circa la mancata conoscenza della vacatio in iudicium da parte dell'imputato; violazione del diritto di difesa e del giusto processo ex artt. 24 e 111 Cost. e violazione dell'art. 6 CEDU", con riferimento alla sentenza del Tribunale di Milano del 16.6.2003 (confermata dalla Corte di appello di Milano il 23.1.2007), irrevocabile dal 14.6.2007.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto: "violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.; errata interpretazione e applicazione di norma processuale; motivazione gravemente illogica; il condannato ha chiesto di essere restituito nel termine per proporre appello avverso una sentenza contumaciale (sentenza n. 6286/03 emessa dal Tribunale di Milano in data 16.6.2003, confermata dalla sentenza n. 252/17 della Corte di appello di Milano del 23.2.2007); la norma applicabile in ragione di quanto previsto dall'art. 15 -bis, comma 1 della legge 28.4.2014, n. 67 imponeva la restituzione nel termine salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire; violazione del diritto di difesa e del gusto processo ex artt. 24 e 111 Cost. e violazione dell'art. 6 CEDU (mancata informazione in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato della natura e dei motivi dell'accusa ed effettiva assistenza di un difensore)".
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto: "violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.; carenza di motivazione in violazione dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen.; difetto di motivazione; mancata valutazione degli elementi evidenziati dalla difesa; mancanza di un effettivo giudizio circa la correttezza del decreto di irreperibilità emesso dal G.I.P. ex art. 159 cod. proc. pen.; travisamento della prova processuale (violazione dell'art. 670 cod. proc. pen., in relazione all'art. 159 cod. proc. pen., nonché dell'art. 606, comma 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen.); violazione del diritto di difesa e del giusto processo ex artt. 24 e 111 Cost. e violazione dell'art. 6 CEDU", in riferimento alla sentenza del Tribunale di Milano del 12.12.2001, irrevocabile dal 31.10.2012.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, d.ssa L.O., ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso con ogni conseguente statuizione.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso, con il quale si censura l'ordinanza impugnata nella parte in cui ha rigettato la richiesta difensiva tendente a ottenere la declaratoria di non esecutività della sentenza del Tribunale di Milano del 16.6.2003 (confermata dalla Corte di appello di Milano il 23.1.2007), irrevocabile dal 14.6.2007, merita accoglimento. Rilievo preminente, al fine di ritenere fondate le censure difensive, va attribuito al dato - che ha trovato conferma negli atti allegati al ricorso e in quelli contenuti nel fascicolo procedimentale, ai quali il Collegio può accedere per risolvere la questione processuale posta - che l'estratto contumaciale della sentenza del Tribunale di Milano del 16.6.2003 è stato notificato al difensore di ufficio, avv. A.M., nonostante che il G. avesse nominato difensore di fiducia l'avv. E.B., il quale era stato sostituito, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen., nel corso delle varie udienze, di volta in volta, da diversi altri difensori, senza che si reputasse necessario procedere alla nomina di un effettivo difensore di ufficio, ai sensi dell'art. 97, comma 1, cod. proc. pen..
2. Richiama la Corte il proprio più autorevole insegnamento (Cass. pen., Sez. Unite, 11/11/1994) e i principi con esso affermati secondo cui il codice di procedura penale, ispirandosi, secondo il dettato della direttiva n. 105 della legge-delega, all'esigenza di assicurare la continuità dell'assistenza tecnico-giuridica e di garantire la concreta ed efficace tutela dei diritti dell'imputato, ha attuato la sostanziale equiparazione della difesa d'ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch'essa si caratterizza per l'immutabilità del difensore fino all'eventuale dispensa dall'incarico o all'avvenuta nomina fiduciaria. Pertanto, qualora occorre sostituire il difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, in situazioni che, di per sé, non comportano la revoca del mandato fiduciario per l'uno o la dispensa dall'incarico per l'altro (e che si possono individuare, secondo il disposto dell'art. 97, comma 4 cod. proc. pen. nelle ipotesi in cui il difensore non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa), il titolare dell'ufficio di difesa rimane sempre l'originario difensore designato, il quale, cessata la situazione che alla sostituzione ha dato causa, può riprendere immediatamente il suo ruolo e ricominciare a svolgere le sue funzioni non richiedendo la legge, proprio per la immutabilità della difesa e per l'automatismo della reintegrazione, comunicazioni o preavvisi di sorta.
3. Ne consegue che unico destinatario della notifica di atti destinati alla difesa e segnatamente dei provvedimenti soggetti ad impugnazione è il difensore che risulti titolare dell'ufficio, con esclusione, quindi, del difensore chiamato a sostituire il già nominato difensore di ufficio o quello incaricato della difesa dallo stesso imputato. Richiamando siffatte conclusioni ermeneutiche questa sezione ha avuto modo di affermare (Cass. n. 25256 del 13/11/2003, dep. 2004, Rv. 228126) il principio, secondo cui "allorché sia stata effettuata la nomina di un difensore di fiducia o sia stato designato un difensore di ufficio, l'eventuale mancata comparizione del difensore in udienza non può essere intesa come revoca implicita della designazione, ma da luogo alla sostituzione a norma dell'art. 97, cod. proc. pen., comma 4. Ne consegue che titolare dell'incarico difensivo rimane sempre il difensore originariamente designato il quale, una volta cessata la situazione che aveva dato luogo alla sostituzione, riprende il suo ruolo automaticamente, in forza del principio dell'immutabilità della difesa".
4. Si impone, dunque, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Busto Arsizio, affinché, in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimità, proceda a nuovo giudizio sul punto e sui profili critici segnalati, anche con riferimento alla specifica censura del ricorrente.
5. Restano assorbite tutte le questioni poste dal ricorrente con il secondo motivo di ricorso, atteso che, ai sensi dell'art.670 cod. proc. pen., la declaratoria di non esecutività trova necessaria premessa nel difetto di conoscenza legale del provvedimento, mentre la restituzione nel termine presuppone che vi sia divergenza tra conoscenza legale e conoscenza effettiva della decisione; conseguentemente, l'istanza formulata ai sensi dell'art. 175 cod. proc. pen. è logicamente subordinata all'accertamento della valdità del titolo esecutivo, nel senso che può esservi decisione sulla restituzione solo nel caso di rigetto della questione sulla non esecutività del titolo.
6. Non merita, invece accoglimento il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura l'impugnata ordinanza nella parte in cui ha rigettato la richiesta di declaratoria di non esecutività della sentenza del Tribunale di Milano in data 12.12.2001, pur avendolo rimesso nei termini per impugnarla. E in vero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "in materia di incidente di esecuzione, il giudice deve limitare il proprio accertamento alla regolarità formale e sostanziale del titolo su cui si fonda l'esecuzione e non può attribuire rilievo alle nullità eventualmente verificatesi nel corso del processo di cognizione in epoca precedente al passaggio in giudicato della sentenza" (Cass., Sez. 1, n. 5880 del 11/12/2913, RV. 258765; ex pluribus cfr. Cass. Sez. 1 n. 8776 del 28/01/2008, RV. 239509, secondo cui "le nullità asseritamente incorse nel giudizio di cognizione non possono essere fatte valere con l'incidente di esecuzione, che affida al giudice soltanto il controllo sull'esistenza del titolo esecutivo e sulla legittimità della sua emissione"). Ebbene, nel caso di specie, le censure difensive hanno a oggetto la "correttezza del decreto di irreperibilità emesso dal G.I.P. ai sensi dell'art. 159 cod. proc. pen." in data 5.5.1997 per la non esaustività delle ricerche effettuate in precedenza (cfr. pag. 38 ricorso, laddove si afferma espressamente che "se ricerche effettuate, al fine di notificare l'estratto contumaciale, possono dirsi esaustive [...], lo stesso non può dirsi con riguardo alle notifiche effettuate precedentemente all'emissione del decreto di irreperibilità da parte del G.I.P. in data 5.5.1997"); con esse, dunque, il ricorrente prospetta, sostanzialmente, profili di nullità eventualmente verificatesi nel corso del processo di cognizione del tutto estranei al giudizio relativo al controllo dell'esistenza di un titolo esecutivo e della legittimità della sua emissione.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla sentenza n. 6286/03 in data 16/6/2003 del Tribunale di Milano e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Busto Arsizio. Rigetta nel resto il ricorso.