Nel caso in esame, l'istante aveva dimostrato un percorso di crescita trattamentale, come peraltro riferito nei rapporti informativi del Sert. Per la Cassazione, il giudice deve tener conto di tali elementi in quanto dimostrano l'avvio di un processo di revisione critica del proprio passato.
Il Tribunale di sorveglianza dell'Aquila respingeva l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale e quella di ammissione al regime di detenzione domiciliare presentata dall'imputato. Nello specifico, il Giudice riteneva di non poter formulare la prognosi favorevole richiesta dall'
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con l'ordinanza in epigrafe in data 13/10/2020 il Tribunale di sorveglianza dell'Aquila ha respinto l'Istanza di affidamento in prova al servizio sociale e quella di ammissione al regime di detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1-bis, L. 26 luglio 1975, n. 354 presentata da M.L. - condannato libero a carico del quale si sarebbe dovuta eseguire la pena di anni due mesi due di reclusione (con un residuo di mesi nove, giorni due di reclusione), per i reati di cui agli artt. 624-bis cod. pen., 56, 629 e 582 e 585 cod. pen., commessi tra il 2013 e il 2014). Riteneva l'anzidetto Tribunale di sorveglianza di non poter formulare la prognosi favorevole richiesta dall'art. 47, comma 2, L. 26 luglio 1975, n. 354 e quella di cui all'art. 50 comma 4 ord. pen. non avendo l'istante ancora dato prova di progressi significativi nel trattamento, tali da superare la notevole pericolosità di base desumibile dai precedenti, dalla gravità dei reati commessi e dai problemi di tossicodipendenza, non risolti,. che M. rifiutava di rielaborare, prendendone atto e ponendosi, rispetto ad essi, in chiave critica e tale da superare la dipendenza in atto. La circostanza che lavorasse e avesse un indiscutibile sostegno familiare, oltre alla disponibilità di un'abitazione - ove conviveva. con la compagna-, a giudizio del Tribunale, non erano elementi risolutivi e tali da essere favorevolmente valutati per la concessione delle misure alternative richieste.
2. Avverso tale decisione, M.L., con il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione, per aver il Tribunale di sorveglianza, a fronte di un comportamento valutato come pienamente positivo, anche dagli operatori del S., attribuito rilievo ostativo a precedenti lontani nel tempo e che riguardavano la storia personale dell'istante. Il Tribunale di sorveglianza aveva, infatti, valorizzato in chiave negativa i soli precedenti a carico e un'iscrizione che non figurava nel certificato dei carichi pendenti e che non aveva avuto esito. D'altro canto, M. era padre anche di una bimba nata in quella congiuntura e aveva rielaborato positivamente la sua storia deviante, oltre ad aver preso consapevolezza della sua condizione di tossicodipendenza, come aveva dato atto lo stesso S. cui era iscritto e che lo seguiva nel recupero dall'uso della sostanza stupefacente. Gli esami tossicologici da ultimo effettuati avevano dato esito negativo e non avevano rivelato tracce di sostanza, alla cui ricerca erano specificamente rivolti. Il Tribunale di sorveglianza, ancora, aveva omesso di valutare la partecipazione ad un programma, con esito positivo, di tipo residenziale e finalizzato al recupero dell'assuntore dello stupefacente.
3. Il ricorso è fondato e la doglianza sviluppata è meritevole di accoglimento; l'ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo e più approfondito esame al Tribunale di sorveglianza. Questa Sezione, invero, ha già avuto più volte occasione di affermare (cfr., tra le molte, le sentenze: Sez. 1, n. 684 del 27/01/1999, D., Rv. 212670; Sez. 1, n. 25929 del 30/04/2001, A., Rv. 219339; Sez. 1, n. 7375 del 10/01/2002, I., Rv. 220897) che, ai fini della concessione dei benefici di cui si tratta, il giudice ben può prendere in considerazione anche i precedenti del soggetto e la tipologia dei reati per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, ma non può ad essi attribuire rilievo decisivo dovendo confrontarli con i risultati dell'osservazione della personalità, per verificare se vi sia o meno stata un'evoluzione di essa tale da fare ritenere sicuramente avviato un profondo processo di revisione critica delle precedenti scelte devianti. Tale verifica va, peraltro, effettuata con riferimento a elementi concreti che, in senso positivo o negativo, vanno enucleati dai rapporti informativi del personale, nella specie in servizio presso il S., cosa che il Tribunale di sorveglianza ha omesso di fare, esprimendo un giudizio di insufficienza del livello di partecipazione del M. all'opera di rieducazione del tutto generico e apodittico, oltre che non confortato dalle conclusioni cui sono pervenuti gli operatori, di cui pure l'ordinanza impugnata dà solo parzialmente atto e risultando esse enucleate nel ricorso, anche attraverso il richiamo dell'aggiornamento della situazione valutata, esaminando i dati favorevoli riportati nella relazione del 3/7/2020. La mancata acquisizione di detto atto impedisce di assumere la decisione reiettiva di una misura alternativa alla detenzione (Sez. 1, n. 10290 del 02/03/2010, Trif, rv. 246519 che ha precisato come nel senso della sussistenza di un vero e proprio obbligo di acquisizione della documentazione relativa all'osservazione personologica del condannato depongano l'art. 666., comma 5, cod. proc. pen., -che prevede la possibilità del giudice di richiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni necessarie per la decisione assumendo se del caso le prove necessarie- e l'art. 678, comma 1, cod. proc. pen., -a mente del quale quando si procede nei confronti di persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice "acquisisce la relativa documentazione", potendo anche avvalersi "della consulenza dei tecnici del trattamento). Detto orientamento trova applicazione quando la incompletezza dell'istruttoria priva il procedimento di dati conoscitivi imprescindibili, pregiudicando la possibilità di formare in modo completo il convincimento espresso per il rilievo dirimente, immediatamente percepibile, degli elementi negativi emersi dagli atti (Sez. 7, n. 7724 del 12/11/2013, dep. 2014, A., Rv. 261292). E' superflua solo quando l'acquisizione della relazione e il corredo di risultanze documentali acquisite sia già di tale evidenza dimostrativa nell'attestare l'inidoneità della misura richiesta per le sue modalità esecutive del tutto incompatibili con la personalità del condannato, dimostratosi, alla luce della documentazione già acquista, del tutto insensibile all'osservanza di prescrizioni finalizzate alla sua risocializzazione, da non richiedere ultriori approfondimenti e da non poter essere smentito da un mero colloquio con gli operatori sociali. Nel caso in esame, contrariamente, si è anticipato come il ricorso ponga in evidenza elementi di valenza non marginale, ai fini del decidere e aspetti che il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto valutare per un completo giudizio sulla personalità di M.. Così in una valutazione complessiva si sarebbe anche dovuta approfondire la proiezione favorevole che la stessa relazione si affermava aveva compiuto a suo carico. Rilevava la nascita della figlia, l'esito negativo degli esami tossicologici e la disponibilità alla progressiva riduzione delle somministrazioni farmacologiche, oltre all'atteggiamento tenuto verso gli operatori della struttura per le tossicodipendenze. Anche i colloqui in presenza e l'atteggiamento di responsabilità, mosso da preoccupazione per la condizione della compagna, oltre ad una progettualità abitativa erano aspetti di una nuova maturità, in funzione di uno svincolo dai genitori e dal contesto domestico, elementi che si sarebbero dovuti esaminare con un approfondimento alla luce del percorso di crescita trattamentale. Per la concessione delle misure non occorre, dunque, la prova di un avvenuto recupero, ma quella di una revisione critica del proprio passato, costituendo la concessione della misura alternativa un possibile strumento che, nel concorso degli altri elementi positivi, può assicurare un recupero attuato anche in un contesto esterno e che prescinde dall'ambiente carcerario. In positivo, basta, dunque, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio vissuto ed è sufficiente che, dai risultati dell'osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (da ultimo Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924). Alla luce di quanto premesso l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza dell'Aquila per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila.