Nonostante il silenzio della legge Cirinnà, l'Ente previdenziale ritiene che anche nell'unione civile si costituisca il rapporto di affinità tra una parte e i parenti dell'altra parte, allo stesso modo di come avviene nel matrimonio.
Con la
Sulla questione, l'
- la parte di un'unione civile, che presti assistenza all'altra parte, può usufruire di:
-
- permessi di cui alla
L. n. 104/1992 , - congedo straordinario ai sensi dell'
art. 42, c. 5, del D.Lgs n. 151/2001 ;
- permessi di cui alla
- il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell'
articolo 1 della L. n. 76/2016 , che presti assistenza all'altro convivente, può usufruire unicamente di:
-
- permessi di cui alla
L. n. 104/1992 .
- permessi di cui alla
A differenza di quanto avviene per i coniugi, era stato previsto che la parte di un'unione civile potesse usufruire dei permessi di cui alla
L'orientamento finora seguito, si legge nella circolare in esame, «sarebbe in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale dell'Unione europea che, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio di parità di trattamento, vieta la discriminazione basate sull'orientamento sessuale, in particolare per quanto concerne l'occupazione, le condizioni di lavoro e la retribuzione».
Per questo motivo, nonostante il silenzio della
Nulla cambia, invece, per quanto riguarda le convivenze di fatto: a tal proposito, l'INPS aggiunge che non è possibile riconoscere il rapporto di affinità tra il «convivente di fatto» e i parenti dell'altro partner, per il fatto che non si tratta di un istituto giuridico, ma (appunto) di una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo.