L'imprescindibilità del diritto ai colloqui ammette la modalità di video-colloquio anche per i detenuti al regime differenziato ogni qualvolta questo risulti l'unico strumento di esercizio di tale diritto.
Il Magistrato di sorveglianza di Viterbo disattendeva la richiesta di video-colloquio di un detenuto sottoposto al regime exart. 41-bis, ritenendo esclusa simile modalità in quanto non prevista dalla legge, in considerazione della possibile presenza di terzi occulti durante i video-colloqui. Proposto reclamo, il...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 13/5/2021 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha accolto il reclamo proposto da G.C., sottoposto al regime detentivo differenziato ex art. 41 bis, comma 2, O.P., avverso il silenzio dell'Amministrazione penitenziaria, alla quale il detenuto aveva chiesto di sostenere un video-colloquio ed un colloquio aggiuntivo con i familiari residenti in Sicilia sulla loro utenza telefonica privata, essendo divenuti impossibili i colloqui visivi in carcere a causa delle limitazioni agli spostamenti interregionali determinate dall'emergenza sanitaria da Covid-19 all'epoca in atto.
1.1. Con ordinanza del 21/5/2020, il Magistrato di sorveglianza di Viterbo aveva disatteso la richiesta di video-colloquio, ritenendo esclusa simile modalità in quanto non prevista dalla legge, in considerazione della possibile presenza di terzi occulti durante i video-colloqui a distanza, mentre aveva autorizzato il colloquio telefonico aggiuntivo del C. con la figlia minore S., residente in Lombardia, annullando in parte qua la disposizione della circolare DAP del 27/3/2020 che vietava il colloquio telefonico aggiuntivo ai minori.
1.2. Nell'impugnata ordinanza il reclamo è stato ritenuto fondato nella parte in cui invoca la possibilità di sostenere un video-colloquio a distanza: invero, si è ammessa tale modalità di colloquio, attraverso la piattaforma Skype far business (tecnicamente validata dal Servizio telematico penitenziario, dalla Direzione Generale del personale e delle risorse del DAP e dalla DGSIA), ogni qualvolta questo risulti l'unico strumento di esercizio del diritto al colloquio tra il detenuto e i familiari, in costanza di circostanze che rendano impossibile o gravemente difficoltoso il colloquio in presenza.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 35-bis, 41-bis e 69, comma 6, O.P., per avere riconosciuto il diritto ai colloqui in video-collegamento a favore dei sottoposti al regime detentivo differenziato, indebitamente estendendo a tale categoria di detenuti la disciplina dettata per i ristretti in media e alta sicurezza, nonostante l'esclusione operata dall'Amministrazione penitenziaria, alla cui esclusiva discrezionalità è rimessa la relativa valutazione. La tesi del Ministero ricorrente è sostenuta in base all'analisi del quadro normativo susseguitosi dall'introduzione all'attuale vigenza della disciplina emergenziale, sostenendosi che la disciplina dei colloqui prevista per i sottoposti al regime differenziato, inserita nella norma speciale dell'art. 41 bis, comma 2 quater lett. b) O.P., non è interessata dal richiamo all'art. 18 O.P. compiuto dall'art. 221, comma 10, D.L. 19/5/2020, n. 34 (conv. con modificazioni dalla L. 17/7/2020, n. 77). Inoltre, si afferma che le modalità ordinarie di svolgimento dei colloqui soddisfano tutte le prescrizioni in merito al distanziamento fisico, poiché i colloqui si svolgono mediante l'uso del vetro divisorio. Si è quindi concluso che l'esclusione dei detenuti sottoposti al regime differenziato dai colloqui in video-collegamento è in linea con la previsione dell'art. 221, comma 10, citato D.L., in quanto detta disposizione indica il ricorso al video-colloquio come una mera possibilità, evidentemente rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione, che deve continuare a considerare anche lo specifico profilo di pericolosità del singolo detenuto in relazione ai rischi - anche di eventuale intrusione informatica da parte di terzi - ai quali potrebbe dare luogo il colloquio a distanza. Ripercorrendo la casistica giurisprudenziale in cui era stato considerato il tema dei colloqui da remoto per i detenuti in regime differenziato, il Ministero ricorrente ha rilevato che i casi di eccezionale riconoscimento di tale possibilità sono stati ancorati a situazioni altrettanto eccezionali strettamente connesse alla storia personale dei detenuti autorizzati, ed ha affermato che neppure lo stato di emergenza sanitaria potrebbe costituire una situazione eccezionale, tale da riconoscere indiscriminatamente a tutti i detenuti ex art. 41 bis O.P. l'accesso al colloquio in video-collegamento, trattandosi di una situazione transitoria, che involge in egual modo sia i diritti della popolazione libera che quelli dei detenuti. Infine, si è rilevato che il venire meno delle limitazioni alla circolazione sul territorio nazionale avrebbe dovuto determinare la conferma del provvedimento di diniego assunto dal Magistrato di sorveglianza.
3. Il Procuratore generale ha presentato una requisitoria scritta in cui ha chiesto il rigetto del ricorso, richiamando un recente arresto giurisprudenziale di questa Corte di legittimità in tal senso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2. È cruciale innanzitutto premettere che il diritto allo svolgimento dei colloqui con i familiari è riconosciuto e tutelato da molteplici fonti normative di diversa natura, prime fra tutte le disposizioni di matrice costituzionale e convenzionale che tutelano la famiglia ed i suoi componenti (si vedano gli artt. 29, 30 e 31 Cast., nonché l'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, in base al quale "ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare"). Vige poi una più specifica· disciplina dettata in materia da apposite disposizioni dell'ordinamento penitenziario, dalle quali si evince che il colloquio visivo è espressione del fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare ed al mantenimento delle relazioni con i più stretti congiunti: l'art. 28 Orci. pen., per esempio, statuisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»; l'art. 18, comma 3, attribuisce «particolare favore (...) ai colloqui familiari»; gli artt. 1, comma 6, e 15 riconoscono come i colloqui siano funzionali alla realizzazione della finalità rieducativa della pena; infine gli artt. 61, comma 1, lett. a) e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 riconoscono e tutelano il diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell'isolamento con esclusione dalle attività in comune. È evidente quindi come l'origine e il tenore di tali disposizioni impongano che le modalità, ma, soprattutto, le limitazioni all'esercizio di detto diritto debbano essere espressamente delineate dalla legge e debbano essere giustificate dall'esigenza di prevenzione di reati, di pubblica sicurezza e ordine pubblico, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui (così Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, M., in motivazione).
2.1. Tutto ciò premesso, è possibile affermare che quello ai colloqui sia un diritto imprescindibile e, come tale, riconosciuto anche ai detenuti sottoposti al regime penitenziario di cui all'art. 41-bis Orci. pen.: in questi casi è tuttavia necessaria l'applicazione di alcune restrizioni, definite dallo stesso art. 41-bis, relative al numero ed alle modalità di svolgimento dei colloqui medesimi. Quest'ultima disciplina prevede che il detenuto abbia diritto ad un colloquio al mese con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente. Inoltre, per chi non effettua colloqui è prevista, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime differenziato, l'effettuazione di un colloquio telefonico mensile con i medesimi soggetti, della durata massima di dieci minuti, sottoposto anch'esso a registrazione e «comunque» a videoregistrazione. Nel caso di specie il Magistrato di sorveglianza ha ritenuto che il detenuto non potesse svolgere un video-colloquio poiché simile modalità non sarebbe espressamente prevista dalla legge.
3. A tal proposito si sottolinea che la competenza a definire le modalità di svolgimento dei colloqui spetta senz'altro all'Amministrazione penitenziaria, che, con riferimento ai detenuti sottoposti al regime di cui all'art. 41-bis orci. pen., provvederà ad imporre regole inevitabilmente più restrittive, perseguendo l'obiettivo di evitare che il detenuto riesca a comunicare con l'esterno e a far recepire una sua (ancora) attuale autorità nel sodalizio di appartenenza. Simili limitazioni, tuttavia, hanno ragion d'essere esclusivamente nella misura in cui siano effettivamente connesse a esigenze di ordine e sicurezza ·e che non siano gestibili altrimenti, poiché, se così non fosse, avrebbero natura meramente ed ingiustamente afflittiva. Ciò è statuito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 97 del 2020 e n. 351 del 1996), nonché da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo che, in ossequio al principio di proporzione, ritiene legittime le misure che incidono sulle libertà riconosciute dalla Convenzione EDU solo se perseguono un fine legittimo; se sono idonee rispetto all'obiettivo di tutela; se non esistono alternative altrettanto idonee al raggiungimento dello scopo; se non comportano un sacrificio eccessivo del diritto compresso (così Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, G., in motivazione).
3.1 La recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha stabilito, compatibilmente con la cornice interpretativa sopra delineata, che nella circostanza in cui sia impossibile o, comunque, estremamente difficile eseguire i colloqui in presenza, coloro che sono sottoposti al regime penitenziario di cui all'art. 41-bis ord. pen. possono essere autorizzati dall'Amministrazione penitenziaria ad effettuare detti colloqui in modalità da remoto, mediante mezzi di comunicazione audiovisivi. Quest'ultima modalità di svolgimento è infatti espressamente prevista dal decreto legge 10 maggio 2020, n. 29, in quanto funzionale alla gestione dell'emergenza sanitaria da COVID-19. È pacifico che la norma in questione non abbia disposto alcuna differenza in merito alle modalità di svolgimento dei colloqui, pertanto, tale disciplina è pienamente applicabile anche ai detenuti ex 41-bis: costoro possono essere esclusi solo se ciò sia effettivamente necessario a prevenire contatti fra detenuto e gruppo criminale di appartenenza.
3.2. Nel caso di specie, il Ministero ricorrente ha ritenuto che i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis non rientrino nell'ambito di applicazione di suddetta disciplina, essendo i colloqui in video-collegamento una mera possibilità, evidentemente rimessa all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione, la quale deve continuare a considerare anche lo specifico profilo di pericolosità del singolo detenuto in relazione ai rischi - anche di eventuale intrusione informatica da parte di terzi - ai quali potrebbe dare luogo il colloquio a distanza. Tuttavia, tale eccezione non può essere accolta: non solo il mezzo di comunicazione Skype far business, tecnicamente validato dal Servizio telematico penitenziario, dalla Direzione Generale del personale e delle risorse del DAP e dalla DGSIA, è perfettamente idoneo a garantire la regolarità e la sicurezza del colloquio, ma è da censurare altresì l'eccezione sollevata dal ricorrente in merito all'esaurirsi della situazione sanitaria emergenziale, che, con il venire meno delle restrizioni agli spostamenti, determinerebbe la sopravvenuta carenza di interesse alla pretesa di video-colloqui. Infatti, se, da un lato, è indubbio che sia stata ripristinata la libertà di movimento all'interno del territorio dello Stato, dall'altro la situazione pandemica è ancora in atto e vi sono perduranti ragioni prudenziali legate all'acuirsi dei contagi che sconsigliano di eliminare la possibilità dei colloqui da remoto.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato. La natura pubblica della Parte ricorrente osta alla condanna alle spese (Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, T., Rv. 271650).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.