Per valutare la condizione di radicamento del richiedente la protezione, l'accertamento deve essere eseguito tenendo conto dell'intero percorso svolto dal medesimo.
Il Tribunale di Torino confermava il provvedimento di diniego della richiesta di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da un cittadino nigeriano. Proposto gravame, la Corte territoriale confermava il giudizio di primo grado in ragione del carattere saltuario dell'attività lavorativa svolta dal ricorrente e della circostanza che le...
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 24/09/2019, ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino nigeriano, O.S., avverso la pronuncia con la quale il Tribunale di Torino ha confermato il provvedimento di diniego della protezione internazionale ed umanitaria emesso dalla competente Commissione Territoriale.
1.1. Il ricorrente ha dichiarato di essere fuggito dal Pese di origine perché coinvolto in dissidi familiare legati a questioni ereditarie, culminati con l'avvelenamento dei suoi genitori e l'incendio della sua casa. Per tale ragione, teme, in caso di rimpatrio, "di fare la stessa fine dei genitori".
2. La Corte d'appello, in via preliminare, ha respinto la richiesta di nuova audizione perché genericamente formulata e per mancata allegazione di elementi e circostanze nuove tali da richiedere un ulteriore approfondimento con l'audizione.
2.1. In secondo luogo, la Corte ha condiviso il giudizio negativo di credibilità della vicenda narrata espresso dal Tribunale nonché quanto affermato da quest'ultimo in relazione all'inesistenza, a carico del ricorrente, di un rischio persecutorio in caso di rimpatrio ovvero del rischio di subire trattamenti inumani e degradanti. Alla luce di tali argomentazioni, è stato negato il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b) del d.lgs. n. 251/2007.
2.2. In merito all'ipotesi di danno grave di cui alla lett. c) del medesimo art. 14, la Corte ha escluso che la zona di provenienza del ricorrente sia caratterizzata da una situazione di violenza indiscriminata e diffusa, così come attestato dalle COI aggiornate al biennio 2017-2018.
2.3. Da ultimo, è stata rigettata la domanda di protezione umanitaria atteso che, ad avviso della Corte Territoriale, non sussistono condizioni di vulnerabilità e, d'altra parte, non possono ritenersi sufficienti né le attività svolte dal ricorrente nel periodo di accoglienza né l'attività lavorativa che è soltanto saltuaria, in assenza di legami affettivi e familiari sul territorio italiano.
3. Avverso la presente sentenza ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero.
3.1. L'Amministrazione intimata si è costituita tardivamente, oltre i termini di cui all'art. 370, co. 1, c.p. al fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo si censura la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte dei giudici d'appello, non avendo gli stessi assunto informazioni relative alla situazione politica del Paese, tenuto conto che la Nigeria, secondo quanto attestato dalle fonti informative riportante dal ricorrente nel presente ricorso (Viaggiare Sicuri e rapporto Amnesty International 2017- 2018), è oggetto di plurimi conflitti interni non contrastati dalle forze di polizia locale, tali da legittimare il rilascio della protezione sussidiaria.
5. Nel secondo motivo di ricorso si deduce l'omessa considerazione del percorso di integrazione intrapreso dal ricorrente nel Paese di accoglienza. A tal riguardo, si contesta che l'attività lavorativa svolta dallo stesso non possa ritenersi saltuaria posto che quest'ultimo ha depositato copiosa documentazione attestante un'effettiva integrazione in Italia (attestati di partecipazione a corsi di lingua, voucher di pagamento, lettere di referenze e raccomandazioni, contratto di tirocinio e successive proroghe, conseguimento di qualifiche professionali, contratto di locazione di un immobile). Tale situazione positiva di integrazione, lamenta il ricorrente, verrebbe irreparabilmente lesa in caso di rimpatrio, tenuto conto delle difficoltà che egli si troverebbe costretto ad affrontare in caso di nuovo radicamento territoriale.
6. La Prima Sezione di questa Corte, all'udienza del 09/07/2021, evidenziato che il ricorrente si trova in Italia da alcuni anni e del suo progressivo inserimento nel mondo del lavoro, ha rinviato la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione concernete la rilevanza dell'integrazione sociale del cittadino straniero in Italia, rimessa alle stesse con ordinanza n. 28316 del 2020.
7. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta instando per l'accoglimento del ricorso.
8. Il primo motivo è infondato.
8.1. La Corte d'appello ha escluso l'esistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella zona di provenienza del ricorrente alla luce delle fonti internazionali accreditate ed aggiornate al biennio 2017-2018 dalla stessa acquisite ed indicate in motivazione, in piena ottemperanza al dovere di cooperazione istruttoria previsto dagli artt. 8 del D.lgs. n. 25 del 2008 e 3 del D.lgs. n. 251 del 2007. Per contro, con la presente censura, il ricorrente si è limitato a prospettare una diversa lettura e rilevanza della situazione socio politica del Paese di origine allegando fonti internazionali, peraltro risalenti al medesimo arco temporale di quelle consultate dai giudici d'appello (2017-2018), in forza delle quali contesta che la situazione socio-politica del Pese di origine è caratterizzata da un livello di violenza indiscriminata di intensità tale da legittimare la concessione della protezione sussidiaria di cui alla lett. c) dell'art. 14 del D.lgs. n. 251 del 2007. Trattasi di una censura di merito posto che la valutazione circa l'esistenza di una situazione di violenza indiscriminata e diffusa nella zona di provenienza del ricorrente integra un accertamento di fatto rimesso del giudice del merito che, in presenza di una motivazione coerente ed esaustiva che dia conto delle fonti poste a fondamento della decisione impugnata, risulta insindacabile in sede di legittimità.
9. Il secondo motivo è fondato per le ragioni che seguono.
9.1. La Corte d'appello ha rigettato la domanda di protezione umanitaria in ragione del carattere saltuario dell'attività lavorativa svolta dal ricorrente e della circostanza che le attività svolte nel periodo di accoglienza non sono state ritenute di per sé sufficienti al rilascio della protezione invocata, tenuto conto anche dell'assenza di legami affettivi sul territorio italiano.
9.2. Con la presente censura il ricorrente deduce di avere allegato nell'atto d'appello copiosa documentazione, poi riprodotta ritualmente nel presente ricorso, attestante il raggiungimento di una piena integrazione in Italia con particolare riferimento al costante svolgimento di attività lavorativa (attestati di lingua, voucher di pagamento, lettere di referenze, contratto di tirocinio e relative proroghe, CU 2018 e CU 2019, attestati Enaip, buste paga, conseguimento qualifiche).
9.3. Ad avviso del Collegio, la Corte Territoriale ha omesso di confrontarsi con le allegazioni e produzioni documentali del ricorrente non avendo indicato, in motivazione, le ragioni specifiche in forza delle quali ha ritenuto saltuaria l'attività lavorativa, pur ampiamente documentata, anche sul piano diacronico, dal ricorrente in fase di appello, così da pervenire ad una valutazione finale d'insufficienza delle emergenze fattuali necessarie a ravvisare un'effettiva integrazione. Dunque, nell'impossibilità di rinvenire l'iter logico-giuridico posto a fondamento della statuizione assunta dalla Corte d'appello, la motivazione del provvedimento impugnato non può dirsi conforme al minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza costante di questa Corte (Sez. 1, n. 471/2022; Sez. 1, n. 13248/2020).
9.4. Inoltre, priva di giustificazione è anche l'esclusione di qualsiasi rilievo probatorio all'attività svolta dal ricorrente all'interno del percorso di accoglienza previsto dalla legge e realizzato dagli Enti locali posto che essa non può essere ignorata nella valutazione complessiva della condizione di radicamento del richiedente protezione umanitaria. L'accertamento da svolgere deve essere eseguito in concreto valutando l'intero percorso svolto dal richiedente, la sostanziale continuità temporale dell'attività (o delle attività) svolte senza che l'esame di questa prima fase d'impegno, ove sussistente, possa venire deliberatamente ignorata solo perché rientrante in un programma d'accoglienza e primo inserimento previsto dalla legge.
10. In conclusione, la Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo motivo. Cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione anche per le spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo motivo. Cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Torino in diversa composizione.