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15 marzo 2022
Avvocato cancellato dall’albo nel corso del giudizio: scatta la regressione della causa

La gravità del vizio che investe gli atti processuali lesivi del diritto di difesa è tale da derogare al principio per cui le cause di nullità della sentenza si convertono in motivi di impugnazione.

La Redazione

Con la sentenza n. 1734 dell'11 marzo 2022, il Consiglio di Stato ha ribadito che «la cancellazione dell'avvocato dall'albo, anche a domanda, integra una causa di interruzione del giudizio, determinando la simultanea perdita per il difensore dello ius postulandi dal lato attivo e passivo e l'obbligo per il giudice di rilevarla a tutela del diritto di difesa della parte colpita dall'evento interruttivo».

Considerata che l'attività processuale posta in essere dopo il decesso o l'impedimento del difensore, senza che sia stata dichiarata l'interruzione del giudizio, spiega Palazzo Spada, «è invalida e ridonda in una ipotesi di nullità della sentenza per difetto funzionale del contraddittorio tale da integrare una delle tassative cause di rinvio della causa al giudice di primo grado», la sentenza deve essere annullata con regressione della causa al primo giudice affinchè la decisione venga presa da un collegio in diversa composizione.

Palazzo Spada prosegue argomentando che «l'opposizione a decreto di perenzione emanato nel corso del giudizio di primo grado, non può essere considerata, quoad effectum, utile ai fini della riassunzione del giudizio medesimo; a tanto si oppone la considerazione della diversa natura giuridica, del diverso contenuto e dei differenti presupposti dei due atti processuali di parte e, conseguentemente, della loro non sovrapponibilità anche ai fini di cui all'art. 32, comma 2, c.p.a.; l'opposizione ha, infatti, natura di mezzo di impugnazione di un provvedimento del giudice capace di passare in giudicato, mentre gli atti di impulso di parte, strumentali alla riattivazione del processo entrato in una fase di stasi ope legis, presuppongono la conoscenza legale della esistenza dell'evento interruttivo o sospensivo».

Per il Consiglio di Stato dunque, «la gravità del vizio che investe gli atti processuali lesivi del diritto di difesa, al punto da imporre la regressione del giudizio, è tale da derogare al principio per cui le cause di nullità della sentenza si convertono in motivi di impugnazione; in ogni caso, trattandosi di questioni che attengono alla regolare costituzione e prosecuzione del rapporto processuale, possono essere delibate d'ufficio per la prima volta direttamente in sede di appello con le uniche eccezioni, non rinvenibili nel caso di specie, che si tratti di questione di giurisdizione e competenza, ovvero che vi sia stata una statuizione espressa coperta dalla forza del giudicato interno».