L'inversione della sequenza misura-interrogatorio è volta a consentire all'indagato di poter estrarre copia degli atti per poi approntare una difesa adeguata. Il rifiuto opposto dal giudice in tal senso determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e del conseguente provvedimento cautelare.
Il Tribunale di Reggio Calabria annullava parzialmente l'ordinanza del GIP con la quale era stata applicata la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio di appuntato dell'arma dei Carabinieri per un anno nei confronti dell'imputato.
Contro tale ordinanza, quest'ultimo propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la nullità...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con l'ordinanza di cui in premessa il tribunale di Reggio Calabria, adito ex art. 310, c.p.p., annullava parzialmente l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria, in data 16.3.2021, aveva applicato nei confronti di M.A. la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio di appuntato dell'arma dei Carabinieri per la durata di dodici mesi, in relazione al reato di cui al capo A) dell'imputazione provvisoria (artt. 81, 615 ter, aggravato ex art. 416 bis.l, c.p.), escludendo la configurabilità della circostanza aggravante ex art. 416 bis.1, c.p., e confermando nel resto l'impugnato provvedimento.
2. Avverso l'ordinanza del tribunale del riesame, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il M., lamentando: 1) violazione di legge, in quanto si è proceduto all'interrogatorio dell'indagato prima che venisse applicata nei suoi confronti la misura cautelare di cui si discute, senza che il difensore venisse autorizzato a estrarre copia degli atti su cui si fondava la richiesta di applicazione della suddetta misura cautelare da parte del pubblico ministero, atti di cui il giudice per le indagini preliminari procedente aveva autorizzato solo la visione, consentendo al difensore dell'indagato di estrarre copia esclusivamente della menzionata richiesta cautelare della pubblica accusa. Da ciò, rileva il ricorrente, discende la nullità dell'interrogatorio e, di conseguenza, dell'ordinanza oggetto dell'impugnazione cautelare; 2) vizio di motivazione, in quanto il tribunale del riesame, pur escludendo la circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa del "clan Morabito", che aveva determinato il pubblico ministro a richiedere la misura cautelare di cui si discute, non ha indicato le ragioni del mantenimento della suddetta misura a carico del M..
3. Con requisitoria scritta del 10.11.2021, depositata sulla base della previsione dell'art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione chiede che il ricorso venga accolto.
4. Il ricorso va accolto, essendo fondato il primo motivo di impugnazione, in esso assorbita ogni ulteriore censura. Ed invero, come da tempo affermato da un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'interrogatorio preliminare all'emissione della misura dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, previsto dall'art. 289, comma 2, c.p.p., deve essere preceduto dal deposito di tutti gli atti posti a fondamento della richiesta di applicazione della misura al fine consentire all'indagato di estrarne copia e di approntare un'adeguata difesa. Come è stato osservato "a mente dell'art. 289, comma 2, secondo periodo, c.p.p., nel corso delle indagini preliminari, prima dell'emissione del provvedimento interdittivo della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice provvede ad interrogare, ex artt. 64 e 65, c.p.p., l'indagato nei cui confronti la richiesta si fonda. La norma in questione, che prevede l'inversione della sequenza disciplinata per le altre misure personali, ha la finalità di evitare che il provvedimento che incide sulla funzionalità e continuatività dell'esercizio dell'amministrazione pubblica, da un lato, possa essere adottato senza la conoscenza e ponderata valutazione di evenienze che egli può fornire anche in ordine alla necessità di adottare il provvedimento, dall'altro, che il provvedimento che sarà emesso tenga conto delle risultanze che il P.M. ha trasmesso al G.I.P. al momento della richiesta della misura e di quanto in ordine a tali elementi l'indagato ha potuto evidenziare, difendendosi. Anche se, quindi, la finalità dell'interrogatorio è quella di consentire all'indagato di poter controdedurre rispetto a quanto a suo carico dedotto, ciò non implica una rinuncia a priori da parte del medesimo alle strategie che, a prescindere dalla richiesta della misura interdittiva e dei suoi esiti, costituiranno quanto rilevante per la decisione di merito. Sotto questo profilo il codice prevede che non sussista a carico del P.M. l'onere di trasmettere al giudice per le indagini preliminari tutti gli atti di indagine compiuti nella loro integralità, in quanto è legittimato a selezionare il materiale indiziario da sottoporre al vaglio del giudice, mentre l'obbligo di una trasmissione completa ed integrale sussiste solo per gli elementi a favore dell'imputato (Sez. 2, n. 12080 del 06/02/2008, Capri, Rv. 239739). In tal modo viene circoscritto l'oggetto dell'apporto su cui il giudice assumerà la decisione e l'indagato valuterà quanto riferire a sua discolpa, ben consapevole che le risposte fornite potranno legittimamente assumere una valenza nelle successive fasi processuali, apparendo logico, a prescindere dalla decisione del giudice in ordine alla misura da adottare, l'influenza che avrà quanto dichiarato dall'indagato in ordine al giudizio sulla responsabilità. Da quanto sopra consegue che, nonostante l'art. 293, comma 3, c.p.p., secondo cui il giudice, unitamente all'ordinanza, debba depositare la richiesta del pubblico ministero e gli atti presentati con la stessa, faccia riferimento esplicito all'ordinanza emessa cui segue l'interrogatorio, la necessità che gli stessi atti vengano posti a disposizione della difesa e dell'indagato anche nell'ipotesi di cui all'art. 289, comma 2, secondo periodo, c.p.p., emerge dalla circostanza che, in caso contrario, verrebbe a realizzarsi una compressione del diritto della difesa che non può ritenersi salvaguardato con la formale contestazione degli elementi di prova a mente di quanto previsto dall'art. 64 e 65, c.p.p. In tal senso deve essere inteso il disposto di cui all'art. 294, comma 3, c.p.p., che, prevedendo che mediante l'interrogatorio il giudice valuta la permanenza delle condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari di cui agli artt. 273, 274 e 275, c.p.p., pur riferendosi alle finalità ed allo schema dell'interrogatorio che segue l'emissione della misura cautelare personale, non può non essere presente e caratterizzare la funzione che esso assume in ipotesi di emissione successiva a detto atto, come nel caso oggetto della presente decisione. Il capovolgimento della sequenza "misura-interrogatorio" che il legislatore ha inteso disciplinare in ipotesi di emissione di misura interdittiva dai pubblici uffici e servizi, non modifica le finalità dell'atto e, conseguentemente, non può in alcun modo snaturare il senso dell'interrogatorio la cui disciplina degli artt. 64 e 65, c.p.p., quando esso sia connesso all'emissione di un provvedimento a carico dell'indagato/imputato, non ammette riduzioni di garanzie in capo al destinatario. Il principio sopra enunciato non è affatto dissimile da quanto già statuito da questa Corte in materia di ostensibilità degli atti in sede di convalida di arresto o fermo, secondo cui il difensore dell'indagato ha diritto di esaminare ed estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare, determinando il denegato accesso a tali atti una nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e del provvedimento di convalida (Sez. U, n. 36212 del 30/09/2010, G, Rv. 247939). Si è, infatti, chiarito, richiamando l'apporto ermeneutico di due fondamentali decisioni della Corte Costituzionale, la n. 16 del 1999 e la n. 424 del 2001, come alla base della necessaria previsione di un obbligo di deposito degli atti a disposizione della difesa vi fosse la necessità di un "contraddittorio cartolare" la cui previsione è più ampia rispetto al contraddittorio che potrebbe realizzarsi con la mera illustrazione della contestazione del fatto e degli elementi di prova a carico da parte del pubblico ministero o del giudice ex art. 65, comma, 1, c.p.p., non essendo tanto funzionale a "difendersi provando" anche con l'allegazione di atti tesi a contrastare gli elementi d'accusa. Tanto conformemente a quanto deciso dalla CEDU, secondo cui il diritto a un processo penale in contraddittorio implica, per l'accusa come per la difesa, la facoltà di prendere conoscenza delle osservazioni o degli elementi di prova prodotti dall'altra parte (B. c. Austria, 28 agosto 1991, §§ 6667, serie A n. 211), esigendo l'articolo 6 §1 che le autorità procedenti comunichino alla difesa tutte le prove pertinenti in loro possesso, sia a carico che a discarico (E. c. Regno Unito, 16 dicembre 1992, § 36, serie A n. 247B). Il nucleo comune della disciplina è costituito, quindi, dalla «possibilità di conoscere direttamente, da parte del difensore, la integralità degli elementi e degli atti che formano oggetto della richiesta di convalida e di applicazione della misura, a prescindere dalla mediazione illustrativa del pubblico ministero o del giudice», tanto rappresentando «la base ineludibile sulla quale poter configurare un contraddittorio effettivo e, con esso, un effettivo soddisfacimento della funzione difensiva che l'interrogatorio», tenuto poi conto che, essendo «l'accesso agli atti previsto come disposizione di carattere generale in favore di chiunque vi abbia interesse (art. 116, c.p.p.), e poiché gli atti di indagine sono coperti dal segreto, a norma dell'art. 329, c.p.p., fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza, non v'è ragione per precludere al difensore il diritto di prendere visione ed estrarre copia degli atti relativi» (in motivazione Sez. U, n. 36212 del 2010 cit.) all'interrogatorio preliminare alla emissione della misura cautelare personale, non dissimile da quanto statuito in ordine alla estensione della disciplina sul necessario deposito degli atti in occasione dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo" (cfr. Cass., Sez. 6, n. 26929 del 15/03/2018, Rv. 273416). A tale limpido percorso argomentativo, va solo aggiunto che la nozione di ostensibilità degli atti fatta propria dalle menzionate pronunce della giurisprudenza di legittimità, ricomprende sia l'esame degli atti su cui si fonda la richiesta di applicazione della misura cautelare, sia la possibilità di estrarne copia. Ed invero, consentire al difensore e all'indagato di accedere agli atti, senza dare loro la possibilità di estrarne copia, in difetto di un'espressa disposizione normativa che lo vieti, costituirebbe una indebita e irrazionale compressione del diritto di difesa. Indebita, perché contraria all'espressa previsione di cui all'art. 116, co. 1, c.p.p., secondo cui "durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti". Irrazionale, in quanto la facoltà di estrarre copia degli atti rappresenta un logico corollario dell'ottenuto accesso agli atti stessi, funzionale a rendere effettivo il diritto ad approntare una difesa adeguata, attraverso una consapevole riflessione sulla strategia difensiva da adottare, a partire dall'atteggiamento da assumere nel corso dell'interrogatorio previsto dall'art. 289, comma 2, c.p.p. Per tali ragioni le esigenze della difesa, a differenza di quanto sostenuto dal tribunale del riesame nel provvedimento oggetto di ricorso, non possono essere soddisfatte adeguatamente solo consentendo all'indagato e al suo difensore di prendere visione degli atti posti a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare formulata dal pubblico ministero, senza poterne estrarre copia integrale, ovvero di estrarre copia solo della richiesta con cui il pubblico ministero ha esercitato l'azione cautelare. Deve, pertanto, concludersi nel senso che, come nel procedimento di convalida dell'arresto o del fermo, anche nel caso dell'interrogatorio preliminare all'emissione della misura dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, previsto dall'art. 289, comma 2, c.p.p., il rifiuto opposto dal giudice procedente alla richiesta del difensore o dell'indagato di estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di applicazione della misura cautelare interdittiva formulata dal pubblico ministero, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e del conseguente provvedimento di applicazione della misura cautelare richiesta, da ritenersi sanata se non eccepita dalla parte prima del compimento dell'interrogatorio (cfr. Cass., Sez. 5, n. 13810 del 11/02/2019, Rv. 275237; Cass., Sez. 6, n. 9573 del 13/11/2019, Rv. 278623; Cass., Sez. U, Sentenza n. 36212 del 30/09/2010, Rv. 247939). Nel caso in esame, come si evince dagli atti e, in particolare, dal verbale dell'interrogatorio innanzi al giudice per le indagini preliminari del M. del 12.3.2021, consultabile in questa sede di legittimità, essendo stato dedotto un errar in precedendo, il difensore dell'indagato, prima del compimento dell'atto, aveva eccepito "la nullità dell'interrogatorio e degli atti successivi, stante la mancata autorizzazione ad estrarre copia degli atti del fascicolo", eccezione rigettata dal giudice procedente sul presupposto che la difesa era stata comunque autorizzata a prendere visione degli atti e a estrarre copia della richiesta di applicazione della misura cautelare formulata dal pubblico ministero, potendosi comunque procedere alla estrazione di copia degli atti dopo l'eventuale applicazione della misura cautelare nei confronti dell'indagato. Risulta, pertanto, integrata la nullità, tempestivamente eccepita, per violazione del diritto di difesa dell'indagato, dell'interrogatorio e della conseguente ordinanza applicativa della misura cautelare interdittiva nei confronti del M., che determina l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza del tribunale del riesame oggetto di ricorso, la cui motivazione è stata resa in violazione di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.