Per la Cassazione, il fatto di avere un elevato numero di dipendenti che fa uso del veicolo non può essere addotto come giustificato motivo per sottrarre il proprietario dello stesso dal dovere di controllo e di memoria.
In giudizio trae origine dall'ingiunzione al pagamento della sanzione amministrativa prevista dall'art. 126-bis c. 2, C.d.s. nei confronti del proprietario di un veicolo.
Per il Tribunale, il proprietario non può sottrarsi al dovere di controllo e di memoria circa l'utilizzo del veicolo adducendo, quale giustificato motivo per...
Svolgimento del processo
1.1. Il tribunale, con la pronuncia in epigrafe, ha respinto l'appello di M.P. avverso la sentenza che aveva rigettato l'impugnazione proposta dallo stesso avverso l'ordinanza con cui il Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano gli aveva ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa prevista dall'art. 126 bis, comma 2, del codice della strada.
1.2. Il tribunale, in particolare, dopo aver premesso che: - l'art. 126 bis, comma 2, cit., prevede che è esente da responsabilità chi dimostri che la mancata indicazione dei dati personali e della patente di guida del conducente al momento della commessa violazione sia derivata dalla sussistenza di un giustificato motivo, che dev'essere documentato, ossia provato in giudizio; - il proprietario del veicolo è, quindi, tenuto a conoscere sempre l'identità dei soggetti ai quali affida la conduzione del veicolo per cui dell’eventuale incapacità di identificare tale soggetto risponde nei confronti della pubblica amministrazione a titolo di colpa per Ila negligente osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento in modo da essere in grado di adempiere al divere di comunicare l'identità del conducente; - il proprietario del veicolo, pertanto, deve dimostrare di aver adottato misure idonee ed esigibili, secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e di ricordare nel tempo l'identità di chi si avvicendi alla guida del veicolo; - nel caso in esame, il proprietario del veicolo aveva addotto, quale giustificato motivo per la mancata comunicazione del nominativo del conducente del veicolo al momento della commissione della violazione, il fatto che tale veicolo era condotto, per ragioni di servizio, o dall'autista, dipendente dello studio professionale del quale è titolare, o dai suoi collaboratori e di non essere, quindi, in grado, a distanza di tempo, di indicare le generalità di chi era alla guida del veicolo di sua proprietà al momento dell'infrazione; ha ritenuto che il proprietario del veicolo, essendo gravato dal dovere di controllo e di memoria circa l'utilizzo dello stesso, è tenuto ad adottare misure idonee a conservare traccia di chi si sia trovato alla guida in un determinato momento, quanto meno entro i limiti di tempo previsti dall'art. 201 del codice della strada per la notifica dei verbali di contestazione, e che non può, quindi, sottrarsi a tale dovere di controllo per il semplice fatto di avere un elevato numero di dipendenti che facciano uso dei veicolo, dovendo, piuttosto, apprestare le misure idonee che gli consentano di comunicare l'identità del conducente all'autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta, con la conseguenza che lo stesso, se si trova nell'impossibilità di conoscere l'identità di chi era alla guida dell'autoveicolo al momento dell'infrazione, ciò è la conseguenza della mancata adozione, da parte dello stesso, di misure idonee, esigibili secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e ricordare nel tempo l'identità di chi si è avvicendato alla guida, e risponde, pertanto, a titolo di colpa, per la negligente osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento.
2.1. M.P., con ricorso notificato il 24/12/2020, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza.
2.2. Il Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano ha resistito con controricorso.
2.3. Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
3.1. Con l'unico motivo articolato, il ricorrente, lamentando la nullità della sentenza in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e la violazione o la falsa applicazione dell'art. 126 bis, comma 2, del codice della strada, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impuç1nata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che le ragioni esposte dal ricorrente a fondamento della dichiarazione di non conoscenza dell'identità del conducente che si trovava alla guida del proprio veicolo al memento in cui era stata accertata la violazione dell'art. 142, comma 8, del codice della strada, non fossero idonee ad integrare il giustificato motivo che esclude la responsabilità prevista dall'art. 126 bis, comma 2, del codice della strada, senza, tuttavia, considerare che, nel caso in esame, si era in presenza di una situazione imprevedibile che aveva impedito al proprietario del veicolo di conoscere con certezza chi fosse alla guida nonostante la dimostrazione di aver adottato tutte le misure volte proprio a garantire l'osservanza del dovere di conoscere e di ricordare l'identità del conducente.
3.2. Il motivo è infondato. Questa Corte, in effetti, ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 30939/2018) che: - in tema di violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l'illecito amministrativo previsto dall'art. 126 bis, comma 2, del codice suddetto, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l'identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell'eventuale incapacità d'identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l'identità del conducente (si veda, nella giurisprudenza anteriore alla sentenza della Corte costituzionale n. 165 del 2008, la sentenza n. 13748/2007 e, nella giurisprudenza posteriore a detta sentenza della Corte costituzionale, le pronunce nn. 12482/2009, 21957/2014 e 25593/2017); - per le fattispecie (come quella in esame) a cui si applica ratione temporis il testo dell'art. 126 bis codice della strada successivo alla modifica apportata dal d.l. n. 286/2006, si tratta di stabilire se il motivo per il quale il proprietario del veicolo ha dichiarato di non conoscere l'identità del conducente sia, in primo luogo, "documentato" e, in secondo luogo, "giustificato"; l'apprezzamento in ordine alla sussistenza di un motivo che giustifichi la dichiarazione di contenuto negativo del proprietario del veicolo è riservato al giudice di merito ed è sindacabile in cassazione a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c. nei soli limiti in cui si tratta del giudizio di fatto che è insito in tale apprezzamento, ossia con riferimento alla ricostruzione del "fatto storico", vale a dire la ricostruzione degli accadimenti nei quali si risolve e si sostanzia la vicenda sottoposta al vaglio giudiziale; - la valutazione che il giudice di merito, una volta ricostruito il "fatto storico" compie sul medesimo, al fine di attribuirgli o negargli idoneità a giustificare la dichiarazione negativa, è, al contrario, un giudizio di diritto, come tale sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 30939/2018 cit., in motiv., la quale ha affermato che " ... la nozione di "giustificato motivo" della mancata conoscenza dell'identità del conducente, da parte del proprietario del veicolo, di cui all'articolo 126 bis, comma 2, cod. strada, è forgiata dal legislatore come una nozione elastica (ascrivibile alla tipologia delle cosiddette clausole generali), allo scopo di consentire l'adeguamento della norma alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo" e che " ... il suddetto giudizio è pertanto censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell'articolo 360 n. 3 c.p.c., quando il medesimo si ponga in contrasto con i principi dell'ordinamento e con quegli standard valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono con detti principi a comporre il diritto vivente"); - in particolare, l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni si pone, sul piano del giudizio di fatto ed è sindacabile in cassazione solo a condizione che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale; - il giudizio operato dal giudice di merito sulla qualificazione delle ragioni esposte dal proprietario del veicolo come giustificato motivo di non conoscenza dell'identità del conducente è, invece, censurabile in sede di legittimità, con il mezzo di cui all'art. 360 n. 3 c.p.c., sotto il profilo della sua coerenza con i principi dell'ordinamento e con quegli standard valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono con detti principi a comporre il diritto vivente; - il giudice di merito, a tal fine, non può trascurare di considerare che "tra gli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale, il dovere del proprietario del veicolo di conoscere l'identità dei soggetti ai quali venga affidata la relativa conduzione" e che "in ragione dell'esistenza di tale dovere, un giustificato motivo di mancata conoscenza, da parte del proprietario del veicolo, dell'identità di chi ne abbia avuto la guida è configurabile o nei casi di cessazione della detenzione del veicolo da parte del proprietario (si consideri, oltre alle ipotesi della sottrazione delittuosa del veicolo, l'ipotesi ... del proprietario che dimostri di avere ceduto in comodato l'autovettura a terzi, prima della commissione dell'infrazione, con contratto regolarmente registrato e con l'assunzione dell'obbligo da parte del comodatario di effettuate la comunicazione del nominativo dell'effettivo conducente in caso di contestazione di infrazione) o nella presenza di situazioni imprevedibili ed incoercibili che impediscano al proprietario di un veicolo di sapere chi lo abbia guidato in un determinato momento nonostante che egli abbia (e dimostri in giudizio di avere) adottato ogni misura idonea, ed esigibile secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e di ricordare nel tempo l'identità di chi si avvicendi alla guida del veicolo (ad esempio, redigendo e conservando elementari annotazioni scritte)" (Cass. n. 30939/2018, in motiv.); - la clausola generale del "giustificato motivo" va, dunque, riempita di concretezza, declinandola come inesigibilità, secondo gli standard esistenti nella realtà sociale, della condotta che, nella situazione data, avrebbe consentito al proprietario di conoscere l'identità del conducente del veicolo, "non potendosi ritenere, per contro, giustificato il proprietario che dichiari di ignorare chi sia il conducente del veicolo senza aver dimostrato quali misure egli abbia adottato per conservare la memoria di chi abbia detenuto il veicolo" (Cass. n. 30939/2018, in motiv.); - in definitiva, "ai sensi dell'art. 126 bis, comma 2, cod. strada, come modificato dall'art. 2, comma 164, lettera b), del d.l. n. 262/2006, convertito in legge con la I. n. 286/2006, ai fini dell'esonero del proprietario di un veicolo dalla responsabilità per la mancata comunicazione dei dati personali e della patente del soggetto che guidava il veicolo al momento del compimento di una infrazione, possono rientrare nella nozione normativa di "giustificato motivo" soltanto il caso di cessazione della detenzione del veicolo da parte del proprietario o la situazione imprevedibile ed incoercibile che impedisca al proprietario di un veicolo di sapere chi lo abbia guidato in un determinato momento, nonostante che egli abbia (e dimostrato in giudizio di avere) adottato misure idonee, esigibili secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e di ricordare nel tempo l'identità di chi si avvicendi alla guida del veicolo".
3.3. Alla luce dei principi esposti, risulta, allora, evidente come la sentenza impugnata si sottragga alle censure svolte dal ricorrente avendo il tribunale, in sostanza, escluso che l'opponente avesse, in concreto, adottato, quando ha affidato la conduzione del suoi veicolo a terzi, le misure necessarie per poter, in seguito, adempiere al dovere di controllo e di memoria dei relativi dati identificativi: l'inosservanza dei quali lo espone, ove non dimostri (come, secondo l'accertamento insindacabile del giudice di merito, è accaduto nel caso in esame) di aver fatto quanto ragionevolmente necessario pi:!r darvi esecuzione, alla responsabilità prevista dall'art. 126 bis, comma 2, del codice della strada.
4. Il ricorso è, dunque, infondato e dev'essere, quindi, respinto.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
6. La Corte dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in€. 800, oltre spese prenotate a debito; dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.