Violato il segreto d'ufficio. Il personale privato addetto alla sicurezza aeroportuale, svolgendo attività di interesse collettivo, è equiparato al pubblico ufficiale.
In secondo grado veniva confermata la condanna nei confronti dell'agente per aver, in qualità di addetto alla sicurezza aeroportuale, violato i doveri inerenti alle proprie funzioni rivelando notizie d'ufficio. Nello specifico, la guardia giurata aveva pubblicato su WhatsApp le foto raffiguranti una pistola all'interno di un bagaglio apparsa sull'apparato radiogeno di...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado dell'11 ottobre 2018 con la quale il Tribunale di Bologna aveva condannato L.Z. in relazione al reato di cui all'art. 326 cod. pen., per avere - quale incaricata di pubblico servizio, ricoprendo la qualifica di guardia particolare giurata addetta ai controlli di sicurezza sui bagagli dei viaggiatori, in servizio presso l'aeroporto 'M.' di Bologna - violando i doveri inerenti alle proprie funzioni, rivelato notizie d'ufficio, pubblicando sull'applicazione telefonica 'WhatsApp' le foto raffiguranti una pistola all'interno di un bagaglio apparsa sull'apparato radiogeno di controllo dell'aeroporto e una relazione di servizio redatta dalla stessa imputata e da sue colleghe concernente il rinvenimento dell'arma (fatto accertato il 2 febbraio 2016).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Z., con atto sottoscritto dal suo difensore, la quale ha dedotto cinque motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 326 cod. pen., 133 e 138 t.u.l.p.s., 256-bis regio decreto 6 maggio 1940, n. 640, 2 d.m. n. 85 del 1999, e vizio di motivazione, per insufficienza e illogicità, per avere la Corte territoriale confermato la pronuncia di condanna di primo grado, benché l'imputata non potesse essere qualificata incaricato di pubblico servizio; in particolare, per avere erroneamente ampliato la portata dei compiti spettanti alle guardie particolari giurate ai sensi del predetto art. 138, senza considerare che le stesse possono svolgere solo attività ausiliarie e non pubbliche funzioni che comportino una limitazione diretta della libertà dei cittadini, che vanno riservate al personale della polizia di Stato in servizio presso lo scalo aereo.
2.2. Vizio di motivazione, per insufficienza, illogicità e travisamento, per avere la Corte distrettuale sostenuto che l'imputata avesse compiuto una mera attività di controllo radioscopico dei bagagli, laddove dal contenuto della relazione di servizio indicata nell'imputazione risultava che ella aveva effettuato una ispezione manuale di un bagaglio di stiva, svolgendo un'attività certificativa, implicante l'esercizio di pubbliche potestà che non sarebbe stato a lei delegabile.
2.3. Violazione di legge, in relazione all'art. 326 cod. pen., e vizio di motivazione, per insufficienza e illogicità, per avere la Corte di merito confermato la natura di "notizia coperta dal segreto d'ufficio" a proposito dei dati rivelati, nonostante la relazione di servizio redatta non contenesse dati sensibili tutelati dal Codice della privacy; come fosse errato il riferimento alla violazione dei doveri fissati da un codice etico interno, in quanto il reato de quo è configurabile solo in caso di violazione di un dovere giuridico di segretezza, nella fattispecie non configurabile; e come, in ogni caso, non fosse risultato leso un bene giuridico riferibile ad una pubblica amministrazione, essendo stati posti in discussione solamente interessi di soggetti privati, quali sono la società che gestisce l'aeroporto di Bologna e il passeggero sottoposto a controllo.
2.4. Violazione di legge, in relazione all'art. 131-bis cod. pen., e vizio di motivazione, per insufficienza e illogicità, per avere la Corte di appello erroneamente sostenuto che la richiesta di applicazione della causa di non punibilità fosse stata formulata tardivamente, nonché per avere escluso che il fatto accertato potesse considerarsi di particolare tenuità, nonostante fosse stato dimostrato che le relazioni di servizio, analoghe a quella oggetto di addebito, fossero abitualmente affisse in una bacheca accessibile anche ad estranei, pure facendo riferimento ai diversi criteri che avevano indotto ad escludere il riconoscimento delle attenuanti generiche.
2.5. Violazione di legge, in relazione all'art. 62-bis cod. pen., e vizio di motivazione, per insufficienza e illogicità, per avere la Corte bolognese ingiustificatamente negato alla imputata le attenuanti generiche, benché fosse risultato provato che il regolare funzionamento delle attività aeroportuali non aveva subito alcun pregiudizio; che all'imputata, peraltro rimasta contumace, non poteva essere chiesto un atteggiamento collaborativo; e che alla prevenuta era stata, comunque, inflitta una pena pari al limite edittale minimo, per giunta con il beneficio della sospensione condizionale della sua esecuzione.
3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati dall'art. 7 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, ed ancora dall'art. 16 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228.
Motivi della decisione
1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di L. laccanti vada rigettato.
2. Il primo motivo del ricorso è infondato. La decisione della Corte di appello di Bologna che ha confermato l'attribuzione della qualifica di incaricato di pubblico servizio della guardia particolare giurata addetta ai controlli di sicurezza in uno scalo aeroportuale, è giuridicamente corretta. Tale soluzione, conforme all'unico specifico precedente rinvenibile nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, n. 25695 del 15/06/2011, Palumbo, Rv. 250514), è coerente alle indicazioni fornite dalle norme di legge che regolano la materia. In tal senso milita tanto la circostanza che tale qualifica sia espressamente riconosciuta, in generale, alla guardia particolare giurata nominata dal prefetto (ovvero dipendente di un ente o di un privato che abbia ricevuto la relativa licenza prefettizia) dall'art. 138, sesto comma, regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (contenente il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza); quanto il fatto che - in ossequio al criterio che vuole che la qualifica di cui all'art. 358 cod. pen. sia attribuita anche a soggetti operanti in regime di diritto privato (dunque indipendentemente dalla connotazione soggettiva) laddove esercitino un servizio pubblico, inteso come attività oggettivamente di rilevanza pubblicistica, disciplinato da norme di diritto pubblico (così, tra le tante, Sez. U, n. 10086 del 13/07/1998, Citaristi, Rv. 211190) - i peculiari servizi di controllo di sicurezza in ambito aeroportuale, di certo aventi rilevanza per la tutela di interessi pubblicistici, possono essere affidati in concessione anche al personale di società private. In questa ottica può essere sicuramente valorizzato il dettato tanto dell'art. 256-bis del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (contenente il Regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), secondo cui «rientrano nei servizi di sicurezza complementare, da svolgersi a mezzo di guardie particolari giurate (...) le attività di vigilanza concernenti (...) la sicurezza negli aeroporti»; e dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge 18 gennaio 1992, n. 9, convertito dalla legge 28 febbraio 1992, n. 127, secondo cui «Ferme restando le attribuzioni e i compiti dell'autorità di pubblica sicurezza e dell'autorità doganale, nonché i poteri di polizia e di coordinamento attribuiti dalle disposizioni vigenti agli organi locali dell'Amministrazione della navigazione aerea, è consentito l'affidamento in concessione dei servizi di controllo esistenti nell'ambito aeroportuale, per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego di appartenenti alle forze di polizia». Servizi in aeree aeroportuali di rilevanza pubblicistica che, il relativo decreto ministeriale attuativo 29 gennaio 1999, n. 85, ha chiaramente esteso anche al «controllo dei passeggeri in partenza ed in transito ...(al)... controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature del bagaglio al seguito dei passeggeri ...(e al)... controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature dei bagagli da stiva, della merce e dei plichi» (art. 2), stabilendo la possibilità di affidare tali servizi a «imprese di sicurezza in possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento nonché dell'autorizzazione prefettizia di cui all'articolo 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza» (art. 4), il cui personale deve possedere la nomina a guardia particolare giurata ai sensi dell'articolo 138 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza» (art. 5). Né vi sono dubbi sulla natura pubblicistica del servizio svolto dal personale di tali imprese di sicurezza, tenuto conto che la loro attività è pure disciplinata in maniera dettagliata dal Regolamento (UE) N. 185/2010 Della Commissione del 4 marzo 2010, che contiene disposizioni particolareggiate per l'attuazione delle norme fondamentali comuni sulla sicurezza dell'aviazione civile, introdotte al dichiarato scopo di garantirne la protezione da atti di interferenza illecita che ne mettano in pericolo la sicurezza. Tali dati normativi, richiamati nella motivazione della sentenza impugnata sono stati messi in discussione dal ricorrente in maniera generica e alquanto confusa, con un improprio riferimento all'esercizio di pubbliche potestà certificative ovvero all'adozione di iniziative limitative della libertà personale, che inequivocabilmente la legge riserva ai soli pubblici ufficiali appartenente alla polizia di Stato, come confermato dalle norme pocanzi richiamate.
3. Il secondo motivo del ricorso è inammissibile, in quanto, al di là del formale dato enunciativo, con lo stesso è stata denunciata una violazione di legge non dedotta con l'atto di appello. L'art. 606, comma 3, cod. proc. pen. prevede, infatti, espressamente come causa speciale di inammissibilità la deduzione con il ricorso per cassazione di questioni non prospettate nei motivi di appello: situazione, questa, con la quale si è inteso evitare il rischio di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. Né conduce a differenti conclusioni la circostanza che nell'atto di impugnazione sia stata censurata la motivazione della sentenza impugnata in relazione ad un asserito "travisamento del fatto", in quanto è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, mentre è prospettabile un "travisamento della prova" laddove la decisione sia stata basata su una prova inesistente o di contenuto incontestabilmente diverso, con il ricorso per cassazione non è possibile dedurre come motivo il "travisamento del fatto", giacché è preclusa la possibilità la Cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (in questo senso, tra le tante, Sez. 4, n. 4675 del 17/05/2006, dep. 2007, B., Rv. 235656).
4. Il terzo motivo del ricorso è infondato. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale integra il delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio di cui all'art. 326 cod. pen., la condotta di colui che, in qualità di guardia giurata, ceda indebitamente a terzi le conoscenze di cui abbia la disponibilità in ragione dell'assolvimento di compiti d'istituto, in relazione ai quali è configurabile la qualifica pubblicistica, con la conseguenza che sussiste in capo alla guardia giurata la qualifica di incaricato di pubblico servizio (art. 358 cod. pen.), necessaria ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 326 cod. pen. (in questo senso Sez. 5, n. 3918 del 24/10/2006, dep. 2007, M., Rv. 236041). Regula iuris la cui validità va in questa sede ribadita, per le ragioni innanzi esposte, anche con specifico riferimento alla figura di incaricato di pubblico servizio della guardia giurata privata addetto ai servizi di sicurezza all'interno di uno scalo aeroportuale. Né è possibile sostenere che le fotografie di cui l'odierna ricorrente aveva acquisito la disponibilità in ragione di quel pubblico servizio, concernenti l'immagine della scansione dell'apparato radiogeno di controllo raffigurante la pistola presente nel bagaglio di un passeggero e la riproduzione della relativa relazione di servizio redatta nell'occasione dalla prevenuta e da due sue colleghe, non fossero notizie d'ufficio che dovevano rimanere segrete. Al riguardo è sufficiente osservare come siano fuor di luogo i richiami ai presupposti per la configurabilità di altri illeciti penali, previsti a tutela di differenti beni giuridici, comunque aventi una funzione residuale (per la prevista clausola di riserva) rispetto al più grave illecito oggi in esame (così Sez. 6, n. 9726 del 21/02/2013, C., Rv. 254594). Del pari non colgono nel segno i riferimenti ad altre disposizioni ordinamentali che prevedono speciali forme di tutela del segreto, in quanto è sufficientemente consolidata nella giurisprudenza di questa Corte la convinzione che, in tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, per notizie di ufficio che devono rimanere segrete si intendono non solo le informazioni sottratte alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quelle la cui diffusione sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, perché effettuate senza il rispetto delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti non titolari del relativo diritto (Sez. 6, n. 4194 del 30/09/2021, dep. 2022, R., non massimata; Sez. 6, n. 19216 del 04/11/2016, dep. 2017, C., Rv. 269776; Sez. 5, n. 15950 del 15/01/2015, P., Rv. 263590). In tale ottica è appropriata la valorizzazione che i giudici di merito hanno fatto delle disposizioni del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, contenente il Codice sulla 'privacy', in quanto è certo che i dati personali presenti nella relazione di servizio più volte richiamata potevano essere utilizzati esclusivamente per il perseguimento degli scopi connessi al pubblico servizio nell'esercizio del quale essi erano stati acquisiti. Dati contenuti in un atto amministrativo il cui accesso da parte di terzi sarebbe stato possibile solo nei limiti e alle condizioni prescritte dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (che, ai sensi dell'art. 23, sono operanti anche nei confronti dei gestori di servizi pubblici; senza che, a tali fini, rilevi l'impropria affissione che di taluni di quei documenti sarebbe stata fatta in precedenza in una bacheca accessibile a non addetti ai lavori); e la cui utilizzazione era, in ogni caso, vietata - come detto - per la realizzazione di scopi diversi da quelli che ne aveva giustificato l'acquisizione, dagli artt. 101 e segg. del d.lgs. n. 196 del 2003. D'altro canto, la condotta accertata comportò una lesione dell'interesse giuridico protetto dalla norma incriminatrice contestata, che si identifica con il buon funzionamento dell'amministrazione connesso al dovere di fedeltà del funzionario, senza che rilevi, per le ragioni sopra delineate, la circostanza che il servizio di rilevanza pubblicistica sia stato svolto in concreto da un dipendente di una società privata.
5. Il quarto motivo del ricorso è manifestamente infondato. Nel rispondere alla sollecitazione formulata in maniera non specifica dall'appellante, la Corte territoriale ha chiarito come non potesse considerarsi di particolare tenuità una condotta così platealmente contraria alle indicazioni fornite all'interessata nell'ambito di un apposito corso abilitativo per guardie giurate e lesiva tanto degli interessi della società che gestisce lo scalo aeroportuale, quanto di quelli del passeggero interessato dalla vicenda, i cui dati identificativi erano stati così pubblicizzati: così sottolineando come all'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. fossero ostative le modalità oggettivamente gravi della condotta tenuta dall'imputata. Tale decisione si pone in linea con l'orientamento interpretativo fornito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, M., Rv. 274647).
6. Anche il quinto e ultimo motivo è del tutto privo di pregio.
La ricorrente ha preteso che in questa sede si proceda ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali il giudice di merito aveva esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall'ordinamento ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: esercizio che deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Nella specie, del tutto legittimamente la Corte di merito aveva ritenuto ostativo al riconoscimento delle attenuanti generiche l'assenza di elementi favorevoli alla imputata e il comportamento dalla stessa tenuto dopo i fatti, indicativo della mancanza di resipiscenza ovvero di una 'presa di distanza' da quanto accaduto, trattandosi di parametri considerati dall'art. 133 cod. pen., applicabile anche ai fini dell'articolo 62-bis cod. pen. Generica è, infine, la doglianza difensiva circa l'incompatibilità tra il diniego delle attenuanti generiche e il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della penale, che aveva già costituito oggetto di un rilievo formulato con l'atto di appello al quale la Corte territoriale aveva risposto in maniera adeguata, valorizzando la diversa funzione dei due istituti, in ossequio all'insegnamento sul punto formulato da questa Corte di cassazione.
4. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, liquidate, in ragione dell'attività effettivamente svolta, come sotto precisato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Aeroporto M. di Bologna che liquida in complessivi euro 3.510,00, oltre accessori di legge.