Non è consentito che il concorrente possa, rinviando nel tempo l'istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l'impugnazione dell'aggiudicazione.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1792 del 15 marzo 2022, si è pronunciato sulla decorrenza dei termini per l'impugnazione dell'aggiudicazione di una gara d'appalto.
La Sezione Terza ha dapprima richiamato quanto recentemente stabilito dall'Adunanza Plenaria, secondo cui «non .. necessariamente .. dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni ivi individuato...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con la determinazione n. G18766 del 28 dicembre 2017, la Regione Lazio ha indetto la gara comunitaria centralizzata a procedura aperta, ai sensi dell’art. 60 del d. lgs. n. 50 del 2016, suddivisa in 26 lotti, per l’affidamento del servizio di vigilanza armata e guardiania presso le sedi delle Aziende Sanitarie della Regione Lazio da aggiudicarsi, ai sensi dell’art. 95, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mediante una convenzione avente la durata di 24 mesi, eventualmente prorogati per altri 12, nonché durata degli ordinativi pari a 48 mesi.
1.1. Il bando di gara, approvato con il provvedimento di cui al punto precedente, è stato pubblicato sulla GUUE: Serie S250, 527424-2017-IT del 30 dicembre 2017, sulla G.U.R.I. n. 149, V serie speciale, del 29 dicembre 2017, sulla piattaforma informatica SITARL, sul BURL n. 2, quinta serie speciale, del 5 gennaio 2018, per estratto su due quotidiani a diffusione nazionale e due a diffusione locale, e tutti gli atti di gara sono stati altresì resi disponibili sulla piattaforma di e-procurement della Regione Lazio.
1.2. Con le successive determinazioni n. G00696 del 22 gennaio 2018 e n. G04406 del 5 aprile 2018, sono state apportate modifiche agli atti di gara, tra i quali il disciplinare di gara e il capitolato tecnico, e disposta la proroga della scadenza del termine di presentazione delle offerte fissato, in ultimo, al 23 maggio 2018.
1.3. Con la determinazione n. G11870 del 10 settembre 2019, è stato approvato l’esito delle operazioni di verifica della documentazione amministrativa a cura del r.u.p. e sono state disposte le ammissioni alle successive fasi di gara e le esclusioni dalla stessa.
1.4. La suddetta determinazione n. G11870 del 10 settembre 2019 è stata rettificata e integrata dalla determinazione n. G16630 del 3 dicembre 2019 poiché, per mero errore materiale, un operatore non era stato indicato tra gli ammessi.
1.5. Con la determinazione n. G15984 del 21 novembre 2019, è stata nominata la Commissione aggiudicatrice della gara in oggetto.
1.6. All’esito delle sedute pubbliche e riservate previste dal disciplinare, è stata adottata la determinazione n. 2 del 19 novembre 2020 con la quale, tra l’altro, è stata disposta l’aggiudicazione dei 26 lotti della procedura.
1.7. In pari data, la stazione appaltante ha proceduto ad effettuare le comunicazioni dovute e a pubblicare, in una sezione ad accesso riservato della piattaforma telematica di gara, tutti i verbali relativi alla procedura di gara citati nella determinazione dirigenziale di aggiudicazione.
1.8. In particolare, per quanto di interesse per il presente giudizio, è risultato aggiudicatario del lotto n. 2 della procedura, relativo al servizio di vigilanza armata, il costituendo r.t.i. tra S. S.r.l., odierna appellante, e CS. S.r.l. (di seguito anche aggiudicatario o controinteressato) con un punteggio pari a 89,19 per un’offerta economica di € 17.515.380,00 per il lotto (omissis).
1.9. Nello stesso lotto, si è classificato secondo in graduatoria il costituendo r.t.i. tra S. S.p.a., odierna appellata, e Roma US. S.r.l. con un punteggio pari a 85,68 per un’offerta economica di € 18.558.858,40 per il lotto (omissis).
2. Il 11 gennaio 2021 S. I. S.p.a. ha proposto ricorso per l’annullamento della suddetta determinazione del Direttore della Direzione Regionale “Centrale Acquisti” numero (omissis) del 19 novembre 2020 nella parte in cui ha aggiudicato al costituendo r.t.i. guidato da S. S.r.l. il lotto n. 2 dell’appalto in questione nonché per l’annullamento di tutti i verbali di gara, con particolare riferimento a quelli delle sedute riservate del 28 e del 30 ottobre 2020, citati nel provvedimento di aggiudicazione, «ma non resi disponibili».
2.1. La Regione Lazio si è costituita e difesa in giudizio, per l’udienza di discussione sull’istanza cautelare fissata per la data del 2 febbraio 2021, chiedendo di rigettare il ricorso perché irricevibile ed infondato.
2.2. Anche la società controinteressata, in vista dell’udienza di discussione sull’istanza cautelare, si è costituita e difesa, chiedendo di rigettare il ricorso.
2.3. La medesima società controinteressata, S. S.r.l., ha altresì proposto ricorso incidentale, chiedendo anch’essa l’annullamento, previa sospensione, della suddetta determinazione n. 2 del 19 novembre 2020, nella parte in cui si è collocata al secondo posto della graduatoria del lotto in questione la società ricorrente di primo grado S., unitamente a tutti i verbali di gara.
2.4. Alla prevista udienza del 2 febbraio 2021, il Tribunale, in considerazione del ricorso incidentale proposto e della necessità di permettere adeguata difesa al riguardo, ha rinviato l’udienza di discussione dell’istanza cautelare alla data del 16 febbraio 2021.
2.5. In vista dell’udienza del 16 febbraio 2021, la Regione Lazio ha prodotto una ulteriore memoria con cui ha ribadito – alla luce anche delle nuove argomentazioni effettuate dalla ricorrente – la tardività e l’infondatezza del ricorso principale, evidenziando inoltre l’improcedibilità del ricorso incidentale.
2.6. Con la sentenza n. 9741 pubblicata il 13 settembre 2021, il Tribunale – oltre a respingere il ricorso incidentale del r.t.i. controinteressato guidato da S. S.r.l. - ha accolto il ricorso principale, ritenendo infondata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata da Regione Lazio e fondato, invece, il motivo proposto da S. I. S.p.a. circa l’utilizzo del lavoro straordinario nella proposta tecnica della S. S.r.l.
3. Avverso tale sentenza hanno proposto separati appelli, iscritti rispettivamente al R.G. n. 8444/2921 e al R.G. n. 8651/2021, sia la Regione Lazio che S. S.r.l. e, nel dedurre entrambe l’erroneità della sentenza impugnata sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale di S. I. S.p.a., che a loro avviso doveva essere dichiarato irricevibile o, comunque, infondato, sia – la sola S. S.r.l. – nella parte in cui ha respinto il ricorso incidentale di questa, ne hanno chiesto la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso principale proposto da S. I. S.p.a.
3.1. Quest’ultima, a sua volta, nel costituirsi avanti a questo Consiglio di Stato ha chiesto la reiezione di entrambi gli appelli e ha comunque riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi del ricorso principale non esaminati dal primo giudice.
3.2. Con l’ordinanza n. 5878 del 29 ottobre 2021 la Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata e ha rinviato la causa all’udienza pubblica, da fissarsi con separato decreto, per l’esame del merito.
3.3. Infine, nella pubblica udienza del 24 febbraio 2022, il Collegio, sulle conclusioni come rassegnate dalle parti a verbale, ha trattenuto la causa in decisione.
4. Gli appelli proposti dalla Regione Lazio e da S. S.r.l. devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., in quanto proposti contro la stessa sentenza, come ha già chiarito in sede cautelare la già citata ordinanza n. 5878 del 29 ottobre 2021.
5. Gli appelli, ciò premesso, sono fondati nei limiti e per le ragioni che qui si espongono.
6. Non hanno pregio, anzitutto, le censure con le quali, nel primo motivo di appello, sia la Regione Lazio che S. S.r.l. deducono, con argomentazioni in larga parte e nella sostanza coincidenti, l’erroneità della sentenza impugnata per non avere dichiarato irricevibile il ricorso principale di S. I. S.p.a.
7. Il ragionamento svolto al riguardo dalle appellanti, in sintesi, è il seguente.
8. La gara in questione è stata aggiudicata il 19 novembre 2020.
8.1. In pari data la stazione appaltante ha comunicato, via PEC, che la determinazione di aggiudicazione era stata altresì pubblicata, ai sensi dell’art. 29 del d. lgs. n. 50 del 2016, sul “profilo del committente” della Regione Lazio www.regione.lazio.it ed era disponibile al link www.centraleacquisti.regione.lazio.it, nella sezione “Bandi scaduti” all’interno del “Dettaglio Bando” concernente la procedura e che tutti i verbali citati dalla suddetta determinazione erano disponibili e scaricabili, invece, tramite un collegamento informatico ad accesso riservato all’interno della piattaforma di e-procurement regionale.
8.2. Da quel giorno, sostengono sia la Regione Lazio che S. S.r.l., decorrevano i termini per la presentazione del ricorso, atteso che la stazione appaltante aveva comunicato, pubblicato e reso disponibile tutto quello che è prescritto dalla legge (e con le modalità in essa previste), ai sensi di quanto previsto dagli artt. 29 e 76 del d. lgs. n. 50 del 2016, e che i motivi di ricorso potevano essere proposti già in base ai verbali pubblicati (o, al più, approfonditi con motivi aggiunti in seguito alla conoscenza dei giustificativi della controinteressata).
8.3. Infatti la pubblicazione dell’offerta tecnica e dei giustificativi della stessa, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, non solo non è richiesta dalla predetta normativa, ma non è ricavabile nemmeno dai principi enunciati dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020, secondo cui «a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016».
8.4. Dunque, ciò che è necessario che venga pubblicato, affinché possa cominciare a decorrere il termine di impugnazione, sono i verbali di gara, ivi compresi quelli riguardati le valutazioni effettuate dalle Commissioni da gara delle offerte, ma non le offerte (e i loro giustificativi).
8.5. Peraltro, evidenziano ancora le due appellanti, la “pubblicazione generalizzata” dell’offerta tecnica e dei suoi giustificativi risulterebbe, per qualunque tipo di gara, in contrasto con la tutela della riservatezza degli offerenti, e, nel caso concreto, sarebbe risultata ulteriormente in contrasto con le finalità ultime (garantire la sicurezza delle strutture sanitarie) dell’intera procedura.
8.6. Ne consegue la palese erroneità dell’affermazione del giudice di prime cure secondo cui «nel sito erano stati pubblicati una parte degli atti di gara, ma non era disponibile l’offerta tecnica ed il relativo allegato», atteso che i predetti due ultimi documenti non dovevano e non potevano essere pubblicati.
8.7. Allo stesso modo e per l’analoga ragione risulterebbe poi erronea anche la successiva affermazione del Tribunale, secondo cui «la nota della stazione appaltante del 26 novembre 2020 alle controinteressate dimostra che non tutti i documenti, comunque richiesti nel termine decadenziale per proporre il ricorso, erano stati immessi nel sistema», atteso che essa riguarda documenti che non dovevano essere immessi nel sistema.
8.8. La nota del 26 novembre 2020, quindi, dimostra unicamente che alcuni documenti relativi alle offerte degli operatori economici (e non alle operazioni di gara svolte dalla stazione appaltante) non erano stati – in maniera assolutamente corretta – pubblicati, atteso che della divulgazione di tali documenti, per legge (l. n. 241 del 1990 richiamata dall’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016), è necessario darne prima comunicazione ai c.d. controinteressati, al fine di consentire eventuali opposizioni degli stessi a tutela della riservatezza.
9. Ciò posto, le appellanti deducono che, come correttamente ricostruito anche nella sentenza impugnata, solo il 25 novembre 2020 e, quindi, sei giorni dopo la notifica dell’aggiudicazione, S. I. S.p.a. ha chiesto l’accesso a tutti i verbali di gara, peraltro già in suo possesso, ed alla documentazione amministrativa, tecnica ed economica della prima graduata, ivi comprese le giustifiche presentate in sede di verifica di anomalia dell’offerta.
9.1. La ricorrente principale in prime cure, quindi, ha impiegato 6 giorni a presentare la richiesta di accesso documentale (di documenti di cui tra l’altro, si ribadisce, era in parte già in possesso).
9.2. Altrettanto correttamente la sentenza impugnata rileva che «l’istanza è stata compiutamente evasa […] in data 10 dicembre 2020, nel termine stabilito dall’art. 76, comma 2, del d.lgs. 50/2016», come dimostrato in atti dalla difesa della Regione, ribadendo che i verbali delle sedute di valutazione delle offerte tecniche erano già disponibili, dal 19 novembre 2020, sul sito dedicato, e che la stazione appaltante ha trasmesso via pec l’offerta tecnica e i giustificativi proposti da S. S.r.l. nel corso del subprocedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta in data 10 dicembre 2020.
9.3. Ciò che invece il giudice di primo grado avrebbe omesso di sottolineare e considerare è che il ricorso è stato notificato solo in data 11 gennaio 2021 e che la ricorrente ha inoltrato la richiesta di accesso agli atti sei giorni dopo la comunicazione di aggiudicazione.
9.4. Pertanto, come la Regione aveva sottolineato già in primo grado, pur volendo far decorrere il termine di impugnazione – erroneamente e non in conformità con i principi enunciati dall’Adunanza Plenaria n. 12 del 2 luglio 2020 – dalla data di ostensione dell’offerta tecnica e dei suoi giustificativi e, cioè, dal 10 dicembre, il termine ultimo per l’impugnazione è da individuarsi nel termine massimo di 24 giorni dopo (ossia 30 giorni – 6 giorni per il ritardo nella richiesta di accesso) ossia il 3 gennaio, con la conseguenza che il ricorso principale, proposto solo l’11 gennaio 2021, è sicuramente tardivo.
9.5. La decorrenza dalla data del 10 dicembre (ossia quella di ostensione dell’offerta tecnica e dei giustificativi), tuttavia, nel caso in esame non risulta applicabile proprio in virtù di quanto enunciato dall’Adunanza Plenaria nella decisione n. 12 del 2 luglio 2020, atteso che detta decorrenza – come ivi si legge - si applica solo in presenza di comportamenti tardivi e/o ostruzionistici da parte della stazione appaltante in riferimento all’istanza d’accesso («L’Amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti, sicché - in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori (che non possono comportare suoi vantaggi processuali, per il principio della parità delle parti) – va ribadito quanto già affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata al § 19, per la quale, qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara (e dei relativi allegati), il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti»).
9.6. Laddove invece - come nel caso in esame e come ha anche riconosciuto il giudice di primo grado nella sentenza impugnata – la stazione appaltante ha tenuto un comportamento corretto, evadendo l’istanza nel termine stabilito dall’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2015, tale istanza comporta la “dilazione temporale” (ossia quella sorta di proroga iussu iudicis in base al quale il termine decadenziale di trenta giorni “slitta in avanti”) di 15 giorni.
9.7. Pertanto, nel caso in esame, il termine in avanti sarebbe slittato dal 19 dicembre al 3 gennaio (30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione del 19 novembre + 15 giorni di dilazione).
10. Le censure delle appellanti non possono trovare accoglimento.
10.1. Si deve osservare anzitutto che S. I. S.p.a. ha potuto prendere esatta cognizione del vizio, poi denunciato nel ricorso (e, cioè, quello radicalmente escludente relativo ad una pretesa illegittimità dell’offerta per un utilizzo non consentito delle ore di lavoro straordinario da parte dell’aggiudicataria S. S.r.l.), solo effettuando l’accesso agli atti di gara e, dunque, il termine di 30 giorni per impugnare in nessun modo poteva decorrere dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, come invece sostengono, a torto, le appellanti.
10.2. Solo attraverso la conoscenza delle giustificazioni, in particolar modo, S. I. S.p.a. avrebbe potuto ed ha potuto comprendere se e in che modo l’offerta di S. S.r.l. fosse strutturata quanto, più in particolare, all’organizzazione del lavoro straordinario, che costituisce l’oggetto principale del presente giudizio.
10.3. Nemmeno si può condividere l’assunto delle appellanti, secondo cui, ammesso e non concesso che il termine per impugnare fosse quello di 30 giorni + 15 giorni per l’accesso, dai 45 giorni complessivi dovessero essere sottratti i giorni – nel caso di specie 6 – che l’impresa ha atteso per effettuare l’accesso, in quanto, diversamente, si lascerebbe il concorrente arbitro di determinare ad libitum la decorrenza del termine.
10.4. Si tratta di un’argomentazione non certo irrilevante, nel calcolare il dies a quo per la decorrenza del termine per impugnare nel caso di accesso agli atti di gara, ma la tesi della c.d. “sottrazione dei giorni” sostenuta dalle appellanti non sembra essere un portato necessario dei principî affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 e non pare del tutto compatibile con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici.
10.5. Sostenere infatti che dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni, individuato dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 per la c.d. dilazione temporale in ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i sei giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare, mentre, va qui ricordato, la stessa amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.
10.6. Sotto la vigenza del precedente codice dei contratti pubblici, il termine a disposizione del privato per esercitare il proprio diritto d’accesso era stato fissato espressamente dal legislatore in 10 giorni (cfr. art. 79, comma 5-quater, del d. lgs. n. 163 del 2006).
10.7. Vero è che tale disposizione non è stata riprodotta nell’attuale codice dei contratti pubblici, ma altrettanto vero è che la Corte costituzionale ha da ultimo evidenziato come un’interpretazione conforme al contesto logico-giuridico di riferimento conduca a ritenere che la dilazione temporale del termine per la proposizione del ricorso sia «correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici)» (Corte cost., 28 ottobre 2021, n. 204).
10.8. Esiste dunque piena continuità tra i due regimi normativi e l’istanza di accesso presentata dall’odierna appellata risulta tempestiva avuto riguardo ad entrambi.
19. Una diversa interpretazione, che pretenda di applicare il meccanismo della c.d. “sottrazione dei giorni” anche ad un’istanza d’accesso presentata entro un termine contenuto e ragionevole (e, comunque, non superiore ai suddetti quindici giorni), potrebbe risultare non del tutto in sintonia con i principi di legittimo affidamento e di proporzionalità.
19.1. La Sezione non ignora che, in seguito alla pronuncia dell’Adunanza plenaria, esista un orientamento più rigoroso in questa materia (v., ad esempio, Cons. St., sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127), secondo cui più tempestiva è l’istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale, mentre «quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l’istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione» e, cioè, i 45 giorni decorrenti dalla conoscenza dell’aggiudicazione, ma nondimeno ritiene che debba essere permesso alla concorrente per poter chiedere l’accesso un congruo termine, eguale a quello assegnato all’amministrazione per consentirlo («immediatamente e comunque entro quindici giorni»: art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016), senza sottrarre questi pochi giorni (nel caso di specie appena sei), invero già esigui perché contraddistinti da rigide preclusioni decadenziali ispirate in questa materia ad una evidente ratio acceleratoria, dai 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, in modo da non superare così nel rispetto della stessa ratio acceleratoria, complessivamente e a tutto concedere anche nell’ipotesi di richiesto (e ottenuto) accesso, il termine ordinario massimo di 30 giorni per impugnare gli atti di gara.
20. Ne discende, dunque, che il ricorso di S. I. S.p.a., notificato l’11 gennaio 2021, si deve ritenere tempestivo, come ha ritenuto il primo giudice, non potendo essere sottratti ragionevolmente, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata che, senza eludere la disciplina dei termini decadenziali, non sacrifichi però eccessivamente il diritto di difesa, i menzionati 6 giorni dai complessivi 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, con la conseguente reiezione dell’istanza, formulata in via subordinata dall’appellata, di rimettere all’Adunanza plenaria la questione sulla decorrenza del termine per impugnare nell’ipotesi, qui non inveratasi, in cui il Collegio avesse ritenuto di seguire una interpretazione diversa.
21. Nel merito, tuttavia, e venendo al secondo motivo di censura proposto da entrambe le appellanti, il ricorso di S. I. S.p.a., pur ricevibile, deve essere respinto nel merito perché, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice richiamando un precedente di questa Sezione – la sentenza n. 90 del 4 gennaio 2019 – non pertinente al caso di specie, l’offerta di S. S.r.l. non poteva ritenersi illegittima né anomala.
21.1. La sentenza impugnata, occorre qui ricordare, ha rilevato che S. S.r.l. ha indicato nell’offerta tecnica 550 ore non destinate al servizio, 348 da coprire mediante straordinario e 1926 quelle impiegate per ogni operatore.
21.2. L’impegno orario previsto nel bando è, pertanto, raggiunto solo attraverso l’utilizzo di 348 ore di lavoro straordinario.
21.3. La stessa S. S.r.l. ha proposto, come detto, il sistema di impiego c.d. 5+1 (art. 76 CCNL).
21.3. L’orario di lavoro settimanale ordinario, per il sistema 5+1, è di 35 ore settimanali (7 ore x 5 giorni per 20 settimane in relazione ai permessi previsti per tale sistema).
21.4. Infatti, sempre con riferimento alle previsioni del CCNL di categoria, tale criterio comporta l’attribuzione di ulteriori 7 giorni di conguaglio, oltre a quelli previsti dall’art. 84, per un totale di giorni 20.
21.5. Ne conseguirebbe, ad avviso del primo giudice, che lo straordinario esigibile nel peculiare sistema adottato deve essere concretamente individuato in relazione alle ore effettive di lavoro espletate, tenendo conto del sistema di computo della media stabilita dagli artt. 4 e 6 del d. lgs. n. 66 del 2003, sicché il limite annuo per il ricorso al lavoro straordinario non può essere superiore a 6 ore per ogni sette giorni lavorativi effettivi.
21.6. Nel sistema 5 + 1, pertanto, il monte ore straordinario massimo sarebbe pari a 312 ore annuali.
21.7. Ne consegue che qualora, come nel caso di specie, le ore di straordinario utilizzate dall’impresa e riportate nell’offerta, siano superiori a quelle ammissibili nel massimo, l’offerta è palesemente contraria alla previsione del capitolato tecnico della gara.
22. L’impresa dovrebbe infatti attuare, nei confronti dei lavoratori impegnati nel servizio, condizioni normative, contributive e retributive conformi a quelle fissate dalle disposizioni legislative e dai contratti ed accordi collettivi di lavoro applicabili alla categoria, e in generale, da tutte le leggi e norme vigenti o emanate nel corso dell’appalto, nazionali e regionali, sollevando le Amministrazioni da ogni responsabilità al riguardo, in conformità a quanto prevede l’art. 80 comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016.
22.1. Proprio perché il periodo massimo di straordinario consentito, è funzionale alla necessità di preservare la salute psico-fisica del lavoratore, in una con la tutela del lavoro (art. 35 Cost.), con la conseguenza che l’orario di lavoro straordinario che può essere preteso dall’azienda deve essere ricondotto e contenuto secondo criteri ragionevoli, nei termini generali indicati dall’art. 6 del d. lgs. n. 66 del 2003, nella parte applicabile all’attività di vigilanza armata, in conformità con il CCNL di settore, secondo una interpretazione che consideri la concreta esplicazione del servizio, quantificato, nel peculiare sistema adottato, in un massimo di 312 ore.
22.2. S. S.r.l., sempre secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, ha indicato in 348 ore di lavoro straordinario per ogni lavoratore, ore che risultano necessarie per coprire le esigenze della commessa.
22.3. Si tratterebbe, all’evidenza, di un monte orario pro capite di molto superiore al massimo previsto dalla normativa di settore (312), così che l’offerta doveva essere esclusa dalla procedura negoziale per la violazione del CCNL di settore, a mente dell’articolo 80, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016 e dall’articolo 5 del disciplinare di gara.
23. Le motivazioni del primo giudice, in sintesi sin qui espresse, non sono tuttavia condivisibili.
23.1. Le scelte aziendali di Security sono ampiamente conformi alle previsioni di CCNL.
23.2. Ed invero, come chiarisce adeguatamente il CCNL, i due sistemi di turnazione, pur avendo una cadenza di giorni di lavoro e di riposo o permesso diversa, entrambi non coincidenti con la settimana, e cioè il primo articolato su 6 giorni (5+1) il secondo su 8 (6+1+1), e pur avendo orari giornalieri ordinari differenti, rispettivamente di 7 ore il 5+1 e di 7,25 il 6+1+1, compensano le differenze orarie tra loro esistenti con un numero di permessi e di giornate di assenza retribuita, previste dal CCNL, concordato dalle parti sociali, proprio per neutralizzare siffatte differenze, e giungere su base annua ad un numero di ore di lavoro ordinario (e quindi di tetto massimo di lavoro straordinario) esattamente identiche tra di loro.
23.2. La realtà è che i due sistemi di turnazione hanno una sola differenza e, cioè, distribuiscono secondo una cadenza giornaliera diversa la stessa identica quantità di orario di lavoro, che è di 40 ore settimanali, e che al netto di “causali di assenza varie”, genera una prestazione ordinaria su base annua di 1578 ore.
24. Quanto precede è assicurato dal CCNL attraverso il combinato disposto degli artt. 76 (sistema 5+1), 77, ultimo comma, ed 84, ed 85 CCNL che prevedono un numero di giornate di permessi e di ferie, per la GPG impiegata con il 5+1, complessivamente assai maggiore di quelle previste per il sistema 6+1+1, esattamente pensato, al minuto su base annua, per compensare le differenze di giornate lavorabili, e conseguentemente di ore lavorate che altrimenti sussisterebbero a svantaggio del 5+1 (altrimenti molto più gravoso).
24.1. La tabella di raffronto tra i due sistemi in calce alla tabella ministeriale consente di comprendere che, sviluppando il 5+1 su base annua, che è articolato su un ciclo lavorativo di 6 giorni, di cui 5 lavorati ed uno di riposo, si hanno 60,83 periodi di sei giorni (365:6) che generebbero, secondo la cadenza 5 giorni di lavoro ed uno di riposo propria di questo sistema, appunto 304,17 giornate di lavoro a 17 ore ciascuno, e 60,83 giorni di riposo.
24.2. Sviluppando di contro il 6+1+1 su base annua, che è articolato su un ciclo lavorativo di 8 giorni, di cui 6 lavorati e due non lavorati, cioè uno di permesso ed uno di riposo, risulterebbero 45,625 periodi di 8 giorni (365:8) che generebbero, secondo la cadenza ricordata, 273,75 giornate di lavoro, 45,625 giorni di permesso e 45,625 giorni di riposo, (dunque 273,25 giornate di lavoro e 91,25 di non lavoro) a 7 ore e 15 minuti ciascuno.
24.3. Va da sé che ove il CCNL si fosse fermato a quanto precede il sistema 5+1 avrebbe generato molte più giornate lavorate (304 contro 274) - e dunque ore di lavoro ordinario - del 6+1+1 e conseguentemente ridotto, solo per il primo sistema, la forbice di disponibilità sullo straordinario, come ha sostenuto la ricorrente principale in prime cure.
24.2. Ma tale differenza di giornate lavorabili tra i due sistemi (304-274 = 30) è neutralizzata dal CCNL, giacché l’art. 76 e l’art. 84 prevedono in favore del sistema 5+1, e solo di esso, l’attribuzione di altri 20 giorni di permesso annui, che invece non si applicano al 6+1+1 per esplicita previsione dell’art. 77, ultimo comma, che dunque trasformano altrettante giornate di lavoro in non lavoro, cui si aggiungono due giorni di ferie in più (25 per il sistema 5+1 e 23 per il sistema 6+1+1, cfr. art. 85 CCNL).
24.4. Dunque il delta sopra evidenziato di 30 gg. lavorabili si assottiglia con quanto precede, perché le stesse scendono su base annua, nel sistema del 5+1, a 259 (304 – 20 gg. di permesso ex art. 84 CCNL, – 25 gg. di ferie ex art. 85 CCNL) contro le circa 251 nel sistema 6+1+1 (274,25- 23 gg. di ferie ex art. 85 CCNL).
24.5. Il resto, per giungere al risultato di perfetta parità di ore di lavoro ordinario lavorabili in entrambi i sistemi (visto che le altri causali di assenza, come malattia assemblee, formazione sono di fatto identiche), lo fa la differenza di orario giornaliero (da moltiplicarsi su tutti i giorni lavorabili), che nel 5+1 ammonta a 7 ore, e nel 6+1+1 sono 7 ore e 15 minuti (15 minuti al giorno moltiplicato 251 gg lavorabili a 7 ore e 15 minuti, generano 8,66 giornate così arrivando allo stesso numero di giornate annue, 259 del 5+1). 24.6. Si giunge così ad un totale di ore lavorabili in entrambi i sistemi identiche, pari a 1578, che sono il frutto esattamente delle durate orarie giornaliere, riposi, permessi, distribuzione cicli, di cui al CCNL Vigilanza privata, che generano un orario di lavoro ordinario settimanale di 40 ore, per entrambi i sistemi di turnazione, e quindi una disponibilità di ore di lavoro straordinario, per ciascuno di essi e, dunque, anche per il 5+1 quantomeno di 416 ore annue, considerando che l’unico limite all’orario di lavoro richiedibile alla GPG è quello dell’orario di lavoro massimo pari a 48 ore settimanali, calcolate sulla 1 media dell’annuo, che lasciano un margine appunto di 8 ore a settimane moltiplicato 52 settimane.
25. Sulla base di queste osservazioni deve ribadirsi che l’offerta di S. S.r.l. è fondata, correttamente, sulle tabelle ministeriali predette, e nei limiti massimi di straordinario desumibili dal CCNL la stessa Security, come già osservato, ha offerto la copertura del monte orario, pari a 227.250 ore/anno, a mezzo dell’utilizzo di 118 unità lavorative, per un monte ore pro-capite di 1.926 ore/anno per un totale di 227.268 ore offerte (1926 x 118 = 227.268).
25.1. La stima di 1.926 ore/anno per GPG è data dalla previsione della tabella di ore annue nette annualmente lavorate pari a 1578 ore/anno, desumibile dalla tabella allegata al D.M. Lavoro del 21 marzo 2016, maggiorata di 348 ore/anno di lavoro straordinario per ciascuna GPG (1578 + 348 = 1926).
26. Dalle considerazioni sin qui esposte discende, dunque, la riforma della sentenza impugnata, dovendo qui evidenziarsi:
a) l’inapplicabilità al settore dei servizi di vigilanza della disciplina contenuta nel d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (su cui in parte il primo giudice ha fondato le proprie motivazioni), per effetto dell’articolo 2, comma 3, dello stesso come novellato dal d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (v., sul punto, Cons. St., sez. III, 4 gennaio 2019, n. 90);
b) l’erroneità del calcolo fatto dal Tribunale del numero massimo annuo di ore di straordinario ricavabile dal CCNL, che in effetti anche qualora si opti per il sistema 5+1 è di 416 ore e non di 312, diversamente, peraltro, da quanto questa stessa Sezione sembra avere sostenuto anche nella sentenza n. 90 del 2019, già citata;
c) la necessità di fare riferimento al monte ore teorico delle ore lavorabili, senza tener conto delle ore effettivamente lavorate, che non sono preventivamente calcolabili (il che rende di difficile condivisione l’argomento dell’appellata, secondo cui sarebbero invece le parti appellanti a introdurre una distorsione, facendo dipendere il numero delle ore straordinarie ammissibili da circostanze quali la fruizione di ferie, permessi, congedi etc. da parte di ciascun singolo dipendente);
d) la conseguente irrilevanza del differente sistema (5+1 o 6+1+1) prescelto per lo svolgimento dei turni di lavoro, eguale essendo per il CCNL il limite massimo di ore di straordinario di cui è possibile fruire.
27. Da quanto sin qui espresso discende che il ricorso di S. I. S.p.a. doveva essere respinto, per essere sicuramente l’offerta di S. S.r.l. conforme alle previsioni del CCNL quanto all’utilizzo del lavoro straordinario.
28. Devono essere ora esaminati i motivi riproposti dall’odierna appellata nella propria memoria difensiva, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., in ordine all’anomalia dell’offerta e non esaminati dal primo giudice.
29. Detti motivi, in sintesi, vertono rispettivamente sui seguenti profili.
30. Una prima contestazione è stata mossa sulle condizioni più favorevoli rispetto alla media con riguardo alle seguenti voci:
1) INAIL: gli oneri assistenziali sono stati “abbattuti” per oltre 1/3 del loro valore, passando da un’incidenza del 5,5%, quantificata nelle tabelle ministeriali, ad una del 3,6%, indicata da S. S.r.l. nelle tabelle sul costo del lavoro allegate alle proprie giustificazioni;
2) la polizza infortuni: il costo è stato ridotto del 40% rispetto ai valori ministeriali (da € 60,00 ad € 36,00 euro per unità di personale);
3) i costi per le divise: ridotti di oltre il 70% rispetto ai valori ministeriali (da € 360,50 a soli € 100,00 per unità di personale);
4) i costi derivanti da disposizione di legge: l’incidenza è stata ridotta del 65% rispetto alle indicazioni ministeriali (da 0,46 €/h a 0,16 €/h);
5) gli oneri di sicurezza, voce quotata da S.con un’incidenza pari all’1,1% (€ 175.153,00), a fronte della diversa e più consistente misura prevista dalle tabelle ministeriali (1,9%), con uno scostamento pari ad € 157.639,22;
6) oneri relativi agli scatti di anzianità;
7) il bonus di € 100,00 all’anno per ciascun dipendente, previsto in offerta come miglioria (cfr. doc. 11, pag. 13);
8) la mancanza di un’apposita tabella oraria per il c.d. “personale di zona”.
31. Una seconda contestazione è rivolta al fatto che, a dire dell’odierna appellata, nessuna seria verifica è stata condotta sulla congruità dei costi di formazione dichiarati da SS..
31.1. Anzitutto, a fronte delle generiche indicazioni riportate nell’avversaria offerta tecnica, nella quale non è stata nemmeno indicata la durata dei singoli corsi formativi proposti e quindi l’impegno gravante su ciascuna unità di personale, il r.u.p. non ha chiesto a S. S.r.l. di fornire alcuna precisazione sul punto.
31.2. In secondo luogo, e si tratta di un profilo strettamente connesso a quello che precede, il r.u.p. avrebbe accettato acriticamente la quotazione prospettata dall’odierna controinteressata, secondo la quale il costo della formazione si sarebbe attestato sull’importo di € 76.388,00.
31.3. Sennonché, considerato che il progetto di formazione specialistica proposto da S.si compone di 22 corsi (doc. 11, pag. 11-12), ciascuno con una durata media pari ad almeno 3 ore (la durata minima dei corsi è definita dalla relativa disciplina di settore), l’ammontare delle ore di formazione specialistica risulta pari a 66 ore per ciascun operatore impiegato nell’appalto (66 ore x 118 gpg = 7.788 ore), alle quali dovrebbero altresì aggiungersi le ore previste per gli aggiornamenti triennali.
32. Una terza contestazione, qui riproposta dall’appellata, concerne infine il fatto che palesemente e gravemente sottostimati risulterebbero anche i costi relativi alla fornitura e all’installazione di nuovi impianti tecnologici, allestimenti e dotazioni in favore dell’azienda sanitaria contraente.
32.1. S. I. S.p.a premette che, nella propria offerta tecnica, S. S.r.l. non ha riportato un computo metrico estimativo da cui si evinca con esattezza l’entità delle forniture e delle lavorazioni impiantistiche da eseguire (doc. 11, pag. 17 e ss.).
32.2. Ciò non toglie, peraltro, che la puntuale consistenza degli impianti e delle dotazioni proposte dall’aggiudicataria potrebbe essere agevolmente determinata alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle infrastrutture di sicurezza in uso all’azienda sanitaria contraente, anche mediante un apposito approfondimento istruttorio, da svolgere in sede di verificazione.
33. Anche tutte queste censure, qui riproposte, non meritano accoglimento.
34. E infatti, seguendo l’ordine con cui sono state riproposte dall’odierna appellata, si può qui di seguito rispettivamente osservare quanto segue.
35. In ordine alla prima contestazione (v., supra, § 30), sono 4 le voci di costo in cui si è stimato – e si contesta, appunto, da parte dell’appellata – uno scostamento dalle tabelle ministeriali, tutte derogabili:
a) il premio INAIL segue sempre il coefficiente aziendale stimato annualmente dall’istituto previdenziale in base ai sinistri registrati nel periodo considerato;
b) la polizza infortuni è una polizza privata che l’azienda negozia e sottoscrive con la compagnia che ritiene maggiormente conveniente;
c) per i costi delle divise, si tratta di forniture acquistate al miglior prezzo di mercato da ciascuna azienda;
d) per i costi derivanti dalle disposizioni di legge, sono gli obblighi strutturali ed organizzativi a cui l’azienda soggiace (ad esempio, la centrale operativa) e si tratta di costi fissi la cui incidenza oraria varia in base all’organico complessivo (maggiore l’organico, minore l’incidenza).
35.1. Tali pretesi maggiori costi – non quantificati dall’appellata - devono comunque intendersi ampiamente compensati nella somma di €. 612.700,00 che S. S.r.l. ha accantonato – ed esposto in offerta – per oneri vari non stimabili all’atto dell’offerta.
35.2. Per quanto attiene più specificamente agli oneri INAIL va qui osservato, come ha osservato l’appellante S. S.r.l. nelle proprie difese, che questa ha ottenuto a partire dall’11 dicembre 2017 – come emerge dalla comunicazione INAIL in atti – un tasso di versamento del premio INAIL equivalente a 36/1000: in altri termini il premio INAIL da versare grava su S. S.r.l. in misura pari al 3,6% della retribuzione lorda annua di ciascun dipendente, in luogo del tasso stimato del 5,5% inserito nelle tabelle ministeriali.
35.3. Come potrà notarsi la differenza è abbastanza ridotta e, comunque, comprovata dalla predetta attestazione.
35.4. La censura appare non solo infondata in punto di fatto, ma anche sostanzialmente irrilevante nell’ambito della valutazione complessiva dell’offerta resa in sede di gara dalla S. S.r.l., di cui meglio si dirà infra ai §§ 38.1. e 38.2.
35.5. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alla questione degli oneri della sicurezza.
35.6. La censura di S. I. S.p.a. prende le mosse da una ricostruzione della tabella ministeriale (e dell’offerta di S. S.r.l.) non condivisibile.
35.7. Ed invero gli oneri della sicurezza sono stati stimati da S. S.r.l. in complessivi €. 175.153,00 (pari ad € 43.788/anno) che, diviso per le 118 unità di personale destinate alla commessa, è uguale ad €.371,09 pro capite/anno (175.153/4/18).
35.8. Le tabelle ministeriali stabiliscono che il “costo annuo minimo aziendale della sicurezza individuale (DPI, giubbotto, visite mediche, formazione 81/08, radio) è di 370 euro”.
35.9. Pertanto il costo da S. S.r.l. stimato è superiore, pur non prevedendo la tipologia dei servizi in appalto l’obbligo del giubbotto antiproiettili.
35.10. Ancora, analoghe considerazioni di infondatezza possono essere rivolte ai rilievi sugli scatti di anzianità e sul “personale di zona”.
35.11. A ben vedere le tabelle di costo prodotte da Security a corredo delle giustificazioni dell’8 ottobre 2020 prevedono chiaramente una progressione di costo nei 4 anni dell’appalto dovuta all’incremento dei livelli e dagli scatti di anzianità maturati durante l’esecuzione dell’appalto.
35.12. Le ore del “personale di zona” sono state stimate come espressamente indicate nell’allegato prodotto alle giustificazioni del 28 luglio 2020 laddove sono ascritte e identificate sotto la voce “altri servizi”.
35.13. Il bonus è, infine, una condizione di miglior favore offerta e pertanto di libera determinazione aziendale.
36. In ordine alla seconda contestazione, di cui si è detto (v., supra, § 31), non meno infondati sono i rilievi qui riproposti dall’appellata sul tema della formazione.
36.1. L’offerta di Security – di valore del tutto omogeneo a quello della stessa S. I. S.p.a. – su tale elemento stima un monte ore di formazione pari a 8518 ore complessive: di queste 3304 sono state stimate 18 nel costo della manodopera (7 ore/anno x 118 gpg x 4 anni = 3304) in quanto direttamente o indirettamente derivanti da formazione regolamentata.
36.2. Ulteriori 5214 ore sono state stimate quali migliorative per un costo unitario pari ad €. 14,65/ora (costo di un dipendente inquadrato al VI livello).
36.3. Contrariamente a quanto sostenuto da S. I. S.p.a., la sostituzione delle risorse per le ore in cui svolgono formazione non deve necessariamente avere un costo pari a quello “destinato nell’appalto”.
37. In ordine alla terza contestazione (v., supra, § 32), da ultimo, la stessa appellata censura anche la pretesa insufficienza delle somme stimate nell’offerta dell’aggiudicataria per i costi degli impianti tecnologici.
37.1. Per il lotto n. 2 tali costi sono stati stimati in €. 274.600,00 circa.
37.2. Con riferimento alle dotazioni tecnologiche, è bene precisare che in calce alla nota illustrativa di S. S.r.l. dell’8 ottobre 2020 vi è l’indicazione analitica di tutti i componenti tecnologici, oggetto di offerta, risultando del tutto infondata la contestazione mossa dall’appellata.
38. Ne segue l’infondatezza di tutti i rilievi qui riproposti dall’odierna appellata ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. in ordine all’anomalia dell’offerta presentata da S. S.r.l.
38.1. Sul punto, peraltro, non può non ribadirsi qui la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui la verifica avente ad oggetto l’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare la complessiva attendibilità e serietà della stessa, sulla base di una valutazione che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (v., ex multis, Cons. St., sez. V, 31 agosto 2021, n. 6126; Cons. St., sez. V, 2 agosto 2021, n. 5644; Cons. St., sez. III, 19 ottobre 2020, n. 6317; Cons. St., sez. V, 16 aprile 2019, n. 2496).
38.2. Trattandosi, quindi, di valutare l’offerta nel suo complesso, il giudizio di anomalia non ha a oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando piuttosto ad accertare se essa in concreto sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto la valutazione di congruità, come detto globale e sintetica, non deve concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2022, n. 167, Cons. St., sez. V, 19 aprile 2021, n. 3169), con la conseguenza che, se anche singole voci di prezzo o, per meglio dire, singoli costi, non abbiano trovato immediata e diretta giustificazione, non per questo l’offerta va ritenuta inattendibile, dovendosi, invece, tener conto della loro incidenza sul costo complessivo del servizio per poter arrivare ad affermare che tali carenze siano in grado di rendere dubbia la corrispettività proposta dall’offerente e validata dalla stazione appaltante (Cons. St., sez. V, 21 luglio 2021, n. 5483).
39. Nel caso di specie, per tutte le ragioni esposte, la valutazione relativa alla congruità dell’offerta presentata dall’odierna appellante, S. S.r.l., è nel complesso attendibile e immune da macroscopici errori ed inesattezze.
40. Ne segue che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso principale di S. I. S.p.a. proposto in primo grado deve essere integralmente respinto in tutti i suoi motivi, con la conseguente riforma della sentenza impugnata e la conferma, invece, dell’aggiudicazione conseguita da S. S.r.l.
41. Quanto al terzo motivo di appello, proposto da S. S.r.l. (pp. 27-33 del ricorso), ed inerente alla reiezione, statuita dalla sentenza qui impugnata, del ricorso incidentale da questa proposto contro l’ammissione di S. I. S.p.a. alla gara per essere S. I. S.p.a. destinataria di un provvedimento sanzionatorio da parte dell’AGCM, questo motivo deve essere dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a., per il sopravvenuto difetto di interesse in capo all’aggiudicataria S. S.r.l.
41.1. Sul punto deve richiamarsi infatti la costante giurisprudenza di questo Consiglio in ordine al principio c.d. “ragion più liquida”, posto che il ricorso incidentale escludente, proposto dall’aggiudicataria, diviene inevitabilmente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi degli artt. 42, comma 1, e 35, comma 1, lett. c), c.p.a., essendo evidente che l’interesse della aggiudicataria a proporre ricorso incidentale, al fine di contestare la mancata esclusione dalla gara della ricorrente principale, viene radicalmente meno qualora il ricorso proposto da quest’ultima sia dichiarato inammissibile o venga respinto, dal momento che, in entrambi i suddetti casi, l’aggiudicataria conserva il bene della vita ottenuto (l’aggiudicazione).
41.2. Secondo la ragion più liquida, corollario del principio di economia processuale, il giudice può infatti decidere di esaminare in via prioritaria il ricorso principale e, qualora lo ritenga infondato, non esaminare, conseguentemente, il ricorso incidentale paralizzante (o escludente), dal momento che, respinto il ricorso principale, il ricorso incidentale diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dei già menzionati artt. 42, comma 1, e 35, comma 1, lett. c), c.p.a. (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431 in relazione all’ordine di esame fra ricorso principale e incidentale di primo grado nel c.d. rito appalti dopo la sentenza della Corte di giustizia UE, Sez. X, 5 settembre 2019, C-333/18).
42. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, gli appelli, previa loro riunione, devono essere accolti nei limiti sopra precisati e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto in tutti i suoi motivi, anche quelli qui riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., il ricorso principale proposto in primo grado da S. I. S.p.a.
42.1. Per le assorbenti ragioni esposte sono superflue le istanze istruttorie proposte dall’appellata, dacché la valutazione in ordine alla non anomalia dell’offerta, effettuata dalla stazione appaltante, è scevra da palesi vizi valutativi o travisamenti del contenuto dell’offerta stessa.
43. Va dichiarato ai sensi di cui sopra invece improcedibile, in parte qua e, cioè, quanto alla reiezione del ricorso incidentale proposto in primo grado, l’appello di S. S.r.l.
44. Le spese del doppio grado del giudizio, per la notevole complessità tecnica del contenzioso relativo alla valutazione dell’anomalia, possono essere interamente compensate tra le parti.
45. Rimane definitivamente e rispettivamente in carico di S. I. S.p.a. e di S. S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso principale e del ricorso incidentale proposti in primo grado.
45.1. L’appellata S. I. S.p.a. per la sostanziale soccombenza deve essere condannata a rimborsare in favore della Regione Lazio e di S. S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione dei rispettivi appelli.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, proposti dalla Regione Lazio e da S. S.r.l., previa loro riunione li accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso principale proposto in primo grado da S. I. S.p.a.
Dichiara improcedibile, per il resto, l’appello proposto da S. S.r.l.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Pone definitivamente e rispettivamente a carico di S. I. S.p.a. e di S. S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso principale e del ricorso incidentale proposti in primo grado.
Condanna S. I. S.p.a. a rimborsare in favore della Regione Lazio e di S. S.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione dei rispettivi appelli.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.