La Cassazione ribadisce che sussiste sempre la possibilità di adeguare concretamente gli onorari al valore effettivo della causa ove si ravvisi una manifesta sproporzione rispetto a quello derivante dall'applicazione delle norme del Codice di rito.
Il Tribunale ingiungeva agli attuali ricorrenti il pagamento di una data somma a favore dell'avvocato che li aveva assistiti in un giudizio volto ad ottenere il risarcimento dei danni.
In seguito, il Giudice rigettava l'opposizione proposta dai ricorrenti, dunque essi si rivolgono alla Corte di Cassazione lamentando l'erronea determinazione del valore della lite e...
Svolgimento del processo
1.1. Il tribunale, con decreto ingiuntivo del 22/8/2017, ha ingiunto a L.C., A.N., A.N. e G.N. il pagamento, in favore dell'avv. S.L., della somma di€. 48.049,19, oltre interessi e spese, quale compenso per le prestazioni professionali rese nell'interesse in un giudizio volto ad ottenere il risarcimento dei danni.
1.2. L.C., A.N., A.N. e G.N. hanno proposto opposizione al decreto ingiuntivo, e, dopo aver dedotto che il giudizio nel quale l'avv. L. aveva reso le sue prestazioni professionali era stato definito in primo grado con sentenza che, in data 1/2/1996, aveva condannato i responsabili al pagamento, in loro favore, della somma complessiva di €. 100.000,00, e che tale sentenza era stata appellata dai convenuti, hanno lamentato che l'avv. L., pur avendo ricevuto dagli stessi il mandato per difenderli nel conseguente giudizio, si era limitato a costituirsi per resistere al gravame senza proporre a sua volta appello incidentale, aggiungendo, infine, che l'avv. L., con missiva del 10/8/2016, aveva rimesso il proprio mandato.
1.3. Il tribunale, con l'ordinanza in epigrafe, assunta a seguito della riserva in decisione assunta all'udienza del 24/5/2019, ha rigettato l'opposizione.
1.4. Il tribunale, in particolare, dopo aver premesso che: - il giudizio (a seguito della separazione della domanda riconvenzionale proposta dagli opponenti per ottenere il risarcimento dei danni subiti per la mancata proposizione dell'appello incidentale) ha per oggetto esclusivamente la valutazione e la quantificazione del compenso professionale spettante all'avv. S.L. per l'attività incontestatamente svolta in favore degli stessi; la quantificazione del compenso professionale doveva essere effettuata applicando le tariffe professionali previste dal d.m. n. 55 del 2014; - il valore della controversia, a fronte della notevole sproporzione tra l'importo oggetto della domanda, pari ad €. 475.000,00, e quello effettivamente liquidato nella sentenza di primo grado, pari ad €. 100.000,00, doveva essere determinato, ai fini della quantificazione del compenso professionale, con riferimento a quest'ultimo importo; nei rapporti tra avvocato e cliente, infatti, sussiste sempre la possibilità di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione rispetto a quello derivante dall'applicazione delle norme del codice di rito, sicché il giudice deve verificare, di volta in volta, l'attività difensiva che il legale ha svolto, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato all'effettivo valore della controversia, perché, in tale ultima eventualità, il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa non può essere ritenuto corrispettivo della prestazione espletata; ha ritenuto che il valore della causa era compreso tra €. 52.001 ed €. 260.000,00 e che (tenuto conto, con riferimento al giudizio di primo grado, delle fasi relative allo studio della controversia, all'introduzione, all'istruttoria e/o alla trattazione del giudizio e alla decisione dello stesso, con l'aumento dovuto alla presenza di più parti, e, con riguardo al giudizio d'appello, delle fasi relative allo studio della controversia e all'introduzione del giudizio, con l'aumento dovuto alla presenza di più parti) il compenso oggetto dell'ingiunzione, detratte le somme già pagate, poteva ritenersi, in definitiva, congruo in quanto complessivamente calcolato in misura prossima ai valori medi di cui alle tariffe professionali.
2.1. L.C., A.N., A.N. e G.N., con ricorso notificato il18/9/2020, hanno chiesto, per quattro motivi, la cassazione dell'ordinanza, dichiaratamente non notificata.
2.2. S.L. ha resistito con controricorso.
2.3. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
3.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando l'erronea determinazione del valore della controversia, hanno censurato l'ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il valore della causa era compreso tra €. 52.001 ed €. 260.000,00 laddove, in realtà, il reale valore della controversia è di €. 50.000,00.
3.2. La corte d'appello di Lecce, infatti, hanno osservato i ricorrenti, con la sentenza sopravvenuta in data 12/9/2019, ha ridotto l'ammontare del risarcimento alla somma di €. 50.000,00, per cui è a quest'ultimo valore e al relativo scaglione che occorre fare riferimento per la determinazione del compenso spettante all'avv. L..
4.1. Il motivo è fondato, con assorbimento degli altri.
4.2. Nei rapporti tra avvocato e cliente, in effetti, come testualmente affermato da Cass. n. 18507 del 2018, sussiste sempre la possibilità di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione rispetto a quello derivante dall'applicazione delle norme del codice di rito, sicché il giudice deve verificare, di volta in volta, l'attività difensiva che il legale ha svolto, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato all'effettivo valore della controversia, perché, in tale ultima eventualità, il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa non può essere ritenuto corrispettivo della prestazione espletata.
4.3. Quest'ultima pronuncia, invero, ha osservato come, nella giurisprudenza di questa Corte, sulla base di una lettura coordinata delle norme tariffarie (quali risultano dagli artt. 5, comma 3, e 6, commi 2 e 4, del d.m. n. 585 del 1994 e del d.m. n. 127 del 2004 nonché dall'art. 5, comma 1, del d.m. n. 140 del 2012, ed, infine, dall'art. 5, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014), le quali, dopo aver affermato il principio per cui, nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, occorre tener conto, tra l'altro, del valore della controversia, quale risulta dalla domanda proposta, hanno, tuttavia, stabilito che, quando tale valore "risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile", occorre aver riguardo al "valore effettivo della controversia ..." anche in relazione agli interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti, "... si è affermato e consolidato il principio, di generale applicazione (Cass. n. 14691 del 2015; Cass. n. 1805 del 2012; Cass. n. 13229 del 2010), secondo il quale, nei rapporti tra avvocato e cliente (diversamente che ai fini della liquidazione delle spese a carico della parte soccombente, nei quali, ai sensi del comma 1, il valore della lite si determina secondo i criteri codicistici, salva l'adozione di quello del decisum, nelle cause di pagamento e risarcimento di danni), sussiste sempre la possibilità di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione con quello derivante da/l'applicazione delle norme del codice di rito. Tale interpretazione - aderente al criterio finalistico, secondo cui il dato letterale va opportunamente coordinato con la ricerca dell'intenzione del legislatore (art. 12, comma 1 u.p. preleggi) - deve ritenersi preferibile, siccome più aderente all'esigenza cui il combinato disposto delle due norme tariffarie risulta palesemente improntato, vale a dire all'osservanza di quel "principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell'opera professionale effettivamente prestata", che le Sezioni Unite di questa corte, con la sentenza n. 19014 del 2007, hanno ritenuto, appunto, desumibile dall'interpretazione sistematica delle disposizioni in questione".
4.4. "È da ritenersi, pertanto, che nel richiamo al "valore presunto a norma del codice di procedura civile", la disposizione tariffaria abbia semplicemente inteso riferirsi a tutte le regole dettate dal codice di rito, ivi compresa quella ex artt. 10 e 14, correlata all'indicazione del quantum nella domanda nelle cause relative a somme di danaro o beni mobili, per la determinazione del valore della controversia, attribuendo, tuttavia, al giudice una generale facoltà discrezionale, ove ravvisi la suesposta manifesta sproporzione tra il formale petitum e l'effettivo valore della controversia, desumibile dai sostanziali interessi in contrasto, di adeguare la misura dell'onorario all'effettiva importanza della prestazione, in relazione alla concreta valenza economica della controversia (Cass. n. 14691 del 2015; Cass. n. 7807 del 2013; Cass. n. 23809 del 2012; Cass. n. 1805 del 2012)".
4.5. "Nel caso della liquidazione degli onorari a carico del cliente, quindi, l'indagine, che di volta in volta il giudice di merito deve compiere, è quella di verificare l'attività difensiva che il legale ha dovuto apprestare, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all'effettivo valore della controversia, come nel caso in cui il legale abbia esagerato in modo assolutamente ingiustificato la misura della pretesa azionata, in evidente sproporzione rispetto a quanto poi attribuito alla parte assistita, perché in tali casi - a prescindere dai profili di responsabilità ascrivibili al professionista - il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa non può essere considerato corrispettivo della prestazione espletata, stante la sua obiettiva inadeguatezza rispetto alla attività svolta (Cass. n. 1805 del 2012; Cass. n. 13229 del 2010; Cass. n. 15685 del 2006)".
5.1. Nel caso in esame, come visto, l'ordinanza impugnata ha considerato, ai fini della determinazione del valore della controversia (che ha avuto incontestatamente ad oggetto l'an ed il quantum del diritto al risarcimento dei danni), non la somma oggetto della domanda ma, in ragione proprio della notevole sproporzione tra tale importo (€. 475.000,00) e quello effettivamente liquidato nella sentenza di primo grado (€. 100.000,00), la somma ad essi attribuita dalla sentenza di primo grado.
5.2. I ricorrenti, tuttavia, hanno documentato che la corte d'appello di Lecce, con sentenza pronunciata in data 12/9/2019, e cioè dopo l'udienza (del 24/5/2019) in cui il giudizio in esame è stato riservato in decisione, ha provveduto a ridurre l'ammontare del risarcimento spettante agli stessi, riconoscendo la somma complessiva di €. 50.000,00.
5.3. Ora, premesso che, alla luce del principio della durata ragionevole del processo, nel giudizio di legittimità è deducibile il factum superveniens, in quanto equiparabile allo ius superveniens, se idoneo ad incidere sull'oggetto della causa sottoposta all'esame del giudice, allorché il contenuto della situazione giuridica controversa abbia avuto, in conseguenza del fatto sopravvenuto, una definitiva modificazione e non si ponga questione alcuna di accertamento del fatto medesimo, con il conseguente superamento dei limiti di prova della documentazione del fatto sopravvenuto rispetto alla previsione dell'art. 372 c.p.c. (cfr. Cass. n. 26756 del 2020), ritiene la Corte che la sentenza sopravvenuta, modificando il parametro del decisum, cui pure l'ordinanza impugnata (dichiaratamente avvalendosi della facoltà di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo della controversia) ha inteso fare riferimento al fine di determinare il compenso spettante all'avvocato nei confronti dei propri clienti, comporti la necessità che il tribunale riesamini, alla luce delle relative risultanze, i fatti di causa, ed, in base agli stessi, determini, alla luce dei principi esposti, la concreta valenza economica della controversia in cui la prestazione professionale è stata espletata.
5. Il ricorso dev'essere, quindi, accolto e l'ordinanza impugnata, per l'effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Lecce che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, l'ordinanza impugnata, con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Lecce che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.