
Svolgimento del processo
1. Nel 2002 G.I. convenne dinanzi al Tribunale di Ragusa l'Azienda Sanitaria Locale (omissis) di Ragusa e G.C., deducendo di essere stata sottoposta ad un intervento chirurgico nell'ospedale di Scicli, gestito dall'Azienda convenuta, per la correzione di una sindrome del tunnel carpale al polso destro, eseguito da G.C., e che a causa dell'imperita esecuzione dell'intervento aveva patito un danno neurologico, guarito con postumi permanenti. Chiese pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento del suddetto danno.
2. G.C. si costituì e negò la propria responsabilità. La ASL si costituì e, oltre a negare la propria responsabilità, chiamò in causa la società A. Assicurazioni S.p.a. (già C.). Dedusse che la Asl aveva stipulato con la suddetta società un contratto di assicurazione a copertura della responsabilità civile sia dell'azienda stessa, sia dei sanitari in essa operanti, e chiese che in caso di accoglimento della domanda attorea fosse garantita dalla suddetta società.
3. Con sentenza 9 ottobre 2009 n. 858 il Tribunale di Ragusa accolse la domanda la domanda- attorea; accolse la domanda di garanzia formulata dalla ASL; dichiarò inammissibile la domanda di garanzia formulata da G.C. nei confronti della suddetta società assicuratrice. La sentenza venne appellata in via principale da G.I. ed in via incidentale da G.C.. Quest'ultimo si dolse della dichiarazione di inammissibilità della propria domanda di garanzia rivolta nei confronti della società assicuratrice. Dedusse che la ASL aveva stipulato con la A. un contratto che copriva non soltanto la responsabilità dell'amministrazione verso i terzi, ma anche la responsabilità dei dipendenti della ASL verso i terzi; che il contratto si doveva qualificare pertanto come un'assicurazione per conto altrui; che a fronte di tale deduzione "nulla aveva eccepito la compagnia assicurativa, accettando quindi il contraddittorio".
4. Con sentenza 15 marzo 2019 n. 610 la Corte d'appello di Catania accolse l'appello principale e rigettò quello incidentale. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d'appello ritenne che correttamente il Tribunale aveva reputato "inammissibile" la domanda di garanzia formulata da G.C. nei confronti della A.. Osservò la Corte d'appello che G.C. "non ha operato la chiamata in causa [dell'assicuratore] nelle forme e nei termini di cui all'articolo 269 c.p.c., [con la conseguenza che] si è maturata la sua decadenza dal diritto ad essere manlevato': La Corte d'appello tenne infine inammissibile per genericità la censura con cui G.C. contestava la sussistenza del nesso di causa tra la propria condotta e il danno lamentato dalla paziente.
5. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da G.C. con ricorso fondato su un solo motivo. Nessuna delle altre parti si è difesa.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 269 c.p.c. In punto di fatto deduce che l'originaria attrice aveva notificato la citazione introduttiva del giudizio di primo grado non solo alla ASL ed al chirurgo che l'aveva operata, ma anche direttamente alla A.. Quest'ultima, pertanto, doveva ritenersi "convenuta" al pari dell'odierno ricorrente. Di conseguenza, l'odierno ricorrente per formulare la sua domanda di garanzia nei confronti della A. (e quindi una domanda formulata da un convenuto nei confronti di un altro convenuto) non aveva l'onere di rispettare le forme previste dall'articolo 269 c.p.c. per la chiamata in causa del terzo.
1.1. Il motivo è fondato. Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, deve qualificarsi "domanda riconvenzionale": (a) quella che il convenuto formula nei confronti dell'attore; (b) quella che il convenuto formula nei confronti di altro convenuto, che già sia parte del processo; (c) quella che il chiamato in causa formula nei confronti del chiamante o di altri convenuti, che già siano parti del processo. In tutte queste ipotesi la domanda proposta dal convenuto nei confronti di altro convenuto non esige le forme prescritte per la chiamata in causa del terzo, per l'evidente ragione - a tacer d'altro - che è fuori luogo discorrere di "chiamata in causa" rispetto ad un soggetto che è già parte del giudizio. Tali princìpi vennero affermati già da Sez. 2, Sentenza n. 9 del 04/01/1969, e poi ribaditi da Sez. 3, Sentenza n. 894 del 26/03/1971; Sez. 3, Sentenza n. 2848 del 29/04/1980; Sez. 3, Sentenza n. 6800 del 15.6.1991; Sez. 3, Sentenza n. 10695 del 27.9.1999; Sez. 3, Sentenza n. 12558 del 12/11/1999; Sez. 3, Sentenza n. 9210 del 06/07/2001; Sez. 2, Sentenza n. 6846 del 16.3.2017.
1.2. La domanda proposta da un convenuto nei confronti di altro convenuto non soggiace ad altri oneri di forma che la formulazione entro il medesimo termine stabilito per la formulazione d'una domanda riconvenzionale in senso stretto, e cioè nei confronti dell'attore (sentenze 12558/99 e 6846/17, citt.), ed ovviamente la notifica al destinatario di essa, se sia rimasto contumace. Non è, invece, necessario che la riconvenzionale "trasversale" sia fondata sui medesimi fatti posati dall'attore principale a fondamento della sua domanda (Sez. 3, Sentenza n. 2848 del 29/04/1980).
1.3. La sentenza impugnata non si è attenuta a tali principi, là dove ha reputato inammissibile la domanda proposta da G.C. sul presupposto che questi non avesse "operato la chiamata in causa della C. Assicurazioni nelle forme e nei termini di cui all'articolo 269 c.p.c.: Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Catania, in diversa composizione, la quale tornerà ad esaminare l'appello proposto da G.C. applicando il seguente principio di diritto: convenuto che intenda formulare una domanda nei confronti di altro convenuto non ha l'onere di richiedere il differimento dell'udienza ai sensi dell'articolo 269 c.p.c., ma è evvidente che formuli la suddetta domanda nei termini e con le forme stabiliti per la domanda riconvenzionale dall'articolo 167, secondo comma, c.p.c. ".
2. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.