Lo ha ricordato la Cassazione con la sentenza in commento, rigettando il ricorso dell'imputato che contestava l'assimilazione della registrazione di video a contenuto pedopornografico salvati sul pc alla produzione di materiale.
L'imputato propone ricorso in cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia con cui era stata confermata la condanna del medesimo per il reato di cui all'
In sede di legittimità, il ricorrente sostiene che la Corte...
Svolgimento del processo
1.Il sig. F.M. ricorre per l'annullamento della sentenza del 29/10/2020 della Corte di appello di Brescia che ha confermato la condanna alla pena (principale) di due anni e dieci mesi di reclusione e 12.000,00 euro di multa (oltre pene accessorie) inflitta con sentenza del 17/04/2019 del GUP del Tribunale di Brescia, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato e da lui impugnata, per il reato di cui agli artt. 81, cpv., 600-ter, comma primo, n. 1), cod. pen. (in esso assorbito quello di cui all'art. 600-ter, comma sesto, cod. pen.), perché, «partecipando a sessioni di video chat sulla piattaforma periscope, assisteva a esibizioni o, comunque, a spettacoli a carattere pornografico coinvolgenti minori di anni diciotto nonché, avvalendosi dei software mac screen recorder e debut, installati sul proprio PC, programmi atti alla cattura di video e immagini, nel corso delle predette sessioni produceva materiale pedopornografico che veniva successivamente conservato e detenuto in due cartelle create dai predetti software e, segnatamente, 25 file video e 67 immagini all'interno della cartella mac screen recorder e ulteriori 6 filmati all'interno della cartella debut». Il fatto è contestato come commesso in Mantova in epoca anteriore e prossima al 1° dicembre 2017.
1.1.Con unico, articolato motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l'inosservanza e/o l'erronea applicazione della legge penale e il vizio di mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione. Afferma che nelle due sole pagine (delle complessive dieci che compongono la sentenza) nelle quali esamina le critiche alla sentenza di primo grado in ordine al tipo di registrazioni video e/o immagini pedopornografiche ed alla circostanza se tali operazioni avvenissero o meno dal vivo, la Corte di appello ha dato risposta affermativa sulla scorta del rinvenimento nel computer dell'imputato di due diversi software di cattura video denominati "Mac Screen Recorder" e "Debut", nonché dal fatto che durante la registrazione dello schermo sono state riprese "anche schermate non inerenti la diretta e volte alla ricerca da parte dell'indagato di riprese con minori". A sostegno del fatto che tali video fossero delle dirette e non già delle registrazioni, la Corte di appello afferma che il dato si ricava, in almeno una occasione, dalla circostanza che l'imputato aveva partecipato, con il nick-name "E.", ad una sessione chat con una bambina di età inferiore a otto anni, alla quale aveva chiesto quanti anni avesse, come segnalato dalla polizia neozelandese. Così facendo, obietta, la Corte di appello non ha fornito risposta al quesito relativo alla effettiva sussistenza del reato di produzione di materiale pornografico cui all'art. 600-ter, comma 1, n. 1), cod. pen., piuttosto che di assistenza a esibizione o spettacoli pedopornografici, di cui al sesto comma del medesimo articolo, se non di mera detenzione del materiale pornografico di cui all'art. 600-quater cod. pen. (ipotesi preferita dal ricorrente). La Corte di appello, afferma, non spiega il motivo per cui la registrazione di video aventi contenuto pedopornografico salvati su due cartelle nel computer debba considerarsi "produzione" dello stesso, e non già condotta volta consapevolmente a procurarsi e/o detenere detto materiale pedopornografico. Di nessun aiuto, sul piano argomentativo, è il richiamo operato dai Giudici territoriali alla sentenza Sez. U, n.51815 del 2018, di questa Corte di cassazione, non rilevando, nel caso di specie, il pericolo di diffusione del materiale pedopornografico bensì la definizione stessa di "produzione" del materiale, questione assolutamente centrale nel caso di specie. Orbene, per integrare la più grave delle fattispecie previste dall'art. 600-ter cod. pen., la condotta non può consistere nella semplice, seppur deprecabile, attività di fruitore di quanto da altri organizzato. Sia il GUP che la Corte di appello hanno fatto malgoverno della norma penale, dovendosi ravvisare nella condotta tenuta dall'imputato la violazione dell'art. 600-ter comma sesto cod. pen., in continuazione con il delitto di cui all'art. 600-quater cod. pen. In ogni caso, la sussistenza del reato di cui all'art. 600-ter, comma sesto, cod. pen., è stata ritenuta nella condotta del partecipare alla sessione chat occorsa in data 10/05/2017 con una bambina residente in Georgia alla quale il ricorrente, utilizzando un "nickname", avrebbe chiesto quanti anni avesse, come segnalato dalle autorità straniere. Premesso che il video non è stato rinvenuto nella cartella del proprio computer, con conseguente impossibilità di una sua diffusione, il ricorrente ribadisce la propria convinzione che in nessun caso tale condotta può costituire la realizzazione di una esibizione, o spettacolo pornografico, e tanto meno integrare la fattispecie di produzione di materiale pornografico. Quanto ai filmati ed alle immagini rinvenute all'interno delle cartelle denominate "mac screen recorder" e "debut", sostiene che la loro memorizzazione integra esclusivamente il reato di cui all'art. 600-quater cod. pen. C., al riguardo, è la sentenza di questa Corte, Sez. 3, n. 9403 del 2020, avendo egli solo scaricato, mediante i due suddetti software, filmati ed immagini memorizzandoli in due cartelle presenti sul computer, condotta tipica di chi consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato da altri, utilizzando minori di anni diciotto. Le diverse considerazioni svolte dalla Corte di appello, secondo cui il ricorrente registrava il materiale pedopornografico intercettato in rete, non sono idonee a far ritenere che tali sistemi di "cattura" delle immagini ed i filmati memorizzati nel computer dello stesso costituissero "produzione" di materiale pedopornografico. Né rileva l'affermazione della Corte di appello secondo la quale «la registrazione dello schermo da parte del M. permette di vedere alcune azioni poste in essere, e da cui si vede che l'utente cerca la persona da contattare, e cerca sempre persone minori»; tale attività non può essere qualificata come "produzione", bensì come procacciamento di materiale pornografico da altri realizzato, condotta che integra la fattispecie di cui all'art 600-quater cod. pen. A non diverse conclusioni si perviene se si volessero valorizzare i movimenti del cursore ad opera del M. nella ricerca di materiale pornografico, poiché ciò può rilevare sotto il profilo dell'elemento psicologico, denotando la volontà di procacciamento, non già di una diversa, e più grave fattispecie, che dal procacciamento porti alla produzione.
Motivi della decisione
2.Il ricorso è infondato.
3. In fatto, dalla lettura della sentenza impugnata (della quale non viene dedotto il travisamento) risulta che il procedimento a carico dell'imputato era nato da una segnalazione trasmessa alla Procura della Repubblica di Brescia dalle autorità di polizia neozelandesi in merito ad alcune "chatroom" a contenuto pedopornografico all'interno della piattaforma online denominata "Periscope". In particolare, durante una sessione di chat esaminata nel mese di aprile dell'anno 2017, una minore di anni otto si mostrava in diretta streaming agli utenti mentre costoro le chiedevano di danzare nuda e di mostrare i genitali. Tra gli utenti collegati era presente anche un account italiano denominato "E.", il quale interagiva con la bambina domandandole l'età. Nel prosieguo delle indagini erano stati acquisiti i file di log degli indirizzi IP inerenti le connessioni utilizzate dall'utente "E." per accedere al proprio account "Twitter", tramite il quale era avvenuto il collegamento alla piattaforma "Periscope". All'esito delle verifiche effettuate, era emerso che tutti gli indirizzi IP esaminati erano collegati alla linea telefonica intestata all'odierno imputato. A seguito di perquisizione domiciliare erano stati rinvenuti e sequestrati tre computer all'interno di uno dei quali erano state rinvenute due cartelle contenenti immagini e video pedopornografici, creati tramite i software "Mac screen recorder" (installato il 19 luglio 2017) e "Debut" (installato il 31 dicembre 2015), adibiti alla registrazione e memorizzazione di qualsiasi attività visualizzata dall'utente sul monitor e qualsiasi immagine tratta dalla webcam. All'interno di tali cartelle erano stati rinvenuti filmati relativi a registrazioni di sessioni di chat con minorenni che si mostravano in webcam in atteggiamenti erotici, nonché numerosi fotogrammi tratti dai suddetti filmati. Il contenuto pornografico di tale materiale non è contestato, né lo è la minore età delle persone coinvolte. Il consulente tecnico della difesa aveva precisato che molti dei video rinvenuti all'interno delle cartelle "Mac screen recorder" e "Debut" non erano stati creati "ex novo" dall'imputato mediante registrazione di immagini live, ma erano stati creati da altri utenti ed erano stati successivamente scaricati dal ricorrente dalla piattaforma "Periscope", come si desume dalla presenza in basso della barra indicativa della durata del video, nonché dal numero di precedenti visualizzazioni dello stesso. Quanto ai file video dei quali non era visibile la barra di durata, il consulente aveva sostenuto di non avere elementi certi per affermare se si trattasse di registrazioni dal vivo oppure del salvataggio di video precedentemente registrati da altri utenti, rilevando come talvolta la barra di durata, pur essendo presente, non viene visualizzata sullo schermo. Quanto ai file immagine, il consulente aveva precisato che si trattava di fotogrammi tratti dai video salvati automaticamente dal programma ad intervalli di tempo regolari.
3.1. Sin dal primo grado l'imputato si era difeso sostenendo: a) la mancanza di prova dell'interazione diretta con le minori protagoniste delle esibizioni erotiche (con conseguente insussistenza del reato di cui al sesto comma dell'art. 600-ter cod. pen.); b) la mancanza di prova della produzione "ex novo", da parte sua, del materiale pedopornografico.
3.2.11 GUP aveva disatteso la tesi difensiva della insussistenza del reato di produzione di materiale pedopornografico osservando che: a) vi erano numerosi filmati (privi della barra di durata del video) contenenti registrazioni di sessioni di chat "live" alle quali l'imputato aveva partecipato; tali filmati immortalavano le azioni eseguite dall'utente durante la registrazione ed in particolare le ricerche preliminari effettuate dall'imputato sul web per trovare la persona da contattare per la sessione di chat; b) l'imputato aveva partecipato alla chat segnalata dalla polizia neozelandese interagendo direttamente con la bambina chiedendole l'età. L'imputato aveva dunque prodotto materiale perdopornografico in vari modi: a) duplicando video già esistenti; b) registrando sessioni di video-chat "live"; c) salvando su file i fotogrammi dei video pedopornografici.
3.3.Nel disattendere i rilievi difensivi, la Corte di appello ha ribadito, sulla base di considerazioni tecniche e logiche non oggetto di contestazione specifica, che tutti i video pedopornografici nei quali non compare la barra di scorrimento dell'avanzamento del video stesso costituivano registrazioni di spettacoli ed esibizioni effettuate in diretta dal ricorrente.
4. Tanto premesso in fatto, osserva in diritto il Collegio:
4.1. secondo l'insegnamento di Sez. U, n. 51815 del 31/05/2018, «produzione altro non è che la realizzazione di materiale pornografico», avendo la condotta di "produzione" perso la sua autonomia concettuale rispetto a quella di "realizzazione", come si desume dal fatto che l'art. 600-quater.1 cod. pen. estende l'applicazione dell'art. 600-ter cod. pen. anche alla (sola) "realizzazione" di materiale pedopornografico virtuale, con conseguente svilimento del presupposto del pericolo di diffusione del materiale in tal modo realizzato, pericolo tradizionalmente associato al concetto di produzione;
4.2. deprivata della sua (non necessaria) proiezione verso un potenziale pubblico di fruitori, la definizione penalistica di "produzione" resta saldamente ancorata al senso più profondo del termine, quello meno incrostato da concezioni economiche ma più legato all'idea del creare, del generare qualcosa "ex nihilo' nel caso in esame materiale pedopornografico, creazione che può avvenire in molti modi, non necessariamente soltanto mediante la materiale organizzazione e realizzazione dell'esibizione o dello spettacolo pornografico ma anche mediante la realizzazione di fotografie e video di tali esibizioni e/o spettacoli;
4.3. l'assistenza a esibizioni o spettacoli pornografici resta punita meno severamente ai sensi del sesto comma dell'art. 600-ter cod. pen. a condizione che l'agente si limiti, appunto, ad assistervi in diretta senza contestualmente effettuare fotografie o videoregistrazioni delle esibizioni dei minori;
4.4. la detenzione di materiale pornografico di cui all'art. 600-quater cod. pen. invece non riguarda il materiale prodotto (o realizzato) dallo stesso soggetto agente, contemplando tale norma, di carattere residuale, tutte quelle condotte consistenti nel procurarsi o detenere materiale pornografico fuori delle ipotesi previste dall'art. 600 ter cod. pen. (Sez. 3, n. 8285 del 09/12/2009, Rv. 246232 - 01);
4.5. nel caso di specie, il ricorrente non si è limitato ad assistere a spettacoli realizzati da altri, ma li ha video-registrati creando, "ex novo' materiale pedo pornografico mediante files salvati sul proprio PC e in un caso addirittura interagendo con la bambina coinvolta;
4.6. non è perciò calzante la sentenza Sez. 3, n. 9403 del 17/10/2020, n.m., (richiamata dal difensore anche in sede di odierna discussione) che riguarda il caso di una persona che non aveva mai registrato spettacoli "live" ai quali aveva assistito;
4.7. il ricorrente ha piuttosto ragione quando lamenta la mancata qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 600-quater cod. pen. ma tale deduzione riguarda semmai il materiale già da altri prodotto (nel senso sopra indicato) e da lui scaricato e conservato nel proprio PC, non di certo quello da lui stesso registrato in diretta nel corso delle sessioni "live";
4.8. si tratta di errore ininfluente, del quale il M. si è persino giovato: a) è ininfluente perché, pur restringendosi l'ambito applicativo del reato di cui all'art. 600-ter, comma primo, n. 1), cod. pen., ai soli video e foto effettivamente prodotti, al ricorrente è stato applicato il minimo edittale del reato di cui all'art. 600-ter, comma primo, n. 1), cod. pen.; b) se ne è giovato perché la mancata contestazione del reato di detenzione di materiale pedopornografico ha impedito l'applicazione di un'ulteriore porzione di pena a titolo di continuazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.