
La Cassazione, pronunciando un nuovo principio di diritto, ha stabilito che in detta opposizione sono litisconsorti necessari tutti i creditori, procedenti e intervenuti, e i debitori.
La controversia riguardava l'opposizione avverso un ordine di liberazione emanato dal giudice di un'espropriazione immobiliare, esperita in danno degli esecutati ad impulso di una Banca e con l'intervento dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, nei confronti della locataria del bene staggito, il cui canone è stato ritenuto inferiore di un terzo al giusto prezzo.
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Svolgimento del processo
1. La controversia ha ad oggetto un'opposizione dispiegata ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ. avverso un ordine di liberazione emanato dal giudice di un'espropriazione immobiliare - esperita in danno di L.L. e G.D. ad impulso della B. Banca spa (per mezzo della B. Credit Management spa) e con l'intervento dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione, pendente presso il Tribunale di Sulmona e con nomina a custode dell'avv. S.G. - nei confronti di L.L., locataria del bene staggito (in uno alla germana E.), il cui canone è stato ritenuto inferiore di un terzo al giusto prezzo, ai sensi del comma terzo dell'art. 2923 cod. civ..
2. L'opposizione è stata rigettata dal tribunale con sentenza n. 150 del 12/06/2019, notificata il 25 successivo, per la cui cassazione ricorre, con atto notificato il 24/08/2019 ed articolato su due motivi, la L.; degli intimati resiste con controricorso, illustrato da memoria, la sola B.: ed il ricorso è trattato alla pubblica udienza del 15/02/2022.
Motivi della decisione
1. La ricorrente articola due motivi, il primo dei quali munisce della seguente rubrica: «violazione ... art. 2923, comma 3, c.c. e ... 560, comma 3, c.p.c.... sotto il profilo dell'omesso rilievo del difetto di legittimazione della procedura esecutiva ad ordinare nei confronti del terzo conduttore la liberazione coattiva dell'immobile interessato da locazione a canone 'vile' ex art. 2923, comma 3, c.c. prima dell'aggiudicazione od assegnazione»; in estrema sintesi sostenendo che: a) per interpretazione letterale solo l'acquirente può far valere tale inopponibilità, non anche gli organi della procedura; b) la limitazione del rilievo dell'inopponibilità all'acquirente tutela non solo il conduttore, ma pure il medesimo aggiudicatario; c) non sono assimilabili le detenzioni senza titolo e le locazioni a canone vile; d) la liberazione, anche nel regime introdotto nel 2016, non è prevista se non in caso di mancata o revocata autorizzazione del debitore ad abitare o di aggiudicazione.
2. Col secondo motivo (rubricato «violazione ... artt. 99 e 112 c.p.c. ... sotto il profilo dell'omessa pronuncia in ordine alla infondatezza nel merito ed alla inopponibilità nel rito nei confronti del terzo conduttore dell'accertamento peritale svolto sulla 'viltà' del canone locativo ex art. 2923, comma 3, c.c.»), invece, contesta la ricorrente la conclusione della gravata sentenza sulla limitazione dell'oggetto dell'opposizione alla sussistenza della legittimazione del custode a far valere l'art. 2923 cod. civ. ed all'ammissibilità dell'ordine di liberazione in questa fattispecie, argomentando invece per l'avvenuto dispiegamento di idonee contestazioni delle conclusioni sull'inferiorità del canone di locazione a quello giusto, poiché una volontà dismissiva dell'opponente non era chiara, ma limitata ad alcuni aspetti relativi all'avviso di vendita, restando anzi contraddetta dallo sviluppo dell'intero atto di opposizione.
3. I motivi non possono essere esaminati, dovendosi di ufficio rilevare la non integrità originaria del contraddittorio.
4. Occorre premettere che l'ordine di liberazione del bene immobile oggetto di espropriazione è figura elaborata in un primo tempo (alla fine dello scorso millennio) dalla giurisprudenza - soprattutto di merito di alcuni tribunali - ed infine recepita dalle riforme del codice di rito a far tempo dalla novella del 2005/06 (di cui al d.l. 35/05, conv. con mod. in I. 80/05), quale fondamentale strumento di conseguimento delle migliori condizioni possibili di negoziabilità del bene pignorato sul mercato dei potenziali acquirenti, notoriamente connesse allo stato di immediata, piena ed incondizionata disponibilità del bene.
5. Non è questa la sede per un compiuto approfondimento della struttura e della natura dell'ordine di liberazione, anche alla stregua della sua recente evoluzione normativa, caratterizzata da interventi di inconsueta frequenza e talvolta contraddittorio tenore (dapprima l'art. 4, co. 2, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni nella I. 11 febbraio 2019, n. 12; poi l'art. 18- quater d.I. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni nella I. 28 febbraio 2020, n. 8). Basti qui notare che l'esplicita regolamentazione dei casi e dei tempi in cui l'ordine di liberazione è escluso nei confronti del debitore o del suo nucleo familiare che vivano nell'immobile espropriato rende evidente che esso è oramai la regola generale in relazione alle espropriazioni immobiliari, in quanto funzionale all'ordinato e proficuo sviluppo di queste.
6. Ai fini che qui immediatamente interessano è allora sufficiente concludere che, in quanto tale, l'ordine di liberazione è un provvedimento ordinatorio funzionale agli scopi del processo di espropriazione, la quale, come è noto, consiste non solo nella giuridica, ma pure nella materiale estrazione dal patrimonio del debitore del diritto staggito, al fine della sua liquidazione e cioè trasformazione in denaro, al fine del maggiore soddisfacimento possibile dei diritti dei creditori, come riconosciuti nei rispettivi titoli esecutivi ed a salvaguardia dell'effettività della tutela del diritto, impregiudicato il solo diritto del debitore a non subire abusi nell'estrinsecazione di una posizione soggettiva processuale di supremazia della sua controparte (v.: Cass. Sez. U. 14/12/2020, n. 28387, punto 37 delle ragioni della decisione; v. pure Cass. 10/06/2020, n. 11116) e rispondendo al suo stesso interesse il soddisfacimento delle sue obbligazioni nella più ampia misura ed alle migliori condizioni possibili.
7. Tale peculiare esigenza pubblicistica di garantire la gara per la liquidazione del bene staggito alle migliori condizioni possibili fonda allora una peculiare potestà ordinatoria del g.e., il quale, sia pure a quei limitati fini e quindi - di norma - con efficacia meramente endoprocessuale o interna al processo espropriativo che comunque dirige (salva l'eventuale parentesi cognitiva di una opposizione agli atti esecutivi che quel provvedimento abbia ad oggetto, per il caso in cui ricorrano i presupposti per i quali possa assurgere a pronuncia dotata di giudicato sulle questioni coinvolte), è dotato di ampi poteri per conseguire le condizioni di quel bene più idonee alla sua liquidazione; e, anche, di una potestà ordinatoria che necessariamente involge l'esercizio di sommari poteri soltanto lato sensu cognitivi, di delibazione di quelle questioni di diritto la cui soluzione è indispensabile per l'ordinato e proficuo sviluppo della procedura.
8. La stessa finalizzazione della procedura alla tutela dell'aggiudicatario (su cui, per tutte, v. Cass. 11116/20, cit.) impone l'anticipazione degli effetti favorevoli per quest'ultimo come disegnati dai codici sostanziale e di rito, quali diverranno definitivi in suo favore col decreto di trasferimento e col suo peculiare regime di efficacia ultra partes: ed esige che l'anticipazione sia validamente conseguita col provvedimento ordinatorio tipico consistente nel detto ordine di liberazione, ricostruito dal 2016 - anche dopo le più recenti riforme, che hanno mantenuto il superamento della qualificazione di titolo esecutivo introdotta dalla riforma del 2005/06 - come atto autoattuativo, per il quale non è necessaria una ulteriore esecuzione per rilascio di immobile, suscettibile di fare conseguire subito alla procedura la disponibilità del bene per la sua offerta in gara e quindi in tempo anche anteriore all'aggiudicazione.
9. Ne segue che quanto non sarà opponibile all'aggiudicatario non è opponibile neppure alla procedura o ai creditori che ad essa danno impulso, nell'interesse non solo e non tanto del primo, quanto in quello pubblicistico del rituale sviluppo della procedura e quindi per ragioni di ordine pubblico processuale; ed al g.e., al fine della sua attuazione per il tramite del custode da lui nominato quale suo peculiare ausiliario incaricato di attività materiale servente ed indefettibile ai fini del progredire della procedura, è dato allora di adottare il tipico provvedimento finalizzato al conseguimento della disponibilità del bene pignorato - cioè dell'ordine di liberazione - avvalendosi delle stesse inopponibilità che potrà un domani fare valere l'aggiudicatario.
10. Da tanto consegue che, in tesi, è pienamente legittima l'emanazione diretta da parte del giudice dell'esecuzione, con la successiva diretta attuazione da parte del custode da lui nominato e senza bisogno di munirsi preventivamente di un titolo giudiziale conseguito in sede cognitiva, di un ordine di liberazione sul presupposto della non apponibilità, all'aggiudicatario in futuro ed al ceto creditorio procedente nell'attualità, di un contratto di locazione a canone c.d. vile: restando tutelati i soggetti a vario titolo coinvolti o pregiudicati da tale provvedimento dai rimedi interni al processo esecutivo, nel quale essi sono restati coinvolti, a tutela delle superiori esigenze pubblicistiche cui quello è ordinato.
11. Ora, se, nel periodo di vigenza dell'art. 560 cod. proc. civ. nel testo modificato dal d.l. 35/05 cit., l'ordine di liberazione andava eseguito nelle forme delle ordinarie esecuzioni in forma specifica in quanto formalmente qualificato titolo esecutivo (per una compiuta ricostruzione, v. Cass. 15 aprile 2015, n. 7656) e quindi ad esso potevano opporsi il debitore (o il creditore) con le forme dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. ord. 17/12/2010, n. 25654) ed il terzo (originariamente) estraneo al processo con l'opposizione all'esecuzione (Cass. ord. 30/06/2010, n. 15623), la novella apportata dal d.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla I. 30 giugno 2016, n. 119, ha ridisegnato quell'ordine come atto diverso da un titolo esecutivo e suscettibile di attuazione deformalizzata direttamente da parte degli ausiliari del giudice che lo ha emesso, espressamente anzi restando esclusa l'azionabilità delle ordinarie forme delle esecuzioni per rilascio di immobile: con una scelta che, rimasta ferma l'esclusione della sua definizione quale autonomo titolo esecutivo, è sostanzialmente stata confermata dalle evoluzioni normative successive, che anzi ribadiscono la regola dell'esenzione dalle forme esecutive in forma specifica (se non altro, espressamente, per l'attuazione dell'ordine in favore dell'aggiudicatario che non ne abbia esentato il custode).
12. Pertanto, il provvedimento giurisdizionale così adottato non diventa anche autonomo titolo esecutivo idoneo a fondare una separata esecuzione per rilascio, ma resta esclusivamente atto del processo di espropriazione immobiliare, idoneo a dispiegare i suoi effetti nei confronti di coloro che in esso sono coinvolti e, quindi, anche del terzo destinatario dell'ordine di liberazione: e gli uni e l'altro troveranno tutela delle loro ragioni davanti al giudice dell'esecuzione, ma ormai esclusivamente nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi avverso quel provvedimento.
13. In via dirimente, in ogni caso, nella fattispecie in esame è fatta valere esclusivamente e direttamente dalla destinataria dell'ordine, vale a dire la locataria (o una delle locatarie) del bene staggito, l'invalidità dell'ordine di liberazione quale atto del giudice dell'esecuzione, quanto meno per la contestata potestà in capo a questi di emetterlo o della legittimazione del custode a conseguirne gli effetti. 14. Se tanto è vero, però, deve trovare applicazione la consolidata giurisprudenza sul necessario litisconsorzio, nelle opposizioni esecutive, di tutti i creditori - procedente e intervenuti - e dei debitori (per tutte: Cass. 09/09/1998, n. 8928; Cass. 05/01/1996, n. 47; Cass. 03/08/1994, n. 7213; Cass. 28/03/1980, n. 2043; Cass. 03/06/1976, n. 1989), con immediato riscontro, per la prima volta anche in sede di legittimità e tranne il caso - che qui non ricorre - di un contrario giudicato interno sul punto, della non integrità del contraddittorio fin dal primo grado con i debitori esecutati L.L. e G.D..
15. Tanto determina la cassazione con rinvio, ai sensi degli artt. 383, terzo comma, e 354, cod. proc. civ. al giudice di primo grado (o, come nella specie, di unico grado di merito), per provvedere all'integrazione del contraddittorio (così già Cass. 19/10/1963, n. 2786, seguita da giurisprudenza conforme, tra cui per tutte: Cass. 12/05/1967, n. 1004; Cass. 22/05/1973, n. 1505; Cass. 22/06/1999, n. 6333; Cass. 21/07/2000, n. 9645; Cass. 17/10/2013, n. 23572; Cass. ord. 19/02/2019, n. 4763; Cass. 18/05/2021, n. 13533).
16. Va invero applicato alla fattispecie il seguente principio di diritto: «il terzo, originariamente estraneo al processo esecutivo, locatario del bene immobile pignorato, può dispiegare opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordine di liberazione del bene emanato ai sensi dell'art. 560 cod. proc. civ. sul presupposto della non apponibilità del contratto stesso per essere il canone ritenuto inferiore di un terzo a quello giusto ai sensi del comma terzo dell'art. 2923 cod. civ.; poiché in detta opposizione sono litisconsorti necessari anche i debitori ed i creditori e la non integrità originaria del contraddittorio è rilevabile d'ufficio anche per la prima volta in sede di legittimità, ove gli uni o gli altri non abbiano partecipato al giudizio va disposta la cassazione con rinvio, ai sensi degli articoli 383, terzo comma, e 354, cod. proc. civ. al giudice di unico grado di merito, affinché il giudizio stesso sia celebrato a contraddittorio integro anche con i litisconsorti necessari pretermessi».
17. Il giudice del rinvio, provvedendo a contraddittorio infine integro, regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità, ai sensi dell'art. 385, co. 3, ult. parte, cod. proc. civ..
18. Infine, in difetto di reiezione integrale, in rito o nel merito, del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per dare atto - ai sensi del comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso, cassa la gravata sentenza e rinvia al Tribunale di Sulmona, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.