Non basta che la conoscenza del provvedimento amministrativo sia acquisita “aliunde” poiché la segnaletica stessa rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui l'obbligo stesso scaturisce.
In un giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento per i danni causati alla persona da un sinistro stradale, la Corte d‘Appello rigettava il gravame osservando che l'originario attore avrebbe dovuto dare la precedenza, «non potendo ostare l'invisibilità del relativo...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
F.U. ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 354 del 2020 della Corte di appello di Trieste esponendo che: - aveva convenuto in giudizio S.G. e la L. S.p.a., per ottenere il risarcimento dei danni alla persona causati da un sinistro stradale che lo aveva visto coinvolto alla guida di un motociclo, urtato da un autoveicolo proveniente dalla sinistra, condotto dalla prima convenuta e assicurato con la seconda; - il Tribunale aveva accolto parzialmente la domanda, riducendo la quantificazione pretesa dall'attore, ma confermando la sua ricostruzione dinamica; - la Corte di appello, pronunciando sul gravame principale del deducente, sul "quantum", e su quello incidentale, sull' "an", della compagnia di assicurazione, accoglieva il secondo osservando, in particolare, che l'originario attore avrebbe dovuto dare la precedenza, non potendo ostare l'invisibilità del relativo segnale in quanto capovolto a 180 gradi, poiché il deducente viveva a poco più di un chilometro dal luogo del sinistro e, in difetto di prova contraria, doveva presumersi a conoscenza dell'obbligo di dare la precedenza in parola; resiste con controricorso la L. Assicurazioni S.p.a., che ha depositato altresì memoria; con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 3, 38, comma 2, 145 e 146, c.d.s., 79, reg. att. c.d.s., poiché la Corte di appello avrebbe errato fondando la sua decisione sulla sussistenza di un obbligo di dare la precedenza indicato con un segnale stradale accertato come invisibile all'utente della strada; con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, cod. civ., 116, cod. proc. civ., in uno all'omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poiché la Corte di appello avrebbe erroneamente affermato e valorizzato la pretesa assenza di contestazioni della Polizia stradale alla G., invece documentalmente risultanti; con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di valutare la tipologia delle lesioni, consistenti in una frattura scomposta alla gamba sinistra, subite dal deducente, ritenute compatibili con la dinamica del sinistro allegata al fine di ottenere la pronuncia risarcitoria come riconosciuto dal giudice di prime cure; con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2054, primo comma, cod. civ., 132, n. 4, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe motivato in modo conclusivamente indecifrabile attese le omissioni e visti gli errori di apprezzamento delle prove evidenziati nelle precedenti censure; Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.; il primo motivo di ricorso è fondato con assorbimento dei restanti; la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il principio di tipicità posto a fondamento della disciplina della segnaletica stradale comporta che un determinato obbligo o divieto di comportamento è legittimamente imposto all'utente della strada solo per effetto della visibile apposizione del corrispondente segnale specificamente previsto dalla legge: in particolare, per potersi ritenere sussistente, in capo agli automobilisti, un dovere di comportamento di carattere derogatorio rispetto ai principi generali in tema di circolazione veicolare (come dare la precedenza a chi viene da destra), è necessario il perfezionamento di una fattispecie complessa, costituita da un provvedimento della competente autorità impositivo dell'obbligo (o del divieto) e dalla pubblicizzazione di detto obbligo attraverso la corrispondente segnaletica predeterminata dalla legge, con la conseguenza che la conoscenza del provvedimento amministrativo acquisita "aliunde" dall'utente è del tutto inidonea a far sorgere qualsivoglia obbligo specifico nei suoi confronti, costituendo la segnaletica stradale non una forma di pubblicità notizia del comportamento imposto, bensì un elemento costitutivo della fattispecie complessa da cui l'obbligo stesso scaturisce (Cass., 20/02/1998, n. 1782, Cass., 13/02/2009, n. 3660); parte controricorrente sostiene che la sentenza della Corte territoriale sia stata fondata anche sull'autonoma e non censurata ragione decisoria del comportamento negligente del conducente dello "scooter"; l'osservazione non trova riscontro negli atti; la locuzione presente a pag. 6, secondo capoverso, della sentenza gravata, secondo cui la condotta in parola si poneva «oltre che in violazione dell'obbligo di dare la precedenza anche come imprudente e negligente», rimane un'affermazione che non si traduce a ben vedere in specifici addebiti differenti, autonomamente rilevanti, atteso, in particolare, che l'occupazione della corsia di percorrenza riservata agli automezzi provenienti dalla sinistra, come quello antagonista rispetto all'originario attore, rimane inscindibilmente iscritta, nell'operata ricostruzione della dinamica, pur sempre nella prospettiva della mancata precedenza data, posto che quella occupazione era illegittima proprio perché non supportata da uno proprio e speculare diritto di precedenza; ciò viene infatti confermato dai vari passaggi motivazionali successivi effettuati dalla Corte territoriale: pag. 6, ultimo capoverso; pag. 7, terzultimo e penultimo capoverso; in questa chiave il Collegio di merito ha concluso per l'addebito in termini di esclusiva responsabilità al conducente lo "scooter", con conseguente superamento anche dell'eventuale concorso di colpa pur nella forma presuntiva; il complessivo accertamento e la conseguente valutazione "in iure" della fattispecie dovranno dunque essere nuovamente svolti espungendo l'individuato errore di giudizio; spese al giudice del rinvio;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Trieste perché, in diversa composizione, si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.