Lo squilibrio reddituale si pone solo quale pre-condizione fattuale dell'ulteriore accertamento del nesso causale tra lo squilibrio stesso ed il ruolo endofamiliare svolto dall'ex coniuge richiedente.
La Corte d'Appello di Firenze rigettava l'appello principale proposto dall'attuale controricorrente e quello incidentale proposto dalla ex moglie, confermando la decisione di prime cure con la quale era stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio e la condanna dell'ex marito a corrispondere alla ex moglie l'assegno divorzile in misura pari a 250euro...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n.1650/2018 depositata il 6-7-2018 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’appello principale proposto da M.S. e l’appello incidentale proposto da S.G. e ha confermato la sentenza impugnata del Tribunale di Firenze con la quale era stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio (rectius la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, come da correzione di errore materiale disposto dalla Corte d’appello) contratto nel 1987 tra M.S. e S.G. e l’ex marito era stato condannato a corrispondere alla G. l’assegno divorzile di €250,00 mensili rivalutabili, compensando le spese di lite.
2. Avverso questa sentenza S.G. propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, nei confronti di M.S., che resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo. La ricorrente principale ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale.
3. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. La ricorrente principale denuncia: I) con il primo motivo la nullità della sentenza e/o del procedimento per motivazione apparente e/o per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118 att. c.p.c, art. 156 c.p.c., comma 2, in quanto la Corte di merito, dopo aver espressamente e motivatamente escluso che la G. avesse fonti di reddito, ha confermato la quantificazione dell’assegno divorzile nella medesima misura, da ritenersi irrisoria, stabilita dal Tribunale, nonostante che quella quantificazione non fosse più sorretta dalle argomentazioni, in ogni caso errate, di cui alla sentenza di primo grado; II) con il secondo motivo la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 n. 6 L 898/1970 come modificato dalla legge n. 74 del 1987, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 2727 e 2729 c.c., ex art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente affermato di dover prendere in considerazione anche i presumibili aiuti della famiglia di provenienza dell’ex moglie, la cui sussistenza era stata in ogni caso esclusa dalle indagini della Guardia di Finanza, non rientrando detti aiuti tra i parametri indicati dal citato art. 5, comma 6, ed inoltre non potendo fondarsi il convincimento espresso su semplici presunzioni, ma su prove, ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2729 c.c., anche alla luce dell’interpretazione della norma di cui alla sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite di questa Corte; III) con il terzo motivo la nullità della sentenza e/o del procedimento, ex art. 360 comma 1 n. 4, in riferimento all'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su una specifica domanda avanzata nella memoria con appello incidentale, in particolare in ordine alla doglianza relativa alla mancata indagine, da parte del C.T.U., sui redditi dell’ex marito successivi al 2012, avendo altresì omesso sia il Tribunale, sia la Corte di merito di disporre nuovamente il deposito delle più recenti dichiarazioni dei redditi dell’ex coniuge, soggetti a notevoli incrementi stipendiali; IV) con il quarto motivo la violazione dell'art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c. in riferimento all'art. 5 comma 6 e art. 9 L 898/70 e successive modificazioni, in quanto, sempre in relazione alla necessità di porre a confronto gli effettivi redditi attuali dei coniugi, ad avviso della ricorrente la Corte l’appello ha violato il principio fondamentale del rebus sic stantibus, desumibile dall'art. 9 comma 1 della L n. 898/70, basando la propria decisione, assunta nel 2018, su una inammissibile media tra i redditi degli anni 2010, 2011 e 2012 per quanto concerne il S. e prendendo in considerazione, invece, anche annualità più recenti per quanto concerne alcuni aspetti patrimoniali e reddituali della G.; V) con il quinto motivo la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 n. 6 L 898/1970 in relazione agli artt. 2, 3, 29 e 36 Cost. e agli artt. 143 c.c. 438 c.c. (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.), per avere la Corte d’appello determinato la somma dovuta a titolo di assegno divorzile in un importo meramente "simbolico", neppure qualificabile realmente come assegno divorzile e inferiore a quello che sarebbe dovuto a titolo di alimenti; VI) con il sesto motivo la violazione e/o falsa applicazione degli art. 91 e 92 c.p.c., ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d'appello ritenuto corretta la statuizione di compensazione integrale delle spese disposta dal Tribunale per la ricorrenza della soccombenza reciproca, considerando esorbitante la misura dell'assegno chiesta dalla G. rispetto a quanto riconosciuto dal Tribunale, omettendo di valutare che era stata accolta la principale domanda oggetto del contendere, ossia la debenza dell’assegno divorzile in favore dell’ex moglie; vii) con il settimo motivo la violazione dell'art. 112 c.p.c in relazione all'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sulla specifica domanda proposta con appello incidentale dall’odierna ricorrente con cui chiedeva di continuare a percepire il precedente assegno divorzile di €600, disposto in via provvisoria ed urgente, dal Presidente del Tribunale, invece che quello determinato dal Tribunale, e ciò in quanto la sentenza di divorzio non era passata ancora in giudicato.
2. Il controricorrente denuncia, con l’unico motivo di ricorso incidentale, la violazione e/o falsa applicazione dell'art.5, sesto comma, della legge n. 898/1970, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c.. Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha confermato la statuizione del Tribunale in ordine al riconoscimento in favore dell’ex moglie dell’assegno divorzile di €250 mensili, e ciò anche in base al nuovo recente orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n.18287/2018), non potendosi, nel caso di specie, valorizzare la funzione assistenziale dell’assegno divorzile, avente finalità composite, soprattutto in considerazione delle connotazioni della fattispecie concreta. In particolare rileva che la convivenza effettiva tra i coniugi, che non avevano avuto figli, era durata all’incirca 9 anni, all’epoca della separazione la ex moglie aveva solo 33 anni, era laureata in lingue, proveniva da una famiglia benestante, non aveva dimostrato di essersi attivata per trovare lavoro e neppure di essere impossibilitata a trovarlo, né aveva dimostrato di aver contribuito alla formazione di un patrimonio comune o di avere sacrificato le proprie aspettative professionali a vantaggio della famiglia, sicché l’assegno divorzile si risolveva, nel caso di specie, in una mera rendita parassitaria. Il ricorrente incidentale, inoltre, deduce che il contenzioso giudiziario si era protratto per oltre venti anni, per l’intento dell’ex moglie di depauperare l’altro ex coniuge, costretto a ricorrere ad un finanziamento bancario per fare fronte alle ingenti spese legali delle varie cause e che la G., nonostante i tentativi volti ad occultare le attività svolte e i proventi conseguiti, era comproprietaria di numerosi immobili (pag.10 controricorso), come incontroverso in causa, solo asseritamente improduttivi, e anche titolare di patrimonio mobiliare, come era emerso dai documenti acquisiti tramite la C.T.U. espletata in primo grado, tanto da poter investire danaro in titoli speculativi ed acquistare un immobile a Trieste. Ad avviso del ricorrente incidentale, quindi, neppure sussiste nel caso di specie lo squilibrio tra le posizioni economiche delle parti, che in ogni caso non sarebbe riconducibile al contributo endofamiliare dato dall’ex moglie, la quale neppure aveva fornito la prova dell’impossibilità di reperire un’occupazione lavorativa per ragioni oggettive (pag.19 controricorso), essendosi limitata a produrre due o tre risposte negative a richieste di lavoro.
3. Prioritamente in ordine logico deve essere esaminato il ricorso incidentale, che è stato notificato il 22 luglio 2019, entro il termine di cui all’art.327 c.p.c. (di un anno dalla pubblicazione della sentenza – 6-7-2018-, non notificata, dato che il giudizio di primo grado è iniziato nel 2008) aumentato del periodo di sospensione feriale (Cass. 5862/1999), nonché entro il termine di cui al primo comma dell'art. 370 c.p.c. (il ricorso principale è stato notificato il 17-6-2019).
4. Il motivo di ricorso incidentale è fondato nei termini di seguito precisati.
4.1. La giurisprudenza più recente di questa Corte, con innovativo orientamento che il Collegio condivide e intende qui ribadire, ha stabilito che il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. In particolare, si impone una valutazione comparativa delle condizioni economico- patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l’assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. Sez. U., 11/07/2018, n. 18287; Cass., 23/01/2019, n. 1882). In definitiva, dunque, l’assegno divorzile deve assicurare all'ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita - assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione dell'intera storia coniugale e della prognosi futura, ponendosi lo squilibrio reddituale come pre-condizione fattuale dell’ulteriore accertamento del nesso causale tra detto squilibrio e il ruolo endofamiliare svolto dal richiedente, che abbia comportato il sacrificio delle sue aspettative professionali, a ciò essendo volta la finalità compensativo-perequativa, mentre la funzione assistenziale è destinata a valere là dove la situazione economico-patrimoniale di uno degli ex coniugi non gli garantisca l'autosufficienza (Cass.35710/2021; Cass. n.22499/2021).
4.2. Tanto premesso, passando all’esame delle censure svolte con il ricorso incidentale, la Corte territoriale, la cui pronuncia è stata pubblicata anteriormente a quella della citata sentenza delle Sezioni Unite del 2018, non ha fatto corretta applicazione dell’art. 5 l. 898/1970 secondo i principi suesposti. La Corte di merito ha incentrato la decisione essenzialmente sul raffronto delle condizioni economico-reddituali degli ex coniugi, traendone la conclusione della “non completa indipendenza economica/autosufficienza” dell’ex moglie, dando, nel contempo, atto sia del suo patrimonio, immobiliare (consistente in “numerosi” immobili – pag. 5 sentenza- ma in comproprietà o in nuda proprietà) e mobiliare (circa €14.000), sia dei presumibili apporti a suo favore della famiglia di provenienza, sia del suo titolo professionale (laurea in lingue). La Corte d’appello, inoltre, ha attribuito rilievo alla durata del vincolo matrimoniale - non anche alla durata del più limitato periodo di convivenza effettiva, all’incirca di anni nove, antecedente alla separazione e neppure all’età della richiedente, non menzionata nella sentenza impugnata - senza svolgere alcuna considerazione in ordine all’apporto effettivo dato dalla G. alla costituzione del patrimonio familiare e di quello dell’ex coniuge, e in generale al suo ruolo endo- familiare, in assenza di figli, tale da avere comportato il sacrificio di aspettative professionali, attribuendo rilevanza alla funzione assistenziale, pur in assenza di una situazione di “non autosufficienza” della richiedente, che è stata accertata come “non completa” senza ulteriori specificazioni sul punto (neppure in ordine ai redditi che si assumono “dichiarati regolarmente”), nonché senza valutare la natura composita dei parametri di riferimento in ordine all’attribuzione dell’assegno divorzile nel senso infra precisato. Infine, quanto all'impossibilità dell’ex coniuge istante di procurarsi redditi adeguati per ragioni oggettive, occorre ribadire che il relativo onere probatorio è a carico del richiedente (tra le tante Cass. 38362/2021) e che, anche in relazione all'età dello stesso, compete al giudice di merito l’indagine sull’effettiva incidenza, nel caso concreto, della scelta iniziale del sacrificio di aspettative lavorative e sulla sua irreversibilità (Cass. 23318/2021), mentre non si è attenuta ai suesposti principi la Corte territoriale, che, nell’affermare non dimostrata la capacità di reddito della G. collegata alla possibilità di insegnamento di lingue presso scuole solo perché “prospettata in via del tutto ipotetica e rimasta priva di elementi la possano far ritenere calata concretamente nella realtà” (pag.5 sentenza), non dà conto di aver effettuato l’indagine applicando i suesposti criteri.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, ricorre, pertanto, il vizio di violazione di legge denunciato. Resta da aggiungere che, come di recente pure precisato da questa Corte (Cass. n.11178/2019), la cassazione della pronuncia impugnata con rinvio per un vizio di violazione o falsa applicazione di legge che reimposti in virtù di un nuovo orientamento interpretativo i termini giuridici della controversia così da richiedere l'accertamento di fatti, intesi in senso storico e normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice del merito, impone, perché si possa dispiegare effettivamente il diritto di difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti alle esigenze istruttorie conseguenti al nuovo principio di diritto da applicare in sede di giudizio di rinvio.
6. Dall’accoglimento del motivo di ricorso incidentale discendono la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, e il rinvio della causa al giudice d’appello, in diversa composizione, nonché discende l’assorbimento dei motivi dal primo al quinto del ricorso principale, tutti concernenti censure sulla quantificazione dell’assegno divorzile, e così anche del sesto, riguardante la regolazione delle spese di lite, che dovrà essere nuovamente disciplinata dal giudice del rinvio, anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità. Anche il settimo motivo deve dichiararsi assorbito, atteso che è rimessa al giudice del rinvio la decisione in ordine alla debenza dell’assegno divorzile nel caso di specie e che, in tema di regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi separati nella pendenza del giudizio divorzile, ai sensi dell'art. 4, comma 13, della l. n. 898 del 1970, è consentito al giudice del merito, con adeguata motivazione ed in relazione alle circostanze del caso concreto, di anticipare la decorrenza dell'assegno di divorzio alla data della domanda (Cass. 212/2016; Cass. 19330/2020; Cass. 3852/2021).
7. In conclusione, va accolto il ricorso incidentale nei termini precisati, dichiarati assorbiti i motivi di ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto e la causa va rimessa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale nei sensi di cui in motivazione, dichiarati assorbiti i motivi di ricorso principale, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rimette la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.