Il risarcimento del danno connesso ad un incidente stradale che abbia ad oggetto la somma necessaria per la riparazione dei danni, si considera come richiesta di risarcimento in forma specifica. Di conseguenza, il giudice può non accoglierla e condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente.
Nell'ambito di una procedura di risarcimento diretto, il titolare di una carrozzeria otteneva dalla compagnia assicurativa la somma di euro 1.600 al posto di quella di 5.391,55euro per via della riparazione di un veicolo a seguito di incidente stradale. Per questo, il titolare della ditta conveniva in giudizio la compagnia al fine di sentirla condannare al pagamento del residuo.
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Svolgimento del processo
1. (omissis), quale titolare della ditta individuale (omissis) (omissis), premesso di aver ottenuto, in una procedura di risarcimento diretto, dalla compagnia (omissis) la somma di € 1600 anziché quella di € 5.391,55 pari al costo sostenuto per la riparazione di un autoveicolo a seguito di incidente stradale, convenne in giudizio la compagnia per sentirla condannare al pagamento, in suo favore, della residua somma di € 3.791,55 oltre interessi.
2. Il Giudice di Pace adito rigettò la domanda e, a seguito di appello del (omissis), il Tribunale di Imperia, con sentenza del 23/10/2020, preso atto delle risultanze di una consulenza tecnica che aveva accertato il valore commerciale del mezzo, ha confermato l'eccessiva onerosità della reintegrazione in forma specifica e, per l'effetto, ha rigettato l'appello.
3. Avverso la sentenza la (omissis) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Ha resistito (omissis) con controricorso.
3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ. La proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380bis c.p.c., é stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo -violazione e falsa applicazione dell'art. 2058 c.c. - la ricorrente lamenta che il Tribunale, dato atto delle avvenute riparazioni, dell'entità del costo di riparazione e dell'assoluta carenza di prova sulla eccessiva onerosità per la (omissis) di dar corso alla reintegrazione in forma specifica, avrebbe dovuto liquidare il danno nella somma di € 5.391,55.
2. Con il secondo motivo - violazione e falsa applicazione dell'art. 2056 c.c. - lamenta che, in ogni caso, anche a voler ritenere eccessivamente oneroso per il debitore il costo di riparazione del mezzo, il giudice avrebbe dovuto liquidare il risarcimento per equivalente nella misura di € 1800 totali, condannando pertanto la (omissis) a pagare la somma ulteriore di € 200, oltre quella già liquidata in sede stragiudiziale di € 1600.
3. Con il terzo motivo di ricorso - violazione del D.M. /3/2014 n. 55 - la ricorrente lamenta che il Tribunale abbia liquidato le spese giudiziali computando anche la fase istruttoria e di trattazione che, invece, era stata omessa in appello.
4. I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente perché connessi e vanno disattesi. Non è stata idoneamente censurata la ragione decisoria del Tribunale che ha ritenuto la reintegrazione in forma specifica eccessivamente onerosa per il debitore sulla base di una CTU la cui nullità non è stata eccepita tempestivamente. La decisione impugnata è invero conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente affermato quanto segue: "La domanda di risarcimento del danno subìto da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, secondo comma, cod. civ., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo" (Cass., 3, n. 21012 del 12/10/2010; Cass., 6-3, n. 24718 del 4/11/2013). Né ha alcun fondamento la richiesta di condanna della compagnia al pagamento della somma di € 200, in quanto detto importo era stato indicato dal CTU quale valore residuo del bene, sicchè la liquidazione per equivalente del danno, effettuata in via stragiudiziale nella misura di € 1.600, era corretta e conforme all'art. 2056 c.c.
5. Anche il terzo motivo è infondato in quanto, in base alla giurisprudenza di questa Corte, la trattazione del processo, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase (Cass., 6-2, n. 34575 del 16/11/2021; Cass., 6-3, n. 20993 del 2/10/2020).
6. Conclusivamente il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata a pagare in favore di parte resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma, a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare in favore di parte resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 1700 (oltre € 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15 %. Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma lbis del citato art. 13, se dovuto.