Per il Consiglio di Stato tale termine decorre dalla pubblicazione dell'atto sul sito istituzionale dell'Amministrazione, in quanto sufficiente a far percepire il contenuto e la lesività del provvedimento.
Con sentenza n. 2261 del 28 marzo 2022, il Consiglio di Stato ha stabilito che «il termine per impugnare un atto di adesione a convenzione decorre dalla sua pubblicazione sul sito istituzionale dell'Amministrazione».
Per Palazzo Spada non può farsi il riferimento all'art. 41, c. 2, c.p.a. perché la norma si riferisce alla notificazione del ricorso giurisdizionale ed esclude anche la rilevanza dell'
Pertanto, la pubblicazione sul sito era sufficiente – in fatto e in diritto - a far percepire il contenuto e la lesività del provvedimento. Inoltre, prosegue il Consiglio di Stato - «analogamente a quanto accade nei procedimenti di evidenza pubblica che vedono coinvolte più imprese, e che si concludono con l'aggiudicazione, anche nella fattispecie concreta oggetto del giudizio l'impresa esclusa dalla commessa aveva un identico onere di verifica della pubblicazione del relativo provvedimento, dal momento che essa stessa tentava di impedire in via stragiudiziale l'adozione di tale – imminente - provvedimento».
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 17 marzo 2022) 28 marzo 2022, n. 2261
Svolgimento del processo/Motivi della decisione
1. Con sentenza n. 851/2021, pubblicata il 7ottobre 2021, il T.A.R. della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, ha accolto il ricorso proposto dal Consorzio Leonardo Servizi e Lavori “Società Cooperativa e Consorzio Stabile” per l’annullamento del Decreto del Direttore Generale dell'Azienda Socio-Sanitaria Territoriale del Garda n. 175 del 3 marzo 2021 avente ad oggetto: “Adesione al lotto 4 della convenzione Arca_2017_040 per servizio smaltimento rifiuti solidi ed al Lotto 1 della convenzione Arca_2018_080 per il servizio pulizia e sanificazione ambientale” (doc. 1 - decreto ASST Garda)” (e dei provvedimenti presupposti).
Con ricorso in appello notificato il 4 novembre 2021, e depositato il successivo 9 novembre, Markas s.r.l. ha impugnato l’indicata sentenza.
Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Consorzio ricorrente in primo grado.
All’udienza camerale fissata per l’esame della domanda cautelare il ricorso è stato rinviato al merito.
Il ricorso in appello è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 17 marzo 2022.
2. Il Consorzio Leonardo Servizi e Lavori - titolare, quale mandataria del RTI con PH Facility s.r.l., del lotto n. 4 della convenzione CONSIP relativa all’affidamento dei servizi di pulizia, sanificazione e altri servizi in favore degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) - ha contestato con il ricorso di primo grado la legittimità dell’adesione dell’A.S.S.T. del Garda alla convenzione ARCA_2018_080.1 lotto 1, di cui è titolare la società Markas s.r.l
Il T.A.R., respinta l’eccezione preliminare di tardività del ricorso di primo grado, lo ha accolto ritenendolo fondato nel merito.
La società Markas, con ricorso in appello, contesta sia il capo della sentenza gravata relativo alla ritenuta ricevibilità del ricorso di primo grado, sia la statuizione relativa al merito della pretesa.
3. In particolare, con il primo motivo – rubricato “Grave erroneità in fatto e in diritto da parte del Giudice di primo grado in relazione all’eccezione di tardività del ricorso di primo grado” – l’appellante contesta il rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso di primo grado, notificato oltre il termine decadenziale di trenta giorni decorrente dalla pubblicazione sul sito istituzionale dell’Azienda dell’affidamento in favore di Markas.
In fatto va anzitutto osservato che il provvedimento impugnato è stato pubblicato sul sito web dell’Azienda il 3 marzo 2021.
Il ricorso di primo grado è stato notificato il 18 giugno 2021.
Il T.A.R. ha in proposito richiamato anzitutto la motivazione della propria sentenza n. 518/2021, resa in fattispecie connessa, nella quale si era affermata “l’irrilevanza, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, della pubblicazione del provvedimento impugnato sul sito istituzionale dell’Azienda Sanitaria, a cui non è correlato per legge un effetto di pubblicità legale. A ciò si aggiunga che il Consorzio ricorrente, essendo titolare di convenzione nazionale relativa al medesimo servizio oggetto dell’atto di adesione impugnato ed essendo facilmente individuabile dall’Azienda Sanitaria resistente secondo canoni di normale diligenza, avrebbe dovuto diritto a ricevere la notifica individuale dell’atto impugnato, in quanto soggetto controinteressato”.
Ha inoltre aggiunto che “nel caso di specie appare dirimente la considerazione che, rispetto al provvedimento impugnato, il Consorzio ricorrente riveste la qualifica di soggetto direttamente controinteressato, dal momento che nella motivazione dell’atto impugnato l’Azienda Sanitaria dichiara di aver valutato la possibilità di aderire alla convenzione Consip di cui è titolare il Consorzio ricorrente ma di averla esclusa per una serie di ragioni diffusamente elencate, pervenendo di conseguenza alla determinazione di aderire alla convenzione regionale. In quanto soggetto direttamente controinteressato all’atto impugnato e individuato nell’atto stesso - o comunque facilmente individuabile in quanto titolare della convenzione Consip espressamente pretermessa dall’Amministrazione committente - il Consorzio ricorrente avrebbe dovuto ricevere la notifica individuale dell’atto impugnato, ai sensi dell’art. 41 comma 2 c.p.a.: il che non è avvenuto. Per l’effetto, è infondata la pretesa delle parti resistenti di far decorrere il termine di impugnazione dalla data di pubblicazione del provvedimento sul sito istituzionale dell’ente anziché da quella di notificazione individuale dell’atto stesso, mai avvenuta”.
4. Ad avviso del Collegio il motivo è fondato.
La motivazione della sentenza gravata è affetta dal denunciato vizio, in quanto la sua conseguenza logica – stigmatizzata dall’appellante – sarebbe la conclusione per cui “il termine di cui si discute non decorre mai in base a quanto affermato dalla sentenza di primo grado”.
Neppure condivisibile appare l’affermazione dell’onere di comunicazione individuale al ricorrente, posto che tale affermazione non può essere ricavata da alcuna disposizione.
In particolare, il richiamo all’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. non appare condivisibile, perché la norma si riferisce alla notificazione del ricorso giurisdizionale (sulla esclusione dell’applicabilità delle norme processuali in materia di notifiche alla comunicazione dei provvedimenti amministrativi, Consiglio di Stato, VI sez., sentenza n. 3725/2020).
Verrebbe semmai in (astratta) rilevanza l’art. 21-bis della legge n. 241/1990: ma a parte il problema qualificatorio (l’affidamento ad altra impresa come provvedimento limitativo della sfera giuridica: nel senso ritenuto dalla norma) il solo fatto che un soggetto sia citato nella motivazione del provvedimento (peraltro indirettamente, come nel caso di specie) non lo trasforma in destinatario diretto dello stesso.
5. Negli scritti difensivi vengono operati dei richiami alla sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 12/2020, che ha risolto il problema della decorrenza del termine per impugnare in relazione alla pubblicazione del provvedimento sul sito del committente con riguardo al criterio della conoscibilità dei vizi, rimarcando l’onere di consultazione del sito da parte dei partecipanti alla gara.
Ciò che connota la fattispecie dedotta nel presente giudizio è la natura del provvedimento impugnato: che non è l’atto terminale di un procedimento di evidenza pubblica che abbia visto la partecipazione di più imprese (e, dunque, anche di quelle che si ritengano illegittimamente escluse o pretermesse), ma un atto di adesione a convenzione.
Ciò implica, per un verso, che – applicando il criterio indicato dall’Adunanza Plenaria - la sua lesività e la conoscibilità dei vizi poi denunciati fossero in re ipsa (seguendo la stessa prospettazione del ricorrente in primo grado: che sostiene l’illegittimità dell’adesione in quanto tale a convenzione avente altro ambito).
6. Per altro verso, si potrebbe declinare diversamente l’onere di consultazione del sito: nella logica della Plenaria tale onere trova la sua fonte nella partecipazione dell’impresa terza alla gara, che qui (apparentemente) non sussisterebbe.
Le parti dibattono inoltre in merito alla qualificabilità o meno come “aggiudicazione” del provvedimento impugnato.
La questione è irrilevante, ai fini del decidere, se riferita alla natura giuridica in quanto tale (sul piano formale).
È opinione pacifica nella successiva giurisprudenza la conclusione per cui “in applicazione dei principi stabiliti dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 2 luglio 2020, n. 12 (…..) ai sensi dell'art. 120, comma 5, cod. proc. amm. il termine per impugnare gli atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici decorre dalla pubblicazione completa di questi sul sito istituzionale dell'amministrazione aggiudicatrice, nelle forme previste dal sopra citato art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016” (sez. V, sentenza n. 3466/2021).
Il principio travalica evidentemente il concetto di “aggiudicazione”, facendo giustamente riferimento alla nozione di “affidamento” in quanto tale.
7. La questione potrebbe apparire invece rilevante se riferita al tipo di procedimento (e, in particolare, alla partecipazione o meno ad esso del ricorrente) di cui tale provvedimento è atto terminale, in relazione all’intensità dello sforzo diligente (di consultazione del sito) richiesto.
In argomento risulta decisiva la circostanza fattuale dedotta dall’appellante, laddove lamenta che “la ricorrente ha avuto anche conoscenza effettiva dell’atto, ben prima del termine del primo aprile 2021, data di scadenza del termine per la proposizione del ricorso. Ed infatti, il 23 marzo 2021 risulta che abbia inviato una diffida all’Ente (doc. 14 di controparte depositato in primo grado), contenente le medesime critiche contenute poi nel ricorso, in cui chiedeva alla ASST Spedali Civili di “annullare in autotutela” l’adesione”.
In realtà tale nota non dimostra la conoscenza del provvedimento impugnato: essa infatti lamenta, genericamente, che “Lo scrivente è venuto però a conoscenza che ARIA S.p.a. – Centrale Regionale di Acquisto, pur in vigenza di una convenzione attiva e fruibile ai sensi della legge n. 296/2006, ha inspiegabilmente indicato a ASL, ATS, ASST e IRCCS delle province di Brescia e Mantova (rientranti nel Lotto 4 della convenzione Consip aggiudicata allo scrivente), per l’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione, l’esistenza di convenzioni regionali attive e capienti, tuttavia riferite ad ambiti territoriali diversi da quelli in cui gli enti sanitari sono ricompresi. In buona sostanza, ARIA ha indicato alle Aziende ed Istituti sanitari delle suddette province la possibilità di reperire i servizi di pulizia e sanificazione, aderendo a convenzioni regionali che, sebbene attive e capienti, sono tuttavia destinate agli enti sanitari siti in altre province Il secondo motivo di appello critica il merito della sentenza, nella parte in cui ha accolto i primi due motivi del ricorso di primo grado”.
È vero che la nota contiene una diffida ad annullare in autotutela i provvedimenti (eventuali) di adesione alla convenzione: ma si tratta di una diffida generica (“diffida gli Enti in indirizzo ad agire in autotutela affinché annullino i provvedimenti di adesione illegittimi e si determinino nel senso di aderire alla Convenzione Consip, l’unica da cui possano legittimamente reperire i servizi di pulizia e sanificazione”).
8. Osserva nondimeno il Collegio che se tale scambio di corrispondenza non dimostra la piena conoscenza del provvedimento in data anteriore alla sua pubblicazione, esso tuttavia evidenzia la consapevolezza della elevata probabilità della sua (imminente) adozione (e, dunque, l’assimilabilità, ai fini che qui interessano, della fattispecie dedotta al procedimento – partecipato - di evidenza pubblica): sicchè rileva in punto di esigibilità della condotta (di verifica della pubblicazione sul sito).
Condivisibilmente, pertanto, l’appellante deduce in proposito che “è l’aggiudicatario della convenzione Consip Sanità di una determinata area geografica che ha il (facile) onere di controllare cosa facciano le (poche) Aziende Sanitarie, site nell’area rientrante nel lotto aggiudicato. Cosa che il Consorzio Leonardo ha fatto, tanto che facilmente è venuto a conoscenza dell’affidamento, nei termini per ricorrere. Se poi il computo dei termini non è stato effettuato correttamente, per un solo giorno, ad avviso della scrivente si è prodotta la decadenza”.
Non soltanto dunque la pubblicazione sul sito era sufficiente – in fatto e in diritto - a far percepire il contenuto e la lesività del provvedimento: ma, analogamente a quanto accade nei procedimenti di evidenza pubblica che vedono coinvolte più imprese, e che si concludono con l’aggiudicazione, anche nella fattispecie concreta oggetto del giudizio l’impresa esclusa dalla commessa aveva un identico onere di verifica della pubblicazione del relativo provvedimento, dal momento che essa stessa tentava di impedire in via stragiudiziale l’adozione di tale – imminente - provvedimento.
9. Il motivo è pertanto fondato e, in accoglimento dello stesso, la sentenza impugnata deve essere riformata nel senso della irricevibilità del ricorso di primo grado.
L’accoglimento del primo motivo di appello, implicando la descritta pronuncia in rito, preclude l’esame delle ulteriori doglianze dell’appellante.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti del giudizio in ragione della c.d. soccombenza virtuale, alla luce della sommaria fondatezza, nel merito, del ricorso di primo grado, già delibata nell’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 4658/2021, resa in fattispecie connessa.
Il Collegio ritiene infatti che resista alle censure contenute nei residui motivi di appello l’affermazione – dirimente - del T.A.R. secondo la quale “la suddivisione della gara in lotti e la individuazione, all’interno di ciascun lotto, di specifici enti beneficiari territorialmente omogenei (come nel caso di specie), orienta e condiziona inevitabilmente le stesse offerte degli operatori, essendo intuitivo che i costi del servizio possono divergere sensibilmente a seconda della ubicazione territoriale dell’ente beneficiario e della sua distanza dalla sede dell’operatore economico (a cui si connettono esigenze di dislocazione e di trasporto del personale necessario), per cui non appare ragionevole che un’offerta economica elaborata da un concorrente in relazione ad un lotto territoriale contiguo alla propria sede possa poi vincolarlo a rendere le medesime prestazioni, allo stesso prezzo, in favore di amministrazioni dislocate nei più disparati contesti territoriali, solo perché ricomprese in ambito regionale. Per la stessa ragione, l’eventuale estensione della convenzione quadro ad enti diversi da quelli specificamente indicati deve essere sottoposta al confronto concorrenziale tra le imprese partecipanti alla gara centralizzata, le quali devono poter formulare la propria offerta nella consapevolezza che potrebbe essere loro richiesto di approntare beni, servizi o lavori ulteriori rispetto a quelli richiesti dalla lex specialis; a tal fine, è necessario che l’eventualità della futura adesione di enti diversi da quelli indicati sia oggetto di una previsione esplicita negli atti di gara, attraverso la formulazione di una clausola espressa di adesione o di estensione”.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.